Il Wall Street English: una scuola di inglese straordinaria e inimitabile
Il Wall Street English è la scuola dove io ho imparato gran parte del mio inglese, cosa che mi consente di andare in Inghilterra, negli Stati Uniti e negli altri Paesi dove si parla inglese (non necessariamente come prima lingua) e di non aver mai problemi di comunicazione.
Il Wall Street English utilizza un metodo a mio avviso straordinario e inimitabile perché consente di studiare sia in presenza che da remoto e di scegliersi gli orari in cui farlo. E il prezzo è assolutamente accessibile.
Io non posso fare paragoni con altre scuole di inglese in Italia perché l’ho studiato solo al Wall Street English, salvo due corsi specialistici che ho seguito al British Council, uno sulle tecniche di traduzione (tecniche utilizzabili non solo per le traduzioni in inglese e dall’inglese, ma anche per le traduzioni in e da altre lingue) e uno sull’inglese giuridico. Ma si trattava, appunto, di corsi specialistici. L’inglese, per così dire, “generico” l’ho studiato, in Italia, sempre e solo al Wall Street English.
Posso però fare paragoni con le scuole inglesi dove l’ho studiato (io sono stato nel Regno Unito 16 volte): erano tutte scuole molto valide, ma nessuna lo era quanto il Wall Street English.
Il metodo Wall Street English è, lo ripeto, straordinario e inimitabile. Se esistesse il Premio Nobel per l’insegnamento della lingua inglese, dovrebbe essere assegnato a chi ebbe la geniale idea di inventare tale metodo.
Ma non è solo il metodo ad essere, a mio avviso, semplicemente fantastico.
Infatti, gli insegnanti sono bravissimi e provengono da tutti gli Stati del mondo dove l’inglese è la prima lingua: Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, eccetera.
Inoltre, l’organizzazione delle numerose sedi del Wall Street English è semplicemente perfetta. I dirigenti coordinano tutto il lavoro in maniera eccellente, i rappresentanti spiegano in maniera chiarissima in cosa consiste il metodo Wall Street English, le segretarie sono carine, gentilissime e veramente preparate. Per quanto riguarda queste ultime, anzi, chiamarle semplicemente “segretarie” è estremamente riduttivo: sono anche delle vere e proprie insegnanti perché parlano tutte molto bene l’inglese, a livello di Advanced e, molte di esse, a livello di Proficiency (i livelli che adesso si chiamano, rispettivamente, C1 e C2).
Infine, il Wall Street English ha numerosissime scuole in tutto il mondo: ad esempio, a Roma ce ne sono ben quattro. Chi fosse interessato può digitare su Google “Wall Street English” e troverà subito la scuola più vicina al luogo in cui abita o in cui lavora.
A questo punto molti di voi lettori potrebbero farmi due osservazioni critiche.
La prima è questa: ma questa pubblicità che tu stai facendo al Wall Street English quanto te la pagano?
Rispondo subito: assolutamente nulla. Assicuro, anzi, GIURO (e io sono un cattolico fervente e praticante e per me il giuramento è sacro) che: 1) l’idea di scrivere questo articolo è soltanto mia; 2) al Wall Street English scopriranno ciò che ho scritto in questo articolo soltanto quando lo leggeranno; 3) non ho chiesto nulla in cambio di questa pubblicità e nessuno del Wall Street English mi ha promesso nulla, tanto più che, al momento in cui sto scrivendo questo articolo (5 gennaio 2025), nessuno di loro ne sa alcunché.
La seconda osservazione critica è questa: ma che senso ha che tu scriva un articolo elogiativo di una scuola che insegna la lingua inglese, dal momento che il sito del Mondo Giudiziario è prettamente giuridico e si occupa quasi esclusivamente dei concorsi per magistrato ordinario?
In realtà il senso c’è perché per gli orali di tali concorsi è previsto l’esame di lingua, che i candidati possono scegliere tra inglese, francese, spagnolo e tedesco, ma la grande maggioranza di essi sceglie l’inglese. Ora, è vero che l’esame di inglese non conta ai fini della promozione in quanto nessuno che sia andato bene nelle materie giuridiche è mai stato bocciato perché non sapeva l’inglese (cosa frequentissima tra i candidati), però può influire sul voto: se l’esaminatore di inglese dice alla Commissione che il candidato conosce molto poco l’inglese, il voto complessivo che la Commissione gli attribuirà sarà più basso; al contrario, sarà più alto.
E se studierete l’inglese al Wall Street English imparerete che i termini giuridici, anche quelli più semplici, sono spesso intraducibili dall’inglese all’italiano e anche viceversa.
Ad esempio, come si traduce in inglese la parola “magistrato”? Qualcuno di voi lettori potrebbe rispondere “magistrate”. Ma neanche per idea: il “magistrate” è il giudice onorario. Fino a quando in Italia non ci sarà la separazione delle carriere (e sarebbe ora che venisse finalmente introdotta, dato che siamo forse gli unici al mondo a non averla) e la parola “magistrato” continuerà a comprendere sia il giudice che il pubblico ministero, questa parola non potrà che essere tradotta in inglese con “judge”, cioè “giudice”, oppure “prosecutor”, cioè “pubblico ministero”, a seconda dei casi.
E come si traduce in inglese la parola “avvocato”? Può tradursi semplicemente con “lawyer”, ma occorre tener presente che in Inghilterra esistono due categorie di avvocati, vale a dire il “solicitor” (che è colui che prepara la causa) e il “barrister” (che è colui che va in udienza).
Non solo. Sicuramente la stragrande maggioranza di voi lettori pensa che l’“hacker” sia un poco di buono. Niente di più sbagliato: l’hacker è intelligente, tecnicamente preparato e rispettoso della legge. Il delinquente è il “cracker”, che è sì tecnicamente preparato, ma è meno intelligente e soprattutto non rispetta affatto la legge. Se avete dei dubbi, digitate su Google “hacker e cracker” e troverete la conferma di ciò che vi ho appena detto. Inoltre, l’hacker spesso aiuta gli inquirenti e la Polizia sia a risolvere i problemi creati dal cracker sia ad individuarlo. E poi c’è una terza figura: il “lamer”, che di informatica capisce poco, è tutt’altro che intelligente e la legge neanche la conosce.
E lo “smart working” (letteralmente “lavoro intelligente”)? È forse il lavoro da casa, come credono quasi tutti? Assolutamente no. Non è che chi lavora da casa è intelligente e chi lavora in ufficio è un cretino: cretino lo è chi, per primo, ha fatto credere a tutti (rectius: quasi tutti) che gli Inglesi il lavoro da casa lo chiamano “smart working”. Lo “smart working”, nel Regno Unito, è una particolare modalità di lavoro, che sarebbe troppo lungo spiegare qui; e tale lavoro può essere svolto sia in ufficio sia a casa. In inglese il lavoro da casa in quanto tale si chiama “home working” o “remote working”.
Ma in Italia l’ignoranza delle lingue straniere (non solo l’inglese) regna sovrana. Spesso si dice, riferendosi al cinese, che è la “lingua di Confucio”, ma è un’idiozia perché Confucio (vissuto tra il sesto e il quinto secolo avanti Cristo) non parlava cinese semplicemente perché allora il cinese non esisteva ancora. La lingua cinese (che è la seconda lingua tuttora parlata più antica del mondo: la prima è l’ebraico) esiste dal 221 a.C. e cioè da quando l’allora Imperatore della Cina Shi-Huang ordinò l’unificazione delle numerosissime lingue (o dialetti: in cinese 话 (“huà”) significa sia lingua che dialetto) allora esistenti in quell’immenso Paese asiatico. Dire che Confucio parlava cinese è come dire che Giulio Cesare parlava italiano.
Che il cinese non sia la lingua di Confucio non ve lo insegneranno certo al Wall Street English, ma tutto ciò di cui vi ho parlato prima sì, e molto, anzi, enormemente molto, di più.
E allora che aspettate? Recatevi subito alla scuola più vicina al luogo in cui abitate o in cui lavorate, oppure telefonate, e fissate un appuntamento con un rappresentante di tale scuola. Sono sicuro che non ve ne pentirete.
Federico Brusca