Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina – Configurabilità – Criterio di necessità
(cod. pen.: art. 571)
— Ai fini della configurabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina è necessario che le condotte del genitore, che risultino denigranti ed umilianti nei confronti dei figli, siano tali da causare un pericolo di malattia nel corpo o nella mente per il figlio medesimo (Sent. n. 14749, Sez. VI, del 28-3-2014).
Appello – Divieto della reformatio in peius – Ambito
(cod. proc. pen.: art. 597 III co.)
— Il divieto della reformatio in peius nel giudizio di appello riguarda non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena, sicché, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, discende non solo l’obbligatoria diminuzione della pena complessiva, ma anche l’impossibilità di elevare la pena comminata per singoli elementi (Sent. n. 13833, Sez. V, del 24-3-2014).
Bancarotta fraudolenta documentale – Circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto ex art. 219 III co. R.D. 267/1942 – Valutazione – Criterio di necessità
(R.D. 267/1942: artt. 216 I co. n. 2, 219 III co.)
— In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, L. Fall. deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sent. n. 13070, Sez. V, del 20-3-2014).
Bancarotta fraudolenta documentale – Sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili – Configurabilità – Dolo specifico – Necessità – Irregolare tenuta della contabilità – Dolo generico – Sufficienza
(R.D. 267/1942: art. 216 I co. n. 2)
— Per la configurabilità delle ipotesi di reato consistenti nella sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili deve ritenersi necessario, a mente dell’art. 216, comma 1, n. 2, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, il dolo specifico consistente nello «scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori», mentre nei casi di irregolare tenuta della contabilità, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento degli affari, è sufficiente il dolo generico in quanto la finalità dell’agente è riferita ad un elemento costitutivo della stessa fattispecie normativa — l’impossibilità di ricostruire il patrimonio e gli affari dell’impresa — e non ad un elemento ulteriore, quello del pregiudizio dei creditori, non necessario per la consumazione del delitto (Sent. n. 13070, Sez. V, del 20-3-2014).
Circolazione stradale – Comportamento in caso di incidente con danno alle persone – Fuga dopo l’incidente – Elemento soggettivo – Individuazione
(cod. strad.: art. 189 VI co.; cod. pen.: artt. 42, 43)
— In tema di circolazione stradale, l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 189, comma 6, cod. strad. (punito solo a titolo di dolo) ricorre quando l’utente della strada, al verificarsi di un incidente — idoneo a recar danno alle persone e riconducibile al proprio comportamento —, ometta di fermarsi per prestare eventuale soccorso, non essendo necessario per contro che il soggetto agente abbia in concreto constatato il danno provocato alla vittima (Sent. n. 14616, Sez. IV, del 28-3-2014).
— Ai fini della configurabilità del reato di fuga, quanto all’elemento psicologico, pur essendo richiesto il dolo, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza (Sent. n. 14616, Sez. IV, del 28-3-2014).
Circolazione stradale – Comportamento in caso di incidente con danno alle persone – Fuga ed omissione di soccorso – Dolo – Criteri di necessità
(cod. strad.: art. 189 VI e VII co.; cod. pen.: artt. 42, 43, 44)
— Nel reato di fuga, previsto dall’art. 189, commi 6 e 7, cod. strad., il dolo deve investire non solo l’evento dell’incidente, ma anche il danno alle persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso, che non costituisce una condizione di punibilità; tuttavia, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza (Sent. n. 14546, Sez. IV, del 27-3-2014).
Concorso di persone nel reato – Concorso anomalo – Limiti negativi – Individuazione
(cod. pen.: artt. 42, 43, 110, 116)
— La configurazione del concorso cosiddetto «anomalo» di cui all’art. 116 c.p. è soggetta a due limiti negativi, e cioè che l’evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo od eventuale, giacché in tal caso il soggetto dovrebbe risponderne quale concorrente ex art. 110 c.p., e che l’evento più grave non si sia verificato per effetto di fattori eccezionali sopravvenuti, non conosciuti né conoscibili e quindi imprevedibili dall’agente e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base (Sent. n. 14476, Sez. I, del 27-3-2014).
Concorso di persone nel reato – Mera consapevolezza dell’esistenza di un patto – Sufficienza – Esclusione
(cod. pen.: art. 110)
— In tema di concorso di persone nel reato, la mera consapevolezza dell’esistenza di un patto, quand’anche accompagnata da comportamenti ad esso genericamente ma non funzionalmente collegati, non può essere apprezzata, in termini di concorso nel reato, come rilevante ai fini e per gli effetti dell’art. 110 c.p. (Sent. n. 13450, Sez. VI, del 21-3-2014).
Confessione dell’imputato – Ipotesi in cui può essere posta a base del giudizio di colpevolezza
(cod. proc. pen.: art. 449 V co.; cod. pen.: artt. 369, 376, 575)
— La confessione può essere posta a base del giudizio di colpevolezza dell’imputato nelle ipotesi nelle quali il giudice ne abbia favorevolmente apprezzato la veridicità, la genuinità e l’attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto di intendimento autocalunniatorio o di intervenuta costrizione sul soggetto: di talché quando tale indagine, ovviamente estesa al controllo su tutte le emergenze processuali, nel caso di intervenuta ritrattazione, non conduca a smentire le originarie ammissioni di colpevolezza, dovrà allora innegabilmente riconoscersi alla confessione il valore probatorio idoneo alla formazione del convincimento della responsabilità dell’imputato, anche se costui, dopo aver reso confessione del delitto di omicidio alla polizia giudiziaria, prima, ed al pubblico ministero, dopo, abbia ritrattato in dibattimento le precedenti dichiarazioni confessorie (Sent. n. 12277, Sez. I, del 14-3-2014).
Corruzione – Concorso dell’extraneus – Configurabilità – Criterio di necessità
(cod. pen.: artt. 110, 318 e segg.)
— Il concorso dell’extraneus, pur non costituendone all’evidenza elemento essenziale, è pienamente configurabile nei delitti di corruzione a tipica struttura bilaterale in base agli ordinari criteri di imputazione della responsabilità concorsuale di cui all’art. 110 cod. pen., implicando un notevole grado di coinvolgimento nella fase dell’ideazione (sotto forma di determinazione o suggerimento fornito all’uno o all’altro dei concorrenti necessari) ovvero della preparazione (si pensi alla classica figura dell’intermediario) ovvero della realizzazione di una delle condotte tipiche (stipula del pactum sceleris tra corrotto e corruttore e ricezione di denaro o altre utilità) o ancora della successiva attuazione concreta dell’accordo (Sent. n. 13450, Sez. VI, del 21-3-2014).
Corruzione – Prezzo della corruzione che sia stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, né sia materialmente individuabile nel loro patrimonio – Confisca per equivalente di altri beni nella disponibilità di tali soggetti – Esclusione – Fondamento
(cod. pen.: artt. 318, 319, 322 ter)
— Nel caso in cui il prezzo della corruzione sia stato soltanto promesso ma non materialmente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, né sia materialmente individuabile nel loro patrimonio, non è possibile disporre la confisca per equivalente di altri beni nella disponibilità di tali soggetti, atteso che diversamente essa esplicherebbe un effetto afflittivo non voluto dal legislatore, che l’ha immaginata come sanzione ripristinatoria dell’indebito arricchimento e non anche ablatoria delle utilità solo potenzialmente ricavabili dall’illecito (Sent. n. 14017, Sez. VI, del 25-3-2014).
Delitti contro il patrimonio – Circostanza attenuante comune dell’aver cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità – Quando è applicabile al delitto tentato
(cod. pen.: artt. 56, 62 n. 4, 624 e segg.)
— Nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità è applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto ed in base ad un preciso giudizio ipotetico, che, se il reato fosse stato portato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima. (Fattispecie relativa al tentativo di furto di monete custodite in apposito cassetto di un distributore automatico di bevande) (Sent. n. 11773, Sez. II, dell’11-3-2014).
Diffamazione a mezzo stampa – Esimente dell’esercizio del diritto di critica – Criterio di necessità
(cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co.)
— In tema di diffamazione, per la sussistenza dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica, è necessario che quanto riferito non trasmodi in gratuiti attacchi alla sfera personale del destinatario e rispetti un nucleo di veridicità, in mancanza del quale la critica sarebbe pura congettura e possibile occasione di dileggio e di mistificazione, fermo restando che l’onere del rispetto della verità è più attenuato rispetto all’esercizio del diritto di cronaca, in quanto la critica esprime un giudizio di valore che, in quanto tale, non può pretendersi rigorosamente obiettivo (Sent. n. 12209, Sez. V, del 13-3-2014).
Diffamazione – Ipotesi in cui l’agente comunichi in via riservata con un’unica persona – Configurabilità del reato – Criterio di necessità
(cod. pen.: art. 595)
— In tema di diffamazione, si configura la condotta del reato — nell’ipotesi in cui l’agente comunichi in via riservata con un’unica persona — solo qualora vi sia la prova della volontà, da parte dell’agente medesimo, della diffusione del contenuto diffamatorio della comunicazione attraverso il destinatario e dunque qualora la propalazione dell’offesa sia dovuta all’esclusiva iniziativa del destinatario (Sent. n. 14067, Sez. V, del 25-3-2014).
Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Configurabilità – Criterio di necessità
(cod. pen.: art. 659)
— Per poter configurare la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. è necessario che i rumori prodotti, oltre ad essere superiori alla normale tollerabilità, abbiano l’attitudine a propagarsi, a diffondersi, in modo da essere idonei a disturbare una pluralità indeterminata di persone. Tanto viene dedotto dalla considerazione della natura del bene giuridico protetto, consistente nella quiete pubblica e non nella tranquillità dei singoli soggetti che denuncino la rumorosità altrui (Sent. n. 12939, Sez. I, del 19-3-2014).
Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico – Fattispecie
(cod. pen.: art. 483)
— Integra il reato di falsità ideologica, commesso dal privato in atto pubblico, ex art. 483 c.p., la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, allegata alla domanda di concessione edilizia in sanatoria, attesta falsamente la data di ultimazione dell’opera da sanare, considerato che l’ordinamento attribuisce a detta dichiarazione valenza probatoria privilegiata e, quindi, di dichiarazione destinata a dimostrare la verità dei fatti cui è riferita e ad essere trasfusa in atto pubblico (Sent. n. 11384, Sez. III, del 10-3-2014).
Furto – Circostanza aggravante del fatto commesso con destrezza – Quando sussiste e quando non sussiste
(cod. pen.: artt. 624, 625 I co. n. 4)
— Sussiste la circostanza aggravante della destrezza (art. 625, comma 1, n. 4, c.p.) qualora la condotta di sottrazione e di impossessamento del bene si realizzi mediante approfittamento delle condizioni più favorevoli per cogliere l’attimo del momentaneo distacco del proprietario della cosa e, dunque, di una condizione di attenuata difesa, quale è quella di colui che la perda di vista, per una frazione di tempo, senza precludersi, tuttavia, il controllo e l’immediato ricongiungimento con essa; l’approfittamento di questa frazione di tempo, in permanenza della vigilanza diretta e immediata della cosa, configura la condotta elusiva che il legislatore intende punire più gravemente, in quanto espressione di una particolare attitudine criminale del soggetto. Ne consegue che detta aggravante non ricorre nel caso in cui il derubato si trovi in altro luogo, ancorché contiguo, rispetto a quello in cui si sia consumata l’azione furtiva o comunque si sia allontanato da esso, in quanto in questo caso la condotta non è caratterizzata da particolare abilità dell’agente nell’eludere il controllo di cui sia consapevole, ma dalla semplice temerarietà di cogliere un’opportunità in assenza di detto controllo, il che è estraneo alla fattispecie dell’aggravante della destrezza (Sent. n. 12473, Sez. V, del 17-3-2014).
Furto – Circostanza aggravante del fatto commesso su cose esposte per consuetudine alla pubblica fede – Caso in cui non sussiste
(cod. pen.: artt. 624, 625 I co. n. 7)
— Non sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen. — sub specie di esposizione per consuetudine alla pubblica fede —, nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via, in quanto la consuetudine di cui al succitato art. 625, comma 1, n. 7, designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà (Sent. n. 14785, Sez. IV, del 31-3-2014).
Furto – Circostanza aggravante del fatto commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede – Aggravamento della pena – Ratio
(cod. pen.: artt. 624, 625 I co. n. 7)
— In tema di furto, la ratio dell’aggravamento della pena, previsto dall’art. 625, n. 7, terza ipotesi, c.p., non è correlata alla natura — pubblica o privata — del luogo ove si trova la «cosa», ma alla condizione di esposizione di essa alla «pubblica fede», trovando così protezione solo nel senso di rispetto per l’altrui bene da parte di ciascun consociato (Sent. n. 14022, Sez. V, del 25-3-2014).
Furto di autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via – Circostanza aggravante del fatto commesso su cose esposte per consuetudine alla pubblica fede – Sussiste anche se l’autovettura sia stata lasciata con gli sportelli aperti e le chiavi inserite nel cruscotto – Fondamento
(cod. pen.: artt. 624, 625 I co. n. 7)
— In caso di furto di autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via, la circostanza aggravante dell’esposizione per consuetudine alla pubblica fede, non presupponendo la predisposizione di un qualsiasi mezzo di difesa avverso eventuali azioni criminose, sussiste anche se l’autovettura sia stata lasciata con gli sportelli aperti e le chiavi inserite nel cruscotto (Sent. n. 11167, Sez. IV, del 7-3-2014).
Getto pericoloso di cose – Configurabilità – Criterio di sufficienza
(cod. pen.: art. 674)
— Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 674 c.p., non è necessario che le emissioni di gas, di vapori o di fumo provochino un effettivo nocumento, essendo sufficiente l’attitudine delle stesse ad offendere, imbrattare o molestare persone, cioè arrecare ad esse disagio, fastidio o disturbo ovvero turbarne il modo di vivere quotidiano. Costituisce «molestia» anche il fatto di arrecare alle persone preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute, dovendosi far rientrare nel concetto di molestia tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità (Sent. n. 10034, Sez. III, del 3-3-2014).
Giudizio di cassazione – Nullità sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo al trattamento sanzionatorio in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena
(cod. proc. pen.: art. 606; cod. pen.: art. 2; D.P.R. 309/1990: art. 73)
— Nel giudizio di cassazione è rilevabile di ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso, la nullità sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo al trattamento sanzionatorio in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena. (Fattispecie in cui il giudice di merito, all’esito del giudizio abbreviato, aveva inflitto una pena che si collocava nel minino edittale del trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73 D.P.R. 309 del 1990, coincidente con il massimo edittale previsto dalla medesima norma all’epoca della decisione di legittimità, per effetto della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 32/2014, applicabile al caso di specie in quanto disciplina più favorevole) (Sent. n. 18693, Sez. VII, del 28-3-2014).
Guida sotto l’influenza dell’alcool – Ipotesi di lieve entità – Individuazione
(cod. strad.: art. 186)
— Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 c.d.s., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle altre ipotesi che conservano rilievo penale (Sent. n. 13999, Sez. IV, del 25-3-2014).
Guida sotto l’influenza dell’alcool – Stato di ebbrezza – Accertamento – Modalità
(cod. strad.: art. 186)
— Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 cod. strad., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle altre ipotesi che conservano rilievo penale (Sent. n. 13999, Sez. IV, del 25-3-2014).
Incendio colposo – Cooperazione – Responsabilità civile – Parametro dell’imprevedibilità – Accertamento ex ante – Necessità – Fondamento
(cod. pen.: artt. 113, 449; cod. civ.: art. 2043)
— Ai fini della responsabilità civile del reato di incendio colposo ex artt. 113 e 449 c.p., l’esistenza del parametro dell’imprevedibilità dev’essere accertata ex ante, fondandosi sul principio secondo il quale non è possibile addebitare all’agente di non aver previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere (Sent. n. 10938, Sez. IV, del 6-3-2014).
Infortuni sul lavoro – Errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori – Non è invocabile da parte del datore di lavoro – Fondamento
(D.P.R. 1124/1965)
— In tema di infortuni sul lavoro, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del datore di lavoro, il quale, per la sua posizione di garanzia, risponde dell’infortunio sia a titolo di colpa diretta per non aver negligentemente impedito l’evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio, che a titolo di colpa indiretta per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate (Sent. n. 13987, Sez. III, del 25-3-2014).
Ingiuria e diffamazione – Esimente della provocazione putativa – Riconoscimento – Criteri di necessità
(cod. pen.: artt. 59 IV co., 594, 595, 599 II co.)
— Il riconoscimento della provocazione putativa esige che l’opinione del fatto ingiusto sia ragionevole anche se erronea e che l’errore sia ragionevole, plausibile e logicamente apprezzabile (Sent. n. 14021, Sez. V, del 25-3-2014).
Ingiuria – Espressione ingiuriosa – Criteri di necessità
(cod. pen.: art. 594)
— Al fine di accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 594 c.p., occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore nonché al contesto nel quale detta espressione sia stata pronunciata ed alla coscienza sociale (Sent. n. 14067, Sez. V, del 25-3-2014).
Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità – Configurabilità – Criterio di sufficienza
(cod. pen.: art. 340)
— Ai fini della configurabilità del reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, ex art. 340 c.p., è sufficiente l’interruzione temporanea o un mero turbamento nel regolare svolgimento dell’ufficio o del servizio, dato che la fattispecie tutela non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento (Sent. n. 14010, Sez. VI, del 25-3-2014).
Maltrattamenti in famiglia – Abitualità della condotta – Criterio di sufficienza
(cod. pen.: art. 572)
— Per ravvisare l’abitualità della condotta del delitto di maltrattamenti in famiglia non è necessario che la stessa venga posta in essere in un tempo prolungato, essendo sufficiente la ripetizione degli atti vessatori ove questi siano plurimi, caratterizzati ed unificati da un fine comune, anche se sviluppati in un limitato periodo di tempo (Sent. n. 12020, Sez. VI, del 13-3-2014).
Maltrattamenti in famiglia – Configurabilità – Criterio di sufficienza
(cod. pen.: art. 572)
— Ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, ai sensi dell’art. 572 c.p., non è necessario che i singoli atti costituiscano di per sé delle specifiche fattispecie delittuose, dato che, a tal fine, sono valutabili anche condotte aggressive nei confronti del familiare, consistenti in atti di sopraffazione od offese tendenti a svalutare la persona (Sent. n. 12020, Sez. VI, del 13-3-2014).
Maltrattamenti in famiglia nel luogo di lavoro – Quando è configurabile il reato
(cod. pen.: art. 572)
— Il reato di maltrattamenti in famiglia nel luogo di lavoro è configurabile solo qualora l’azienda abbia dimensioni ridotte dal punto di vista spaziale, personale e organizzativo, tali da equiparare le relazioni tra le persone (datore di lavoro o equiparato e lavoratori) a quelle esistenti tra componenti di una famiglia in senso stretto (Sent. n. 13088, Sez. VI, del 20-3-2014).
Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli – Circostanza aggravante del fatto che provochi una lesione personale grave – Ritardata crescita del minore – Vi rientra
(cod. pen.: art. 572 II co.)
— In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell’art. 572 cod. pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia (Sent. n. 12004, Sez. III, del 13-3-2014).
Maltrattamenti in famiglia – Pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione – Configurabilità del reato – Condizione
(cod. pen.: art. 572)
— Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. mobbing) possono integrare il delitto di cui all’art. 572 c.p. qualora si inquadrino in un rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente capace di assumere una natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia (Sent. n. 13088, Sez. VI, del 20-3-2014).
Maltrattamenti posti in essere da un’insegnante nei confronti dei propri alunni – Elemento oggettivo
(cod. pen.: art. 572)
— In tema di maltrattamenti posti in essere da un’insegnante nei confronti dei propri alunni, rientra nella fattispecie di cui all’art. 572 c.p., e come tale va punita, la condotta caratterizzata da un atteggiamento fortemente persecutorio della maestra nei confronti dei bambini finalizzata a realizzare un metodo di educazione e apprendimento fondato sull’intimidazione e sulla violenza, soprattutto psicologica ma pure fisica, anche con irrisioni ingiustificate, offese, bestemmie e denigrazioni degli alunni, generando un permanente clima di stabile mortificazione e sopraffazione (nella specie, erano stati posti in essere, ripetutamente, atti vessatori idonei a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della persona offesa, vessazioni, fisiche e morali, che avevano determinato comprovati turbamenti psichici e danni psicologici) (Sent. n. 14753, Sez. VI, del 28-3-2014).
Mezzi di ricerca della prova – Perquisizione personale – Criterio di necessità
(Cost.: art. 13 II co.; cod. proc. pen.: art. 247; cod. pen.: art. 393 bis)
— La perquisizione personale, quale atto d’indagine invasivo della sfera personale dell’individuo e della sua libertà tutelata dall’art. 13 Cost., non può basarsi sul mero sospetto che il soggetto sia, in quel momento, in possesso di armi, ma deve fondarsi su dati oggettivi certi, anche solo a livello indiziario, risultando altrimenti del tutto pretestuosa, perché effettuata in assenza di ragionevoli presupposti, e tale da integrare i presupposti, oggettivamente per offensività e soggettivamente per vessatorietà, dell’atto arbitrario del pubblico ufficiale (Sent. n. 14567, Sez. VI, del 27-3-2014).
Minaccia condizionata – Punibilità – Limite
(cod. pen.: art. 612)
— La minaccia condizionata è sempre punibile, tranne che con essa l’autore intenda non già restringere la libertà psichica del minacciato, bensì prevenire un’azione illecita dello stesso, rappresentandogli tempestivamente quale reazione legittima il suo comportamento determinerebbe (Sent. n. 14054, Sez. V, del 25-3-2014).
Minaccia – Locuzioni intimidatrici espresse in forma condizionata – Quando non integrano il delitto
(cod. pen.: art. 612)
— Non integrano il delitto di minaccia le locuzioni intimidatrici espresse in forma condizionata quando siano dirette, non già a restringere la libertà psichica del soggetto passivo, ma a prevenirne un’azione illecita od inopportuna e siano rappresentative della reazione legittima determinata dall’eventuale realizzazione di dette azioni (Sent. n. 14054, Sez. V, del 25-3-2014).
Misure cautelari reali – Sequestro preventivo – Criteri di necessità
(cod. proc. pen.: art. 321)
— Il sequestro preventivo richiede una specifica relazione tra il bene ed il reato, nonché la finalità di evitare il perfezionamento dell’iter criminoso ed il consolidamento degli effetti dell’illecito (Sent. n. 13905, Sez. IV, del 24-3-2014).
Misure cautelari reali – Sequestro preventivo per equivalente – Valutazione dei beni – Criteri di necessità
(cod. proc. pen.: art. 321; cod. pen.: art. 322 ter)
— Nel caso di sequestro per equivalente, i criteri di valutazione dei beni devono essere tendenzialmente gli stessi di quelli che saranno utilizzati per la confisca definitiva e non vi è dubbio che in quella sede la valutazione dei beni oggetto di ablazione reale per equivalenza rispetto al prezzo o al profitto derivante da reato non può che avvenire sulla base di criteri legati al valore reale, cioè di mercato, altrimenti si realizzerebbe una non consentita, in quanto sproporzionata, compressione del diritto di proprietà, soprattutto nella misura in cui si riconosce la natura sanzionatoria della confisca c.d. di valore (Sent. n. 11384, Sez. III, del 10-3-2014).
Misure di sicurezza patrimoniali – Confisca – È applicabile anche nei confronti di soggetti (quali le società) sforniti di capacità penale – Conseguenza
(cod. pen.: art. 240; D.Lgs. 58/1998: artt. 184, 185)
— La confisca ex art. 240 c.p., come misura di sicurezza patrimoniale, è applicabile anche nei confronti di soggetti (quali le società) sforniti di capacità penale. Di conseguenza, ove il prezzo del reato di market abuse commesso dai legali rappresentanti di una banca sia stato da questa utilizzato per propri fini, legittimamente è disposta la confisca di una somma di denaro equivalente al prezzo del reato e di cui la banca abbia la disponibilità (Sent. n. 14600, Sez. II, del 28-3-2014).
Omicidio preterintenzionale – Quando si configura
(cod. pen.: art. 584)
— In tema di reati contro la persona, l’omicidio preterintenzionale si configura allorquando l’azione aggressiva dell’autore del reato sia diretta soltanto a percuotere la vittima o a causarle lesioni, così che la morte costituisca un evento non voluto, ancorché legato da nesso causale alla condotta dell’agente (Sent. n. 14647, Sez. I, del 28-3-2014).
Omicidio volontario e omicidio preterintenzionale – Elemento distintivo
(cod. pen.: artt. 575, 584)
— La linea di discrimine tra l’omicidio volontario e l’omicidio preterintenzionale risiede nell’elemento psicologico: nell’ipotesi della preterintenzione la volontà dell’agente è diretta a percuotere o a ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell’evento morte, mentre nell’omicidio volontario la volontà dell’agente è costituita dall’animus necandi, ossia dal dolo intenzionale, nelle varie forme gradate del dolo diretto o eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta (Sent. n. 14476, Sez. I, del 27-3-2014).
Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina – Criterio di necessità
(cod. pen.: art. 677)
— Il reato previsto dall’art. 677 c.p. (omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina) si realizza allorché il proprietario non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato, a nulla rilevando l’ignoranza dello stato di pericolo in cui versa l’edificio (rientrando nella normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitarne una rovina pericolosa per la pubblica incolumità) e non essendo necessaria una preventiva diffida, con specifica previsione di un termine perentorio entro cui provvedere alla manutenzione dell’immobile pericolante, da parte della pubblica autorità (Sent. n. 11129, Sez. I, del 7-3-2014).
Reati edilizi – Provvedimento con cui il P.M., in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna per reato edilizio, affidi l’intervento demolitorio del manufatto abusivo all’Amministrazione comunale – Legittimità – Fondamento
(D.P.R. 380/2001: art. 31 IX co.; D.P.R. 115/2002: artt. 61, 62)
— È legittimo il provvedimento con cui il P.M., in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna per reato edilizio, affidi l’intervento demolitorio del manufatto abusivo all’Amministrazione comunale, non comportando ciò la violazione degli artt. 61 e 62 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e della relativa Convenzione ministeriale 15 dicembre 2005, in quanto detto affidamento integra una mera richiesta di collaborazione e non una delega ad un organo terzo nell’esecuzione dell’ordine di demolizione (Sent. n. 11993, Sez. III, del 4-3-2014).
Reato – Circostanza aggravante comune dell’aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto – Criteri di sufficienza
(cod. pen.: art. 61 n. 9)
— In tema di aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto, non è necessario che il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma è sufficiente che a facilitarlo siano serviti l’autorità ed il prestigio che la qualità sacerdotale, di per sé, conferisce e che vi sia stata violazione dei doveri anche generici nascenti da tale qualità (Sent. n. 14545, Sez. IV, del 27-3-2014).
Reato – Tentativo – Recesso attivo – Nozione
(cod. pen.: art. 56 IV co.)
— L’ipotesi del recesso attivo, disciplinato dall’art. 56, comma 4, cod. pen. — detto anche ravvedimento operoso —, ricorre quando il soggetto, dopo aver esaurito la condotta tipica, agisce per impedire l’evento e riesce effettivamente ad impedirlo (Sent. n. 12934, Sez. I, del 19-3-2014).
Resistenza a un pubblico ufficiale – Condotta ingiuriosa nei confronti del soggetto passivo – Criterio di necessità
(cod. pen.: art. 337)
— Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale previsto dall’art. 337 c.p. può essere integrato, oltre che da comportamenti esplicitamente minatori, anche da una condotta ingiuriosa nei confronti del soggetto passivo, quando essa, lungi dal rappresentare l’espressione di uno sfogo verbale fine a sé stesso, assuma modalità tali da rivelare la volontà di frapporre ostacoli, mediante la sequenza di espressioni ingiuriose, allo svolgimento dell’atto di ufficio (Sent. n. 13391, Sez. I, del 21-3-2014).
Resistenza a un pubblico ufficiale – Esimente della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale – Fattispecie
(cod. pen.: artt. 337, 393 bis; cod. proc. pen.: art. 247)
— È configurabile l’esimente della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale qualora il privato opponga resistenza ad un pubblico ufficiale che pretende di eseguire una perquisizione personale finalizzata alla ricerca di armi e munizioni, fondandosi su meri sospetti e non su un dato oggettivo certo, anche solo a livello indiziario, circa la presenza delle suddette cose (Sent. n. 14567, Sez. VI, del 27-3-2014).
Responsabilità medica – Nesso di causalità – Quando può essere ravvisato
(cod. pen.: art. 40)
— In tema di responsabilità medica, il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica — universale o statistica — si accerta che immaginandosi come realizzata la condotta doverosa l’evento hic et nunc non si sarebbe verificato. Per affermare che la condotta dell’agente sia condizione necessaria dell’evento, la cornice nomologica censita dal giudice deve essere tale da superare il ragionevole dubbio, fondato su elementi di insufficienza, contraddittorietà o incertezza del riscontro probatorio (Sent. n. 14812, Sez. IV, del 31-3-2014).
Sottrazione di cose pignorate – Eventuali cause di nullità od inefficacia del pignoramento – Quando non rilevano ai fini della sussistenza del reato
(cod. pen.: art. 388 III co.)
— In tema di sottrazione di cose pignorate, eventuali cause di nullità od inefficacia del pignoramento non rilevano ai fini della sussistenza del reato, qualora non intervenga una pronuncia del giudice che ne accerti la sussistenza (Sent. n. 13876, Sez. VI, del 24-3-2014).
Traffico internazionale di stupefacenti – Fattispecie in cui il reato deve ritenersi commesso in Italia
(D.P.R. 309/1990: art. 73; cod. pen.: art. 6)
— In tema di traffico internazionale di stupefacenti, se l’accordo tra i coimputati e la predisposizione dei mezzi occorrenti all’importazione e all’occultamento della droga, realizzati in Italia, appaiono preordinati all’acquisto e alla detenzione della stessa, poi effettivamente consumati all’estero, il reato deve ritenersi commesso in Italia (Sent. n. 13455, Sez. VI, del 21-3-2014).
Violenza sessuale – Atti sessuali – Valutazione – Criteri di necessità
(cod. pen.: art. 609 bis)
— Non essendo possibile classificare aprioristicamente come atti sessuali tutti quelli che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente individuabili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo con finalità diverse, come nel caso del bacio o dell’abbraccio, la loro valutazione deve essere attuata mediante accertamento in fatto da parte del giudice del merito, evitando improprie dilatazioni dell’ambito di operatività della fattispecie penale contrarie alle attuali condizioni di sviluppo sociale e culturale ma valorizzando ogni altro elemento fattuale significativo, tenendo conto della condotta nel suo complesso, del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte e di ogni altro elemento eventualmente sintomatico di un’indebita compromissione della libera determinazione della sessualità del soggetto passivo (Sent. n. 10248, Sez. III, del 4-3-2014).
Violenza sessuale – Configurabilità – Criterio di sufficienza – Prova del dolo – Desumibilità
(cod. pen.: art. 609 bis)
— Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale non si richiede che l’atto sessuale sia finalizzato al soddisfacimento del piacere erotico, essendo necessario e sufficiente, a fronte del dolo generico del reato, che l’agente abbia la coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del medesimo e la prova del dolo, quando difettino esplicite ammissioni del soggetto attivo del reato, può essere desunta da elementi esterni e, segnatamente, da quei dati della condotta che, per la loro offensività o per l’obiettivo disvalore sociale, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall’agente. (Nella specie, si condannava il preside di un istituto scolastico per aver costretto un’alunna minorenne a subire diversi atti sessuali, tra cui abbracci e baci, o trattenendola al suo corpo) (Sent. n. 10248, Sez. III, del 4-3-2014).