Arresto in flagranza – Mancata comunicazione al difensore d’ufficio – Non dà luogo a nullità – Fondamento
(cod. proc. pen.: artt. 178 lett. c, 386 II co., 391; Cost.: art. 24 II co.)
— L’inosservanza di cui all’art. 386, comma 2, c.p.p. per mancata comunicazione dell’arresto in flagranza al difensore d’ufficio nominato nella circostanza, non dà luogo a nullità alcuna perché nessuna norma la prevede, non potendo tale omissione essere ricondotta alla previsione dell’art. 178, lett. c), c.p.p. poiché l’obbligo di informazione dell’arresto non attiene, in modo diretto, all’assistenza dell’imputato, e non incide, quindi, sul diritto di difesa, al cui esercizio è finalizzato il successivo interrogatorio da parte del giudice competente per la convalida (Sent. n. 34083, Sez. VI, del 6-8-2013).
Atti processuali – Cancellature, variazioni e aggiunte eseguite senza l’osservanza delle forme ex art. 48 disp. att. cod. proc. pen. – Mera irregolarità – Configurabilità
(disp. att. cod. proc. pen.: art. 48; cod. proc. pen.: art. 177)
— Non sono causa di nullità, e si risolvono in una mera irregolarità, le variazioni o cancellature eseguite negli atti processuali (nella specie, sentenza) senza l’osservanza delle forme previste dall’art. 48 disp. att. cod. proc. pen. (Sent. n. 34558, Sez. VI, dell’8-8-2013).
Circolazione stradale – Manovra di retromarcia – Requisiti
(cod. strad.: art. 154)
— La manovra di retromarcia va eseguita con estrema cautela, lentamente e con il completo controllo dello spazio retrostante. Pertanto, il conducente, qualora si renda conto di avere dietro le spalle una strada che non rende percepibile l’eventuale presenza di un pedone, se non può fare a meno di effettuare la manovra, deve porsi nelle condizioni di controllare la strada, ricorrendo, se del caso, alla collaborazione di terzi che, da terra, lo aiutino per consentirgli di fare retromarcia senza alcun pericolo per gli altri utenti della strada (Sent. n. 35824, Sez. II, del 30-8-2013).
Circolazione stradale – Norme del codice della strada – Ambito di applicazione
(cod. strad.: art. 1 II co.)
— Le norme del codice della strada trovano diretta applicazione in relazione alla circolazione dei veicoli sulle strade aperte al pubblico transito, mentre assumono unicamente il valore di criteri e canoni di diligenza e prudenza in relazione allo spostamento di veicoli all’interno di aree private non aperte alla pubblica circolazione. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l’applicabilità della sanzione accessoria relativa alla sospensione della patente di guida in relazione ad un omicidio colposo avvenuto a seguito dell’utilizzo di un veicolo in un’area privata) (Sent. n. 35415, Sez. IV, del 22-8-2013).
Dibattimento – Nuove contestazioni – Obbligo di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza – Caso in cui è violato
(cod. proc. pen.: art. 521; Cost.: art. 24 II co.)
— L’obbligo di correlazione tra accusa e sentenza non può ritenersi violato da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato: la nozione strutturale di «fatto» contenuta nelle disposizioni in questione va coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Sent. n. 35574, Sez. I, del 27-8-2013).
Giudicato – Divieto di un secondo giudizio – Accertamento delle condizioni di operatività – Non può essere svolto dalla Corte di cassazione – Ragione
(cod. proc. pen.: artt. 606, 649)
— L’accertamento delle condizioni di operatività della preclusione del ne bis in idem, per giudicato sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto, non può essere svolto dalla Corte di cassazione, poiché resta estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento del fatto e la parte non può produrre documenti concernenti elementi fattuali, la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito, potendo comunque l’imputato far valere la violazione di detto divieto davanti al giudice dell’esecuzione (Sent. n. 35831, Sez. IV, del 30-8-2013).
Impugnazione – Rinuncia – Caso in cui non opera
(cod. proc. pen.: art. 589; cod. pen.: art. 157)
— La rinunzia alla impugnazione, in quanto unica causa di inammissibilità che si connota come sopravvenuta, non opera con riferimento ad un reato il cui termine di prescrizione sia maturato anteriormente ad essa (Sent. n. 34519, Sez. VI, dell’8-8-2013).
Imputato – Sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato – Quando non va adottata
(cod. proc. pen.: artt. 71, 529; cod. pen.: art. 85)
— Non va adottata — e qualora adottata va revocata — la sospensione del procedimento ex art. 71 cod. proc. pen. quando vi siano le condizioni per emettere nei confronti dell’imputato incapace a stare in giudizio una sentenza a lui favorevole. (Nella specie, la Corte ha ritenuto legittima la mancata emissione da parte del Gup dell’ordinanza di sospensione del procedimento, in un caso in cui era stata poi adottata sentenza di non doversi procedere per incapacità, senza l’applicazione di misura di sicurezza personale) (Sent. n. 34575, Sez. VI, dell’8-8-2013).
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – Illecito amministrativo ex art. 316 ter II co. cod. pen. – Fattispecie
(cod. pen.: artt. 316 ter II co., 495)
— Integra esclusivamente l’illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all’art. 316 ter, comma secondo, cod. pen. la condotta di colui che in sede di dichiarazione sostitutiva di certificazione — proposta al fine di ottenere il contributo relativo al cosiddetto bonus bebè — attesti falsamente di possedere la cittadinanza italiana, che rappresenta uno dei requisiti necessari per la riscossione del contributo in questione. (In motivazione, la Corte ha precisato che, dovendosi ritenere il reato di cui all’art. 316 ter cod. pen. fattispecie a struttura complessa, articolata in due condotte la prima delle quali è necessariamente una dichiarazione falsa, assorbe il delitto di cui all’art. 495 cod. pen.) (Sent. n. 34563, Sez. VI, dell’8-8-2013).
Misure di prevenzione – Ipotesi particolari di confisca – Sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare
(D.L. 306/1992: art. 12 sexies; L. 356/1992)
— Quando sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi è necessario, da un lato, che, ai fini della «sproporzione», i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la «giustificazione» credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna (Sent. n. 33373, Sez. VI, dell’1-8-2013).
Misure di sicurezza patrimoniali – Confisca facoltativa – Quando è legittimamente adottata
(cod. pen.: art. 240 I co.)
— La confisca facoltativa prevista dall’art. 240, comma 1, c.p. è legittimamente adottata quando sia dimostrata la concreta relazione di asservimento tra la cosa e il reato, dovendo la prima essere collegata al secondo, non già da un rapporto di mera occasionalità, bensì da uno stretto nesso strumentale, rivelatore dell’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibile, nel senso che possa formularsi una positiva prognosi sulla pericolosità sociale dell’imputato derivante dal mantenimento in suo possesso della cosa (Sent. n. 35519, Sez. feriale, del 27-8-2013).
Misure di sicurezza personali non detentive – Espulsione dello straniero
(cod. pen.: artt. 203, 235; D.P.R. 309/1990: art. 86)
— Il giudice, prima di procedere all’espulsione dallo Stato dello straniero, per il quale sia intervenuta sentenza di condanna per uno dei reati indicati nell’art. 86 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è tenuto ad accertare in concreto, con adeguata motivazione, la sussistenza della pericolosità sociale del condannato (Sent. n. 35432, Sez. feriale, del 22-8-2013).
Peculato d’uso – Fattispecie
(cod. pen.: art. 314 II co.)
— La condotta del pubblico agente che, utilizzando illegittimamente per fini personali il telefono assegnatogli per ragioni di ufficio, produce un apprezzabile danno al patrimonio della P.A. o di terzi od una concreta lesione alla funzionalità dell’ufficio, è sussumibile nel delitto di peculato d’uso di cui all’art. 314, comma 2, c.p. (Sent. n. 34524, Sez. VI, dell’8-8-2013).
— Integra il delitto di peculato d’uso la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che utilizza per fini personali la connessione internet sul computer dell’ufficio in suo possesso (Sent. n. 34524, Sez. VI, dell’8-8-2013).
Prova dell’autenticità o falsità di un documento – Quando può essere desunta da elementi diversi dalla consulenza grafica
(cod. proc. pen.: artt. 192, 221, 495)
— In virtù del principio della libertà della prova e del libero convincimento del giudice, la prova dell’autenticità o falsità di un documento può essere desunta da elementi diversi dalla consulenza grafica allorché l’esame diretto della firma addebitata all’imputato, raffrontata con altre sottoscrizioni che gli sono certamente riferibili, convincano il giudice motivatamente che si tratta di documento attribuibile allo stesso imputato (Sent. n. 35543, Sez. V, del 27-8-2013).
Pubblico ufficiale – Nozione
(cod. pen.: art. 357; L. 86/1990: art. 17; L. 181/1992: art. 4)
— La qualifica di pubblico ufficiale — ai sensi dell’art. 357 c.p., come novellato dalle leggi n. 86 del 1990 e n. 181 del 1992 — deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o «semplici privati», quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati; principio che non può che essere riferito anche all’incaricato di pubblico servizio (Sent. n. 35512, Sez. VI, del 26-8-2013).
Spese processuali – Remissione del debito – Originaria non remissibilità delle spese
(D.P.R. 115/2002: art. 6; cod. proc. pen.: art. 627)
— L’originaria non remissibilità delle spese oggetto dell’istanza di remissione del debito di giustizia può essere rilevata anche nel giudizio di rinvio (Sent. n. 35370, Sez. V, del 22-8-2013).
Truffa – Elemento oggettivo – Condotta omissiva causativa del danno
(cod. pen.: art. 640)
— Nel delitto di truffa il danno della vittima può realizzarsi non soltanto per effetto di una condotta commissiva, bensì anche per effetto di un suo comportamento omissivo, nel senso che essa, indotta in errore, ometta di compiere quelle attività intese a fare acquisire al proprio patrimonio una concreta utilità economica, alla quale ha diritto e che rimane invece acquisita al patrimonio altrui. Infatti, ai fini della configurabilità del delitto in esame, l’atto di disposizione patrimoniale, quale elemento costitutivo implicito della fattispecie incriminatrice, consiste in un atto volontario, causativo di un ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall’errore indotto da una condotta artificiosa. Ne consegue che lo stesso non deve necessariamente qualificarsi in termini di atto negoziale, ovvero di atto giuridico in senso stretto, ma può essere integrato anche da un permesso o assenso, dalla mera tolleranza o da una traditio, da un atto materiale o da un fatto omissivo, dovendosi ritenere sufficiente la sua idoneità a produrre un danno (Sent. n. 35807, Sez. II, del 30-8-2013).
Turbata libertà degli incanti – Fattispecie in cui non sussiste
(cod. pen.: art. 353)
— Non integra il delitto di turbata libertà degli incanti la presentazione al giudice fallimentare di plurime istanze di sospensione della vendita di beni di una società fallita, presentate dall’amministratore della società medesima sia pure con intenti meramente dilatori. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che siffatta condotta processuale, in quanto espressione comunque del diritto della parte alla salvaguardia dei propri diritti in sede processuale, non concretizza nessuna delle condotte punite dall’art. 353 cod. pen.) (Sent. n. 34519, Sez. VI, dell’8-8-2013).