Amministrazione di sostegno – Procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno
(cod. civ.: artt. 404, 405, 414, 415; cod. proc. civ.: art. 712; Cost.: artt. 24 II co., 111 II co.)
— Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenere corrispondenti al modello legale tipico, in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio (Sent. n. 6861, Sez. I, del 20-3-2013).
Appello – Giudice che abbia confuso le questioni concernenti l’ammissibilità del gravame con quelle relative all’infondatezza nel merito della pretesa azionata
(cod. proc. civ.: artt. 100, 323, 339, 360)
— Allorché il giudice dell’appello abbia confuso le questioni concernenti l’ammissibilità del gravame con quelle relative all’infondatezza nel merito della pretesa azionata, e così invertito i termini della verifica ad esso demandata, impropriamente desumendo dalle ragioni del rigetto della proposta impugnazione il difetto di ogni interesse del soccombente ad appellare la sentenza di prime cure, la conseguente deduzione dell’inosservanza di regola processuale, per essere insussistente l’ipotesi di inammissibilità dell’appello, può comportare la cassazione della sentenza di secondo grado soltanto ove risultino condivisibili le critiche formulate alla decisione gravata in ordine alla medesima infondatezza nel merito della pretesa, imponendosi sempre l’accertamento dell’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del mezzo di impugnazione azionato (Sent. n. 7253, Sez. III, del 22-3-2013).
Appello incidentale – Decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte
(cod. civ.: art. 2909; cod. proc. civ.: artt. 324, 333, 343, 346)
— Soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ., può limitarsi a riproporle; per contro, la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda o eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa (Sent. n. 6550, Sez. III, del 14-3-2013).
Appello – Produzione di nuovi documenti – Accettazione della controparte
(cod. proc. civ.: art. 345 III co.; L. 353/1990: art. 52)
— Nel regime dell’art. 345, comma 3, c.p.c., introdotto dalla legge n. 353 del 1990, la produzione di documenti nuovi in appello non si ha per accettata dalla controparte solo perché essa non ne abbia immediatamente eccepito la tardività, salvi gli effetti della sua eventuale acquiescenza al provvedimento col quale il giudice d’appello abbia ammesso la produzione tardiva (Sent. n. 5308, Sez. II, del 4-3-2013).
Appello – Sentenza di appello, riformatrice di quella di primo grado, che venga cassata con rinvio – Reviviscenza della sentenza di primo grado – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 339, 383, 474)
— Nell’ipotesi in cui la sentenza di appello, che ha riformato quella di primo grado, venga cassata con rinvio, non si ha una reviviscenza della sentenza di primo grado, posto che la sentenza del giudice di rinvio non si sostituisce ad altra precedente, ma interviene direttamente sulla domanda proposta dalle parti, con la conseguenza che non sarà più possibile procedere in executivis sulla base di quella di primo grado, potendo una nuova esecuzione fondarsi esclusivamente sulla sentenza del giudice emessa in sede rescissoria (Sent. n. 6113, Sez. III, del 12-3-2013).
Arricchimento senza causa – Azione generale di arricchimento – Quando può essere proposta in via subordinata rispetto all’azione contrattuale proposta in via principale
(cod. civ.: artt. 1218, 2041, 2042)
— L’azione di arricchimento può essere proposta, in via subordinata rispetto all’azione contrattuale proposta in via principale, soltanto qualora quest’ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all’accoglimento, ovvero in quello in cui tale domanda, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall’interessato (Sent. n. 6295, Sez. III, del 13-3-2013).
Assicurazione contro i danni – Perizia contrattuale collegiale
(cod. civ.: art. 1904; cod. proc. civ.: art. 808)
— Quando nel contratto di assicurazione contro i danni sia prevista, per la stima dell’indennizzo, una c.d. perizia contrattuale collegiale, e si stabilisca che uno dei tre periti sia scelto dal presidente del tribunale tra persone dotate di determinati requisiti soggettivi (nella specie, laurea in scienze agrarie), la nomina di persona priva di tali requisiti rende invalida la deliberazione dei periti. L’invalidità della perizia, tuttavia, lascia fermi gli effetti della clausola compromissoria, sicché anche in tal caso resta onere dell’assicurato che invochi il pagamento dell’indennizzo chiedere la nomina di un diverso perito, mentre resta esclusa la possibilità di adire direttamente l’autorità giudiziaria (Sent. n. 6554, Sez. III, del 14-3-2013).
Assicurazione della responsabilità civile – Prescrizione del diritto dell’assicurato all’indennità – Decorrenza – Termine iniziale – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1917, 2058, 2952)
— Premesso che la prescrizione del diritto dell’assicurato all’indennità decorre dalla data in cui il diritto medesimo può essere esercitato, sicché — con specifico riferimento all’assicurazione della responsabilità civile — il termine iniziale della decorrenza della prescrizione va individuato nella data in cui il danneggiato, per la prima volta, ha proposto — in via giudiziale o stragiudiziale — la sua richiesta, deve ritenersi idonea ai fini della decorrenza della prescrizione la richiesta di risarcimento anche in forma specifica e non solo per equivalente monetario (Sent. n. 6296, Sez. III, del 13-3-2013).
Assicurazione R.C.A. – Conducente di un veicolo che sia responsabile di un sinistro stradale, ma non anche proprietario del mezzo – Legittimazione a far valere diritti che siano riconducibili alla mala gestio cosiddetta «propria» dell’assicuratore – Esclusione
(cod. civ.: art. 1917; D.Lgs. 209/2005: artt. 122, 144)
— Il conducente di un veicolo che sia responsabile di un sinistro stradale, ma non anche proprietario del mezzo, in quanto estraneo al rapporto di assicurazione ex art. 1917 cod. civ., non è legittimato a far valere diritti che siano riconducibili alla mala gestio cosiddetta «propria» dell’assicuratore, ovvero per non avere eseguito in buona fede, nei confronti del proprio assicurato, l’obbligazione di corrispondere l’indennità in modo da evitare che l’obbligazione risarcitoria aumentasse ingiustificatamente in suo pregiudizio (Sent. n. 6291, Sez. III, del 13-3-2013).
Assicurazione R.C.A. – Norme relative – Applicabilità – Equiparabilità della sosta alla circolazione – Condizione
(D.Lgs. 209/2005: art. 122)
— Ai fini dell’applicabilità delle norme sull’assicurazione obbligatoria della R.C.A., la sosta può essere equiparata alla circolazione solo se il sinistro sia eziologicamente ricollegabile ad essa e non ad una causa autonoma — ivi compreso il fortuito — di per sé sufficiente a determinarlo. (Nel caso di specie, è stata esclusa la possibilità di applicare la citata disciplina in quanto l’evento dannoso, conseguente alla propagazione dell’incendio di un’autocisterna, pur trovando occasione nella sosta del mezzo presso una stazione di rifornimento di gas GPL, è risultato essere determinato dall’indebita fuoriuscita di gas dalla parte superiore del serbatoio dell’autocisterna e dal maldestro tentativo del conducente di porvi riparo) (Sent. n. 5398, Sez. III, del 5-3-2013).
Assicurazione stipulata dall’acquirente contro i rischi del trasporto di merce spedita via mare a rischio e pericolo del venditore – Nullità per carenza di interesse – Sussistenza – Fondamento
(cod. civ.: art. 1904)
— È affetta da nullità per difetto di interesse, ex art. 1904 cod. civ., l’assicurazione contro i rischi del trasporto, stipulata dall’acquirente di merce spedita via mare a rischio e pericolo del venditore, essendo stato subordinato l’effetto traslativo alla ricezione del pagamento del prezzo, a nulla rilevando che, dopo l’arrivo a destinazione e l’accertamento dell’avaria di parte del carico, l’acquirente ne abbia egualmente pagato il prezzo (Sent. n. 6293, Sez. III, del 13-3-2013).
Associazione non riconosciuta – Natura giuridica di società – Svolgimento di un’attività economica a fine di lucro – Sufficienza – Esclusione – Volontà comune di ripartire gli utili fra i soci – Necessità
(cod. civ.: artt. 36, 2247)
— Lo svolgimento di un’attività economica a fine di lucro da parte di un’associazione non riconosciuta non è sufficiente ad attribuire a tale organismo collettivo la natura giuridica di società, se non si accompagni alla comune volontà di ripartire gli utili fra i soci, nella cui assenza l’attività economica assolve una funzione meramente accessoria o strumentale, e comunque non prevalente, rispetto al perseguimento dello scopo dell’associazione. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C., con riguardo ad un’associazione sportiva, il cui scopo era quello di contribuire alla pratica dell’educazione fisica e sportiva tra gli associati, ha ritenuto irrilevante ad integrarne la natura societaria la circostanza che alcuni di questi fossero retribuiti in base alle ore di attività svolte come allenatori) (Sent. n. 5836, Sez. I, dell’8-3-2013).
Cessione d’azienda – Avviamento – È una qualità immateriale dell’azienda, che può essere promessa nel contratto di vendita – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 1453, 1470, 1490, 1492, 1497, 2555)
— In tema di cessione di azienda, l’avviamento non è un bene compreso nell’azienda — del quale quindi si possa ipotizzare un vizio ai sensi dell’art. 1490 cod. civ. in tema di vizi della cosa venduta — ma è una qualità immateriale dell’azienda stessa, che può essere promessa nel contratto di vendita e il cui difetto dà luogo alla fattispecie di inadempimento di cui all’art. 1497 cod. civ. in tema di mancanza di qualità promesse, con la conseguenza che la sua mancanza o il suo valore inferiore a quello pattuito non possono essere poste a fondamento dell’azione di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492, ma solo, eventualmente, di una di risoluzione ex art. 1453 cod. civ. (Sent. n. 5845, Sez. I, dell’8-3-2013).
Cessione d’azienda – Debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento
(cod. civ.: art. 2560 II co.)
— In tema di cessione di azienda, alla stregua del regime fissato dall’art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, allorché la cessione sia avvenuta nel corso di un processo al cui esito sia stata pronunciata una sentenza poi azionata in via esecutiva, è opponibile al cessionario il titolo conseguito dal ceduto nei confronti del cedente, relativo ad un rapporto contrattuale d’impresa non del tutto esaurito (Sent. n. 6107, Sez. III, del 12-3-2013).
Circolazione stradale – Investimento di pedone che abbia omesso di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed abbia iniziato l’attraversamento distrattamente – Responsabilità concorrente del conducente – Condizione
(cod. civ.: artt. 1227, 2054 I co., 2697)
— L’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno. Pertanto, anche nel caso in cui il pedone — nell’atto di attraversare la strada in un punto privo di strisce pedonali — abbia omesso di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed abbia iniziato l’attraversamento distrattamente, sussiste comunque una concorrente responsabilità del conducente il veicolo investitore, ove emerga che costui abbia tenuto una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo (Sent. n. 5399, Sez. III, del 5-3-2013).
Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Presunzione del concorso di colpa a carico di entrambi i conducenti – Ha carattere sussidiario – Conseguenza
(cod. civ.: art. 2054 II co.)
— In tema di circolazione stradale, la presunzione del concorso di colpa a carico di entrambi i conducenti, di cui al comma 2 dell’art. 2054 c.c., ha carattere sussidiario, operando soltanto in difetto di prova contraria, con la conseguenza che il giudice non può farvi ricorso dopo aver dichiarato irrilevanti le richieste istruttorie sulla dinamica dello scontro formulate da una parte, sul presupposto che vi fosse stata ammissione di responsabilità da parte dell’altro conducente (Ord. n. 6483, Sez. VI, del 14-3-2013).
Circolazione stradale – Velocità eccessiva – Accertamento – Criteri
(D.Lgs. 285/1992: art. 141)
— Nel sistema delle norme sulla circolazione stradale, l’apprezzamento della velocità, in funzione dell’esigenza di stabilire se essa debba o meno considerarsi eccessiva, deve essere condotto in relazione alle condizioni dei luoghi, della strada e del traffico che vi si svolge, e può, quindi, anche essere basato solo sulle circostanze del fatto e sugli effetti provocati dall’urto del veicolo, senza necessità di un preciso accertamento dell’oggettiva velocità tenuta dal veicolo stesso e senza che assuma decisivo rilievo persino l’eventuale osservanza dei limiti imposti, in via generale, dal codice della strada (Sent. n. 6559, Sez. III, del 14-3-2013).
Competenza per territorio – Eccezione di incompetenza territoriale sollevata con riguardo a persona giuridica
(cod. proc. civ.: artt. 19 I co., 38, 167)
— In caso di eccezione di incompetenza territoriale sollevata con riguardo a persona giuridica, la mancata contestazione in comparsa di risposta — alla quale è da equiparare quella formulata senza motivazione articolata ed esaustiva — della sussistenza del criterio di collegamento indicato dall’art. 19, comma 1, ultima parte, c.p.c. (contestazione da compiersi adducendo l’inesistenza, nel luogo in cui è territorialmente competente il giudice adito, di uno stabilimento della persona giuridica e di un suo rappresentante autorizzato a stare in giudizio con riferimento all’oggetto della domanda) comporta l’incompletezza dell’eccezione, da ritenere, pertanto, come non proposta, con il conseguente radicamento della competenza del giudice adito (Ord. n. 5725, Sez. VI, del 7-3-2013).
Comunione legale dei beni tra i coniugi – Natura di comunione senza quote – Effetti
(cod. civ.: artt. 186, 189, 191; cod. proc. civ.: art. 363)
— La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione. (Principio affermato ai sensi dell’art. 363 c.p.c.) (Sent. n. 6575, Sez. III, del 14-3-2013).
Concorrenza sleale – Atti idonei a determinare il discredito di un concorrente – Criterio di necessità
(cod. civ.: art. 2598 n. 2)
— La concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 2 c.c., consistente nel diffondere notizie ed apprezzamenti sull’attività altrui in modo idoneo a determinarne il discredito, richiede un’effettiva divulgazione della notizia ad una pluralità di persone, e non è, pertanto, configurabile nell’ipotesi di esternazioni occasionalmente rivolte a singoli interlocutori nell’ambito di separati e limitati colloqui (Sent. n. 5848, Sez. I, dell’8-3-2013).
Concorrenza sleale – Sanzioni
(cod. civ.: artt. 2598, 2599)
— L’ordine di pubblicazione del dispositivo della sentenza che accerti atti di concorrenza sleale e le modalità in cui esso deve essere eseguito costituiscono esercizio di un potere discrezionale ed insindacabile del giudice del merito, che prescinde dalla stessa individuazione del danno e dalla sua riparabilità mediante la pubblicazione dell’indicato dispositivo, trattandosi di sanzione autonoma, diretta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto offeso (Sent. n. 6226, Sez. I, del 13-3-2013).
— In tema di concorrenza sleale, il carattere essenziale e tipico dell’azione inibitoria ex art. 2599 cod. civ. è quello di apprestare una tutela giurisdizionale preventiva rivolta verso il futuro. Ne consegue che la pronuncia di inibitoria implica non solo l’ordine di cessare un’attività in atto, ma anche quello di astenersi in futuro dal compiere una certa attività, pur se nel frattempo cessata (Sent. n. 6226, Sez. I, del 13-3-2013).
Confessione – Elemento soggettivo ed elemento oggettivo – Nozioni rispettive
(cod. civ.: artt. 1158, 2730)
— Una dichiarazione è qualificabile come confessione ove sussistano un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, ed un elemento oggettivo, che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo, il quale forma oggetto della confessione escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e, al contempo, un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione. Ne consegue che non riveste valenza confessoria, in ordine al protrarsi del possesso per il tempo utile al verificarsi dell’usucapione, la scrittura con cui una parte si impegni a far acquisire all’altra un determinato immobile, o a seguito di sentenza dichiarativa di usucapione in suo favore o per contratto, rivelando tale accordo aspetti di incompatibilità logica tra il pattuito trasferimento a titolo derivativo ed il pregresso acquisto a titolo originario e collocandosi sul piano volitivo, anziché su quello ricognitivo (Sent. n. 7381, Sez. Unite, del 25-3-2013).
Connessione di cause soggette a riti diversi – Instaurazione di ciascuna causa che soggiaccia a regole processuali distinte e scelta di un rito erroneo per una di esse da cui siano derivate conseguenze pregiudizievoli per la possibilità di trattare la domanda secondo il rito cui sarebbe stata soggetta
(cod. proc. civ.: artt. 40 III co., 447 bis, 641)
— L’art. 40, terzo comma, c.p.c. disciplina una modalità di trattazione di cause soggette a riti diversi, ma, ove l’instaurazione di ciascuna soggiaccia a regole processuali distinte e dalla scelta di un rito erroneo per una di esse siano derivate conseguenze pregiudizievoli per la possibilità di trattare la domanda secondo il rito cui sarebbe stata soggetta, non consente a chi le abbia introdotte cumulativamente in base al rito della causa attraente di pretendere che quella intrapresa con il rito sbagliato sia «salvata» dalla successiva trattazione delle cause cumulate con il rito dell’altra che abbia funzione attraente. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile perché tardivamente proposta, in quanto erroneamente introdotta con citazione notificata tempestivamente ma iscritta a ruolo oltre il termine di cui all’art. 641 c.p.c., e non con ricorso ex art. 447 bis del medesimo codice depositato entro quel termine, un’opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto canoni locatizi) (Ord. n. 7450, Sez. VI, del 25-3-2013).
Contratti collegati – Collegamento – Nozione
(cod. civ.: art. 1322)
— Il collegamento contrattuale non dà luogo ad un autonomo e nuovo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, gli stessi restano conseguentemente soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi simul stabunt, simul cadent (Sent. n. 7255, Sez. III, del 22-3-2013).
Contratto atipico di mantenimento – Simulazione – Accertamento
(cod. civ.: artt. 769, 1322 II co., 1414, 1872, 2727)
— Ai fini dell’accertamento della simulazione di un contratto atipico di mantenimento (denominato anche vitalizio assistenziale), in quanto dissimulante una donazione, l’elemento essenziale dell’aleatorietà va valutato in relazione al momento della conclusione del contratto, essendo lo stesso caratterizzato dall’incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza del rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante, legate alle esigenze assistenziali del vitaliziato, ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio, potendosi, peraltro, ritenere presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica dell’originaria sproporzione tra le prestazioni (Sent. n. 7479, Sez. II, del 25-3-2013).
Contratto – Caparra confirmatoria – Recesso unilaterale dal contratto ex art. 1385 II co. cod. civ. – Natura legale – Sussistenza e distinzione rispetto al recesso convenzionale
(cod. civ.: artt. 1373 I co., 1385 II co.)
— Il recesso unilaterale dal contratto, previsto dall’art. 1385, secondo comma, cod. civ., è di natura legale e non convenzionale, trovando la sua giustificazione nell’inadempienza dell’altra parte, laddove l’art. 1373, primo comma, cod. civ., secondo il quale il recesso non può essere esercitato quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, riguarda esclusivamente il recesso convenzionale e non anche quello stabilito dall’art. 1385 in favore del contraente non inadempiente (Sent. n. 7762, Sez. II, del 27-3-2013).
Contratto – Conservazione – Presupposto
(cod. civ.: artt. 1367, 1428)
— L’esigenza di conservazione del contratto presuppone una verifica giudiziale (di mero fatto ed in applicazione dei criteri generali dell’ermeneutica contrattuale) sull’estensione dell’effettiva e reale volontà delle parti, alla quale dovrà riconoscersi prevalenza — senza che sia possibile addivenire all’annullamento del contratto per errore ostativo, pur in presenza di erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto nel documento contrattuale — ove si identifichi un accordo effettivo e reale su tutti gli elementi del contratto, in primo luogo il suo oggetto. Per contro, ove il contenuto apparente di singole clausole risulti diverso da quello realmente voluto dalle parti, dovrà ritenersi mancante il requisito dell’in idem placitum consensus, indispensabile per la configurabilità, sul punto, di un accordo contrattuale (Sent. n. 6116, Sez. III, del 12-3-2013).
Contratto per persona da nominare – Dichiarazione di nomina
(cod. civ.: artt. 1401 e segg.)
— Ai sensi degli artt. 1401 e ss. cod. civ., nel contratto per persona da nominare, a seguito dell’esercizio del potere di nomina, il terzo subentra nel contratto e, prendendo il posto della parte originaria, ne acquista i diritti ed assume gli obblighi con effetto retroattivo, dovendo, quindi, considerarsi fin dall’origine parte contraente. Ne consegue che la dichiarazione di nomina, attesa la funzione di far acquistare al terzo gli stessi diritti ed obblighi derivanti dal contratto, non può contenere alcuna modifica o variazione del suo contenuto, essendo, altrimenti, improduttiva di effetti (Sent. n. 7217, Sez. II, del 21-3-2013).
Domande conseguenti alla cassazione – Azione ex art. 389 cod. proc. civ. – Valutazione soggettiva circa il contegno dell’accipiens – Esclusione – Conseguenze
(cod. proc. civ.: art. 389; cod. civ.: artt. 1224 I co., 2033)
— L’azione proposta a norma dell’art. 389 c.p.c. prescinde da ogni valutazione soggettiva circa il contegno dell’accipiens, sicché, per il semplice fatto che una sentenza esecutiva sia stata riformata all’esito del giudizio di cassazione, colui che abbia adempiuto una prestazione successivamente risultata non dovuta ha diritto di essere indennizzato dell’intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma versata comprensiva degli interessi legali a partire dal giorno del pagamento (Sent. n. 5391, Sez. III, del 5-3-2013).
Donazione indiretta – Intestazione in favore del beneficiario di una quota di immobile acquistata con danaro proprio della disponente, proveniente dall’attività di meretricio di quest’ultima, dalla quale il primo traeva guadagno – Nullità della donazione per illiceità della causa – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 769, 1343, 1418, 2035)
— La donazione indiretta, consistente nell’intestazione in favore del beneficiario di una quota di immobile acquistata con danaro proprio della disponente, proveniente dall’attività di meretricio di quest’ultima, dalla quale il primo traeva guadagno, non è affetta da nullità per illiceità della causa, rimanendo la condotta di sfruttamento della prostituzione irrilevante rispetto all’atto di liberalità, espressione di piena autonomia negoziale ed oggetto di semplice accettazione da parte del donatario (Sent. n. 7480, Sez. II, del 25-3-2013).
Esecuzione forzata – Contestazione dell’intimato concernente le spese indicate nel precetto – È opposizione all’esecuzione, e non agli atti esecutivi – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 480, 615, 617)
— In tema di esecuzione forzata, la contestazione dell’intimato concernente le spese indicate in precetto (asseritamente non dovute perché non conformi alle tariffe professionali in vigore) investe il diritto sostanziale del creditore all’adempimento dell’obbligazione, sicché, ponendo in discussione quel diritto per come compiutamente riportato nel precetto, deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione, e non agli atti esecutivi (Sent. n. 6102, Sez. III, del 12-3-2013).
Esecuzione forzata – Ricorso in opposizione agli atti esecutivi
(cod. proc. civ.: artt. 125, 617)
— Poiché il ricorso in opposizione agli atti esecutivi deve avere i requisiti indicati nell’art. 125 c.p.c., in quanto ad essa l’ordinamento attribuisce la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, qualora tale scopo di costituire un immediato contatto fra giudice e parte non si realizzi perché l’opposizione, proposta con ricorso spedito con plico raccomandato, non si riveli idonea, per il suo contenuto, a tal fine, essa è inesistente, e quella proposta successivamente allo spirare del termine previsto dall’art. 617 c.p.c. va dichiarata inammissibile (Sent. n. 7107, Sez. III, del 21-3-2013).
Espropriazione forzata immobiliare – Alloggio di edilizia popolare ed economica oggetto di sola proprietà superficiaria in capo al debitore – Pignoramento genericamente riferito alla proprietà del bene – Validità – Condizione
(cod. proc. civ.: artt. 363 III co., 555)
— In tema di espropriazione forzata immobiliare, è valido, anche se genericamente riferito alla proprietà del bene, il pignoramento che intenda sottoporre ad esecuzione un immobile costruito, oggetto di sola proprietà superficiaria in capo al debitore, sebbene si tratti di alloggio di edilizia popolare ed economica, ove il residuo patrimonio del medesimo debitore sia insufficiente ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori. (Principio pronunciato ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.) (Sent. n. 6576, Sez. III, del 14-3-2013).
Espropriazione forzata immobiliare – Revoca dell’aggiudicazione ex art. 487 cod. proc. civ. – Operatività
(cod. proc. civ.: artt. 487 I co., 569 III co., 587 I co.)
— In tema di espropriazione forzata immobiliare, la revoca dell’aggiudicazione ex art. 487 c.p.c. opera con efficacia ex tunc, travolgendo ab initio il subprocedimento di vendita (dall’avviso di vendita fino al provvedimento di aggiudicazione) e comportando il venir meno dell’obbligazione di pagare il prezzo nel termine sancito dall’ordinanza di cui all’art. 569, comma 3, del medesimo codice, con conseguente irrilevanza di tutte le vicende connesse all’adempimento di detta obbligazione. (In applicazione di tale principio, la S.C., ha confermato la sentenza impugnata che, accertata l’intervenuta revoca dell’aggiudicazione, aveva ritenuto irrilevante l’anteriorità, rispetto ad essa, della scadenza del termine di pagamento del prezzo ed inoperante la decadenza sancita dall’art. 587 c.p.c.) (Ord. n. 5934, Sez. VI, dell’8-3-2013).
Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Scientia decoctionis – Prova
(R.D. 267/1942: artt. 6, 14, 67; cod. civ.: artt. 2697, 2729)
— In tema di revocatoria fallimentare, ed ai fini della prova della sussistenza della scientia decoctionis, poiché il ricorso per la dichiarazione di fallimento non riceve alcuna forma di pubblicità legale, né le cancellerie sono autorizzate a rilasciare ad eventuali terzi interessati informazioni in ordine al suo deposito, deve presumersi, salvo prova contraria, che la pendenza dello stesso sia nota solo a chi lo abbia proposto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto provato il predetto requisito soggettivo sul solo presupposto che la banca originaria convenuta avesse appreso, in tempo reale, dell’istanza di autofallimento presentata dalla sua correntista, poi fallita, attesa la notorietà di quest’ultima in ambito provinciale) (Sent. n. 7281, Sez. I, del 22-3-2013).
Giudicato – Caso in cui due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato
(cod. proc. civ.: artt. 163 III co. n. 3, 324; cod. civ.: art. 2909)
— In tema di giudicato, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. (Nella specie, la S.C. ha rilevato d’ufficio il giudicato esterno avente ad oggetto il rigetto dell’impugnazione del provvedimento di diniego di condono, costituente atto presupposto della cartella di pagamento in contestazione) (Sent. n. 5478, Sez. VI, del 5-3-2013).
Giudizio di rinvio – Sopravvenuta formazione del giudicato esterno
(cod. proc. civ.: artt. 324, 394; cod. civ.: art. 2909)
— In sede di giudizio di rinvio, il giudice può prendere in esame fatti impeditivi, modificativi o estintivi intervenuti in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle pregresse fasi processuali e, tra questi, anche la sopravvenuta formazione del giudicato esterno, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Sent. n. 7301, Sez. lavoro, del 22-3-2013).
Giurisdizione del giudice ordinario – Azione risarcitoria intrapresa dal candidato che assuma di essere stato danneggiato da condotte, già definitivamente accertate come penalmente rilevanti, tenute dai componenti di una commissione di concorso a professore universitario – Vi rientra
(cod. civ.: art. 2043; cod. proc. civ.: art. 1)
— L’azione risarcitoria, intrapresa dal candidato che assuma di essere stato danneggiato da condotte, già definitivamente accertate come penalmente rilevanti, tenute dai componenti di una commissione di concorso a professore universitario di prima fascia nello svolgimento della loro funzione, appartiene alla giurisdizione del g.o., rinvenendosi il fondamento della corrispondente pretesa in comportamenti riferibili non alla P.A. od implicanti l’esercizio di un potere, bensì agli stessi personalmente (Ord. n. 7380, Sez. Unite, del 25-3-2013).
Giurisdizione – Statuizione resa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sul ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione – Ha efficacia di giudicato nel processo al cui interno sia stata domandata
(cod. proc. civ.: artt. 41, 324; cod. civ.: art. 2909)
— La statuizione resa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sul ricorso, proposto ai sensi dell’art. 41 c.p.c., per regolamento preventivo di giurisdizione costituisce giudicato con efficacia vincolante nel processo al cui interno sia stata domandata (Sent. n. 7930, Sez. Unite, del 29-3-2013).
Giusto processo – Equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo – Danno non patrimoniale
(L. 89/2001: art. 2; cod. civ.: art. 2059)
— In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, l’esistenza del danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo superi in modo significativo la sua durata ragionevole, non anche quando esso trovi definizione a ridosso di tale termine, superandolo di pochi mesi (cinque, nel caso di specie). In questa evenienza, infatti, appare logico presumere, in relazione alla natura del danno stesso e sempre che non risultino indicazioni contrarie scaturenti in primo luogo dall’importanza della posta in gioco, che un lasso di tempo così breve di eccedenza non possa provocare a carico della parte sofferenze e patemi d’animo apprezzabili e, quindi, autonomamente enucleabili come danno evento (Sent. n. 5317, Sez. II, del 4-3-2013).
Intervento su istanza di parte – Terzo chiamato in causa dal convenuto come soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore e chiamata del terzo in garanzia – Elemento distintivo
(cod. proc. civ.: artt. 106, 269)
— Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, in cui la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’ipotesi della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo (Sent. n. 5400, Sez. III, del 5-3-2013).
Istruzione probatoria – Esibizione delle prove – Richiesta d’informazioni alla pubblica amministrazione
(cod. proc. civ.: art. 213; D.Lgs. 285/1992: art. 11 IV co.)
— Il potere di cui all’art. 213 cod. proc. civ., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni scritte relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, non può essere esercitato per acquisire atti o documenti della P.A. che la parte è in condizioni di produrre, come nel caso del verbale di polizia relativo alle modalità di un incidente stradale, che ciascun interessato può direttamente acquisire dai competenti organi, a norma dell’art. 11, quarto comma, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Sent. n. 6101, Sez. III, del 12-3-2013).
Lavoro autonomo – Norme antinfortunistiche – Inapplicabilità – Fondamento
(cod. civ.: artt. 2087, 2222)
— Ai rapporti di lavoro autonomo non si applicano le norme speciali antinfortunistiche, che, di regola, presuppongono l’inserimento del prestatore di lavoro nell’impresa del soggetto destinatario della prestazione, né l’art. 2087 c.c., il quale, integrando le richiamate leggi speciali, riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato (Sent. n. 7128, Sez. III, del 21-3-2013).
Lavoro parasubordinato – Obbligo del lavoratore di astenersi dalla concorrenza – Rientra nella previsione dell’art. 2596 cod. civ.
(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 2125, 2596)
— Sebbene la legge non imponga al lavoratore parasubordinato un dovere di fedeltà, tuttavia il dovere di correttezza della parte in un rapporto obbligatorio (art. 1175 cod. civ.) e il dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.) vietano alla parte di un rapporto collaborativo di servirsene per nuocere all’altra, sì che l’obbligo di astenersi dalla concorrenza nel rapporto di lavoro parasubordinato non è riconducibile direttamente all’art. 2125 cod. civ. — che disciplina il relativo patto per il lavoratore subordinato alla cessazione del contratto — ma, permeando come elemento connaturale ogni rapporto di collaborazione economica, rientra nella previsione dell’art. 2596 cod. civ. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto applicabile ad un rapporto di lavoro parasubordinato la disciplina del patto limitativo della concorrenza ex art. 2596 cod. civ., ricorrendone uno dei presupposti, previsti in via disgiuntiva, costituito dalla delimitazione ad una determinata attività, escludendo così la nullità della pattuizione per l’indiscriminato ambito geografico mondiale del vincolo negoziale) (Sent. n. 7141, Sez. lavoro, del 21-3-2013).
Licenziamento disciplinare nullo per vizio di forma – Rinnovazione – Possibilità
(L. 300/1970: artt. 7, 18; cod. civ.: art. 1423)
— È consentita la rinnovazione del licenziamento disciplinare nullo per vizio di forma in base agli stessi motivi sostanziali determinativi del precedente recesso, anche se la questione della validità del primo licenziamento sia ancora sub iudice, purché siano adottate le modalità prescritte, omesse nella precedente intimazione. Tale rinnovazione, risolvendosi nel compimento di un negozio diverso dal precedente, esula dallo schema dell’art. 1423 c.c., norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti ex tunc e non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale (Sent. n. 6773, Sez. lavoro, del 19-3-2013).
Licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo – Allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento
(cod. civ.: artt. 2119, 2697; L. 604/1966: artt. 3, 5)
— L’allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento intimatogli non esonera il datore di lavoro dall’onere di provare, ai sensi dell’art. 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604, l’esistenza della giusta causa o del giustificato motivo del recesso; solo ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l’onere di dimostrare l’intento ritorsivo e, dunque, l’illiceità del motivo unico e determinante del recesso (Sent. n. 6501, Sez. lavoro, del 14-3-2013).
Licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo – Dipendente che denunci all’Autorità Giudiziaria, senza previa comunicazione ai superiori gerarchici, fatti di potenziale rilevanza penale accaduti presso l’azienda – Non è un fatto costituente giusta causa o giustificato motivo di licenziamento – Condizione
(cod. civ.: art. 2119; L. 604/1966: art. 3)
— Non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento l’avere il dipendente denunciato all’Autorità Giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale accaduti presso l’azienda, né l’averlo fatto senza previa comunicazione ai superiori gerarchici, sempre che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o dell’esposto (Sent. n. 6501, Sez. lavoro, del 14-3-2013).
Locazione – Obblighi del locatore di manutenzione e di riparazione – Inadempimento – Domanda risarcitoria – Danni derivati da vizi della cosa locata – Domanda risarcitoria
(cod. civ.: artt. 1575, 1576, 1578 I e II co.)
— In tema di locazione, mentre, ai fini degli obblighi di manutenzione e di riparazione, ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c., all’allegazione dell’inadempimento del locatore si accompagna naturalmente la domanda di risarcimento dei danni, la domanda risarcitoria, di cui all’art. 1578, comma 2, c.c., relativa ai danni derivati da vizi della cosa locata, oltre a non essere autonomamente proponibile rispetto a quella di risoluzione del contratto o di riduzione del corrispettivo, non è concepibile in caso di vizi sopravvenuti, non potendo di questi valutarsi la conoscenza da parte del conduttore o la colpevole ignoranza da parte del locatore al momento della consegna (Sent. n. 6580, Sez. III, del 14-3-2013).
Mandato – Estinzione per morte del mandatario ed obbligo di rendiconto a carico dello stesso
(cod. civ.: artt. 1713 I co., 1722 n. 4)
— L’estinzione del mandato per morte del mandatario, prevista dall’art. 1722, n. 4, cod. civ., e l’obbligo di rendiconto a carico dello stesso mandatario, previsto dall’art. 1713, primo comma, cod. civ., si collocano su piani diversi e non confondibili, sicché la morte ha il solo effetto giuridico di trasferire l’obbligo di rendiconto dal mandatario ai suoi eredi, ovvero, nel caso di morte del mandante, in favore degli eredi di quest’ultimo, in virtù delle norme generali in tema di successione mortis causa (Sent. n. 7254, Sez. III, del 22-3-2013).
Mutuo – Domanda fondata su un contratto di mutuo – Convenuto che ammetta di aver ricevuto una somma di denaro dall’attore, ma neghi che ciò sia avvenuto a titolo di mutuo
(cod. civ.: artt. 1813, 2697)
— Qualora l’attore fondi la sua domanda su un contratto di mutuo, la circostanza che il convenuto ammetta di avere ricevuto una somma di denaro dall’attore, ma neghi che ciò sia avvenuto a titolo di mutuo, non costituisce un’eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l’onere della prova, giacché negare l’esistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l’inefficacia, la modificazione o l’estinzione, ma significa negare il titolo posto a base della domanda, ancorché il convenuto riconosca di aver ricevuto una somma di denaro ed indichi la ragione per la quale tale somma sarebbe stata versata, con la conseguenza, pertanto, che rimane fermo l’onere probatorio a carico dell’attore (Sent. n. 6295, Sez. III, del 13-3-2013).
Obbligazioni – Interessi di mora dovuti per il ritardato pagamento di una pena pecuniaria – Obbligazione autonoma rispetto a quella principale – Configurabilità – Prescrizione quinquennale – Assoggettabilità
(cod. civ.: artt. 1224 I co., 2948 n. 4)
— Gli interessi di mora dovuti per il ritardato pagamento di una pena pecuniaria costituiscono l’oggetto di un’obbligazione autonoma da quella principale, soggetta alla prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948, n. 4, cod. civ. (Sent. n. 7127, Sez. III, del 21-3-2013).
Prescrizione – Conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex art. 2953 cod. civ. – Fondamento ed ambito di operatività
(cod. civ.: art. 2953)
— In materia di prescrizione, la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex art. 2953 cod. civ. ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicché non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna (nella specie, per differenze retributive maturate nel corso del rapporto di lavoro) (Sent. n. 6967, Sez. lavoro, del 20-3-2013).
Procedimenti di istruzione preventiva – Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite – Provvedimento di rigetto dell’istanza relativa – Non è «sentenza» ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111 VII co. Cost.
(Cost.: art. 111 VII co.; cod. proc. civ.: art. 696 bis)
— Non costituisce «sentenza», ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento di rigetto dell’istanza di consulenza tecnica preventiva con finalità conciliativa, il quale non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto alla prova (anche in considerazione dell’assenza del presupposto dell’urgenza, estraneo all’art. 696 bis c.p.c.), né tantomeno la possibilità della conciliazione, essendo, inoltre, ridiscutibile — anche quanto alle spese — nell’eventuale giudizio di merito (Ord. n. 5698, Sez. VI, del 7-3-2013).
Procedure relative all’affidamento dei minori nel primo grado di giudizio – Audizione dei minori – Necessità – Conseguenza
(cod. civ.: art. 315 bis III co.; cod. proc. civ.: art. 161)
— L’audizione dei minori (che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capaci di discernimento) costituisce un adempimento necessario nelle procedure relative al loro affidamento nel primo grado di giudizio, con la conseguenza che la nullità delle sentenze per la violazione dell’obbligo di audizione può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 cod. proc. civ. (Sent. n. 5847, Sez. I, dell’8-3-2013).
Processo – Sospensione per pregiudizialità e proposizione di regolamento di competenza per contestare la sussistenza di un’ipotesi di sospensione necessaria
(cod. proc. civ.: artt. 42, 295)
— Ordinata la sospensione del processo per pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., e proposto regolamento di competenza per contestare la sussistenza di un’ipotesi di sospensione necessaria, se nelle more della decisione della Cassazione venga deciso il processo ritenuto pregiudicante con sentenza passata in giudicato, si determina la sopravvenuta carenza di interesse delle parti in ordine alla decisione sulla questione relativa alla sospensione e, quindi, la cessazione della materia del contendere relativamente al regolamento di competenza (Sent. n. 7932, Sez. Unite, del 29-3-2013).
Proprietà – Atti d’emulazione – Creazione di un terrapieno in un terreno agricolo che determini una compressione della facoltà di godimento del proprietario confinante – Non vi rientra – Fondamento
(cod. civ.: artt. 833, 1027)
— In tema di limiti della proprietà, non costituisce abuso del diritto, vietato ai sensi dell’art. 833 c.c., la creazione di un terrapieno in un terreno agricolo che pure determini, di fatto, una compressione della facoltà di godimento del proprietario confinante, non sussistendo nel nostro ordinamento una generale proibizione per il proprietario di un fondo di sopraelevare lo stesso, in modo da non pregiudicare il panorama visibile da altro fondo, salva l’eventuale costituzione della servitus altius non tollendi (Sent. n. 6823, Sez. II, del 19-3-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Violazione delle norme relative
(cod. civ.: artt. 873, 1027, 2043, 2697)
— In caso di violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni, è concessa l’azione risarcitoria per il danno determinatosi prima della riduzione in pristino, senza la necessità di una specifica attività probatoria, perché il danno che il proprietario subisce (danno conseguenza e non danno evento) è l’effetto (certo) dell’abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e quindi della limitazione del relativo godimento, che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà medesima. Nel caso in cui siano violate disposizioni non integrative delle norme sulle distanze, viceversa, mancando un asservimento di fatto del fondo contiguo, la prova del danno è richiesta ed il proprietario è tenuto a fornirne una dimostrazione precisa, sia in ordine alla sua potenziale esistenza che alla sua entità obiettiva, in termini di amenità, comodità, tranquillità ed altro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito secondo cui il danno non era stato provato e neppure specificamente indicato, dovendosi escludere che il modestissimo aumento di volumetria del sottotetto della casa confinante, per effetto di una sopraelevazione del tetto di appena 60 centimetri, potesse cagionare un danno all’abitazione degli attori, già «incassata» tra altre proprietà prima della sopraelevazione) (Sent. n. 7752, Sez. II, del 27-3-2013).
Proprietà – Responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione – Condotta colposa – Necessità – Conseguenza nel caso in cui i lavori di escavazione siano affidati in appalto
(cod. civ.: artt. 840, 1655, 2043)
— La responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione, ex art. 840 cod. civ., non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, sicché, nell’ipotesi in cui i lavori di escavazione siano affidati in appalto, è l’appaltatore ad essere di regola l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente aveva — in forza del contratto di appalto — la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza e che se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro (Sent. n. 6296, Sez. III, del 13-3-2013).
Prove documentali – Produzione nel processo e valutazione in sede decisoria – Contestazioni relative – Ambito
(cod. proc. civ.: artt. 115, 116; cod. civ.: artt. 2699 e segg.; disp. att. cod. proc. civ.: art. 87)
— Le prove precostituite, quali i documenti, entrano nel giudizio attraverso la produzione e nella decisione in virtù di un’operazione di semplice logica giuridica, essendo tali attività contestabili solo se svolte in contrasto con le regole, rispettivamente, processuali o di giudizio, che vi presiedono, senza che abbia rilievo una valutazione in termini di utilizzabilità, categoria propria del rito penale ed ignota al processo civile (Sent. n. 7466, Sez. II, del 25-3-2013).
Rapporti patrimoniali tra i coniugi – Fondo patrimoniale – Esecuzione sui beni e sui frutti – Iscrizione d’ipoteca – Azione ex art. 170 cod. civ. finalizzata alla declaratoria di illegittimità dell’iscrizione
(cod. civ.: artt. 170, 2697; D.P.R. 602/1973: art. 77)
— Qualora il coniuge che ha costituito un fondo patrimoniale, conferendovi un suo bene, agisca contro un suo creditore chiedendo che — in ragione dell’appartenenza del bene al fondo — venga dichiarata, ai sensi dell’art. 170 c.c., l’illegittimità dell’iscrizione di ipoteca che costui abbia eseguito sul bene, ha l’onere di allegare e provare che il debito sia stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore fosse a conoscenza di tale circostanza, anche nel caso di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602. (Nel caso di specie la S.C., nel vagliare la legittimità di una sentenza che aveva ritenuto non soggetta all’art. 170 c.c. l’iscrizione ipotecaria, accertati come non adempiuti i suddetti oneri, ha rigettato il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata) (Sent. n. 5385, Sez. III, del 5-3-2013).
Regime patrimoniale della famiglia – Comunione legale tra i coniugi – Scioglimento – Credito verso il coniuge socio di una società di persone
(cod. civ.: artt. 177, 191)
— In tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, il credito verso il coniuge socio di una società di persone, a favore dell’altro coniuge in comunione de residuo, è esigibile al momento della separazione personale, che è causa dello scioglimento della comunione, ed è quantificabile nella metà del plusvalore realizzato a tale momento, consentendosi altrimenti al coniuge-socio di procrastinare sine die la liquidazione della società o di annullarne il valore patrimoniale (Sent. n. 6876, Sez. I, del 20-3-2013).
Regime patrimoniale della famiglia – Fondo patrimoniale – Negozio costitutivo – È un atto a titolo gratuito – Azione revocatoria ordinaria – Esperibilità
(cod. civ.: artt. 167, 2901; Cost.: art. 29)
— Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, sia quando proviene da entrambi i coniugi sia quando proviene da un terzo, è atto a titolo gratuito, che può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria. Va altresì escluso ogni contrasto con le esigenze della famiglia tutelate a livello costituzionale, atteso il carattere facoltativo del fondo, la cui eventuale costituzione è rimessa alla libera scelta dei coniugi, o di un terzo (Sent. n. 7250, Sez. III, del 22-3-2013).
Regolamento di competenza – Conflitto negativo di competenza
(cod. proc. civ.: art. 45)
— Quando il giudice dinanzi al quale la causa è stata riassunta a seguito della dichiarazione di incompetenza di quello precedentemente adito abbia a sua volta declinato la propria competenza senza richiedere d’ufficio il regolamento di competenza, a norma dell’art. 45 c.p.c., spetta alla parte la facoltà di provvedervi, denunziando il verificatosi conflitto negativo di competenza (Sent. n. 5713, Sez. I, del 7-3-2013).
Responsabilità della P.A. per i danni cagionati da cose in custodia – Operatività – Ambito
(cod. civ.: art. 2051)
— La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 cod. civ., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (Sent. n. 6101, Sez. III, del 12-3-2013).
Responsabilità per danno cagionato da animali – Api utilizzate da un apicoltore – Non sono animali selvatici – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 2043, 2052)
— Non rientrano nel novero degli animali selvatici — sottratti all’applicazione dell’art. 2052 cod. civ. — le api utilizzate da un apicoltore, il quale pertanto risponde ai sensi di tale disposizione e non dell’art. 2043 cod. civ. dei danni dalle stesse cagionati (Sent. n. 7282, Sez. I, del 22-3-2013).
Responsabilità per danno cagionato da animali – Fondamento e limite – Riparto dell’onere probatorio tra attore e convenuto
(cod. civ.: artt. 2052, 2697)
— Poiché la responsabilità ex art. 2052 cod. civ. per danno cagionato da animali si fonda non su un comportamento o un’attività del proprietario, ma su una relazione (di proprietà o di uso) intercorrente tra questi e l’animale, e poiché il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore (il caso fortuito) che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, la rilevanza del fortuito deve essere apprezzata sotto il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre ad un elemento esterno, anziché all’animale che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Ne consegue che spetta all’attore provare l’esistenza del rapporto eziologico tra l’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non già di essere esente da colpa, bensì l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Sent. n. 7260, Sez. III, del 22-3-2013).
Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno subìto – Incombe sul danneggiato
(cod. civ.: artt. 2051, 2697)
— A norma dell’art. 2051 c.c., incombe sul danneggiato l’onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno subìto, dovendo costui dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, ma non anche che esso sia l’effetto dell’assenza di presidi antinfortunistici. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con cui il giudice di merito aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta ai sensi della citata disposizione, sul presupposto che il soggetto danneggiato — sebbene avesse fornito prova tanto dell’evento dannoso, costituito da una rovinosa caduta dallo scalone monumentale di un edificio, quanto delle peculiari condizioni della cosa che lo ha provocato, trattandosi di scala di per sé scivolosa, in ragione della sua conformazione curvilinea e dei suoi gradini in pietra lucida — avrebbe dovuto anche dimostrare che a cagionare la caduta era stata la mancanza di presidi antinfortunistici, essendo la scala non assistita da corrimano e priva di antisdrucciolo sulla pedana degli scalini) (Sent. n. 7125, Sez. III, del 21-3-2013).
Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Quando è configurabile
(cod. civ.: art. 2051)
— La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è oggettivamente configurabile qualora la cosa custodita sia di per sé idonea a sprigionare un’energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provare il danno (scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc.). Qualora per contro si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l’agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.). (Nel caso di specie, il danneggiato non aveva dimostrato che la situazione dei luoghi era tale da giustificare l’invasione con l’autovettura della corsia di marcia opposta) (Sent. n. 6306, Sez. III, del 13-3-2013).
Ricorso incidentale per cassazione proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito – Natura
(cod. proc. civ.: artt. 100, 371)
— In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale, nella specie, improponibilità dell’appello, comunque rigettato, in relazione all’intervenuta rinuncia preventiva all’impugnazione, disattesa nella sentenza gravata sul presupposto della nullità di detta rinuncia), ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Sent. n. 7381, Sez. Unite, del 25-3-2013).
Ricorso per cassazione – Inammissibilità – Art. 360 bis cod. proc. civ. – Ambito di applicazione
(cod. proc. civ.: art. 360 bis)
— L’art. 360 bis c.p.c. si applica non solo laddove la giurisprudenza della Corte di cassazione già abbia giudicato nello stesso modo della sentenza di merito la specifica fattispecie proposta dal ricorrente, ma anche quando il caso concreto non sia stato deciso e, tuttavia, si presti palesemente ad essere facilmente ricondotto, secondo i principi applicati da detta giurisprudenza, a casi assolutamente consimili, e comunque in base alla logica pacificamente affermata con riguardo all’esegesi di un istituto nell’ambito del quale la vicenda particolare pacificamente si iscriva (Ord. n. 7450, Sez. VI, del 25-3-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Decisione di merito fondata su di una pluralità di ragioni autonome e singolarmente sufficienti a sorreggerla – Ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 360)
— Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione. (Nella specie, la S.C. era stata investita con un ricorso rimasto carente di specifiche censure avverso la ritenuta fittizietà della sede di una società risultante da una fusione transfrontaliera — costituente solo una delle tre, autonome, ragioni poste a sostegno della impugnata decisione di fallimento — di cui si era, invece, lasciata la valutazione al prudente apprezzamento della Corte) (Sent. n. 7931, Sez. Unite, del 29-3-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Oneri del ricorrente
(cod. proc. civ.: art. 360)
— Il ricorrente, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per dar modo alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Sent. n. 6372, Sez. II, del 13-3-2013).
Ricorso per cassazione notificato ad una società in persona degli amministratori ormai deceduti ed in base ad una ragione sociale diversa da quella adottata in seguito ad una trasformazione di tipo sociale – Inammissibilità – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 330, 360; cod. civ.: artt. 2249, 2498)
— In tema di giudizio per cassazione, non assume rilievo, ai fini dell’inammissibilità del ricorso, la circostanza che questo sia stato notificato ad una società in persona degli amministratori ormai deceduti e in base ad una ragione sociale diversa da quella adottata in seguito ad una trasformazione di tipo sociale, risultando comunque la stessa società intimata correttamente identificata, senza alcuna incertezza, come controparte del rapporto processuale, a prescindere dall’esatta individuazione dei rappresentanti legali, nonché dalla vicenda meramente modificativa consistente nel passaggio da un tipo ad un altro previsto dalla legge, la quale non incide sui rapporti sostanziali e processuali facenti ad essa capo (Sent. n. 7253, Sez. III, del 22-3-2013).
Ricorso per cassazione – Principio giurisprudenziale dell’autosufficienza del ricorso – Fondamento normativo
(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 6)
— Con la previsione di cui all’art. 366, primo comma, numero 6), cod. proc. civ., il legislatore ha inteso codificare il principio giurisprudenziale dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, sicché le ragioni giustificative sottese alla sua elaborazione forniscono il metro esegetico più idoneo a consentirne la corretta interpretazione e applicazione (Ord. n. 7455, Sez. VI, del 25-3-2013).
Ricorso per cassazione – Principio giurisprudenziale dell’autosufficienza del ricorso – Non contrasta con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
(C.E.D.U.: artt. 6, 13; cod. proc. civ.: artt. 132, 156 II co., 366 I co. n. 6; Cost.: art. 111 VI co.)
— Non contrasta con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la disciplina del ricorso per cassazione, nella parte in cui prevede — all’art. 366, primo comma, numero 6), cod. proc. civ. — requisiti di ammissibilità di contenuto-forma, giacché essi, oltre ad essere individuati in modo chiaro (tanto da doversi escludere che il ricorrente in cassazione, tramite la difesa tecnica, non sia in grado di percepirne il significato e le implicazioni) e in applicazione del principio dell’idoneità dell’atto processuale al raggiungimento dello scopo (art. 156, secondo comma, cod. proc. civ.), risultano coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata propria del ricorso per cassazione e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione. Né, d’altra parte, tale disciplina conferisce alla Corte di cassazione un potere discrezionale troppo ampio, ove si consideri che le sue sentenze debbono essere motivate ai sensi dell’art. 132 cod. proc. civ. e, prima ancora, sulla base del precetto costituzionale di cui all’art. 111, sesto comma, della Costituzione (Ord. n. 7450, Sez. VI, del 25-3-2013).
Ricorso per cassazione – Rinuncia al ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione – Mancata accettazione della controparte – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 41, 370, 390)
— La rinuncia al ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ove non accettata dalla controparte, la quale abbia fatto propria l’istanza di regolamento, resta priva di effetti, imponendo alla Corte di cassazione di pronunciare sulla giurisdizione, giacché rimane efficace l’atto di impulso processuale contenuto nel controricorso (Ord. n. 7380, Sez. Unite, del 25-3-2013).
Ricorso per cassazione – Vizio di omessa pronuncia – Criteri di necessità
(cod. proc. civ.: artt. 112, 360)
— Affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività (Ord. n. 5344, Sez. VI, del 4-3-2013).
Risarcimento del danno da illecito extracontrattuale – Illecito che determini, dopo un primo evento lesivo, ulteriori conseguenze pregiudizievoli – Termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno inerente ad esse – Da quando decorre
(cod. civ.: artt. 2043, 2947)
— In materia di diritto al risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, in presenza di illecito che determini, dopo un primo evento lesivo, ulteriori conseguenze pregiudizievoli, il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno inerente ad esse decorre dal loro verificarsi, purché sia ravvisabile una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l’esaurimento della condotta del responsabile, come nel caso in cui si passi dall’indebolimento permanente di un senso o di un organo alla sua perdita, atteso che l’ulteriore manifestazione dell’evento lesivo, in parte rimasto latente, andando oltre la minore gravità, che poteva fondare — rendendola incolpevole — l’inattività del danneggiato rispetto all’esercizio del diritto, supera la qualificazione come aggravamento e sviluppo della malattia, integrando un fatto nuovo nella percezione del soggetto che deve decidere se esercitare il diritto al risarcimento. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto che il fatto lesivo della perforazione di un occhio, manifestatosi inizialmente con sdoppiamento dell’immagine e riduzione del visus correggibile con l’uso di lenti, evoluto successivamente in strabismo, si traduceva, poi, in ulteriore riduzione del visus non più migliorabile con lenti, fino alla definitiva perdita dello stesso, integrando così il passaggio dall’indebolimento permanente di un senso alla sua perdita, e, quindi, una lesione nuova idonea ad escludere la prescrizione del diritto al risarcimento) (Sent. n. 7139, Sez. III, del 21-3-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno al rapporto di convivenza – Risarcibilità – Fondamento normativo – Danno alla relazione prematrimoniale o al fidanzamento – Risarcibilità – Fondamento costituzionale
(cod. civ.: art. 2059; Cost.: artt. 2, 29)
— Integra di per sé un danno risarcibile ex art. 2059 c.c. — giacché lede un interesse della persona costituzionalmente rilevante, ai sensi dell’art. 2 Cost. — il pregiudizio recato al rapporto di convivenza, da intendere quale stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti, anche quando non sia contraddistinto da coabitazione. In caso, invece, di relazione prematrimoniale o di fidanzamento che — a prescindere da un rapporto di convivenza attuale al momento dell’illecito — era destinato successivamente ad evolvere (e di fatto si sia evoluto) in matrimonio, il risarcimento del danno non patrimoniale trova fondamento nell’art. 29 Cost., inteso come norma di tutela costituzionale non solo della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, ma anche del diritto del singolo a contrarre matrimonio e ad usufruire dei diritti-doveri reciproci inerenti le persone dei coniugi, nonché a formare una famiglia quale modalità di piena realizzazione della propria vita individuale (Sent. n. 7128, Sez. III, del 21-3-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Illecito civile che abbia determinato la morte della vittima – Danno «catastrofale» patito dalla stessa – Rientra nel danno non patrimoniale – Conseguenza
(cod. civ.: art. 2059)
— In caso di illecito civile che abbia determinato la morte della vittima, il danno cosiddetto «catastrofale», conseguente alla sofferenza dalla stessa patita — a causa delle lesioni riportate — nell’assistere, nel lasso di tempo compreso tra l’evento che le ha provocate e la morte, alla perdita della propria vita (danno diverso sia da quello cosiddetto «tanatologico», ovvero connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, sia da quello rivendicabile iure hereditatis dagli eredi della vittima dell’illecito, poi rivelatosi mortale, per avere la medesima sofferto, per un considerevole lasso di tempo, una lesione della propria integrità psico-fisica costituente un autonomo danno «biologico», accertabile con valutazione medico-legale), deve comunque includersi, al pari di essi, nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., ed è quindi autonomamente risarcibile in favore degli eredi del defunto (Sent. n. 7126, Sez. III, del 21-3-2013).
Sanzioni amministrative – Opposizione – Provvedimento qualificato come «ordinanza» che abbia dichiarato inammissibile l’opposizione per genericità dei motivi – È abnorme – Fondamento e conseguenza
(Cost.: art. 111 VII co.; L. 689/1981: artt. 22, 23; cod. proc. civ.: art. 324)
— In tema di opposizione a sanzioni amministrative, è abnorme e, quindi, impugnabile per cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., il provvedimento qualificato come «ordinanza», che abbia dichiarato inammissibile l’opposizione per genericità dei motivi, trattandosi di provvedimento emesso al di fuori di alcuna previsione normativa, in ipotesi neppure astrattamente riconducibile ai moduli processuali previsti dalle norme sul giudizio di opposizione e, tuttavia, incidente su posizioni di diritto soggettivo e idoneo, per il suo carattere di decisorietà, al passaggio in giudicato (Ord. n. 5237, Sez. VI, dell’1-3-2013).
Sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di legittimazione passiva – Ha valore di pronuncia di rigetto della domanda proposta contro tale soggetto – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 91, 279 II co.)
— La sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di legittimazione passiva ha il valore di una pronuncia di rigetto della domanda proposta contro tale soggetto, e, quindi, esaurendo nei confronti di questo la materia del contendere, deve provvedere al regolamento delle spese del relativo rapporto processuale (Sent. n. 7625, Sez. II, del 26-3-2013).
Sentenza – Diritto di chi si rivolge al giudice di conseguire una pronuncia chiara e comprensibile – Sussistenza
(cod. proc. civ.: artt. 112, 132, 474)
— Colui che si rivolge al giudice ha diritto a conseguire una pronuncia chiara e comprensibile, suscettibile — se del caso — di essere messa in esecuzione senza necessità di alcuna attività di supplenza, in sede di cognizione o di esecuzione, finalizzata all’integrazione di eventuali lacune, aporie o contraddizioni del titolo. (Nel caso di specie, proposta dal debitore di una prestazione pecuniaria opposizione all’esecuzione, sul presupposto dell’eccessività della somma precettata, la S.C. ha affermato che è dovere del giudice — a fronte dell’avvenuto riconoscimento in giudizio, compiuto dallo stesso creditore esecutante, della non spettanza di una parte del credito azionato in via esecutiva — accogliere in parte qua l’opposizione e non rigettarla integralmente facendo ricorso ad una formula — «salvo quanto detto» — ambigua ed atecnica, oltre che in contraddizione logica con la decisione di rigetto, contravvenendo, in questo modo, all’esigenza di corrispondenza non solo tra chiesto e pronunciato, ma anche tra quanto deciso ed esposto in dispositivo) (Sent. n. 6111, Sez. III, del 12-3-2013).
Servitù apparenti – Acquisto per usucapione – Fattispecie in tema di possesso di una servitù apparente di passaggio, iniziato sotto il codice civile abrogato
(cod. civ.: artt. 1061, 1158; disp. att. e trans. cod. civ.: art. 158)
— Il codice civile vigente, consentendo l’acquisto per usucapione delle servitù apparenti, ancorché discontinue, ha innovato la disciplina contenuta nell’art. 630 del codice civile del 1865, la quale escludeva l’usucapibilità delle servitù discontinue. Ne consegue che il possesso di una servitù apparente di passaggio, iniziato sotto il codice civile abrogato, è utile all’usucapione, come stabilito dall’art. 158 disp. att. e trans. cod. civ., solo con decorso dal 28 ottobre 1941, mentre è irrilevante il possesso anteriore e, quindi, tenuto conto della sospensione dei termini durante lo stato di guerra, solo se si sia protratto, dall’anzidetta data, per ventitré anni, tre mesi e otto giorni (Sent. n. 5774, Sez. II, del 7-3-2013).
Servitù di parcheggio – Acquisto per usucapione – Configurabilità – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 832, 1061, 1140, 1158)
— Il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso; pertanto, l’acquisto per usucapione della servitù di parcheggio è impedito, oltre che dall’eventuale assenza delle opere richieste dall’art. 1061 cod. civ., anche dalla natura meramente personale dell’utilità (Sent. n. 5769, Sez. II, del 7-3-2013).
Servitù di passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso – Presupposto della rispondenza alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria
(cod. civ.: art. 1052 II co.)
— La costituzione coattiva della servitù di passaggio in favore di un fondo non intercluso, ai sensi dell’art. 1052 cod. civ., postula la rispondenza alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, requisito che trascende gli interessi individuali e giustifica l’imposizione solo per interesse generale della produzione, da valutare, non già in astratto, ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alla loro concreta possibilità di un più ampio sfruttamento o di una migliore utilizzazione, sicché il sacrificio del fondo servente non si giustifica qualora il fondo dominante sia incolto e da lungo tempo inutilizzato a fini produttivi (Sent. n. 5765, Sez. II, del 7-3-2013).
Servitù di scolo – Acquisto per usucapione – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 913, 1061)
— Ai fini dell’accertamento dell’acquisto per usucapione di una servitù di scolo, non risulta decisivo che le relative opere apparenti insistano sul solo fondo servente, essendo, per contro, necessario che le stesse siano a servizio e rispondano ad un’effettiva utilità del fondo preteso dominante (nella specie, costituita dall’esigenza di far defluire le acque piovane e di coltura) (Sent. n. 6387, Sez. II, del 13-3-2013).
Società di capitali – Approvazione del bilancio – Ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1394, 2373, 2391, 2434)
— In tema di società di capitali, l’approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell’assemblea hanno natura imperativa e rispondono all’interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell’attività economica (Sent. n. 6220, Sez. I, del 13-3-2013).
Società di capitali – Bilancio regolarmente approvato – Efficacia probatoria ex art. 2709 cod. civ. in ordine ai debiti della società – Configurabilità – Libera valutazione da parte del giudice del merito – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 2423, 2709)
— Il bilancio di una società di capitali regolarmente approvato, al pari dei libri e delle scritture contabili dell’impresa soggetta a registrazione, fa prova, ai sensi dell’art. 2709 c.c., in ordine ai debiti della società medesima, il cui apprezzamento è affidato alla libera valutazione del giudice del merito, alla stregua di ogni altro elemento acquisito agli atti di causa (Sent. n. 6547, Sez. III, del 14-3-2013).
Società di capitali – Trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza – Non integra gli estremi del trasferimento d’azienda – Fondamento
(cod. civ.: artt. 2112, 2325 e segg.)
— Il trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza di una società di capitali non integra gli estremi del trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., in quanto non determina la sostituzione di un soggetto giuridico ad un altro nella titolarità dei rapporti pregressi, ma solo modifica gli assetti azionari interni sotto il profilo della loro titolarità, ferma restando la soggettività giuridica di ogni società anche se totalmente eterodiretta (Sent. n. 6131, Sez. lavoro, del 12-3-2013).
Società di persone – Cancellazione dal registro delle imprese
(D.Lgs. 6/2003; cod. civ.: artt. 2188, 2191, 2251 e segg., 2312, 2495, 2729)
— Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti. Pertanto, la prova contraria, idonea a superare l’effetto di pubblicità dichiarativa che l’iscrizione della cancellazione spiega per la società di persone, non può vertere sul fatto statico della pendenza di rapporti sociali non definiti, occorrendo, viceversa, la prova del fatto dinamico della continuazione dell’operatività sociale dopo l’avvenuta cancellazione, la quale soltanto giustifica, ai sensi dell’art. 2191 c.c., la cancellazione della cancellazione, cui consegue la presunzione che la società non abbia mai cessato di esistere (Sent. n. 6070, Sez. Unite, del 12-3-2013).
Società di persone (nella specie, società in accomandita semplice) – Carica di amministratore unico e posizione di lavoratore subordinato della stessa società – Incompatibilità – Ragione
(cod. civ.: artt. 2094, 2313, 2318)
— In materia di società a base personale (nella specie, società in accomandita semplice), la carica di amministratore unico è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, in quanto non possono in un unico soggetto riunirsi la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e quella di organo competente ad esprimere tale volontà (Sent. n. 7312, Sez. lavoro, del 22-3-2013).
Società di persone – Recesso – È un atto unilaterale recettizio – Conseguenze
(cod. civ.: art. 2289)
— Il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio, e, pertanto, la liquidazione della quota non è una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla società, perde lo status socii nonché il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota (Sent. n. 5836, Sez. I, dell’8-3-2013).
Società in nome collettivo – Responsabilità, nei confronti dei terzi, del socio che abbia ceduto la propria quota per le obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione
(cod. civ.: artt. 2267, 2290, 2291, 2697)
— In tema di società in nome collettivo, il socio che abbia ceduto la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione; l’indicata pubblicità costituisce, dunque, fatto impeditivo di una responsabilità da coobbligato, rispetto a debiti della società, altrimenti normale, sicché detta circostanza deve essere allegata e provata dal socio che opponga la cessione al fine di escludere la sua responsabilità (Sent. n. 6230, Sez. trib., del 13-3-2013).
Spese processuali – Criterio della soccombenza – Va riferito unitariamente all’esito finale della lite
(cod. proc. civ.: artt. 91, 92, 96)
— Il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole. (Nel caso di specie, è stata cassata la sentenza con cui il giudice d’appello aveva disposto, per il primo grado di giudizio, la condanna alle spese, sia pure parziale, a carico della parte attrice — sul presupposto del rigetto della domanda dalla stessa proposta, con contestuale reiezione anche della domanda riconvenzionale e delle domande di condanna, comuni ad entrambe le parti, ex art. 96 c.p.c. — e, per il grado di appello, della convenuta appellata — sul presupposto dell’accoglimento del gravame proposto dall’attrice soccombente —, procedendo, su tali basi erronee, alla compensazione legale dei loro reciproci crediti) (Sent. n. 6369, Sez. VI, del 13-3-2013).
Spese processuali – Responsabilità aggravata ex art. 96 I co. cod. proc. civ. – Domanda relativa – Allegazione, anche generica, della «direzione» dei supposti danni – Necessità
(cod. proc. civ.: art. 96 I co.)
— La domanda di risarcimento da responsabilità processuale aggravata, di cui all’art. 96, primo comma, cod. proc. civ., pur recando in sé una necessaria indeterminatezza quanto agli effetti lesivi immediatamente discendenti dall’improvvida iniziativa giudiziale, impone, comunque, una, sia pur generica, allegazione della «direzione» dei supposti danni (Sent. n. 7620, Sez. II, del 26-3-2013).
Spese processuali – Responsabilità aggravata ex art. 96 I co. cod. proc. civ. – Domanda relativa – In primo grado e in appello – Differenze
(cod. proc. civ.: artt. 96 I co., 342 I co.)
— La domanda di risarcimento da responsabilità aggravata, di cui all’art. 96, primo comma, cod. proc. civ., si atteggia diversamente a seconda dei gradi del giudizio, atteso che, mentre in primo grado essa è volta a sanzionare il merito di un’iniziativa giudiziaria avventata, nel secondo grado, regolato dal principio devolutivo, essa deve specificamente riferirsi alla pretestuosità dell’impugnazione, valutata con riguardo non tanto alle domande proposte, quanto, piuttosto, alla palese e strumentale infondatezza dei motivi dell’appello e, più in generale, alla condotta processuale tenuta dalla parte soccombente nella fase di gravame (Sent. n. 7620, Sez. II, del 26-3-2013).
Trascrizione della domanda giudiziale – Funzione – Conseguenza in tema di trascrizione della domanda di giudizio arbitrale finalizzata all’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di acquisto di nuda proprietà di un immobile
(cod. civ.: artt. 978, 1470, 2652 n. 2, 2659, 2932; cod. proc. civ.: art. 806)
— La trascrizione della domanda giudiziale, ai sensi dell’art. 2652, n. 2, c.c., ha la funzione di prenotare, nei confronti dei terzi, gli effetti della pronuncia che verrà successivamente emessa, realizzando una tutela anticipata del diritto che colui che trascrive andrà ad acquistare. Ne consegue che, nel caso della trascrizione della domanda di giudizio arbitrale, finalizzata all’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di acquisto di nuda proprietà di un immobile, chi trascrive non è tenuto a dare conto, nella relativa nota, anche dell’esistenza e della durata dell’usufrutto residuo gravante sull’immobile stesso, trattandosi di diritto di cui è titolare un soggetto diverso da quello che trascrive la domanda giudiziale (Sent. n. 5397, Sez. III, del 5-3-2013).
Trasferimento di un ramo d’azienda – Fattispecie
(cod. civ.: artt. 1406, 2112)
— È configurabile il trasferimento di un ramo di azienda nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, la cui capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how (o, comunque, dall’utilizzo di copyright, brevetti, marchi, etc.), con la conseguenza che la cessione realizza la successione legale nel rapporto di lavoro del cessionario senza bisogno di consenso dei contraenti ceduti (Sent. n. 5678, Sez. lavoro, del 7-3-2013).
Usucapione – Atto di divisione di un bene comune – Prova del possesso esclusivo della cosa ed insorgenza della presunzione di possesso intermedio – Inidoneità – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1100, 1140, 1142, 1158)
— In tema di usucapione, non è idoneo a dare la prova del possesso esclusivo della cosa, né a far insorgere la presunzione di possesso intermedio, di cui all’art. 1142 cod. civ., l’atto di divisione di un bene comune, giacché esso, di per sé, non attribuisce all’assegnatario una situazione di fatto corrispondente al possesso esclusivo di quanto assegnato (Sent. n. 6371, Sez. II, del 13-3-2013).
Vendita – Obbligo del venditore di custodire la cosa fino al momento del suo effettivo trasferimento all’acquirente, conservandola nella consistenza materiale e giuridica sussistente all’epoca del contratto – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 1177, 1476 nn. 1 e 3, 1477)
— In tema di compravendita, grava sul venditore, in quanto tenuto a consegnare la cosa al compratore, ai sensi dell’art. 1476, n. 1), cod. civ., altresì l’obbligo strumentale di custodire la stessa fino al momento del suo effettivo trasferimento all’acquirente, conservandola nella consistenza materiale e giuridica sussistente all’epoca del contratto; ne consegue che il medesimo venditore è passivamente legittimato con riguardo all’azione proposta dal compratore per il risarcimento dei danni derivanti dal mancato godimento del bene compravenduto, quale effetto dell’alienazione della cosa a terzi operata prima della sua consegna all’originario acquirente. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva negato la pretesa risarcitoria azionata nei confronti del venditore dal compratore di un appartamento, il quale, ottenuta la declaratoria giudiziale di nullità della clausola negoziale di riserva di proprietà dell’area destinata a parcheggio condominiale, non aveva potuto fruire del diritto d’uso riconosciutogli, essendo stata detta area già trasferita ad altri soggetti) (Sent. n. 7957, Sez. II, del 29-3-2013).
— Fra le obbligazioni principali del venditore rientra quella di consegnare la cosa al compratore e di garantirlo dall’evizione; sicché, finché la cosa non viene trasferita materialmente al compratore, il venditore è obbligato a conservarla nella consistenza materiale e giuridica sussistente all’epoca del contratto (Sent. n. 7957, Sez. II, del 29-3-2013).