Abuso del diritto – Condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra parte
(cod. civ.: artt. 1175, 1375)
— Non è ravvisabile un abuso del diritto nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto «non abusiva» la condotta del locatore di un immobile, avente la veste di società commerciale, che aveva ceduto le proprie quote ad altra società commerciale, per poi fondersi per incorporazione in essa, disattendendo la domanda del conduttore secondo cui tale condotta era volta a dissimulare un trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato, e quindi a privarlo della facoltà di esercitare il diritto di prelazione) (Sent. n. 8567, Sez. III, del 29-5-2012).
Agenzia – Principio di ultrattività del rapporto durante il periodo di preavviso
(cod. civ.: artt. 1750, 1751)
— In base al principio di ultrattività del rapporto durante il periodo di preavviso, il contratto di agenzia a tempo indeterminato non cessa nel momento in cui uno dei contraenti recede dal contratto, ma solo quando scade il termine di preavviso, sancito nell’interesse e a tutela della parte non recedente. Ne consegue che il recesso dell’agente, intervenuto durante il periodo di preavviso conseguente all’atto di recesso del preponente, integra una rinuncia al preavviso e l’anticipazione dell’estinzione del rapporto, che resta pur sempre imputabile alla volontà del preponente, su cui permane l’obbligo di corrispondere l’indennità di cessazione ex art. 1751 c.c. (Sent. n. 8295, Sez. lavoro, del 25-5-2012).
Appalto – Responsabilità dell’appaltatore
(cod. civ.: art. 1667)
— L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (Sent. n. 8016, Sez. II, del 21-5-2012).
Appalto – Responsabilità dell’appaltatore e del progettista
(cod. civ.: artt. 1669, 2043, 2226, 2330)
— Quando l’opera appaltata presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione il progettista è responsabile, con l’appaltatore, verso il committente, ai sensi dell’art. 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, rendendosi sia l’appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nel medesimo art. 1669 c.c., essendo entrambi autori dell’unico illecito extracontrattuale e perciò rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, specificamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non spiega alcun rilievo la disciplina dettata dagli artt. 2226 e 2330 c.c. e si rivela ininfluente la natura dell’obbligazione, se di risultato o di mezzi, che il professionista assume verso il cliente committente dell’opera data in appalto (Sent. n. 8016, Sez. II, del 21-5-2012).
Cassazione con rinvio – Principio dell’alterità del giudice di rinvio
(cod. proc. civ.: art. 383)
— Il principio dell’alterità del giudice di rinvio, sancito dall’art. 383 c.p.c., è rispettato sia quando, dopo la cassazione, la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario, sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purché non sussista identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata. È, pertanto, onere della parte che, ricorrendo per cassazione avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio, ne invochi la nullità per violazione dell’art. 383 c.p.c., allegare e provare che la pronuncia di rinvio sia stata decisa dalle stesse persone fisiche che pronunciarono la sentenza cassata con rinvio (Sent. n. 8723, Sez. III, del 31-5-2012).
Competenza – Continenza di cause
(cod. proc. civ.: artt. 39 II co., 40; cod. civ.: art. 1260)
— Sussiste un rapporto di continenza, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., e non di connessione, tra la domanda di adempimento proposta dal creditore cedente nei confronti del debitore, e quella proposta, nei confronti del medesimo debitore, dal cessionario del credito azionato nel primo giudizio (Sent. n. 8188, Sez. VI, del 23-5-2012).
Concorrenza sleale – Perdita di chance
(cod. civ.: art. 2598)
— In tema di concorrenza sleale, la perdita di chance configura un comportamento lesivo, trattandosi di un’interferenza illecita sulla serie causale che avrebbe condotto al conseguimento di un profitto di mercato; ne discende che il danno relativo non può che essere valutato sulla base della considerazione di una potenzialità, poi venuta meno (Sent. n. 7927, Sez. I, del 18-5-2012).
Condominio – Divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio
(cod. civ.: artt. 1127 II co., 2697, 2727)
— Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, comma 2, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico (Sent. n. 8643, Sez. II, del 30-5-2012).
Condominio – Estensione della proprietà condominiale ad edifici separati ed autonomi rispetto all’edificio in cui ha sede il condominio
(cod. civ.: artt. 1117, 1138)
— In tema di condominio negli edifici, in base all’art. 1117 c.c., l’estensione della proprietà condominiale ad edifici separati ed autonomi rispetto all’edificio in cui ha sede il condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo manufatto nella proprietà del condominio stesso, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente negli atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il condominio risulta costituito. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al condominio di garages ubicati in un blocco edilizio separato rispetto all’edificio in cui si trovano gli appartamenti condominiali, nessun rilievo va ascritto alla presenza, tra gli allegati al regolamento di condominio, di una tabella di ripartizione delle spese dei medesimi garages tra i corrispondenti proprietari, né alla circostanza che il cortile condominiale sia da questi ultimi utilizzato per accedere al loro bene, non costituendo il regolamento un titolo di proprietà, e non facendo l’uso promiscuo di un bene presumere la contitolarità dei beni che se ne servono e da esso traggono vantaggio (Sent. n. 8012, Sez. II, del 21-5-2012).
Condominio – Potere del nuovo amministratore di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore
(cod. civ.: artt. 1130, 1134, 1135)
— Il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e, pertanto, l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando, invece, all’assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore. (La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito la quale aveva ritenuto che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore quand’era già immesso nell’esercizio delle sue funzioni, non integrasse una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata) (Sent. n. 8498, Sez. II, del 28-5-2012).
Condominio – Uso della cosa comune – Apertura nel muro perimetrale dell’edificio
(cod. civ.: artt. 1102, 1117)
— Qualora l’apertura nel muro perimetrale comune di un edificio condominiale sia eseguita dal singolo condomino per mettere in comunicazione un’unità immobiliare di sua esclusiva proprietà con un’altra unità compresa in un diverso fabbricato, l’uso del muro comune non può ritenersi consentito a norma dell’art. 1102 c.c., in quanto non si risolve in un semplice maggiore suo godimento, ma integra un’anormale e diversa utilizzazione diretta a sopperire ai bisogni di un bene al quale non è legato da alcun rapporto (Sent. n. 8643, Sez. II, del 30-5-2012).
Contratto d’opera per la redazione di un progetto edilizio – Responsabilità del progettista
(cod. civ.: artt. 2222, 2226 I co., 2236)
— In tema di contratto d’opera per la redazione di un progetto edilizio, pur costituendo il progetto, sino a quando non sia materialmente realizzato, una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell’opera, il progettista deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell’opera richiesta dal committente. Ne consegue che sussiste la responsabilità del progettista per l’attività professionale espletata nella fase antecedente all’esecuzione delle opere, in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato (avendo, nella specie, il professionista richiesto l’autorizzazione per la manutenzione straordinaria di un edificio, anziché quella gratuita per la ristrutturazione), non costituendo tale scelta di per sé indice di un accordo illecito tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, in quanto, piuttosto, spettante al medesimo professionista, giacché qualificata da una specifica competenza tecnica, e senza che possa rilevare, ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto (Sent. n. 8014, Sez. II., del 21-5-2012).
Dimissioni del lavoratore rassegnate sotto minaccia di licenziamento per giusta causa – Quando sono annullabili per violenza morale
(cod. civ.: artt. 1324, 1438, 2118, 2119, 2697)
— Le dimissioni del lavoratore rassegnate sotto minaccia di licenziamento per giusta causa sono annullabili per violenza morale solo qualora venga accertata — con onere probatorio a carico del lavoratore che deduce l’invalidità dell’atto di dimissioni — l’inesistenza del diritto del datore di lavoro di procedere al licenziamento per insussistenza dell’inadempimento addebitato al dipendente, dovendosi ritenere che, in detta ipotesi, il datore di lavoro, con la minaccia del licenziamento, persegua un risultato non raggiungibile con il legittimo esercizio del diritto di recesso (Sent. n. 8298, Sez. lavoro, del 25-5-2012).
Documenti – Produzione in giudizio
(cod. proc. civ.: artt. 165, 347; disp. att. cod. proc. civ.: art. 87)
— Al fine della produzione di documenti, in primo grado od in appello, le modalità previste dall’art. 87 disp. att. c.p.c. (produzione in udienza ovvero deposito in cancelleria con comunicazione alle altre parti) riguardano i documenti offerti dopo la costituzione in giudizio, mentre, per quelli offerti all’atto della costituzione stessa, è sufficiente l’inserimento nel fascicolo depositato in tale sede (Sent. n. 7916, Sez. I, del 18-5-2012).
Donazione – Spirito di liberalità
(cod. civ.: art. 769)
— In tema di donazione, lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale. Tale spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non è incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale si atteggia come elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando né un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizio della volontà. (Nella specie, relativa a donazione immobiliare reciproca stipulata da coniugi separati con finalità di divisione, ma senza proporzione di valore tra le assegnazioni, una parte aveva chiesto dichiararsi la nullità del negozio per mancanza di causa, assumendo che l’esasperata conflittualità fosse incompatibile con l’animus donandi; in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la sentenza di merito, che aveva disatteso la denuncia di nullità) (Sent. n. 8018, Sez. II, del 21-5-2012).
Enti ecclesiastici – Violazione delle regole canoniche sulla corretta formazione e manifestazione della volontà dell’ente
(Cost.: art. 8; L. 222/1985: art. 18)
— Gli enti ecclesiastici godono di autonomia statutaria, la quale è conseguenza delle garanzie costituzionalmente riconosciute all’ordinamento confessionale. Pertanto, la violazione delle regole canoniche sulla corretta formazione e manifestazione della volontà dell’ente acquista rilievo anche per l’ordinamento statale ed è suscettibile di rendere invalidi i negozi di diritto privato dall’ente stesso stipulati (Sent. n. 8144, Sez. II, del 23-5-2012).
Fallimento – Azione revocatoria
(R.D. 267/1942: art. 67)
— La revocatoria fallimentare del pagamento di debiti del fallito ex art. 67 legge fall. è esperibile anche quando il pagamento sia stato effettuato da un terzo, purché questi abbia pagato il debito con danaro dell’imprenditore poi fallito, ovvero con danaro proprio, sempre che, dopo aver pagato, abbia esercitato azione di rivalsa prima dell’apertura del fallimento (Sent. n. 8783, Sez. I, del 31-5-2012).
Giusto processo – Equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo – Criteri di liquidazione
(Cost.: art. 111; L. 89/2001: art. 2)
— In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri di liquidazione applicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purché motivate e non irragionevoli. Pertanto la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Sent. n. 8471, Sez. VI, del 28-5-2012).
Obbligazione avente per oggetto una somma di denaro – Adempimento inesatto – Prova
(cod. civ.: artt. 1218, 1224 I co., 2697)
— In tema di prova dell’inesatto adempimento di un’obbligazione avente per oggetto una somma di denaro, allorquando il creditore deduca che l’inesattezza è costituita dal ritardo nel pagamento, in quanto effettuato oltre il termine stabilito dal contratto o dalla legge, è suo onere, allo scopo di conseguire per tale ritardo gli interessi moratori, indicare non solo il giorno di scadenza dell’obbligazione, ma anche quello (successivo) in cui è stato eseguito il pagamento della somma capitale; ove tale onere venga osservato, compete al debitore dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (Sent. n. 8242, Sez. I, del 24-5-2012).
Possesso – Spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti
(cod. civ.: artt. 1168, 1170)
— Nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi soltanto se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività; altrimenti, quando ogni atto, presentando caratteristiche sue proprie, si presta ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall’ultimo atto. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto correttamente motivata la sentenza di merito, la quale aveva negato qualsiasi collegamento tra l’atto di spoglio consistito nella chiusura di una strada con catena sorretta da paletti, e l’analoga chiusura con cavo e lucchetto che si affermava esistente due anni prima dello spoglio, ma della quale non era stata provata la persistenza) (Sent. n. 8148, Sez. II, del 23-5-2012).
Precetto – Sottoscrizione da parte di altro soggetto in rappresentanza del titolare del diritto risultante sul titolo esecutivo
(cod. proc. civ.: artt. 83, 99, 125, 480)
— Il precetto, pur rientrando tra gli atti di parte il cui contenuto e la cui sottoscrizione sono regolati dall’art. 125 c.p.c., non costituisce «atto introduttivo di un giudizio» contenente una domanda giudiziale, bensì atto preliminare stragiudiziale, che può essere validamente sottoscritto dalla parte oppure da un suo procuratore ad negotia. Ne consegue che, in caso di sottoscrizione del precetto da parte di altro soggetto in rappresentanza del titolare del diritto risultante sul titolo esecutivo, tale rappresentanza è sempre di carattere sostanziale, anche se conferita a persona avente la qualità di avvocato, restando conseguentemente irrilevante il difetto di procura sull’originale o sulla copia notificata dell’atto (Sent. n. 8213, Sez. VI, del 24-5-2012).
Procedimento per l’affidamento e il mantenimento del figlio naturale – Cessazione della convivenza fra i genitori
(cod. civ.: art. 317 bis)
— In tema di procedimento per l’affidamento e il mantenimento del figlio naturale, la cessazione della convivenza fra i genitori non rappresenta un presupposto processuale, necessario al momento dell’introduzione del giudizio, bensì una condizione dell’azione, incidendo sul diritto ad ottenere una sentenza favorevole, e, pertanto, è sufficiente che sussista nel momento in cui la lite viene decisa (Sent. n. 7905, Sez. I, del 18-5-2012).
Processo – Sospensione per pregiudizialità
(cod. proc. civ.: artt. 295, 360, 372)
— La sospensione del giudizio per pregiudizialità non può essere invocata per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità, non potendosi in quella sede produrre i documenti che ne dimostrino i presupposti (Sent. n. 7932, Sez. III, del 18-5-2012).
Ricorso per cassazione – Motivi
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. nn. 3 e 5)
— È inammissibile, per erronea individuazione della tipologia del vizio, il motivo di ricorso per cassazione col quale si censura come vizio di motivazione un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nell’interpretazione della norma di diritto rilevante nella fattispecie, trattandosi di vizio che deve essere denunciato ai sensi del numero 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. (Sent. n. 7267, Sez. III, dell’11-5-2012).
Ricorso per cassazione – Motivi
(cod. proc. civ.: artt. 112, 360)
— Nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Sent. n. 7932, Sez. III, del 18-5-2012).
Ricorso per cassazione – Motivi
(cod. proc. civ.: artt. 112, 360 I co. n. 5)
— L’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c. (Sent. n. 7871, Sez. trib., del 18-5-2012).
Risarcimento del danno futuro – Azione dell’istituto di credito nei confronti del direttore di filiale per imprudente erogazione del credito
(cod. civ.: artt. 1218, 1219, 1223, 1227 II co., 2727)
— Ai fini del risarcimento del danno futuro, l’istituto di credito che agisca nei confronti del direttore di filiale per imprudente erogazione del credito non può da lui pretendere il risarcimento sulla base della presunzione di definitiva irrecuperabilità del credito fondata sull’inesistenza di beni e garanzie del cliente insolvente, occorrendo invece che la banca costituisca in mora il debitore o attivi un procedimento, monitorio o esecutivo, che ne attesti l’inadempienza, poiché l’assenza di tentativi di recupero coattivo incide su un presupposto di esistenza del danno risarcibile, e non semplicemente sull’obbligo di circoscriverne l’entità ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c. (Sent. n. 8293, Sez. lavoro, del 25-5-2012).
Risarcimento del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata»
(cod. civ.: artt. 2059, 2697; D.Lgs. 79/2011: art. 47)
— La prova del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata», inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della «finalità turistica» e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero (Sent. n. 7256, Sez. III, dell’11-5-2012).
Scrittura privata – Configurabilità come testamento olografo – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 602, 2702; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— Ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma individuati dall’art. 602 c.c., occorrendo, altresì, l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso. Tale accertamento, che costituisce un prius logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria, è rimesso al giudice del merito e, se congruamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale aveva ravvisato la sussistenza di un testamento olografo in un documento recante soltanto la dichiarazione ricognitiva dell’autore che tutti i beni a lui intestati fossero esclusivamente di proprietà della moglie, ritenendo plausibile l’intento del de cuius di disporre in tal modo delle sue sostanze per il tempo in cui avesse cessato di vivere) (Sent. n. 8490, Sez. II, del 28-5-2012).
Scrittura privata disconosciuta – Istanza di verificazione
(cod. proc. civ.: artt. 214, 216)
— L’istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta può essere anche implicita, come quando si insista per l’accoglimento della pretesa presupponente l’autenticità del documento, e non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove quando gli elementi già acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per una pronuncia al riguardo. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto idoneamente sollevata l’istanza di verificazione di un testamento olografo, in considerazione del chiaro permanere della volontà della parte di valersi della scrittura disconosciuta, evincibile dalle sue difese e dal dipanarsi istruttorio della causa) (Sent. n. 8272, Sez. II, del 24-5-2012).
Scrittura privata non autenticata formante un corpo unico col foglio sul quale è impresso il timbro postale – Data del timbro
(cod. civ.: artt. 2697, 2704; cod. proc. civ.: art. 221)
— Qualora la scrittura privata non autenticata formi un corpo unico col foglio sul quale è impresso il timbro postale, la data risultante da quest’ultimo è data certa della scrittura, perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita, mentre grava sulla parte che contesti la certezza della data l’onere di provare, pur senza necessità di querela di falso, che la redazione del contenuto della scrittura è avvenuta in un momento diverso (Sent. n. 8438, Sez. I, del 28-5-2012).
Sentenza – Motivazione per relationem
(cod. proc. civ.: art. 132 II co. n. 4)
— La motivazione della sentenza per relationem è ammissibile, purché il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio. (Nella specie, ove si discuteva dell’assoggettabilità dei cartelli stradali all’imposta sulla pubblicità, la Commissione tributaria regionale aveva deciso la controversia semplicemente richiamando un proprio precedente tra le stesse parti; la S.C., nel cassare la pronuncia, ha affermato il principio su esteso) (Sent. n. 7347, Sez. trib., dell’11-5-2012).
Servitù di passaggio – Ampliamento coattivo
(cod. civ.: art. 1051)
— Il soggetto nei cui confronti è richiesto l’ampliamento coattivo della servitù di passaggio non può utilmente eccepire che sarebbe possibile realizzare il passaggio sul fondo di un terzo, poiché, sussistendo già una servitù di passaggio a favore del fondo intercluso, la costituzione di una servitù coattiva sul fondo di altri sarebbe consentita solo se l’ampliamento della servitù già esistente risultasse impossibile o possibile soltanto con dispendio o disagio eccessivi (Sent. n. 8157, Sez. II, del 23-5-2012).
Servitù di passaggio coattivo – Ampliamento
(cod. civ.: art. 1051; Cost.: artt. 2, 3)
— Condizioni necessarie per procedere all’ampliamento di una servitù di passaggio coattivo già esistente sono, ai sensi del richiamo operato dal comma 3 dell’art. 1051 c.c., quelle poste dal comma 2 della stessa disposizione, che attribuisce rilievo all’accesso più breve alla via pubblica e al minor danno al fondo servente ed impone, perciò, una valutazione comparativa delle esigenze dei fondi interessati, dovendo escludersi invece, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 2 e 3 Cost.), che, ove la servitù già esista, occorre senz’altro procedere all’ampliamento della stessa a meno che ciò sia impossibile o attuabile solo con dispendio o disagi eccessivi. Ne consegue che il proprietario del fondo servente è legittimato ad eccepire l’idoneità di altro accesso in diverso sito o fondo, se questo realizzi la via più breve e sia meno dannoso dell’ampliamento richiesto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda rilevando l’esistenza di percorsi alternativi da realizzare su fondi di terzi, i quali assicuravano un accesso più breve alla via pubblica e non implicavano l’abbattimento di alberi, come, invece, sarebbe stato necessario nel caso di ampliamento della servitù già esistente, nonché l’assenza di vantaggi per il fondo dominante derivanti dalla meccanizzazione del processo produttivo) (Sent. n. 8153, Sez. II, del 23-5-2012).
Transazione su titolo nullo – Nullità
(cod. civ.: artt. 1419, 1972)
— La nullità della transazione su titolo nullo ex art. 1972 c.c. non consegue alla nullità di singole clausole del contratto base, se di esse non risulti, ai sensi dell’art. 1419 c.c., l’essenzialità rispetto al contratto stesso. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, dichiarate nulle le clausole di commissione massimo scoperto, rinvio agli usi su piazza e anatocismo inerenti ad un contratto di conto corrente bancario, aveva esteso la declaratoria di nullità alla transazione intervenuta sul medesimo contratto, omettendo di verificare se, nell’economia di quest’ultimo, le clausole nulle fossero essenziali) (Sent. n. 8776, Sez. I, del 31-5-2012).
Veduta – Criteri di necessità
(cod. civ.: art. 900)
— Affinché sussista una veduta, a norma dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio sul fondo del vicino, dovendo detta apertura non soltanto consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale. Ne consegue che non può attribuirsi natura di veduta a finestre poste all’altezza di un metro e cinquantacinque centimetri dal pavimento ed aperte in un muro dello spessore di trenta centimetri, non consentendo esse a persona di media statura una comoda prospectio, ovvero di guardare e sporgere comodamente il capo verso il fondo limitrofo, senza che abbia rilievo la possibilità di affacciarsi stando in punta di piedi, in quanto una simile posizione comporta uno sforzo naturale sostenibile solo per un periodo di tempo minimo e determina una situazione di instabile equilibrio (Sent. n. 8009, Sez. II, del 21-5-2012).
Vendita – Facoltà del compratore di sospendere il pagamento del prezzo
(cod. civ.: artt. 1351, 1460, 1481)
— La facoltà del compratore di sospendere il pagamento del prezzo, a norma dell’art. 1481 c.c., costituendo applicazione alla compravendita del principio generale inadimplenti non est adimplendum, di cui all’art. 1460 c.c., postula che l’esercizio dell’autotutela sia conforme a buona fede, dovendo connotarsi il pericolo di perdere la proprietà per serietà e concretezza e risultare attuale, e non già soltanto ipotizzabile in futuro o meramente presuntivo, senza che abbia rilievo distinguere, al riguardo, tra contratto di vendita, con immediato effetto traslativo, e contratto preliminare, atteso che la garanzia è prevista dall’art. 1481 c.c. in considerazione e per effetto del mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato dal compratore, tale da comportare l’alterazione del sinallagma contrattuale. Ne consegue che detta garanzia opera indipendentemente dalla colpa del venditore e dalla stessa conoscenza da parte del compratore della possibile causa della futura evizione, sussistendo la necessità di porvi rimedio con il ripristino della situazione economica del compratore quale era prima dell’acquisto (Sent. n. 8002, Sez. II, del 21-5-2012).
Vendita – Spese a carico del compratore
(cod. civ.: art. 1475)
— Per «spese del contratto di vendita», che l’art. 1475 cod. civ. pone in via generale a carico del compratore, devono intendersi tutte quelle che siano necessarie per la conclusione del contratto e siano, perciò, con questo in stretto rapporto di causalità, efficienza e strumentalità, con la conseguenza che vanno escluse soltanto quelle spese per cui risulti mancante un rapporto causale anche sotto il profilo dell’inutilità evidente e dell’esorbitanza delle stesse ovvero l’eventuale contrario accordo delle parti. Costituiscono, pertanto, «spese» della compravendita, a carico anche del compratore, ai sensi dell’art. 1475 citato, in quanto strumentalmente compiute per rendere possibile il negozio, gli onorari spettanti ad un professionista per la redazione di una relazione tecnica per il frazionamento e di una planimetria che, costituenti parte integrante dell’atto pubblico di vendita di un immobile, siano state effettuate su incarico del solo venditore (Sent. n. 7004, Sez. II, dell’8-5-2012).