Arbitrato – Clausola compromissoria binaria inserita in un contratto plurilaterale con la quale soltanto alcune delle parti si obbligano a devolvere le reciproche controversie ad un collegio arbitrale
(cod. proc. civ.: art. 808)
— È valida ed efficace la clausola compromissoria binaria inserita in un contratto plurilaterale (nella specie, di affiliazione commerciale o franchising), con la quale soltanto alcune delle parti si obbligano a devolvere le reciproche controversie ad un collegio arbitrale, se dal contratto siano sorti rapporti giuridici diversi, ancorché collegati, tra le parti firmatarie della clausola compromissoria e le altre (Sent. n. 12825, Sez. VI, del 23-7-2012).
Arbitrato irrituale – È riconducibile al mandato congiunto – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 808 ter; cod. civ.: art. 1716 I co.)
— L’arbitrato irrituale è riconducibile alla figura del mandato conferito congiuntamente, poiché solo dal concorso della volontà di entrambe le parti compromittenti viene conferito al collegio arbitrale il mandato di definire la controversia; inoltre, data la natura dell’incarico, necessariamente indivisibile e ad attuazione congiunta, tutti gli arbitri devono accettare e partecipare alle attività richieste per l’esecuzione del mandato, con la conseguenza che il termine (comunque unico) di adempimento per il deposito del lodo può iniziare a decorrere dal momento in cui il giudizio arbitrale può dirsi pendente, quando gli arbitri siano effettivamente investiti del potere negoziale conferito loro dai mandanti, cioè presuntivamente dalla data di costituzione del collegio arbitrale, salvo patto contrario, ex art. 1716, comma 1, c.c., del quale deve essere data congrua e adeguata motivazione (Sent. n. 11270, Sez. I, del 5-7-2012).
Azienda – Cessione – Crediti che si trasferiscono automaticamente al cessionario
(cod. civ.: artt. 2043, 2559)
— Tra i crediti che, nel caso di cessione d’azienda, si trasferiscono automaticamente al cessionario rientrano anche quelli derivanti da fatti illeciti commessi in danno dell’impresa cedente, a nulla rilevando che gli stessi consistano nella lesione di interessi legittimi pretensivi od oppositivi per condotta illegittima della P.A. (Sent. n. 13692, Sez. III, del 31-7-2012).
Azione revocatoria fallimentare – Conto affidato e rimessa effettuata ad una data in cui non vi era stato sconfinamento di fido
(R.D. 267/1942: art. 67)
— In tema di revocatoria fallimentare, nel caso di conto affidato e di rimessa effettuata ad una data in cui non vi era stato sconfinamento di fido, il carattere solutorio va escluso, salvo che sussistano specifiche circostanze di fatto che depongano in senso contrario; a tal fine non sono sufficienti il sostanziale congelamento del conto affidato in un certo arco di tempo e neppure il mero dato obiettivo del suo andamento storico ovvero la circostanza che la provvista ripristinata non sia stata riutilizzata, occorrendo la sua anticipata chiusura oppure l’indisponibilità della provvista conseguente al rifiuto della banca di rilasciare blocchetti di assegni, ovvero, ancora, la sua iniziativa volta a trasformare le rimesse effettuate nell’ambito del fido in atti solutori (Ord. n. 11054, Sez. VI, del 2-7-2012).
Azione revocatoria fallimentare – Rimesse effettuate dal terzo fideiussore sul conto corrente dell’imprenditore poi fallito
(R.D. 267/1942: art. 67 II co.; cod. civ.: artt. 1852, 1936)
— In tema di azione revocatoria fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo fideiussore sul conto corrente dell’imprenditore, poi fallito, non sono revocabili ai sensi dell’art. 67, comma 2, legge fall., quando risulti che non sia stata utilizzata provvista del debitore, né vi sia stata rivalsa, prima del fallimento, nei suoi confronti. In tale ipotesi, infatti, il pagamento effettuato dal garante ha lo scopo di adempiere un’obbligazione propria ed autonoma, ancorché accessoria, per evitare le conseguenze cui egli resterebbe esposto per effetto della morosità dell’obbligato principale, restando irrilevante, per contro, la modalità solutoria mediante versamento sul conto corrente, non lesivo della par condicio. Per la stessa ragione, non è revocabile la rimessa effettuata dopo il fallimento, attesa l’assenza di qualunque pregiudizio per la massa, insinuandosi al passivo il fideiussore invece della banca creditrice (Sent. n. 13549, Sez. I, del 30-7-2012).
Cessione dei crediti – Cessionario che agisca nei confronti del debitore ceduto
(cod. civ.: artt. 1260, 1264, 2697)
— Il cessionario che agisca nei confronti del debitore ceduto, è tenuto a dare prova soltanto del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi e non anche a dimostrare la causa della cessione stessa; né il debitore ceduto può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, in quanto il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, sicché egli è soltanto abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, specie quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario (Sent. n. 13691, Sez. III, del 31-7-2012).
Competenza per territorio – Eccezione di incompetenza nel caso in cui sia convenuta una P.A.
(cod. proc. civ.: art. 25)
— La regola generale, secondo cui l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile si ha per non proposta, se non accompagnata dall’indicazione di tutti i fori concorrenti, subisce deroghe quando sia convenuta una P.A. in un giudizio in materia di obbligazioni, dovendosi in tal caso distinguere due ipotesi: (a) se l’amministrazione è convenuta dinanzi al tribunale di una città dove ha sede l’ufficio distrettuale dell’Avvocatura dello Stato, e l’amministrazione non formuli l’eccezione di incompetenza in modo completo, essa si ha per non proposta; (b) se l’amministrazione è convenuta, invece, dinanzi al tribunale di una città dove non ha sede alcun ufficio dell’Avvocatura dello Stato, e l’amministrazione non formuli l’eccezione di incompetenza in modo completo, il giudice potrà comunque rilevare d’ufficio la propria incompetenza per territorio, in favore del giudice del luogo in cui, nell’ambito dello stesso distretto giudiziario, ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato (Ord. n. 13268, Sez. VI, del 26-7-2012).
Conciliazione giudiziale di una controversia di lavoro – È vincolante solo per gli stipulanti – Fondamento
(cod. civ.: art. 1372; cod. proc. civ.: artt. 185, 420)
— Per il principio di relatività dell’efficacia del contratto, accolto dall’art. 1372 c.c., la conciliazione giudiziale di una controversia attinente al rapporto di lavoro vincola solo gli stipulanti. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso del lavoratore che, avendo conciliato con l’azienda municipalizzata Centrale del latte di Roma una controversia per superiore inquadramento, pretendeva di opporre la transazione al Comune di Roma, presso il quale era transitato a seguito di accordo sindacale prevedente la costituzione del rapporto ex novo) (Sent. n. 12781, Sez. lavoro, del 23-7-2012).
Condominio – Giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte l’amministratore – Fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio
(cod. civ.: artt. 1130, 1131, 2909; cod. proc. civ.: art. 324)
— Il giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte l’amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (Sent. n. 12911, Sez. III, del 24-7-2012).
Condominio – Uso della cosa comune – Delibera assembleare che, per l’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, ne preveda il godimento turnario
(cod. civ.: artt. 1102, 1135, 1138)
— La delibera assembleare che, in considerazione dell’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l’area di parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l’art. 1102 c.c., ma costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte dell’assemblea. Né la volontà collettiva espressa in assemblea, la quale, preso atto dell’impossibilità del simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, escluda l’utilizzazione, da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, neppure comporta una violazione dell’art. 1138 c.c., in quanto non impedisce il godimento individuale del bene comune, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l’avvicendamento nel godimento o da indurre all’incertezza del suo avverarsi (Sent. n. 12485, Sez. II, del 19-7-2012).
Continenza di cause – Nozione
(cod. proc. civ.: art. 39 II co.)
— Ai sensi dell’art. 39, comma 2, c.p.c., sussiste il rapporto di continenza quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, hanno ad oggetto una questione comune, quale quella diretta a stabilire chi dei contraenti, nell’ambito dell’unico rapporto controverso, sia creditore dell’altro, essendo una domanda volta ad ottenere l’accertamento dell’inadempimento della controparte e la conseguente condanna al risarcimento dei danni, e l’altra volta all’esecuzione del medesimo contratto (Ord. n. 13161, Sez. VI, del 25-7-2012).
Contratto – Annullabilità – Raggiri usati dal minore per occultare la sua minore età
(cod. civ.: artt. 427, 1425, 1426)
— L’art. 1426 c.c., il quale stabilisce la non annullabilità del contratto concluso dal minore, che con raggiri abbia occultato la sua minore età, costituisce una norma di carattere eccezionale. Ne consegue che detta deroga al regime dell’annullabilità per incapacità legale non può essere estesa all’ipotesi del malizioso occultamento del proprio stato da parte dell’interdetto o dell’inabilitato, sia perché la condizione di questi ultimi non è equiparabile a quella del minore, il quale può essere naturalmente capace di intendere e di volere e dimostrare per la sua precocità una particolare astuzia, sia perché tale malizioso occultamento appare difficilmente conciliabile con la situazione di incapacità in cui l’interdetto e l’inabilitato versano, trattandosi di condotta che postula la lucida rappresentazione del proprio stato e la consapevole volontà diretta a mascherarlo (Sent. n. 11191, Sez. II, del 4-7-2012).
Contratto – Interpretazione – Comportamento tenuto dalle parti dopo la conclusione del contratto
(cod. civ.: art. 1362 II co.)
— In tema di interpretazione del contratto, il comportamento tenuto dalle parti dopo la sua conclusione, cui attribuisce rilievo ermeneutico il comma 2 dell’art. 1362 c.c., è solo quello di cui siano stati partecipi entrambi i contraenti, non potendo la comune intenzione delle parti emergere dall’iniziativa unilaterale di una di esse, corrispondente ai suoi personali disegni (Sent. n. 12535, Sez. I, del 19-7-2012).
Contratto preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi – Esecuzione in forma specifica – Criterio di sufficienza
(cod. civ.: artt. 177, 184, 1351, 1470, 2932)
— Per l’esecuzione in forma specifica, a norma dell’art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell’art. 184 c.c., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell’affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla trascrizione (Sent. n. 12923, Sez. II, del 24-7-2012).
Contratto preliminare di vendita – Domanda di esecuzione specifica del contratto proposta dal promissario acquirente a cui si contrapponga la domanda del promittente venditore diretta ad ottenere la risoluzione dello stesso contratto per inadempimento della controparte
(cod. civ.: artt. 1351, 1453, 1470, 2932)
— Ove alla domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare di vendita, proposta dal promissario acquirente, si contrapponga quella del promittente venditore diretta ad ottenere la risoluzione dello stesso contratto per inadempimento della controparte, il giudice deve, secondo un criterio di priorità logica, esaminare quest’ultima, in quanto l’eventuale positività dell’accertamento in ordine alle condizioni della risoluzione rende inutile l’ulteriore esame di una domanda che abbia come obiettivo il relativo adempimento, se pur coattivo (Sent. n. 13739, Sez. I, del 31-7-2012).
Contratto – Risoluzione per inadempimento – Effetti
(cod. civ.: artt. 1353, 1453, 1458)
— La proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, se pure rende privo di effetti l’adempimento tardivo, non impedisce al contratto di continuare a produrre i propri effetti, sino a quando la domanda non sia accolta. Da ciò consegue che ove il trasferimento della proprietà sia stato sottoposto dalle parti ad una condizione sospensiva, l’avverarsi di questa produce i propri effetti quand’anche avvenga successivamente alla domanda di risoluzione, purché prima dell’accoglimento di essa (Sent. n. 12895, Sez. III, del 24-7-2012).
Domanda di risarcimento del danno cagionato dagli amministratori al patrimonio di una federazione sportiva nazionale – Non è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti – Fondamento
(D.Lgs. 242/1999: art. 15; L. 20/1994)
— Le federazioni sportive nazionali, già dotate di duplice veste, pubblicistica per le attività svolte quali organi del Coni e privatistica per le attività loro proprie, hanno acquisito la natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 242 del 1999, che ha lasciato al Coni poteri di indirizzo e controllo in ragione della «valenza pubblicistica di specifici aspetti» dell’attività sportiva. Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno cagionato dagli amministratori al patrimonio di una federazione (nella specie, Federazione italiana hockey e pattinaggio) non è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti, in quanto il rapporto di servizio attinente alle residue funzioni pubblicistiche della federazione non si trasferisce da questa ai suoi amministratori (Ord. n. 13619, Sez. Unite, del 31-7-2012).
Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione acquisitiva – Fatto generatore di danno – Individuazione
(L. 865/1971; cod. civ.: art. 2043)
— Nell’occupazione acquisitiva il fatto generatore di danno è costituito dalla condotta illecita della P.A. espropriante, concretatasi anzitutto nell’apprensione degli immobili senza alcun titolo e, quindi, nel perdurare della detenzione abusiva ed irreversibile senza più rimettere i beni nella disponibilità del proprietario; pertanto, l’indennizzo dovuto a tale titolo si diversifica dall’indennità di espropriazione proprio per la sua natura risarcitoria, ancorata all’intero valore venale dell’immobile, che non tollera il ricorso a criteri riduttivi per la sua liquidazione (Sent. n. 13294, Sez. I, del 26-7-2012).
Giudizio di opposizione ad un’esecuzione fondata su un assegno bancario
(cod. proc. civ.: artt. 221, 615; cod. civ.: art. 2702)
— Nel giudizio di opposizione ad un’esecuzione fondata su un assegno bancario, ove l’opponente deduca che il titolo, di cui appare traente e del quale non disconosca la sottoscrizione relativa al rapporto di emissione, è stato alterato con l’indicazione di un terzo prenditore in luogo dello stesso emittente, la deduzione è priva di rilevanza se non accompagnata dalla proposizione della querela di falso, attesa l’efficacia conseguita ai sensi dell’art. 2702 c.c. dall’assegno, quale scrittura privata che si ha legalmente per riconosciuta (Sent. n. 12892, Sez. III, del 24-7-2012).
Giudizio di opposizione all’esecuzione iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale
(cod. proc. civ.: art. 615)
— Nel giudizio di opposizione all’esecuzione, iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, non possono essere sollevate eccezioni anteriori alla formazione del titolo stesso, le quali si sarebbero dovute far valere unicamente nel procedimento conclusosi con il titolo posto in esecuzione (Sent. n. 12911, Sez. III, del 24-7-2012).
Giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica
(cod. civ.: artt. 1176 II co., 1218, 2043; cod. proc. civ.: art. 183 V co.)
— Nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza post-operatoria, dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente allegate dall’attore, possano avere portata preclusiva, attesa la normale mancanza di conoscenze scientifiche da parte del danneggiato (Ord. n. 13269, Sez. VI, del 26-7-2012).
Giudizio promosso per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale – Prova della fondatezza della domanda
(cod. civ.: art. 269; cod. proc. civ.: art. 116 II co.)
— Nel giudizio promosso per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale, la prova della fondatezza della domanda può trarsi anche unicamente dal comportamento processuale delle parti, da valutarsi globalmente, tenendo conto delle dichiarazioni della madre naturale e della portata delle difese del convenuto. Pertanto, non sussistendo un ordine gerarchico delle prove riguardanti l’accertamento giudiziale della paternità e maternità naturale, il rifiuto ingiustificato del padre di sottoporsi agli esami ematologici, considerando il contesto sociale e l’eventuale maggiore difficoltà di riscontri oggettivi alle dichiarazioni della madre, può essere liberamente valutato dal giudice, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c., anche in assenza di prova dei rapporti sessuali tra le parti (Sent. n. 12971, Sez. I, del 24-7-2012).
Lavoro subordinato – Datore di lavoro che rifiuti la prestazione del lavoratore il quale, assente dal lavoro per malattia, chieda di riprendere l’attività
(cod. civ.: artt. 1206, 2110)
— È inadempiente per mora credendi il datore di lavoro che rifiuti la prestazione del lavoratore il quale, assente dal lavoro per malattia, chieda di riprendere l’attività, allegando e documentando la cessazione della malattia stessa ante tempus. (Nella specie, un pubblico dipendente, affetto da inidoneità permanente secondo il collegio medico della Asl, e tuttavia non dispensato dal servizio, aveva chiesto di tornare al lavoro sulla base di un certificato sanitario attestante il miglioramento delle condizioni di salute, ma l’ente datore di lavoro non aveva consentito il rientro sino a nuova positiva visita del collegio medico; sulla scorta dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda del lavoratore per il recupero della decurtazione stipendiale applicatagli nel periodo successivo all’offerta di prestazione) (Sent. n. 12501, Sez. lavoro, del 19-7-2012).
Licenziamento collettivo per riduzione di personale – Progetto di ristrutturazione aziendale che si riferisca in modo esclusivo ad una singola unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda
(L. 223/1991: art. 5)
— In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una singola unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la comparazione, al fine di individuare i lavoratori da avviare alla mobilità, può essere limitata, ove sia giustificata dalle ragioni tecnico-produttive che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale, agli addetti delle singole unità produttive interessate alla ristrutturazione, dovendosi intendere come tali ogni articolazione dell’azienda che si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e amministrativa ove si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività, con esclusione delle articolazioni aziendali che abbiano funzioni ausiliari o strumentali. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha ritenuto giustificata la scelta di limitare il licenziamento ai dipendenti dell’unità che, producendo macchinari non più richiesti dal mercato, veniva chiusa, tanto più che le loro posizioni erano solo apparentemente fungibili rispetto ai dipendenti delle altre unità produttive, tutte distanti più di duecentocinquanta chilometri) (Sent. n. 13705, Sez. lavoro, del 31-7-2012).
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Soppressione del posto di lavoro
(L. 604/1966: art. 3)
— Ai fini della configurabilità della soppressione del posto di lavoro integrante giustificato motivo oggettivo di licenziamento non è necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere quelle prevalentemente esercitate in precedenza e quindi tali da connotare la posizione lavorativa del prestatore di lavoro. Tuttavia, ove le mansioni diverse da quelle soppresse rivestano, nell’ambito del complesso dell’attività lavorativa svolta, una loro oggettiva autonomia, e non risultino quindi intimamente connesse con quelle prevalenti soppresse, può ravvisarsi la possibilità di un utilizzo parziale del lavoratore nella medesima posizione lavorativa, se del caso ridotta con l’adozione del part-time (Sent. n. 11402, Sez. lavoro, del 6-7-2012).
Locazione – Legittimazione dell’acquirente di un immobile locato a terzi ad intimare lo sfratto al conduttore
(cod. civ.: artt. 1599, 1602; cod. proc. civ.: artt. 657, 658)
— L’acquirente di un immobile locato a terzi, in quanto cessionario ex lege del contratto di locazione e di tutti i diritti e le facoltà da esso scaturenti, è pienamente legittimato ad intimare al conduttore lo sfratto, a nulla rilevando né che la morosità fosse maturata prima della vendita dell’immobile, né che prima di tale momento la locazione fosse cessata per scadenza del termine (Sent. n. 12883, Sez. III, del 24-7-2012).
Locazione – Richiesta, da parte del locatore, della risoluzione del contratto e della condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore, anche nel caso di detenzione dell’immobile da parte di un terzo immessovi dal conduttore
(cod. civ.: artt. 1594, 1595; cod. proc. civ.: artt. 404 II co., 615)
— Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche nel caso in cui, al momento della proposizione della domanda, detto bene sia detenuto da un terzo, immessovi dal conduttore, perché la sentenza di condanna al rilascio ha effetto anche nei confronti del terzo, il cui titolo presuppone quello del conduttore. In questo caso, il terzo detentore dell’immobile, per il quale il locatore ha ottenuto, nei confronti del conduttore, una sentenza di condanna al rilascio, può opporsi all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., se sostiene di detenere l’immobile in virtù di un titolo autonomo; oppure può, ai sensi dell’art. 404, comma 2, c.p.c., proporre opposizione di terzo alla sentenza, se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del conduttore, ed esser la sentenza frutto di collusione tra questi e il locatore in suo danno (Sent. n. 12895, Sez. III, del 24-7-2012).
Locazione – Trasferimento dell’immobile locato successivo alla cessazione de iure del contratto di locazione per pregressa intimata disdetta alla scadenza contrattuale
(cod. civ.: artt. 1263, 1264, 1599, 1602; cod. proc. civ.: art. 657)
— Nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile locato successivo alla cessazione de iure del contratto di locazione, per pregressa intimata disdetta alla scadenza contrattuale, l’acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione dell’immobile, già maturato in capo al locatore-proprietario cedente, con i relativi accessori, per cui può esercitare legittimamente anche l’azione contrattuale di sfratto per finita locazione (Sent. n. 12883, Sez. III, del 24-7-2012).
Mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita avente ad oggetto l’acquisto di un bene da parte del mutuatario
(cod. civ.: artt. 1175, 1322, 1375, 1470, 1813)
— In tema di mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita avente ad oggetto l’acquisto di un bene da parte del mutuatario, la validità (sotto il profilo della meritevolezza degli interessi tutelati) della clausola, la quale preveda l’obbligo del mutuatario di effettuare i singoli pagamenti a favore del mutuante nei modi e nei termini convenuti, anche nel caso di inadempimento di qualsiasi genere da parte del venditore, ivi compresa la mancata consegna del bene richiesto, deve essere valutata alla luce dei principi di buona fede e di correttezza, tenendo presente, da un lato, l’interesse del mutuante, che avrebbe la possibilità di ripetere la somma dal venditore al quale l’aveva direttamente consegnata e, dall’altro, la condizione del mutuatario che, anche di fronte alla mancata consegna del bene, dovrebbe continuare a restituire somme, mai percepite, ma entrate direttamente nella sfera di disponibilità del venditore favorito dalla diretta consegna, da parte del mutuante, della somma, pur senza avere adempiuto all’obbligazione di consegna (Sent. n. 12454, Sez. III, del 19-7-2012).
Mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita – Concessione di un finanziamento per l’acquisto di un autoveicolo, attuata attraverso il pagamento diretto del venditore da parte del mutuante
(cod. civ.: artt. 1322, 1453, 1470, 1813)
— La concessione di un finanziamento per l’acquisto di un autoveicolo, attuata attraverso il pagamento diretto del venditore da parte del mutuante, dà vita ad un collegamento negoziale tra il contratto di mutuo di scopo e quello di compravendita, a nulla rilevando che l’acquirente sia persona diversa dal mutuatario. Ne consegue che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, l’obbligo di restituzione al mutuante della somma ricevuta grava sul venditore e non sul mutuatario (Sent. n. 12454, Sez. III, del 19-7-2012).
Notificazione alle persone giuridiche – Validità – Criterio di necessità
(cod. proc. civ.: art. 145)
— Per la validità della notificazione a persona giuridica, secondo le previsioni dell’art. 145 c.p.c., non è sufficiente che copia dell’atto sia consegnata a persona qualificatasi come «incaricata della ricezione», essendo necessario l’ulteriore requisito del rinvenimento di tale incaricato presso la sede del destinatario, che non ricorre quando la persona venga trovata in un appartamento diverso da quello in cui è ubicato l’ente, ancorché nel medesimo stabile (Sent. n. 12864, Sez. VI, del 23-7-2012).
Obbligazioni solidali passive – Pagamento da parte di un coobbligato – Effetto
(cod. civ.: artt. 1292, 1306 II co.)
— In tema di obbligazioni solidali passive, per le quali costituisce regola fondamentale che tutti i debitori siano tenuti ad una medesima prestazione in modo che l’adempimento di uno libera tutti i coobbligati (art. 1292 c.c.), l’avvenuto pagamento determina l’estinzione ipso iure del debito anche nei confronti di tutti gli altri coobbligati, e tale effetto estintivo, rilevabile e deducibile anche in sede di legittimità atteso che l’eccezione di pagamento integra una mera difesa della quale il giudice deve tenere conto ove essa risulti comunque provata, anche in mancanza di un’espressa richiesta in tal senso, opera anche nei confronti di coobbligato che non si sia avvalso della facoltà di invocare, in altro giudizio di merito, l’estensione ex art. 1306 c.c. del giudicato già conseguito da un diverso debitore solidale (Ord. n. 11051, Sez. VI, del 2-7-2012).
Processo del lavoro – Appello – Eccezioni nuove – Nozione
(cod. proc. civ.: art. 437 II co.)
— Nel procedimento di appello in materia di lavoro, le eccezioni nuove, vietate dall’art. 437 c.p.c., sono le eccezioni in senso stretto, che introducono in giudizio un nuovo thema decidendum e un nuovo accertamento di fatto. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso che il datore di lavoro, il quale sin dal primo grado aveva contestato lo svolgimento da parte del lavoratore di mansioni riconducibili alla superiore qualifica rivendicata, abbia sollevato un’eccezione nuova specificando in appello che tali mansioni erano state svolte in modo residuale) (Sent. n. 12706, Sez. lavoro, del 20-7-2012).
Processo dichiarato interrotto – Riassunzione – Quando è tempestiva
(cod. proc. civ.: artt. 291, 303, 305, 307)
— Quando il processo sia stato dichiarato interrotto, la riassunzione è tempestiva quando il relativo ricorso sia stato depositato in cancelleria nel termine di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., con la conseguenza che, ove il ricorso col pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di riassunzione non sia stato regolarmente notificato, il giudice non può dichiarare l’estinzione del processo, ma deve ordinare la rinnovazione della notifica, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine perentorio (Sent. n. 13683, Sez. III, del 31-7-2012).
Processo – Sospensione – Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione – Parti costituite prima della sospensione
(cod. proc. civ.: artt. 297, 298)
— Quando il processo sospeso viene proseguito, le parti già costituite prima della sospensione conservano tale qualità, quand’anche non dovessero comparire in udienza, e non possono perciò essere dichiarate contumaci (Sent. n. 12790, Sez. III, del 23-7-2012).
Promessa di pagamento titolata – Natura confessoria – Esclusione – Fondamento e conseguenze
(cod. civ.: artt. 1988, 2697, 2730, 2732)
— La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, comporta la presunzione fino a prova contraria del rapporto fondamentale, differenziandosi dalla confessione, che ha per oggetto l’ammissione di fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli all’altra parte; ne consegue che una promessa di pagamento, ancorché titolata, non ha natura confessoria, sicché il promittente può dimostrare l’inesistenza della causa e la nullità della stessa promessa, e che le particolari limitazioni di prova, poste per la confessione dall’art. 2732 c.c., possono trovare applicazione soltanto ove, nello stesso documento, coesistano una promessa di pagamento (o una ricognizione di un debito) e la confessione (Sent. n. 13689, Sez. III, del 31-7-2012).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanza delle costruzioni dalle vedute
(cod. civ.: art. 907)
— Al proprietario del fondo gravato da una servitù di veduta è vietato costruire a meno di tre metri dal lato inferiore dell’apertura dalla quale si esercita la veduta, distanza che va rispettata sia nella sua proiezione orizzontale, sia in quella verticale. La violazione di tale distanza minima di rispetto, tuttavia, comporterà per il proprietario del fondo servente non già l’obbligo di demolire la nuova costruzione, ma solo di arretrarla sino a quando sia ripristinata la suddetta distanza minima (Sent. n. 11729, Sez. II, dell’11-7-2012).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanza per l’apertura di vedute dirette e balconi
(cod. civ.: art. 905)
— In tema di distanze per l’apertura di vedute e balconi, la semplice esistenza di un terreno sopraelevato, senza che vi sia un parapetto che consenta l’affaccio sul fondo del vicino, esclude l’obbligo di distanziarsi dal fondo predetto ai sensi dell’art. 905 c.c. Tuttavia, deve ritenersi rilevante al fine di favorire la possibilità di affaccio l’attività di innovazione della preesistente situazione tra i fondi, che consista nell’innalzamento del piano di campagna, tale da determinare un diverso rapporto con il muro confinario. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva escluso che il proprietario del fondo posto a quota inferiore fosse portatore di un interesse tutelabile all’eliminazione di un inspicere già in precedenza possibile, rilevando come lo spianamento e l’elevazione del dislivello avessero, piuttosto, consentito al vicino l’avvicinamento al muro di cinta, dapprima impedito, così dando luogo ad una situazione compatibile in astratto con l’esercizio di una servitù di veduta per opera dell’uomo) (Sent. n. 12497, Sez. II, del 19-7-2012).
Prova testimoniale – Non può mai avere ad oggetto l’affermazione o la negazione dell’esistenza del nesso di causalità tra una condotta ed un fatto illecito – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 244; cod. civ.: art. 2043)
— L’affermazione dell’esistenza di un nesso causale tra due fenomeni costituisce sempre il frutto di un’attività di giudizio e valutazione, e non già di semplice percezione di un fatto concreto. Ne consegue che la prova testimoniale non può mai avere ad oggetto l’affermazione o la negazione dell’esistenza del nesso di causalità tra una condotta ed un fatto illecito, ma può solo limitarsi a descrivere i fatti obiettivi, restando poi riservato al giudice stabilire se quei fatti possano essere stati la causa del danno (Sent. n. 13693, Sez. III, del 31-7-2012).
Regolamento di competenza avverso la sentenza con cui il giudice civile ha ritenuto la competenza del giudice dell’esecuzione penale – Istanza – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 42, 43)
— L’istanza di regolamento di competenza avverso la sentenza, con cui il giudice civile ha ritenuto la competenza del giudice dell’esecuzione penale (nella specie, in tema di rimborso delle somme versate alla Cassa delle ammende in esenzione di sentenza penale di condanna, per reato rispetto al quale era stata disposta la cessazione dell’esecuzione della pena, a causa dell’abrogazione della norma incriminatrice), è inammissibile, considerato che l’alternativa tra l’uno e l’altro giudice dipende dal riferimento della controversia ad un medesimo fatto materiale, suscettibile di valutazione sotto profili giuridici diversi, e non può determinare una questione di ripartizione della potestas judicandi, ma esclusivamente un’interferenza tra giudizi, la quale si traduce in un limite che attiene alla proponibilità della domanda (Sent. n. 13329, Sez. VI, del 26-7-2012).
Regolamento necessario di competenza – Non è ammesso contro il provvedimento che abbia negato la sospensione necessaria del processo e disposto la sua prosecuzione
(cod. proc. civ.: artt. 42, 295)
— Il regolamento necessario di competenza è ammesso soltanto contro l’ordinanza che dichiara, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la sospensione necessaria del processo e non contro il provvedimento che abbia negato la sospensione medesima e disposto la prosecuzione del processo, non riferendosi l’art. 42 c.p.c. ad ogni provvedimento comunque assunto sulla sospensione (Ord. n. 12963, Sez. I, del 24-7-2012).
Responsabilità civile dello Stato – Militare di leva che subisca un danno alla salute per uno scontro di gioco avvenuto durante lo svolgimento di un’attività sportiva tra commilitoni
(Cost.: art. 28; cod. civ.: art. 2049)
— Qualora un militare di leva subisca un danno alla salute a causa di uno scontro di gioco, avvenuto durante lo svolgimento di un’attività sportiva tra commilitoni, non è configurabile la responsabilità civile dello Stato, ai sensi dell’art. 28 Cost. e dell’art. 2049 c.c., se il fatto dannoso è avvenuto senza alcuna intenzione lesiva da parte di chi lo ha compiuto e senza l’utilizzo di una violenza di per sé incompatibile con le caratteristiche del gioco, mancando in tal caso l’illiceità del comportamento che ha determinato il danno (Sent. n. 12235, Sez. III, del 17-7-2012).
Responsabilità «da contatto sociale» – Quando è configurabile
(cod. civ.: artt. 1173, 1218)
— La cosiddetta responsabilità «da contatto sociale», soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell’attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell’art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico (Sent. n. 11642, Sez. I, dell’11-7-2012).
Responsabilità del custode per danno cagionato da cosa in custodia – Quando è esclusa
(cod. civ.: art. 2051)
— La responsabilità del custode, di cui all’art. 2051 c.c., è esclusa in presenza di una scelta consapevole del danneggiato (c.d. rischio elettivo), il quale, pur potendo avvedersi con l’ordinaria diligenza della pericolosità della cosa, accetti di utilizzarla ugualmente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la responsabilità del custode di un campo di calcetto, per l’infortunio occorso ad un giocatore in seguito all’impatto contro alcuni tubi metallici accantonati ai margini del campo e ben visibili) (Sent. n. 13681, Sez. III, del 31-7-2012).
Responsabilità oggettiva della società di intermediazione mobiliare per i danni causati ai risparmiatori dai propri preposti
(cod. civ.: art. 2049)
— La società di intermediazione mobiliare risponde a titolo oggettivo dei danni causati ai risparmiatori dai propri preposti, sulla base dell’esistenza del solo nesso di occasionalità necessaria tra l’attività del promotore finanziario e l’illecito, a prescindere da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo di dolo o colpa della preponente, ed a nulla rilevando che la condotta truffaldina del promotore abbia avuto inizio prima ancora del sorgere del rapporto di preposizione tra lo stesso e la Sim (Sent. n. 12448, Sez. III, del 19-7-2012).
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose – Nozione di attività «pericolosa»
(cod. civ.: art. 2050)
— La qualifica di un’attività come «pericolosa», ai sensi dell’art. 2050 c.c., dipende unicamente dal contenuto intrinseco di essa, a nulla rilevando né che alcuna norma di legge la qualifichi come pericolosa, né che sia svolta senza fine di lucro o per fini filantropici. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva qualificato come «pericolosa» l’attività svolta da una scuola di alpinismo senza fini di lucro, e, conseguentemente, condannato ex art. 2050 c.c. la scuola al risarcimento del danno, patito da un allievo caduto durante un’arrampicata) (Sent. n. 12900, Sez. III, del 24-7-2012).
Revocazione – Errore di fatto – Nozione e distinzione dall’errore materiale emendabile
(cod. proc. civ.: artt. 391 bis, 395 n. 4)
— L’errore di fatto c.d. revocatorio è l’erronea percezione degli atti di causa (come la supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure la supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita), mentre l’errore determinato da una svista di carattere materiale rende esperibile il rimedio della correzione di errore materiale. (Nella specie, l’indicazione di uno solo dei due ricorrenti, sia in motivazione che nel dispositivo, ed, altresì, l’omessa pronuncia sulla richiesta di distrazione delle spese avanzata dal difensore antistatario) (Ord. n. 12962, Sez. I, del 24-7-2012).
Ricorso per cassazione – Motivi – Deduzione dell’erroneo rigetto, da parte del giudice di merito, dell’eccezione di estinzione del processo
(cod. proc. civ.: artt. 310, 360 I co. nn. 3 e 4)
— Chi lamenta in sede di legittimità l’erroneo rigetto, da parte del giudice di merito, dell’eccezione di estinzione del processo, invoca un vizio consistente in una nullità del procedimento (di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c.), e non in una violazione di legge (di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c.). Ne consegue che il relativo motivo di ricorso è inammissibile, se prospettato come violazione di legge (Sent. n. 13683, Sez. III, del 31-7-2012).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio di motivazione
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— Il vizio di motivazione sussiste quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e per relationem, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito. (Nella specie, relativa ad un giudizio tributario, la Corte, in applicazione del riportato principio, ha cassato la sentenza impugnata che aveva riformato quella di primo grado richiamando il contenuto dell’avviso di accertamento e dell’atto di appello, ai quali prestava adesione, nonché il contenuto della sentenza di primo grado, della quale disconosceva la fondatezza in ordine agli argomenti svolti, senza riferire le parti essenziali di detti atti ed esplicitare il ragionamento critico volto a giustificare l’adesione ed il rifiuto alle opposte ragioni di diritto espresse) (Sent. n. 12664, Sez. trib., del 20-7-2012).
Ricorso per cassazione – Motivo con cui si lamenti il vizio di motivazione della sentenza con la quale il giudice di merito abbia risolto una questione di diritto processuale – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— Nel giudizio di legittimità è inammissibile il motivo di ricorso col quale si lamenti il vizio di motivazione della sentenza con la quale il giudice di merito abbia risolto una questione di diritto processuale: infatti, in tema di vizi del procedimento, l’accertamento demandato alla Corte di cassazione deve consistere unicamente nella verifica del rispetto, da parte del giudice di merito, della legge processuale, a nulla rilevando il modo in cui egli abbia motivato la propria decisione (Sent. n. 13683, Sez. III, del 31-7-2012).
Ricorso per cassazione – Principio di diritto di matrice giurisprudenziale favorevole al ricorrente – Quando non si applica
(cod. proc. civ.: art. 360)
— Nel giudizio di legittimità è inibito alla Corte applicare un principio di diritto di matrice giurisprudenziale favorevole al ricorrente, quando il ricorso non solo non lo abbia invocato, ma anzi si fondi implicitamente sull’assunto della sua inesistenza. (Nella specie, messo in esecuzione il titolo esecutivo da parte del creditore di un condominio nei confronti di alcuni condomini, questi avevano proposto opposizione all’esecuzione, allegando la pronuncia del titolo giudiziale nei confronti di un falsus procurator del condominio: la Corte, al cospetto di tale allegazione, ha reputato «irrilevanti», e comunque non applicabili d’ufficio, i diversi principi stabiliti dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9148 del 2008, secondo cui il condomino può rispondere solo pro quota per le obbligazioni condominiali) (Sent. n. 13374, Sez. III, del 27-7-2012).
Scrittura privata – Disconoscimento della propria sottoscrizione – Forma
(cod. proc. civ.: art. 214)
— Il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., deve avvenire in modo formale ed inequivoco: è, pertanto, inidonea a tal fine una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti (Sent. n. 12448, Sez. III, del 19-7-2012).
Scrittura privata – Disconoscimento intempestivo della propria sottoscrizione – Conseguenze
(cod. proc. civ.: artt. 214, 221)
— Qualora la sottoscrizione di una scrittura privata non venga tempestivamente disconosciuta dalla parte interessata, quel documento farà prova fino a querela di falso della provenienza di esso dalla parte che ne risulta formalmente sottoscrittrice, con la conseguenza che, ove la suddetta querela di falso non venga proposta, il giudice non può sindacarne ex officio l’autenticità (Sent. n. 12448, Sez. III, del 19-7-2012).
Scrittura privata – Istanza di verificazione erroneamente ritenuta dal giudice non formulata
(cod. proc. civ.: artt. 216, 360 I co. n. 5)
— Qualora il giudice di merito abbia erroneamente ritenuto non formulata un’istanza di verificazione di una scrittura privata, omettendo di considerare che la stessa si poteva implicitamente ravvisare nella deduzione d’una prova per testi (tesa a dimostrare che quella scrittura era stata sottoscritta dalla controparte), ove il giudice abbia anche apprezzato tale prova e l’abbia considerata inammissibile per genericità, il rilievo, in sede di legittimità, dell’erroneo apprezzamento circa la volontà di ottenere la verificazione può comportare solo la correzione della motivazione, se non è stata impugnata dal ricorrente la decisione del giudice circa l’inammissibilità della prova (oppure se, pur impugnata la decisione in parte qua, il relativo motivo sia ritenuto inammissibile o rigettato) (Sent. n. 12892, Sez. III, del 24-7-2012).
Sentenza straniera di divorzio che non indichi compiutamente le condizioni di affidamento e di mantenimento inerenti alla prole minorenne degli ex coniugi – Riconoscimento
(cod. civ.: art. 155; L. 218/1995: art. 64)
— In tema di riconoscimento delle sentenze straniere, non è contraria ai principi fondamentali dell’ordine pubblico la sentenza straniera di divorzio che non indichi compiutamente le condizioni di affidamento e di mantenimento inerenti alla prole minorenne degli ex coniugi, dal momento che nessun principio costituzionale impone che la definitiva regolamentazione dei diritti e dei doveri scaturenti da un determinato status sia dettata in un unico contesto, tant’è che nel nostro ordinamento è prevista la sentenza non definitiva di divorzio, che statuisce sullo status e rinvia per l’adozione dei provvedimenti conseguenti (Sent. n. 13556, Sez. I, del 30-7-2012).
Separazione personale dei coniugi – Assegnazione al coniuge affidatario dei figli del godimento dell’immobile di proprietà esclusiva dell’altro
(cod. civ.: art. 155 quater)
— L’assegnazione al coniuge affidatario dei figli, in sede di separazione, del godimento dell’immobile di proprietà esclusiva dell’altro non impedisce al creditore di quest’ultimo di pignorarlo e di determinarne la vendita coattiva (Sent. n. 12466, Sez. III, del 19-7-2012).
Servitù di passaggio – Controversia tra i proprietari dei fondi servente e dominante relativa al trasferimento della servitù in luogo diverso
(cod. civ.: art. 1068 II co.; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— Nella controversia tra i proprietari dei fondi servente e dominante, relativa al trasferimento della servitù di passaggio in luogo diverso, la valutazione del giudice di merito, in base ai criteri di cui al comma 2 dell’art. 1068 c.c., deve essere globale e comparativa, essendo nella realtà impossibile che qualsiasi nuovo passaggio comporti caratteristiche strutturali e di uso assolutamente identiche a quelle del percorso anteriore. Pertanto è incensurabile la decisione del giudice di merito, ove lo stesso abbia correttamente considerato che, per effetto del nuovo passaggio offerto in sostituzione, posto a confronto col vecchio tracciato, avendo riguardo alla loro pendenza, ampiezza, sinuosità ed alla conformazione del piano del suolo, non si è avuta una diminuzione della comodità del fondo dominante e si è, piuttosto, evitato, o rimosso, l’aggravio del fondo servente, o, quanto meno, lo si è ridotto al minimo compatibile con il pieno esercizio della servitù (Sent. n. 12929, Sez. II, del 24-7-2012).
Vendita di un fondo – Accesso del fondo alla via pubblica che sia costituito da una strada comunale dismessa
(cod. civ.: artt. 1470, 1490 e segg.)
— In caso di compravendita, il venditore deve garantire la dotazione di un accesso al fondo alienato, idoneo al relativo uso civile, agricolo o industriale del bene, costituendo l’accessibilità una qualitas fundi rientrante fra gli effetti naturali del contratto, in base alle regole dettate dagli artt. 1490 e segg. c.c., senza che la stessa parte venditrice possa sottrarsi dall’assicurare in concreto detta garanzia, ascrivendo l’interclusione a forza maggiore o fatto del terzo. Ne consegue che, ove l’accesso del fondo alienato alla via pubblica sia costituito da una strada comunale dismessa ed in stato tale da non poter più servire al transito, non ha rilievo, al fine di escludere l’interclusione quanto alla garanzia in parola, la circostanza, di valenza pubblicistica, che l’ente proprietario non abbia mai adottato un formale provvedimento di declassificazione (Sent. n. 12265, Sez. II, del 17-7-2012).