Appalto – Obbligo del committente di assicurare all’appaltatore la possibilità giuridica e concreta di eseguire il lavoro affidatogli – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 1453 e segg., 1655)
— Tra le obbligazioni che scaturiscono, come effetti naturali, dal contratto di appalto, vi è quella, gravante sulla parte committente, di assicurare all’appaltatore, fin dall’inizio del rapporto, e per tutta la durata di questo, la possibilità giuridica e concreta di eseguire il lavoro affidatogli, così che l’inadempimento di tale obbligo (nella specie l’ente territoriale non aveva apportato le varianti necessarie onde consentire la prosecuzione dei lavori), cui non può non corrispondere il diritto dell’appaltatore alla relativa osservanza, è ben suscettibile di assumere, in astratto, valenza ai sensi degli artt. 1453 e ss. c.c. (Sent. n. 3830, Sez. I, del 15-2-2013).
Arbitrato – Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria
(cod. proc. civ.: art. 819 ter I co.)
— In tema di arbitrato, il primo periodo dell’art. 819 ter, comma 1, c.p.c., nel prevedere che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice ordinario, implica, in riferimento all’ipotesi in cui sia stata proposta una pluralità di domande, da un lato che la sussistenza della competenza arbitrale deve essere verificata con specifico riguardo a ciascuna di esse, non potendosi devolvere agli arbitri (o al giudice ordinario) l’intera controversia in virtù del mero vincolo di connessione, dall’altro che l’eccezione d’incompetenza deve essere sollevata con specifico riferimento alla domanda o alle domande per le quali è prospettabile la dedotta incompetenza. (Nella specie il convenuto, con la comparsa di costituzione, aveva fatto valere l’efficacia della clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione finanziaria con riferimento alle sole domande avanzate dall’attrice in via surrogatoria, astenendosi dal sollevare la medesima eccezione in ordine alle domande proposte dall’attrice jure proprio; la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha conseguentemente escluso che il giudice potesse d’ufficio estendere la dichiarazione di improponibilità a tutte le domande, non potendosi invocare né il vincolo di connessione esistente tra le stesse, né il principio di ragionevole durata del processo) (Ord. n. 3826, Sez. I, del 15-2-2013).
Assicurazione della responsabilità civile – Art. 1917 III co. cod. civ. – Ambito
(cod. civ.: art. 1917 III co.; cod. proc. civ.: art. 91)
— La norma di cui all’art. 1917, comma 3, c.c. non riguarda il regime e la misura delle spese giudiziali relative alla controversia tra assicuratore ed assicurato circa la fondatezza dell’azione di garanzia, che vanno liquidate nell’intero secondo il principio della soccombenza, ma soltanto le spese direttamente sostenute dall’assicurato per resistere alla pretesa del terzo, ovvero quelle che l’assicuratore assume direttamente da sé quale gestore della lite (Sent. n. 3638, Sez. III, del 14-2-2013).
Assicurazione della responsabilità civile – Clausola della polizza stipulata da un condominio che preveda la copertura dei danni «involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale»
(cod. civ.: artt. 1117, 1917)
— L’assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa natura importa necessariamente l’estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto la clausola della polizza stipulata da un condominio, la quale preveda la copertura dei danni «involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale», senza contenere alcuna limitazione con riguardo a determinati gradi di colpa, fa ritenere operante la garanzia anche in ipotesi di comportamento gravemente colposo dell’assicurato (nella specie, per il difetto di manutenzione di una tubazione idrica condominiale), con la sola eccezione delle condotte dolose (Sent. n. 4799, Sez. III, del 26-2-2013).
Assicurazione della responsabilità civile – Polizza che preveda distinti massimali, rispettivamente per i danni subiti dai prestatori di lavoro dipendenti dall’assicurato e per ciascun terzo danneggiato che abbia subìto lesioni personali
(cod. civ.: artt. 1917, 2043, 2056)
— In tema di assicurazione della responsabilità civile, allorché la polizza preveda distinti massimali, rispettivamente per i danni subiti dai prestatori di lavoro dipendenti dall’assicurato e per ciascun terzo danneggiato che abbia subìto lesioni personali, deve ritenersi operante il primo in relazione all’indennizzo spettante ai prossimi congiunti di un operaio deceduto in seguito ad un infortunio sul lavoro, i quali non abbiano riportato malattie del corpo o della mente, risultando detti massimali parametrati non sul danno-conseguenza risarcibile, ma sull’evento lesivo, che può attingere pure un soggetto distinto o ulteriore rispetto a quello vittima del pregiudizio risarcibile (Sent. n. 4043, Sez. III, del 19-2-2013).
Azione revocatoria ordinaria – Ambito – Fattispecie in tema di azione revocatoria rispetto all’atto di adesione al legato in sostituzione di legittima e di rinuncia all’esercizio dell’azione di riduzione per lesione di legittima
(cod. civ.: artt. 551, 554, 2901)
— Non è ammissibile l’azione ex art. 2901 c.c. rispetto ad atti che si sostanziano nella rinuncia ad una facoltà, per effetto della quale non resta modificato, né attivamente né passivamente, il patrimonio del debitore e che, pertanto, anche se dichiarati inefficaci nei confronti del creditore, non consentirebbero il conseguimento dello scopo cui è preordinata l’azione stessa, secondo la ratio assegnatale dal legislatore. (Nel caso di specie, è stata ritenuta inammissibile l’azione revocatoria rispetto all’atto di adesione al legato in sostituzione di legittima e di rinuncia all’esercizio dell’azione di riduzione per lesione di legittima, atteso che, sostanziandosi l’atto di disposizione nella rinuncia ad una facoltà, l’eventuale accoglimento dell’azione, con la dichiarazione di inefficacia dello stesso, non consentirebbe al creditore di soddisfare le proprie ragioni, restando i beni nella proprietà dei soggetti individuati dal de cuius, sino al positivo esperimento dell’azione di riduzione, che presuppone la rinuncia al legato) (Sent. n. 4005, Sez. III, del 19-2-2013).
Circolazione stradale – Responsabilità risarcitoria – Presunzione ex art. 2054 I co. cod. civ.
(cod. civ.: art. 2054 I co.)
— In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, per superare la presunzione di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., non è sufficiente che il conducente provi che l’investimento del pedone sia avvenuto mentre il veicolo procedeva alla velocità consentita nel centro abitato in condizioni ottimali, dovendo la stessa velocità essere costantemente adeguata alle circostanze del caso concreto, onde prevenire un’eventuale situazione di pericolo; ne consegue che il conducente, ove sia accertata la presenza di bambini sul tratto di strada percorso e sul latistante marciapiede, deve anche dimostrare che il pedone investito (nella specie, un bimbo di tre anni, svincolatosi dalle mani della nonna per inseguire un cuginetto) non avesse tenuto un comportamento che denunciasse il suo intento di attraversamento della strada, seppur di corsa e fuori dalle strisce pedonali (Sent. n. 3542, Sez. III, del 13-2-2013).
Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Presunzione ex art. 2054 II co. cod. civ.
(cod. civ.: art. 2054 II co.; cod. strad.: artt. 141, 143 II e III co.)
— In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove sia accertata l’inosservanza da parte di uno dei conducenti dell’obbligo di circolare, percorrendo una curva, il più possibile vicino al margine destro della carreggiata, ai sensi dell’art. 143, commi 2 e 3, cod. strada, non sussistono automaticamente la colpa esclusiva di quello e la liberazione dell’altro conducente dalla presunzione di cui all’art. 2054, comma 2, c.c., dovendo il giudice valutare in ogni caso se quest’ultimo abbia a sua volta rispettato le norme di comportamento di cui all’art. 141 cod. strada, nonché quelle di normale prudenza, avuto riguardo alle concrete circostanze di fatto (Sent. n. 3543, Sez. III, del 13-2-2013).
Circolazione stradale – Tamponamento a catena tra veicoli in movimento – Presunzione di colpa comune dei conducenti ex art. 2054 II co. cod. civ. – Applicabilità – Scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta – Inapplicabilità
(cod. civ.: art. 2054 II co.)
— In tema di circolazione stradale, nell’ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l’art. 2054, comma 2, c.c., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull’inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l’ultimo dei veicoli della colonna stessa (Sent. n. 4021, Sez. III, del 19-2-2013).
Citazione da cui non risulti l’indicazione della residenza dell’attore, ma solo l’elezione di domicilio da lui compiuta – Nullità – Sanatoria
(cod. proc. civ.: artt. 157, 163, 164)
— La nullità della citazione (in primo grado e in appello), dalla quale non risulti l’indicazione della residenza dell’attore, ma solo l’elezione di domicilio da lui compiuta, è sanata dalla costituzione in giudizio del convenuto (Sent. n. 4452, Sez. VI, del 21-2-2013).
Condominio – Assemblea – Deliberazione con cui sia disposta l’apposizione di cancelli all’ingresso dell’area condominiale
(cod. civ.: artt. 1120, 1136)
— In tema di condominio negli edifici, non ha ad oggetto un’innovazione, e non richiede, pertanto, l’approvazione con un numero di voti che rappresenti i due terzi del valore dell’edificio, la deliberazione dell’assemblea con cui sia disposta l’apposizione di cancelli all’ingresso dell’area condominiale, al fine di disciplinare il transito pedonale e veicolare ed impedire l’ingresso indiscriminato di estranei, attenendo essa all’uso ed alla regolamentazione della cosa comune, senza alterarne la funzione o la destinazione, né sopprimere o limitare la facoltà di godimento dei condomini (Sent. n. 4340, Sez. II, del 21-2-2013).
Condominio – Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio – «Altana» (o «belvedere») – Non vi rientra
(cod. civ.: art. 1127)
— In tema di condominio negli edifici, non costituisce «nuova fabbrica» in sopraelevazione, agli effetti dell’art. 1127 c.c., la cosiddetta «altana» (denominata anche «belvedere»), struttura tipica dei palazzi veneziani consistente in una piattaforma o loggetta, di regola in legno, realizzata sulla sommità del fabbricato, la quale, a differenza delle terrazze e dei balconi, normalmente non sporge dal corpo principale dell’edificio, dando luogo ad un intervento che non comporta lo spostamento in alto della copertura, mediante occupazione della colonna d’aria sovrastante il medesimo fabbricato, quanto, piuttosto, la modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, con relativo potenziale impedimento all’uso degli altri condomini (Sent. n. 5039, Sez. II, del 28-2-2013).
Condominio – Spese – Pagamento – Imputazione
(cod. civ.: artt. 1123, 1193)
— In materia di condominio negli edifici, il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali, può imputarlo ai debiti per singoli esercizi e può escludere che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati (Sent. n. 5038, Sez. II, del 28-2-2013).
Contratto aleatorio – Alea – Elemento essenziale del sinallagma – Necessità – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 1353, 1385, 1469)
— Il contratto è aleatorio qualora, già al momento della sua conclusione, l’alea sia, per legge o per volontà delle parti, elemento essenziale del sinallagma. Pertanto, l’aleatorietà non può derivare dall’apposizione di una condizione sospensiva, che incide sull’efficacia e non sulla struttura contrattuale, né dal versamento di una caparra, rientrando gli effetti di tale dazione nell’alea normale di un contratto sottoposto a condizione sospensiva (Sent. n. 5050, Sez. II, del 28-2-2013).
Contratto – Risoluzione per inadempimento – Eccezione d’inadempimento – Art. 1460 II co. cod. civ. – Si applica anche alla sospensione dell’assicurazione ex art. 1901 cod. civ.
(cod. civ.: artt. 1375, 1460 II co., 1901)
— Il disposto dell’art. 1460, comma 2, c.c. — in forza del quale nei contratti con prestazioni corrispettive non è consentita l’eccezione di inadempimento quando il rifiuto della prestazione sia contrario a buona fede — si applica anche alla sospensione dell’assicurazione, di cui all’art. 1901 c.c., la quale costituisce una particolare applicazione dell’istituto dell’eccezione di inadempimento. (Nel caso di specie, in presenza di un contratto di assicurazione contenente la c.d. «clausola di regolazione del premio», è stata ritenuta contraria a buona fede la sospensione della garanzia da parte dell’assicuratore, dopo che lo stesso, disattesa la prassi — seguita negli anni precedenti — di inviare all’assicurato un modulo da completare con i dati necessari ai fini della regolazione del premio, a fronte del successivo invio degli stessi, aveva comunque accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio) (Sent. n. 3654, Sez. III, del 14-2-2013).
Dimissioni – Volontà del lavoratore di pervenire alla risoluzione del rapporto con effetto immediato, rinunciando così alla continuazione del rapporto nel periodo di preavviso – Legittimità
(cod. civ.: art. 2118)
— Il principio per cui il rapporto di lavoro continua, con la permanenza delle reciproche obbligazioni delle parti, durante il periodo di preavviso, non impedisce che, nell’ipotesi di dimissioni, il dipendente che recede dal contratto possa validamente manifestare la volontà di pervenire alla risoluzione del rapporto con effetto immediato, rinunciando così alla continuazione suddetta (Sent. n. 4305, Sez. lavoro, del 21-2-2013).
Eredità – Dichiarazione di rinunzia – Forma solenne – Necessità
(cod. civ.: artt. 519, 1350 n. 13, 2703)
— Ai sensi dell’art. 519 c.c., la rinunzia all’eredità deve essere fatta in forma solenne, con dichiarazione resa davanti al notaio o al cancelliere, che non può essere sostituita dalla scrittura privata autenticata ed è a pena di nullità, in quanto l’indicazione dell’art. 519 c.c. rientra tra le previsioni legali di forma ad substantiam, di cui all’art. 1350, n. 13, c.c. (Sent. n. 4274, Sez. II, del 20-2-2013).
Esecuzione forzata di obblighi di fare – Sentenza di condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi pronunciata nei confronti del dante causa
(cod. civ.: artt. 913, 2909; cod. proc. civ.: artt. 111, 324, 474)
— La sentenza di condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi (nella specie, per l’accertata violazione del limite legale della proprietà stabilito dall’art. 913 c.c.), pronunciata nei confronti del dante causa, ha efficacia di titolo esecutivo altresì nei confronti dell’avente causa, che abbia acquistato dopo la formazione del giudicato, per atto tra vivi a titolo particolare, il fondo assoggettato all’esecuzione delle opere eliminative. Ove, tuttavia, il trasferimento del bene sia avvenuto prima dell’inizio del processo di esecuzione forzata di obblighi di fare, la legittimazione passiva all’azione esecutiva spetta esclusivamente a chi, tra l’alienante condannato e l’acquirente del diritto, abbia la materiale disponibilità della cosa, e possa, perciò, realizzare il risultato dovuto in base al titolo; qualora, invece, la titolarità o il possesso del bene vengano trasferiti nella pendenza del processo esecutivo, gli atti già compiuti contro il dante causa conservano validità nei confronti del successore, rimanendo a quest’ultimo consentito di interloquire sulle modalità dell’esecuzione, anche in sostituzione del primo (Sent. n. 3643, Sez. III, del 14-2-2013).
Esecuzione forzata – Precetto – Intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo
(cod. proc. civ.: art. 480 I co.)
— L’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo — contenuto nel precetto a norma dell’art. 480, comma 1, c.p.c. — non richiede, quale requisito formale a pena di nullità, oltre all’indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo, anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (Sent. n. 4008, Sez. III, del 19-2-2013).
Espropriazione forzata – Creditore pignorante che intenda far valere nel processo già instaurato un ulteriore credito nei confronti del medesimo debitore
(cod. proc. civ.: artt. 474, 499 e segg.)
— In tema di espropriazione forzata, il creditore pignorante, che intenda far valere nel processo già instaurato un ulteriore credito nei confronti del medesimo debitore, può intervenire nell’esecuzione ai sensi degli artt. 499 ss. c.p.c., purché in possesso dei generali requisiti occorrenti ai fini della relativa legittimazione (Sent. n. 3656, Sez. III, del 14-2-2013).
Espropriazione forzata – Intimazione ad adempiere l’obbligazione pecuniaria risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni
(cod. proc. civ.: artt. 480 I co., 481, 491)
— In tema di espropriazione forzata, l’intimazione ad adempiere l’obbligazione pecuniaria risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, ai sensi dell’art. 480, comma 1, c.p.c., deve riferirsi ad un debito già scaduto o comunque esigibile alla data di notificazione del precetto, risultando lo stesso precetto soltanto in tal caso idoneo a consentire, nel termine di novanta giorni, previsto dall’art. 481 c.p.c., il regolare inizio del processo per espropriazione col pignoramento (Sent. n. 3656, Sez. III, del 14-2-2013).
Fallimento – Formazione dello stato passivo
(R.D. 267/1942: artt. 93, 95, 96; cod. civ.: art. 2704)
— In sede di formazione dello stato passivo il curatore deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l’istanza di ammissione, conseguendone l’applicabilità della disposizione contenuta nell’art. 2704 c.c. e la necessità della certezza della data nelle scritture allegate come prova del credito (Sent. n. 4213, Sez. Unite, del 20-2-2013).
Fallimento – Stato passivo – Impugnazione da parte del creditore – Azioni esperibili
(R.D. 267/1942: artt. 67, 93, 95, 98)
— Dal momento che il creditore che impugni lo stato passivo del fallimento può esercitare tutte le azioni volte ad escludere o postergare i crediti ammessi, ivi compresa l’azione revocatoria, in quanto portatore non solo del proprio interesse, ma anche di quello degli altri creditori, deve a maggior ragione essergli consentito, in sede di verifica, di contestare, eccependone la revocabilità, il titolo di prelazione di un credito di cui sia domandata l’insinuazione, e il giudice delegato è tenuto, ai sensi dell’art. 95 legge fall., a decidere su detta eccezione. (Nella specie, il giudice delegato aveva, sull’istanza del solo creditore, revocato l’atto costitutivo di ipoteca iscritta da soggetto privo di poteri ed in violazione del contraddittorio) (Ord. n. 4959, Sez. VI, del 27-2-2013).
Giudicato – Principio ex art. 2909 cod. civ. – Deroga in relazione al regime della trascrizione per il caso di azioni a difesa della proprietà – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 913, 2643 n. 14, 2909; cod. proc. civ.: artt. 111 IV co., 324)
— In forza dell’art. 2909 c.c., l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato anche nei confronti dei successivi aventi causa delle parti, senza che tale principio trovi deroga, in relazione al regime della trascrizione, per il caso di azioni a difesa della proprietà (quale, nella specie, quella volta ad ottenere l’osservanza del limite legale della stessa stabilito dall’art. 913 c.c.), atteso che, in tale ipotesi, non è operante né l’onere della trascrizione della sentenza ex art. 2643, n. 14, c.c., riguardante la diversa situazione delle pronunce che operino la costituzione, il trasferimento o la modificazione di diritti su immobili, né l’onere della trascrizione della domanda, ai sensi degli artt. 111, comma 4, c.p.c. e 2653 c.c., previsto al diverso fine dell’opponibilità della sentenza nei confronti di chi succeda a titolo particolare nel diritto controverso nel corso del processo, e quindi prima della formazione del giudicato (Sent. n. 3643, Sez. III, del 14-2-2013).
Giurisdizione del giudice ordinario – Fattispecie di domanda che vi rientra
(cod. civ.: artt. 844, 2043; cod. proc. civ.: art. 1; Cost.: art. 32)
— La domanda diretta ad ottenere l’accertamento dell’illiceità delle immissioni acustiche praticate da un parco giochi gestito da un privato sulla confinante proprietà, nonché la rimozione delle relative opere poste in essere dall’amministrazione comunale nell’ambito della destinazione urbanistica dell’area a verde pubblico, e, infine, il risarcimento dei danni alla persona subiti, rientra nella giurisdizione del g.o., in quanto volta alla tutela dei diritti soggettivi lesi dalle immissioni, senza investire alcun provvedimento amministrativo, essendo, d’altra parte, la P.A. priva di qualsiasi potere di affievolimento del diritto alla salute, garantito dall’art. 32 Cost. (Sent. n. 4848, Sez. Unite, del 27-2-2013).
Impugnazione di una sentenza – Deve essere rivolta nei confronti del soggetto che in essa è stato individuato come parte costituita in giudizio
(cod. proc. civ.: artt. 75, 323)
— L’impugnazione di una sentenza deve essere rivolta nei confronti del soggetto che in essa è stato individuato come parte costituita in giudizio, prescindendosi dalla correttezza e dalla corrispondenza di una siffatta individuazione alle risultanze processuali, nonché dalla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice della sentenza impugnata (Sent. n. 4011, Sez. III, del 19-2-2013).
Istruzione probatoria – Termine fissato dal giudice istruttore per l’assunzione dei mezzi di prova fuori della circoscrizione del tribunale – Ha carattere ordinatorio – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 154, 203)
— Il termine fissato dal giudice istruttore per l’assunzione dei mezzi di prova fuori della circoscrizione del tribunale ha carattere ordinatorio, sicché la relativa istanza di proroga deve essere presentata, ex art. 154 cod. proc. civ., prima della scadenza del termine stesso, il cui inutile decorso comporta la decadenza della parte dal diritto di far assumere la prova delegata, e non soltanto dal diritto di far assumere, per delega, la prova medesima. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha accolto il ricorso in quanto il termine per il completamento della rogatoria, al momento dell’assunzione della prova, era ampiamente superato, sicché la parte era già decaduta dall’assunzione della stessa, non avendo tempestivamente proposto istanza di proroga, senza che rilevasse, a tal fine, l’istanza di rimessione della causa sul ruolo, presentata dopo che erano pervenuti gli atti relativi all’espletamento della prova delegata) (Sent. n. 4448, Sez. VI, del 21-2-2013).
Licenziamento del dirigente d’azienda per esigenze di ristrutturazione aziendale – Repêchage del dirigente – Possibilità – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: art. 2118)
— In caso di licenziamento del dirigente d’azienda per esigenze di ristrutturazione aziendale è esclusa la possibilità del repêchage in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro (Sent. n. 3175, Sez. lavoro, dell’11-2-2013).
Licenziamento disciplinare – Principio di immediatezza della contestazione – Portata
(L. 300/1970: art. 7)
— Nell’ambito di un licenziamento per motivi disciplinari, il principio di immediatezza della contestazione, pur dovendo essere inteso in senso relativo, comporta che l’imprenditore porti a conoscenza del lavoratore i fatti contestati non appena essi gli appaiono ragionevolmente sussistenti, non potendo egli legittimamente dilazionare la contestazione fino al momento in cui ritiene di averne assoluta certezza, pena l’illegittimità del licenziamento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto il principio correttamente applicato dalla Corte di merito che aveva annullato, in quanto illegittimo, il licenziamento irrogato dopo diverso tempo a dipendente che, in sede ispettiva, immediatamente aveva ammesso gli addebiti, ritenendo che la società sin da tale momento era in possesso di tutti gli elementi per decidere se procedere alla contestazione disciplinare degli stessi e, quindi, di valutare la sanzione disciplinare da irrogare senza alcuna necessità di attendere, come poi era invece avvenuto, l’esito delle indagini svolte in sede penale) (Sent. n. 3532, Sez. lavoro, del 13-2-2013).
Licenziamento – Giudizio di impugnazione – Dedotta sopravvenienza nel corso del giudizio, da parte del datore di lavoro, dell’impossibilità della prestazione lavorativa per totale inidoneità fisica del lavoratore
(cod. civ.: art. 2118; L. 604/1966: art. 3; cod. proc. civ.: artt. 100, 437 II co.)
— Nel giudizio di impugnativa di un licenziamento, la dedotta sopravvenienza nel corso del giudizio, da parte del datore di lavoro, dell’impossibilità della prestazione lavorativa per totale inidoneità fisica del lavoratore non può costituire, ex post, ragione giustificatrice del licenziamento già intimato, né realizza una causa automatica di estinzione del rapporto di lavoro, ma può solo rilevare — e in presenza di una nuova manifestazione di volontà datoriale — quale presupposto di una nuova fattispecie di risoluzione del rapporto medesimo. Ne consegue che la domanda di accertamento dell’estinzione del rapporto per l’evento sopravvenuto, avanzata nel giudizio di appello, è inammissibile — ancor prima che per violazione del divieto di nova ex art. 437 c.p.c. — per difetto di interesse, non riguardando il recesso oggetto del giudizio (Sent. n. 3181, Sez. lavoro, dell’11-2-2013).
Locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Contratto – Cessione
(L. 392/1978: art. 36; cod. civ.: artt. 1415 I co., 2558)
— In ipotesi di cessione del contratto di locazione, ai sensi dell’art. 36 L. 27 luglio 1978 n. 392, quale effetto di apposito negozio, separato o contestuale alla cessione d’azienda, o quale automatica conseguenza del principio di cui all’art. 2558 c.c., si verifica la sostituzione di un terzo nel rapporto giuridico preesistente fra cedente e ceduto; pertanto, in virtù dell’art. 1415 c.c., non è opponibile al cessionario la simulazione relativa al canone del contratto di locazione intercorso tra il locatore e l’originario conduttore, in mancanza di prova dell’adesione del terzo all’accordo dissimulato, ovvero della sua malafede (Sent. n. 4986, Sez. III, del 28-2-2013).
Matrimonio – Azione di nullità – Errore sul comportamento sessuale dell’altro coniuge – Rilevanza
(cod. civ.: artt. 122 III co. n. 1, 151)
— In tema di azione di nullità del matrimonio, è rilevante l’errore riguardo al comportamento sessuale dell’altro coniuge solo qualora questo si manifesti come anomalia o deviazione sessuale che, per la sua imprevedibilità, costituisce un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita coniugale; pertanto, al di fuori di tale ipotesi, detto comportamento non può avere alcuna rilevanza sotto il profilo della formazione del consenso, influendo, invece, nella constatazione dell’insostenibilità del vincolo coniugale, così giustificando la richiesta del suo scioglimento e l’addebitabilità della separazione (Sent. n. 3407, Sez. I, del 12-2-2013).
Ormeggio – Contratto – Oggetto
(cod. civ.: artt. 1229, 1322 II co., 1766, 2697)
— Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso spetta a chi fondi un determinato diritto, o la responsabilità dell’altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione di fornire la relativa prova. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto incensurabile l’interpretazione operata dal giudice di merito, il quale, essendosi verificato il furto di un natante ormeggiato presso un circolo nautico, aveva escluso la sussistenza in capo a quest’ultimo di un’obbligazione di custodia, in ragione della natura associativa del rapporto esistente tra le parti e dell’esistenza di un’apposita clausola di esonero da responsabilità contenuta nel modulo di adesione all’associazione) (Sent. n. 3554, Sez. III, del 13-2-2013).
Possesso – Mutamento della detenzione in possesso
(cod. civ.: art. 1141)
— L’art. 1141, comma 2, c.c., nello stabilire che il detentore può acquistare il possesso mediante un atto di opposizione da lui compiuto contro il possessore, si riferisce al detentore in senso proprio o qualificato, giacché l’opposizione al possessore, quale tecnica d’interversione del possesso, presuppone una detenzione originaria fondata su un titolo derivante dallo stesso possessore. Pertanto, nel caso di chi non detenga il bene o non ne sia detentore qualificato, il riconoscimento del diritto di proprietà alieno, che egli manifesti attraverso una richiesta, rivolta al proprietario e rimasta senza esito, di ottenere la concessione del bene in godimento, segna il momento fino al quale è senz’altro da escludere l’animus possidendi, ma non toglie che successivamente lo stesso soggetto possa impossessarsi della res attraverso atti di apprensione che, per l’assenza di una pregressa detenzione derivata dal possessore, determinano la presunzione di possesso di cui al comma 1 dell’art. 1141 c.c. (Sent. n. 5037, Sez. II, del 23-2-2013).
Processo – Sospensione – Effetti
(cod. proc. civ.: art. 298 I co.)
— Durante la sospensione del processo, secondo l’art. 298, comma 1, c.p.c., non possono essere compiuti atti del procedimento, con la conseguenza che è inefficace, in quanto funzionalmente inidonea a provocare la riattivazione del processo, nonché causa di nullità per derivazione di tutti gli eventuali atti successivi, l’istanza di riassunzione proposta prima della cessazione della causa di sospensione, ovvero prima del passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito la controversia pregiudiziale, senza che rilevi, al fine del superamento di detta sanzione, il sopravvenuto venir meno della medesima causa (Sent. n. 3718, Sez. II, del 14-2-2013).
Processo – Sospensione necessaria – Giudizio vertente sulla validità dell’atto sanato e giudizio relativo alla validità dell’atto sanante – Rapporto di pregiudizialità – Esclusione – Ragione
(cod. proc. civ.: art. 295; cod. civ.: art. 2377 VIII co.)
— Non sussiste il rapporto di pregiudizialità, di cui all’art. 295 cod. proc. civ., fra il giudizio vertente sulla validità dell’atto sanato (nella specie, deliberazione di aumento del capitale sociale) e il giudizio relativo alla validità dell’atto sanante (nella specie, deliberazione sostitutiva ex art. 2377, comma ottavo, cod. civ.), dal momento che il primo non ha ad oggetto un antecedente logico rispetto al secondo, ma è semmai quest’ultimo un antecedente logico del primo giudizio (Ord. n. 4946, Sez. I, del 27-2-2013).
Processo – Sospensione necessaria – Pendenza di altra controversia – Cassazione con rinvio al primo giudice della sentenza di appello che aveva dichiarato estinto il giudizio pregiudicante
(cod. proc. civ.: artt. 295, 297, 392)
— Nell’ipotesi di sospensione necessaria del processo in relazione alla pendenza di altra controversia, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la cassazione con rinvio al primo giudice della sentenza di appello che aveva dichiarato estinto il giudizio pregiudicante comporta l’onere di riassunzione di quest’ultimo, a norma dell’art. 392 c.p.c., ma non determina l’evento presupposto dall’art. 297 c.p.c. per la decorrenza del termine di riassunzione del processo sospeso, non comportando il passaggio in giudicato della pronuncia che definisce la medesima controversia pregiudicante (Sent. n. 4987, Sez. III, del 28-2-2013).
Proprietà – Immissioni – Azione per l’accertamento dell’illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse
(cod. civ.: artt. 844, 2043)
— L’azione di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l’accertamento dell’illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse, deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto per responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato (Sent. n. 4848, Sez. Unite, del 27-2-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Fondi separati da una striscia di terreno intermedia, inedificata o inedificabile, che abbia una larghezza inferiore al distacco dal confine prescritto per le costruzioni – Obbligo dei proprietari
(cod. civ.: artt. 872, 873)
— Quando due fondi siano separati da una striscia di terreno intermedia, inedificata o inedificabile, che abbia una larghezza inferiore al distacco dal confine prescritto per le costruzioni, ciascuno dei proprietari deve costruire sul proprio fondo ad una distanza, rispetto al confine con il terreno di proprietà aliena, che non sia inferiore alla metà della differenza che residua sottraendo dal distacco imposto dalla normativa edilizia la misura dello spazio occupato dalla striscia di terreno interposta, quest’ultima risultando così «neutralizzata» nel computo della distanza minima (Sent. n. 3968, Sez. II, del 18-2-2013).
Proprietà – Modi di acquisto – Accessione invertita – Indennità dovuta dal costruttore al proprietario del suolo
(cod. civ.: artt. 938, 1223, 1224 I co.)
— L’indennità dovuta dal costruttore al proprietario del suolo, nell’ipotesi di accessione invertita di cui all’art. 938 c.c., pari al doppio del valore della superficie occupata, è oggetto di un debito di valore, mirando non solo a ricostituire il patrimonio del proprietario, ma anche a ricompensarlo dei potenziali incrementi di valore non documentabili, con la conseguenza che il giudice, nel liquidare detta indennità, deve riconoscere sulla relativa somma, anche d’ufficio, gli interessi compensativi, a far data dalla domanda (Sent. n. 3706, Sez. II, del 14-2-2013).
Prova – Onere di contestazione – Ambito
(cod. civ.: art. 2697; cod. proc. civ.: art. 115)
— L’onere di contestazione — la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova — sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per i fatti ad essa ignoti (Sent. n. 3576, Sez. III, del 13-2-2013).
Prova testimoniale – Assunzione, da parte del testimone, della rappresentanza di una parte nel grado successivo dopo aver reso testimonianza in un precedente grado del giudizio – Ammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 77, 246)
— L’aver reso testimonianza in un precedente grado del giudizio non impedisce al testimone di assumere la rappresentanza di una parte nel grado successivo, in quanto, salva la valutazione circa l’attendibilità del testimone medesimo, la procura non conferisce a quest’ultimo la qualità di parte sostanziale del processo, ma solo quella di rappresentante processuale (Sent. n. 4619, Sez. II, del 22-2-2013).
Provvedimento cautelare – Sopravvenuta perdita di efficacia – Effetto preclusivo sulla proposizione o sull’accoglimento di una domanda di merito – Esclusione
(cod. proc. civ.: art. 669 novies)
— La sopravvenuta perdita di efficacia di un provvedimento cautelare non può spiegare alcun effetto preclusivo sulla proposizione — né, tanto meno, sull’accoglimento — di una domanda di merito. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l’assegnazione al resistente, nella sentenza impugnata, di un termine, decorrente dal suo passaggio in giudicato, per esercitare il diritto di opzione potesse configurarsi come provvedimento cautelare d’urgenza, costituendo, invece, un capo della decisione che aveva accolto una domanda di merito dal medesimo proposta, restando irrilevante la circostanza che, nel precedente svolgimento della causa, un’istanza cautelare volta a far sospendere il termine per l’esercizio del medesimo diritto di opzione fosse stata prima accolta e poi revocata) (Sent. n. 4184, Sez. I, del 20-2-2013).
Regime patrimoniale tra i coniugi – Fondo patrimoniale – Esecuzione sui beni e sui frutti
(cod. civ.: artt. 170, 2697; cod. proc. civ.: art. 615)
— L’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicché, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 c.p.c., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari (Sent. n. 4011, Sez. III, del 19-2-2013).
Regolamento preventivo di giurisdizione avverso l’ordinanza collegiale che abbia solo «delibato» sulla giurisdizione del giudice amministrativo – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 41, 279, 324)
— È inammissibile la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione avverso l’ordinanza collegiale che abbia solo «delibato» sulla giurisdizione del giudice amministrativo (nella specie nell’ordinanza si esprime un giudizio di probabilità, rilevando che la causa «pare rientrare» nella sfera di cognizione del giudice anzidetto), non avendo essa valore di sentenza suscettibile di passare in giudicato (Sent. n. 4218, Sez. Unite, del 20-2-2013).
Responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista (nella specie, un notaio) che abbia violato i propri obblighi professionali – Azione relativa – Accoglibilità – Sussistenza del danno – Necessità
(cod. civ.: artt. 1176 II co., 1218, 1223, 2236)
— L’azione di responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista — nella specie, un notaio — che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione. (Nel caso di specie, essendosi già irreversibilmente prodotto — al momento della stipula del rogito notarile — il danno costituito dal versamento del corrispettivo per l’acquisto di un immobile gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, ed essendo lo stesso il risultato di una serie causale del tutto indipendente dalla condotta del notaio, si è ritenuto che, in caso di diligente adempimento da parte del professionista dell’incarico affidatogli, l’ignara acquirente avrebbe potuto risparmiare soltanto gli ulteriori esborsi connessi alla sottoscrizione del rogito) (Sent. n. 3657, Sez. III, del 14-2-2013).
Responsabilità da fatto illecito – Aspettativa del correntista ad essere avvertito dalla banca trattaria, come già verificatosi in precedenza, dell’esistenza di un assegno emesso dal primo senza copertura, al fine di evitare la levata del protesto – È un interesse di mero fatto
(cod. civ.: art. 2043)
— In tema di responsabilità civile da fatto illecito, l’aspettativa del correntista ad essere avvertito dalla banca trattaria, come già verificatosi in precedenza, dell’esistenza di un assegno emesso dal primo senza copertura, al fine di evitare la levata del protesto, costituisce un interesse di mero fatto, in nessun modo assimilabile ad una posizione di interesse legittimo o di diritto soggettivo, e, come tale, giuridicamente irrilevante ed insuscettibile, ove leso, di ricevere tutela risarcitoria (Sent. n. 3286, Sez. III, del 12-2-2013).
Responsabilità del medico – Conseguenze dannose di un intervento chirurgico eseguito in modo imperito – Soggetti responsabili – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1176 II co., 1218, 2043)
— Delle conseguenze dannose di un intervento chirurgico eseguito in modo imperito possono essere chiamati a rispondere non solo i sanitari che l’hanno eseguito, ma anche il medico curante del paziente il quale abbia dapprima prescritto la cura i cui effetti resero necessario l’intervento chirurgico (circostanza che rileva ai fini del nesso di causalità tra condotta e danno), e poi abbia omesso di informare i colleghi chirurghi del particolare tipo di cure cui era stato sottoposto il paziente e delle peculiarità che tali cure comportavano (circostanza che rileva sul piano della colpa). (Nella specie, era accaduto che una cura contro l’infertilità somministrata dal medico di fiducia aveva provocato un ingrossamento delle ovaie della paziente, ed aveva indotto altri sanitari a rimuoverle chirurgicamente, con un intervento reputato dal giudice di merito non necessario; tuttavia, mentre il giudice di merito aveva reputato il ginecologo non responsabile dell’errore commesso dai chirurghi, la S.C. ha cassato tale decisione, ritenendo al contrario sussistere un nesso di causalità tra la condotta del ginecologo ed il danno finale, in virtù dei principi di cui alla massima) (Sent. n. 4029, Sez. III, del 19-2-2013).
Responsabilità extracontrattuale – Obbligazione risarcitoria – Criteri di necessità
(cod. civ.: artt. 2043 e segg.)
— In tema di responsabilità civile, perché sorga un’obbligazione risarcitoria aquiliana occorre non soltanto un fatto lesivo, retto dalla causalità materiale, ma anche un danno-conseguenza di questo, retto dalla causalità giuridica, la cui imputazione presuppone il riscontro di alcuna delle fattispecie normative ex artt. 2043 ss. c.c., consistenti tutte nella descrizione di un nesso che leghi storicamente un evento ad una condotta, a cose o ad accadimenti di altra natura, collegati con una particolare relazione al soggetto chiamato a rispondere (Sent. n. 4043, Sez. III, del 19-2-2013).
Responsabilità patrimoniale – Cause di prelazione – Cosa assicurata soggetta a privilegio, pegno o ipoteca – Surrogazione dell’indennità alla cosa
(cod. civ.: artt. 1882, 2742)
— La cosiddetta «surrogazione reale» dell’indennità alla cosa assicurata, prevista dall’art. 2742 c.c., ha l’effetto di imporre all’indennizzo assicurativo un vincolo di destinazione a favore del creditore dell’assicurato titolare di un diritto di prelazione sulla cosa distrutta, ma non legittima affatto il suddetto creditore ad agire direttamente nei confronti dell’assicuratore per il pagamento dell’indennizzo (Sent. n. 3655, Sez. III, del 14-2-2013).
Responsabilità patrimoniale – Divieto del patto commissorio
(cod. civ.: art. 2744)
— In materia di nullità per violazione del divieto del patto commissorio, non è possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti a tale nullità, occorrendo invece riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione nell’ipotesi in cui venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, di far ottenere al creditore la proprietà del bene dell’altra parte nel caso in cui questa non adempia la propria obbligazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che non aveva ravvisato il patto commissorio in una vendita fiduciaria di un immobile — finalizzata a far ottenere un mutuo al fiduciario per il soddisfacimento di un suo credito nei confronti del fiduciante — caratterizzata dall’effetto reale del trasferimento di proprietà al fiduciario e da un effetto obbligatorio, il ritrasferimento dell’immobile, non condizionato ad un adempimento del fiduciante) (Sent. n. 4262, Sez. II, del 20-2-2013).
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose – Attività sportiva esercitata sulle piste da sci – Comportamento colposo in capo al gestore – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 2043, 2050, 2697)
— Considerata la natura intrinsecamente pericolosa dell’attività sportiva esercitata sulle piste da sci, nonché l’estensione delle stesse e la loro possibile intrinseca anomalia, anche per fattori naturali, affinché si possa pervenire all’individuazione di un comportamento colposo in capo al gestore, ex art. 2043 c.c., con conseguente obbligo di risarcimento del danno, è necessario che il danneggiato provi l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendano esigibile la protezione da possibili incidenti, condizioni in presenza delle quali risulta configurabile un comportamento colposo del gestore per la mancata predisposizione di protezioni e segnalazioni, ricadendo, invece, sul gestore l’onere di provare fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità per l’utente di percepire e prevedere, con l’ordinaria diligenza, la suddetta situazione di pericolo (Sent. n. 4018, Sez. III, del 19-2-2013).
Retratto successorio – Prescrizione decennale – Dies a quo
(cod. civ.: artt. 732, 2946)
— Il retratto successorio di cui all’art. 732 c.c. è soggetto al termine di prescrizione di dieci anni, decorrenti dalla data della vendita della quota ereditaria compiuta in violazione del diritto di prelazione spettante ai coeredi, ancorché permanga lo stato di comunione ereditaria (Sent. n. 3465, Sez. II, del 12-2-2013).
Revocazione delle sentenze della Corte di cassazione – Casi – Errore di fatto – Nozione
(cod. proc. civ.: artt. 369 II co. n. 2, 391 bis, 395 n. 4)
— L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, sicché è inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca l’adozione di una soluzione giuridica diversa da quella adottata, come nella specie, relativa a declaratoria di improcedibilità pronunciata ex art. 369, n. 2, c.p.c. per omesso deposito di copia della sentenza munita della relata di notifica (Ord. n. 3494, Sez. VI, del 12-2-2013).
Revocazione delle sentenze della Corte di cassazione – Casi – Errore di fatto – Nozione
(cod. proc. civ.: artt. 132 II co. n. 4, 391 bis, 395 n. 4; disp. att. cod. proc. civ.: art. 118)
— Il limite dell’errore percettivo chiaramente posto dalla legge alla revocazione della sentenza della Corte di cassazione riconduce l’ambito di ammissibilità di detta impugnazione all’ipotesi di svista o mancata attenzione su di un fatto materiale o processuale che si traduca in una omessa percezione dell’esistenza stessa di un motivo di ricorso, escludendo, così, quella — riconducibile ai vizi della completezza grafica o della intelligibilità logica della statuizione — della decisione consapevolmente assunta ma incomprensibilmente esternata. Non ricorre, quindi, un siffatto errore quando la Corte, pur completamente omettendo, alla stregua del cogente disposto degli articoli 132, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. (ed a maggior ragione ove si adotti una motivazione semplificata), la descrizione del motivo che si accinge ad esaminare, ne argomenti poi la sua valutazione e decisione, indefettibilmente esternandole con proposizioni comprensibili (Ord. n. 4605, Sez. VI, del 22-2-2013).
Ricorso per cassazione – Contenuto – Censura che investa la rivalutazione monetaria dei crediti risarcitori – Onere del ricorrente – Oggetto
(cod. proc. civ.: art. 366; cod. civ.: art. 1224 II co.)
— Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, l’interesse processuale all’impugnazione deve essere concreto e non teorico e deve essere provato dal ricorrente, sicché — con riguardo alla censura che investa la rivalutazione monetaria dei crediti risarcitori — il ricorrente ha l’onere di indicare quale rivalutazione avrebbe dovuto essere riconosciuta dal giudice di merito, così dimostrando che quella da esso liquidata sia quantitativamente inferiore, in questo modo facendo risaltare il proprio interesse all’impugnazione (Sent. n. 3563, Sez. III, del 13-2-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – Nozione di punto decisivo della controversia
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— La nozione di punto decisivo della controversia, di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al nesso di causalità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perché su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi in base al suo residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si risolverebbe nell’investire la Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito (Sent. n. 3668, Sez. lavoro, del 14-2-2013).
Ricorso per cassazione proposto in proprio dalla parte nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza quale erede della persona che aveva partecipato alle precedenti fasi del giudizio
(cod. proc. civ.: artt. 110, 360; cod. civ.: art. 456)
— Il ricorso per cassazione, proposto in proprio dalla parte nei cui confronti sia stata pronunciata la sentenza quale erede della persona che aveva partecipato alle precedenti fasi del giudizio, non pone questione alcuna di legittimazione all’impugnazione, trattandosi non di qualità distinte, ma di unica posizione giuridica, fondata sulla successione a titolo universale nei rapporti che facevano capo al de cuius, con conseguente titolarità anche del diritto processuale di adire il giudice del gravame (Sent. n. 4022, Sez. III, del 19-2-2013).
Ricorso per cassazione – Rigetto del ricorso avverso la riforma in appello della sentenza non definitiva di primo grado che aveva pronunciato positivamente sull’an debeatur – Effetti
(cod. proc. civ.: artt. 336, 339, 360)
— Il rigetto del ricorso per cassazione avverso la riforma in appello della sentenza non definitiva di primo grado, che aveva pronunciato positivamente sull’an debeatur, comporta la caducazione della sentenza definitiva sul quantum e, quindi, l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso quest’ultima (Sent. n. 3656, Sez. III, del 14-2-2013).
Risarcimento del danno – Consulenza tecnica d’ufficio per una sua precisa quantificazione – Valutazione equitativa del giudice – Criterio di necessità
(cod. civ.: art. 1226; cod. proc. civ.: art. 191)
— In tema di risarcimento del danno, ove sia stata svolta una consulenza tecnica di ufficio per una precisa quantificazione dello stesso (nella specie, relativo al pregiudizio patrimoniale subìto da fabbricati ed aree edificabili per effetto di immissioni di polveri di cemento), il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., solo quando ritenga, con congrua e logica motivazione, il relativo accertamento peritale inidoneo allo scopo, sussistendo, pertanto, il presupposto normativo del ricorso all’equità, costituito dalla situazione di impossibilità — o di estrema difficoltà — di una precisa prova sull’ammontare del danno; incorre, invece, in evidente contraddizione, rendendo impossibile l’individuazione dei criteri e del percorso logico seguito per pervenire alla liquidazione, il giudice che, dopo aver ritenuto inattendibile la consulenza tecnica, utilizzi i valori in essa accertati per operare la valutazione equitativa del danno (Sent. n. 4017, Sez. III, del 19-2-2013).
Risarcimento del danno morale – Liquidazione equitativa – Fattispecie di colpa medica neonatale
(cod. civ.: artt. 1226, 2056, 2059; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— È viziata la motivazione della sentenza che, in fattispecie di colpa medica neonatale, liquidi equitativamente il danno morale del neonato e dei genitori senza riferirsi alla gravità del fatto, alle condizioni soggettive della persona, all’entità della sofferenza e del turbamento d’animo, nonché liquidi, sempre in via equitativa, il danno patrimoniale del neonato con generico riferimento alle chances di futuro lavoro: una motivazione siffatta rende impossibile il controllo sull’iter logico seguito dal giudice di merito nelle relative quantificazioni (Sent. n. 3582, Sez. III, del 13-2-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno da uccisione di un prossimo congiunto
(cod. civ.: artt. 2056, 2059)
— Il danno non patrimoniale costituisce una categoria unitaria ed omogenea, all’interno della quale le distinzioni tradizionali (come quella tra danno morale e danno biologico) possono continuare ad essere utilizzate al solo fine di indicare in modo sintetico quali tipi di pregiudizio il giudice abbia preso in esame al fine della liquidazione, e mai al fine di risarcire due volte il medesimo pregiudizio, sol perché chiamato con nomi diversi. Ne consegue che la liquidazione del danno da uccisione di un prossimo congiunto è correttamente compiuta dal giudice di merito quando risulti che questi abbia tenuto conto delle circostanze rilevanti del caso concreto, a prescindere dai nomi che abbia usato per indicare i pregiudizi risarciti (Sent. n. 4043, Sez. III, del 19-2-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno esistenziale – Autonoma voce di danno – Inammissibilità – Fondamento e conseguenza
(cod. civ.: art. 2059)
— In tema di risarcimento del danno, non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di «danno esistenziale», in quanto, ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., con la conseguenza che la liquidazione di un’ulteriore posta di danno comporterebbe una non consentita duplicazione risarcitoria; ove, invece, si intendesse includere nella categoria i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, la stessa sarebbe illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili alla stregua del menzionato articolo (Sent. n. 3290, Sez. III, del 12-2-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale subito dall’utente in conseguenza dell’interruzione della somministrazione di energia elettrica
(cod. civ.: artt. 2059, 2697; Cost.: art. 2)
— Non è risarcibile il danno non patrimoniale subito dall’utente in conseguenza dell’interruzione della somministrazione di energia elettrica addebitabile al gestore della rete di distribuzione, ove la parte non indichi, né provi, quale sia lo specifico diritto inviolabile costituzionalmente garantito, leso in modo serio dal fatto illecito (Sent. n. 5096, Sez. VI, del 28-2-2013).
Scrittura privata – Mancanza di data certa nelle scritture prodotte dal creditore che proponga istanza di ammissione al passivo fallimentare
(cod. civ.: art. 2704; cod. proc. civ.: art. 112; R.D. 267/1942: art. 93)
— La mancanza di data certa nelle scritture prodotte dal creditore, che proponga istanza di ammissione al passivo fallimentare, si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda ed oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice, e la rilevazione d’ufficio dell’eccezione determina la necessità di disporre la relativa comunicazione alle parti per eventuali osservazioni e richieste e subordina la decisione nel merito all’effettuazione di detto adempimento (Sent. n. 4213, Sez. Unite, del 20-2-2013).
Scrittura privata priva della sottoscrizione – Onere di disconoscerne l’autenticità – Insussistenza – Fondamento
(cod. civ.: artt. 2702, 2705, 2707, 2708, 2709; cod. proc. civ.: art. 215)
— Le scritture prive della sottoscrizione non possono rientrare nel novero delle scritture private aventi valore giuridico formale e produrre, quindi, effetti sostanziali e probatori, neppure quando non ne sia stata impugnata la provenienza dalla parte cui vengono opposte. Ne consegue che la parte, contro la quale esse siano state prodotte, non ha l’onere di disconoscerne l’autenticità ai sensi dell’art. 215 c.p.c., norma che si riferisce al solo riconoscimento della sottoscrizione, questa essendo, ai sensi dell’art. 2702 c.c., il solo elemento grafico in virtù del quale — salvi i casi diversamente regolati (artt. 2705, 2707, 2708 e 2709 c.c.) — la scrittura diviene riferibile al soggetto dal quale proviene e può produrre effetti a suo carico (Ord. n. 3730, Sez. VI, del 14-2-2013).
Scritture contabili delle imprese soggette a registrazione – Efficacia probatoria tra imprenditori – Art. 2710 cod. civ. – Applicabilità nei confronti del curatore del fallimento nella funzione di gestione del patrimonio del fallito – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: art. 2710; R.D. 267/1942: artt. 27 e segg.)
— L’art. 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualità di controparti nei rapporti d’impresa (Sent. n. 4213, Sez. Unite, del 20-2-2013).
Sentenza – Acquiescenza – Principio della sua rilevabilità solo su eccezione di parte – Ambito
(cod. proc. civ.: art. 329)
— Il principio della rilevabilità solo su eccezione di parte dell’acquiescenza alla sentenza si riferisce esclusivamente all’acquiescenza totale (per accettazione espressa o per atti incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione), ma non anche a quella conseguente all’impugnazione di alcuni capi soltanto della sentenza (acquiescenza parziale), atteso che il giudice deve accertare anche d’ufficio quali siano i limiti oggettivi dell’impugnazione (Sent. n. 3664, Sez. III, del 14-2-2013).
Sentenza di condanna ad un facere e sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. – Elemento distintivo
(cod. civ.: art. 2932; cod. proc. civ.: art. 112)
— La sentenza di condanna ad un facere (nella specie, consistente nel trasferire al fiduciante la titolarità anche formale della quota societaria intestata al fiduciario) è diversa da quella costitutiva, prevista dall’art. 2932 c.c., perché, a differenza di quest’ultima, non produce di per sé stessa l’effetto traslativo invocato dalla parte, ma impone alla controparte di svolgere l’attività negoziale necessaria alla produzione di quell’effetto; tuttavia, la condanna a contrarre non eccede i limiti della cognizione del giudice adito con la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ponendosi rispetto a questa come minore a maggiore, onde non incorre nel vizio di extrapetizione il giudice di merito che, sull’istanza formulata ai sensi dell’art. 2932 c.c., pronunci condanna allo svolgimento dell’attività negoziale necessaria alla produzione del richiesto effetto traslativo (Sent. n. 4184, Sez. I, del 20-2-2013).
Sentenza – Motivazione per relationem – Criterio di necessità – Fattispecie in tema di rinvio ad una sentenza di merito di commissione tributaria relativa ad un altro processo
(cod. proc. civ.: art. 132 II co. n. 4)
— La motivazione per relationem di una sentenza, in linea di principio ammissibile, deve permettere tuttavia un agevole reperimento della sentenza citata mediante riproduzione dei suoi contenuti, oggetto di autonoma valutazione critica, così da consentire la verifica di compatibilità logico-giuridica del richiamo operato; pertanto, quando il rinvio ad una sentenza di merito di commissione tributaria, relativa ad un altro processo, avvenga con la sola indicazione del numero della sentenza e dell’anno, ma senza indicazione della sezione, tale rinvio deve considerarsi illegittimo, perché le sentenze di merito non sempre sono facilmente reperibili ed, inoltre, la relativa numerazione viene effettuata per ciascuna sezione e non per commissione, né la parte può essere obbligata a ricerche di documenti extraprocessuali (Sent. n. 3340, Sez. trib., del 12-2-2013).
Sentenze che statuiscono sulla competenza – Non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale – Eccezione e ragione
(cod. civ.: art. 2909; cod. proc. civ.: art. 324)
— Le sentenze che statuiscono sulla competenza — ad eccezione delle decisioni della Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza — non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale, poiché la decisione sulla questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non più impugnabile, dà luogo soltanto al giudicato formale, il quale si concreta in una preclusione alla riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, ma non fa stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso (Sent. n. 3291, Sez. III, del 12-2-2013).
Separazione personale dei coniugi – Assegno di mantenimento – Determinazione – Attitudine al lavoro proficuo – Rilevanza
(cod. civ.: art. 156)
— In tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica. Peraltro, l’attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva negato un contributo al mantenimento alla moglie in considerazione della sua giovane età, delle sue buone condizioni di salute, del possesso di un diploma di laurea, dell’esperienza professionale pregressa, senza, tuttavia, valutare le condizioni reddituali e patrimoniali al momento dell’accertamento della sussistenza del diritto) (Sent. n. 3502, Sez. I, del 13-2-2013).
Servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione abusiva a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici – Acquisto per usucapione – Ammissibilità – Fondamento
(cod. civ.: artt. 872, 873, 1027, 1158)
— È ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem (Sent. n. 3979, Sez. II, del 18-2-2013).
Servitù di passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso – Valutazioni dell’autorità giudiziaria in ragione delle esigenze dell’agricoltura o dell’industria
(cod. civ.: art. 1052 II co.; L. 135/2001)
— In tema di servitù di passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso, il riferimento, di cui all’art. 1052, comma 2, c.c., alle valutazioni dell’autorità giudiziaria in ragione delle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, deve essere interpretato anche alla luce della legge n. 135 del 2001, ai sensi della quale per agevolare il turismo sono promosse azioni per il superamento degli ostacoli che si frappongono alla fruizione dei servizi turistici (Sent. n. 4418, Sez. II, del 21-2-2013).
Servitù di passaggio costituita per contratto – Presunzione del carattere coattivo del vincolo in assenza di contraria volontà delle parti – Configurabilità
(cod. civ.: artt. 1031, 1032, 1051, 1055)
— La servitù di passaggio costituita per contratto non cessa di essere coattiva, con conseguente operatività della causa di estinzione per cessazione dell’interclusione di cui all’art. 1055 c.c., laddove risultino sussistenti le relative condizioni di legge, pur se non emergenti dall’atto, ma ricavabili aliunde, senza che rilevi che le parti non abbiano previsto la corresponsione di un’indennità in favore del proprietario del fondo servente, dovendosi presumere il carattere coattivo del vincolo, salvo che non emerga in concreto l’intento inequivoco dei contraenti di assoggettarsi al regime delle servitù volontarie (Sent. n. 5053, Sez. II, del 28-2-2013).
Servitù pubbliche – Passaggio di uso pubblico su una strada vicinale
(cod. civ.: artt. 822, 825, 1079; cod. proc. civ.: art. 102)
— Se alcuni proprietari, che fruiscono del passaggio di uso pubblico su una strada vicinale, convengono in giudizio un soggetto che ne compromette illegittimamente il godimento al fine di sentirlo condannare alla rimozione dell’ostacolo, senza chiedere tuttavia l’accertamento di un diritto di servitù, non risulta proposta una confessoria servitutis e, pertanto, non sussiste il litisconsorzio necessario tra tutti i titolari degli immobili serviti dalla strada (Sent. n. 3707, Sez. II, del 14-2-2013).
Società di capitali – Aumento di capitale – Esercizio del diritto di opzione da parte del socio
(cod. civ.: art. 2441; cod. proc. civ.: art. 102)
— L’esercizio del diritto di opzione che il socio, in ipotesi di aumento di capitale, può vantare nei confronti della società, le cui azioni o quote egli ha titolo per sottoscrivere, pur suscettibile di riflettersi, in concreto, sull’interesse degli altri soci nella misura in cui ne possa risultare modificato il rapporto proporzionale di partecipazione al capitale della società, non consente a questi ultimi, quali titolari di un siffatto interesse (di mero fatto), di assumere la veste di contraddittori necessari nel giudizio volto a farlo valere, il quale investe unicamente il rapporto intercorrente tra colui che si pretende titolare del diritto di opzione e la società, sulle cui azioni o quote l’opzione è destinata ad esercitarsi, e non si atteggia quindi come controversia tra soci (Sent. n. 4184, Sez. I, del 20-2-2013).
Società di capitali – Contratto con cui, in vista della stipulazione dell’atto costitutivo di una società di capitali, si convenga tra uno dei futuri costituenti ed un terzo che una quota di partecipazione in detta società sarà intestata fiduciariamente – Forma pubblica – Necessità – Esclusione
(cod. civ.: artt. 2328, 2463)
— Il contratto con il quale, in vista della stipulazione dell’atto costitutivo di una società di capitali, si convenga tra uno dei futuri costituenti ed un terzo che una quota di partecipazione in detta società sarà intestata fiduciariamente, con l’obbligo per il fiduciario di darne conto al fiduciante e di trasferirgli eventualmente in seguito la titolarità della quota, non richiede per la sua validità la forma pubblica prescritta per l’atto costitutivo della società (Sent. n. 4184, Sez. I, del 20-2-2013).
Spese processuali – Responsabilità aggravata – Domande disciplinate dal primo e dal terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – Cumulabilità – Sussistenza – Fondamento e conseguenza
(cod. proc. civ.: art. 96 I e III co.)
— In tema di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., non vi è alternatività, ma cumulabilità tra le domande disciplinate dal primo e terzo comma, essendo esse basate su presupposti parzialmente differenti, sicché il giudice, sussistendone le condizioni, può pronunciare condanna applicando entrambe le disposizioni di legge, pur dovendo evitare di ristorare il medesimo pregiudizio due volte (Sent. n. 4925, Sez. trib., del 27-2-2013).
Stampa – Direttore di un giornale che ometta di diffondere la notizia della smentita, della cui formulazione ad opera del soggetto interessato sia stato comunque informato, di una precedente notizia, lesiva dell’altrui reputazione o decoro, ripresa da altra fonte di stampa, ma autonomamente rielaborata
(L. 69/1963)
— È responsabile di illecito disciplinare il direttore di un giornale (nella specie, televisivo) che ometta di diffondere la notizia della smentita, della cui formulazione ad opera del soggetto interessato sia stato comunque informato, di una precedente notizia, lesiva dell’altrui reputazione o decoro, ripresa da altra fonte di stampa, ma autonomamente rielaborata, senza che sia tenuto a valutare se, in ragione del tempo intercorso o di altre circostanze, possa non essere doverosa o di nocumento all’interessato (Sent. n. 4373, Sez. III, del 21-2-2013).
Successione legittima – Diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano – Spettano al coniuge superstite
(cod. civ.: artt. 533, 540 II co., 581, 582)
— In tema di successione legittima, spettano al coniuge superstite, in aggiunta alla quota attribuita dagli artt. 581 e 582 c.c., i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, di cui all’art. 540, comma 2, c.c., dovendo il valore capitale di tali diritti essere detratto dall’asse prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato, e senza che, perciò, operi il diverso procedimento di imputazione previsto dall’art. 533 c.c., relativo al concorso tra eredi legittimi e legittimari e strettamente inerente alla tutela delle quote di riserva dei figli del de cuius (Sent. n. 4847, Sez. Unite, del 27-2-2013).
Successione testamentaria – Sublegato – Nozione
(cod. civ.: artt. 647, 648, 661, 671)
— Nella successione testamentaria si configura il sublegato quando onerato è un legatario o un prelegatario e onorato è un terzo o un erede, anche se prelegatario. (Nella specie, il testatore aveva lasciato un fondo a titolo di prelegato a un figlio, con l’obbligo di corrispondere all’altro figlio la metà del valore di detto fondo, sempre a titolo di prelegato; in base all’enunciato principio, la S.C. ha confermato la qualificazione operata dal giudice di merito, nel senso del sublegato e non dell’onere, con conseguente inapplicabilità della risoluzione ex art. 648 c.c.) (Sent. n. 4269, Sez. II, del 20-2-2013).
Supercondominio – Legittimazione di ciascun condomino, proprietario di alcuna delle unità immobiliari ubicate nei diversi edifici che lo compongono, ad agire per la tutela delle parti comuni degli stessi ed a partecipare alla relativa assemblea – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 1117 bis, 1136)
— Nell’ipotesi di supercondominio, ciascun condomino, proprietario di alcuna delle unità immobiliari ubicate nei diversi edifici che lo compongono, è legittimato ad agire per la tutela delle parti comuni degli stessi ed a partecipare alla relativa assemblea, con la conseguenza che le disposizioni dell’art. 1136 c.c., in tema di formazione e calcolo delle maggioranze, si applicano considerando gli elementi reale e personale del medesimo supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le porzioni comprese nel complesso e da tutti i rispettivi titolari. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato la legittimazione del singolo condomino ad impugnare la sentenza inerente all’apposizione di cancelli su area antistante e comune agli edifici del supercondominio) (Sent. n. 4340, Sez. II, del 21-2-2013).
Transazione stipulata tra l’impresa capogruppo di un’associazione temporanea di imprese (Ati) e l’amministrazione committente
(cod. civ.: artt. 1447, 1655, 1704, 1965; L. 584/1977: art. 23)
— La transazione stipulata tra l’impresa capogruppo di un’associazione temporanea di imprese (Ati) e l’amministrazione committente vincola tutte le imprese partecipanti all’Ati, delle quali la capogruppo ha la rappresentanza. Tale transazione non può, pertanto, essere rescissa ex art. 1447 c.c. per il solo fatto che l’amministrazione, nel concluderla, abbia tratto vantaggio dallo stato prefallimentare dell’impresa capogruppo stipulante; sia perché nella suddetta ipotesi lo stato di pericolo dello stipulante, per condurre alla rescissione del contratto, deve riguardare tutte le imprese partecipanti all’Ati e non una soltanto di esse; sia perché, in ogni caso, il fallimento della società capogruppo non comporta lo scioglimento dell’intero contratto di appalto, il quale può proseguire, se le altre imprese partecipanti all’Ati provvedano a nominare una nuova capogruppo che abbia il gradimento del committente, il che rende inconcepibile uno «stato di pericolo» per le imprese transigenti (Sent. n. 3635, Sez. III, del 14-2-2013).
Tutela della riservatezza – Giornalista che leda illegittimamente la riservatezza altrui
(L. 69/1963; D.Lgs. 196/2003)
— Allorché un giornalista leda illegittimamente la riservatezza altrui, le eventuali scuse da lui rivolte alla persona offesa in tanto possono escludere la sua responsabilità disciplinare, in quanto siano reali ed effettive, il che non si verifica quando, unitamente alle scuse, il giornalista rivolga al destinatario affermazioni insinuanti ed offensive. (Nella specie, il direttore di un telegiornale era stato sanzionato dall’Ordine dei giornalisti per avere filmato di nascosto un magistrato — estensore d’una sentenza di condanna nei confronti di un noto uomo politico — nel compimento di atti privati della vita quotidiana; il giornalista allora, dopo avere formulato le sue scuse al magistrato, lo aveva contestualmente e pubblicamente invitato a spiegare fra l’altro «se la sua promozione non fosse un premio per la sentenza»; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la valenza scriminante delle scuse) (Sent. n. 4374, Sez. III, del 21-2-2013).
Vendita – Pericolo di rivendica – Sospensione del pagamento del prezzo
(cod. civ.: artt. 1224 I co., 1481, 1499)
— In tema di pericolo di rivendica, la sospensione del pagamento del prezzo, quale eccezionale mezzo di autotutela consentito dall’art. 1481 c.c., esclude la mora debendi e, dunque, il pagamento degli interessi moratori sul prezzo, ma non elimina — nell’ipotesi di vendita di bene fruttifero già consegnato al compratore — il dovere di pagare gli interessi compensativi di cui all’art. 1499 c.c., i quali hanno la funzione di rimediare ad uno squilibrio economico, che si determina anche nel periodo in cui si è manifestato il pericolo di evizione (Sent. n. 4426, Sez. II, del 21-2-2013).