Appello – Intervento recante una domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica in proprio favore di un contratto preliminare concluso inter alios – Inammissibilità – Fondamento – Ricorso per cassazione proposto dal medesimo interventore – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 105, 344, 360; cod. civ.: artt. 1351, 2932)
— L’intervento in appello, recante una domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica in proprio favore di un contratto preliminare concluso inter alios, è inammissibile, attesi i limiti sanciti dall’art. 344 cod. proc. civ., tendendo non ad evitare un pregiudizio, bensì a realizzare una pretesa; qualificandosi inoltre tale intervento come adesivo, e non autonomo, per essere riconoscibile il diritto invocato dall’interventore solo previo accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. formulata in primo grado da uno dei contraenti, è altresì inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal medesimo interventore, in quanto carente, giacché titolare di un interesse di mero fatto, di un’autonoma corrispondente legittimazione ove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto all’impugnazione (Ord. n. 24412, Sez. VI, del 29-10-2013).
Appello – Riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive – Cognizione del giudice del gravame – Ambito
(cod. proc. civ.: artt. 112, 340)
— Nell’ipotesi di appello contro sentenza non definitiva, il giudice del gravame deve limitare il proprio esame alla materia che ha formato oggetto della decisione di primo grado e non può estenderlo alle questioni ed ai profili della causa per i quali vi sia stata riserva di decisione (Sent. n. 24163, Sez. II, del 25-10-2013).
Arbitrato – Clausola compromissoria concernente le controversie relative alla risoluzione di un contratto – Quando ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di risarcimento del danno derivante da lesione del diritto all’immagine
(cod. proc. civ.: art. 808; cod. civ.: artt. 1453, 2043)
— La clausola compromissoria concernente le controversie relative alla risoluzione di un contratto ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di risarcimento del danno derivante da lesione del diritto all’immagine allorquando un siffatto pregiudizio sia ricollegabile non già alla violazione di doveri, con condotta perseguibile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., che incombono verso la generalità dei cittadini, bensì all’inadempimento di precise obbligazioni assunte con il predetto contratto, e sia, quindi, conseguente all’invocata responsabilità contrattuale (Sent. n. 23675, Sez. I, del 18-10-2013).
Arbitrato irrituale – Impugnazione del lodo per nullità – Inammissibilità – Azione per vizi del negozio – Ammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 808 ter, 825, 828)
— Poiché nell’arbitrato irrituale le parti intendono affidare all’arbitro la soluzione di una controversia attraverso uno strumento strettamente negoziale — mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibili alla loro volontà —, impegnandosi a considerare la decisione degli arbitri come espressione di tale personale volontà, non è ammissibile l’impugnazione per nullità di un lodo, ancorché il provvedimento sia stato depositato e reso esecutivo ai sensi dell’art. 825 cod. proc. civ., mentre è legittimamente esperibile la sola azione per (eventuali) vizi del negozio, da proporre con l’osservanza delle norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado di giurisdizione (Sent. n. 24552, Sez. I, del 31-10-2013).
Associazioni non riconosciute – Associazioni locali di un’associazione avente carattere nazionale – Non sono organi di quest’ultima, ma sue articolazioni periferiche
(cod. civ.: art. 36; cod. proc. civ.: art. 75 IV co.)
— Le associazioni locali di un’associazione avente carattere nazionale (nella specie, la struttura organizzativa regionale di un’associazione sindacale) non sono organi di quest’ultima, ma sue articolazioni periferiche dotate di autonoma legittimazione negoziale e processuale (Sent. n. 23088, Sez. I, del 10-10-2013).
Associazioni non riconosciute – Struttura organizzativa locale facente capo ad un’associazione – Qualificazione come organo dell’associazione o come associazione munita di autonoma legittimazione negoziale e processuale – Questione attinente alla legitimatio ad causam – Configurabilità – Esclusione – Questione concernente la titolarità del rapporto dedotto in giudizio – Configurabilità – Conseguenza
(cod. civ.: art. 36; cod. proc. civ.: art. 75 IV co.)
— In tema di associazioni non riconosciute, stabilire se una struttura organizzativa locale che fa capo ad un’associazione costituisca un organo di quest’ultima, ovvero sia invece, a sua volta, un’associazione munita di autonoma legittimazione negoziale e processuale, configura una questione che non attiene alla legitimatio ad causam, bensì alla titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio, ed involge, pertanto, un accertamento di fatto, da condurre sulla scorta dello statuto dell’associazione e che attiene al merito della lite (Sent. n. 23088, Sez. I, del 10-10-2013).
Azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto un negozio di conferimento societario – Elemento psicologico – Accertamento – Criterio di necessità e criterio di sufficienza
(cod. civ.: artt. 1391, 2253, 2342, 2901)
— In ipotesi di azione ex art. 2901 cod. civ. avente ad oggetto un negozio di conferimento, l’elemento psicologico della fattispecie revocatoria deve essere accertato con riguardo ai soci quando, nella fase costitutiva della società, la stessa ancora non abbia acquisito la soggettività giuridica, né sia dotata di un rappresentante legale, mentre, laddove l’organo gestorio sia contestualmente nominato, ne è, invece, sufficiente la ravvisabilità in capo a quest’ultimo ex art. 1391 cod. civ. (Nella specie, il socio conferente era altresì l’accomandatario della s.a.s.) (Sent. n. 23891, Sez. I, del 22-10-2013).
Condominio – Assemblea – Delibera che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall’impianto di riscaldamento – È nulla – Fondamento e conseguenza
(cod. civ.: artt. 1117, 1123, 1137 III co.)
— In tema di condominio negli edifici, è nulla — e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all’art. 1137 cod. civ. — la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall’impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese (Sent. n. 22634, Sez. II, del 3-10-2013).
Condominio – Giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore – Legittimazione passiva – Spetta all’amministratore, e non anche al condominio – Conseguenze
(cod. civ.: art. 1129; cod. proc. civ.: artt. 91, 100, 105)
— In tema di condominio negli edifici, nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell’amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l’amministratore, non anche il condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione all’amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente (Sent. n. 23955, Sez. II, del 22-10-2013).
Contratto a favore di terzo – Foro convenzionale pattuito tra i contraenti – Operatività nei confronti del terzo – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 28, 102; cod. civ.: art. 1411)
— L’accordo con il quale le parti di un contratto abbiano stabilito una deroga convenzionale alla competenza territoriale non opera nei confronti di chi sia rimasto estraneo all’accordo, a nulla rilevando la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché per il terzo la clausola di deroga è res inter alios acta. Pertanto nel contratto a favore di terzo quest’ultimo, non essendo parte né in senso sostanziale né in senso formale, non è tenuto a rispettare il foro convenzionale pattuito tra i contraenti (Ord. n. 24415, Sez. VI, del 29-10-2013).
Contratto – Caparra confirmatoria – Dazione di effetti cambiari in epoca successiva alla stipulazione di un contratto preliminare – Configurabilità – Condizione
(cod. civ.: artt. 1351, 1385, 1988; R.D. 1669/1933: art. 100)
— La funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria — che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) — ben può essere assolta anche dalla dazione di effetti cambiari in epoca successiva alla stipulazione di un contratto preliminare, così differendosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che la scadenza della promessa di pagamento contenuta nei pagherò cambiari sia anteriore a quella delle obbligazioni pattuite con il preliminare (Sent. n. 24563, Sez. II, del 31-10-2013).
Contratto – Clausola che fa riferimento ad un dato cronologico allo scopo di indicare il periodo di tempo entro cui deve essere eseguita l’esecuzione di una determinata prestazione e contestuale indicazione incidentale della finalità pratica sottesa alla concessione di quel termine nell’aspettativa del verificarsi di un certo evento – Portata
(cod. civ.: artt. 1184, 1353, 1456, 2702)
— Allorché i contraenti si riferiscano ad un dato cronologico allo scopo di indicare il periodo di tempo entro cui deve essere eseguita una determinata prestazione, dichiarando poi incidentalmente la finalità pratica sottesa alla concessione di quel termine nell’aspettativa del verificarsi di un certo evento, assume preminente rilievo il dato temporale e la relativa clausola va intesa nel senso che le parti vollero determinare il tempo dell’adempimento e non, invece, condizionare l’efficacia del contratto all’avveramento di un evento futuro. (Nella specie, la S.C. ha confermato l’interpretazione del giudice del merito, secondo cui la clausola contrattuale — contenuta in una scrittura privata separata e coeva ad altra principale, costitutiva del diritto di godimento di un posto barca ed auto entro un erigendo porto turistico, contro versamento del prezzo — con cui l’originario concedente si obbligava al «riacquisto» del bene ove l’area portuale non fosse stata sistemata nel termine prefissato, configurava la determinazione del tempo dell’adempimento e non una clausola risolutiva espressa) (Sent. n. 22914, Sez. VI, dell’8-10-2013).
Contratto – Clausola penale – Potere del giudice di ridurre l’importo della penale – Quando può essere esercitato
(cod. civ.: artt. 1384, 2697)
— Il potere del giudice di ridurre l’importo della penale prevista in un contratto, ex art. 1384 cod. civ., può essere esercitato solo se la parte obbligata al pagamento abbia correttamente allegato e provato i fatti dai quali risulti l’eccessività della penale stessa (Sent. n. 22747, Sez. III, del 4-10-2013).
Contratto – Clausola risolutiva espressa – Tolleranza della parte creditrice – Effetti
(cod. civ.: art. 1456)
— In tema di clausola risolutiva espressa, la tolleranza della parte creditrice, che si può estrinsecare tanto in un comportamento negativo, quanto in uno positivo, non determina l’eliminazione della clausola per modificazione della disciplina contrattuale, né è sufficiente ad integrare una tacita rinuncia ad avvalersene, ove lo stesso creditore, contestualmente o successivamente all’atto di tolleranza, manifesti l’intenzione di avvalersi della clausola in caso di ulteriore protrazione dell’inadempimento (Sent. n. 24564, Sez. II, del 31-10-2013).
Contratto collettivo – Mancata predeterminazione di un termine di efficacia – Facoltà di recesso unilaterale – Sussistenza – Fondamento e condizioni
(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 2069, 2077, 2118)
— Il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio-economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, purché sia esercitato nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto e non vengano lesi i diritti intangibili dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole ed entrati in via definitiva nel loro patrimonio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto violati tali criteri nel caso di soppressione della fornitura di gas a tariffa ridotta per i dipendenti, anche in pensione, di una società di gestione del relativo servizio, che avevano optato per tale beneficio in natura in luogo di un assegno ad personam pensionabile, senza che fosse stato loro assicurato, dopo il collocamento a riposo, il corrispondente controvalore economico) (Sent. n. 24268, Sez. lavoro, del 28-10-2013).
Contratto collettivo non avente efficacia erga omnes – Ambito di applicazione
(cod. civ.: artt. 2069, 2077)
— I contratti collettivi non aventi efficacia erga omnes costituiscono atti aventi natura negoziale e privatistica, applicabili esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti iscritti alle associazioni stipulanti o che, in mancanza di tale condizione, abbiano espressamente aderito ai patti collettivi o li abbiano implicitamente recepiti, attraverso un comportamento concludente desumibile da una costante e prolungata applicazione, senza contestazione alcuna, delle relative clausole al singolo rapporto. Ne consegue che, ove una delle parti faccia riferimento, per la decisione della causa, ad una clausola di un determinato contratto collettivo di lavoro, il giudice del merito ha il compito di valutare in concreto il comportamento posto in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore, allo scopo di accertare, pur in difetto dell’iscrizione alle associazioni sindacali stipulanti, se dagli atti siano desumibili elementi tali da indurre a ritenere ugualmente sussistente la vincolatività della contrattazione collettiva invocata (Sent. n. 24336, Sez. lavoro, del 29-10-2013).
Contratto concluso dal rappresentante senza potere – Nullità – Esclusione – Annullabilità – Esclusione – Inefficacia nei confronti dello pseudo-rappresentato fino all’eventuale ratifica di questo – Configurabilità
(cod. civ.: artt. 1398, 1399)
— Il contratto concluso dal rappresentante senza potere non è nullo e neppure annullabile, ma soltanto inefficace nei confronti dello pseudo-rappresentato, fino all’eventuale ratifica di questo, e tale inefficacia (temporanea) è rilevabile unicamente su eccezione dello pseudo-rappresentato e non d’ufficio (Sent. n. 24133, Sez. II, del 24-10-2013).
Contratto d’opera – Azione contrattuale di inadempimento – Quando non concorre con l’azione di responsabilità extracontrattuale per i danni arrecati alla proprietà di un terzo
(cod. civ.: artt. 1453, 2043, 2222)
— In materia di contratto d’opera, l’azione contrattuale di inadempimento (nella specie, relativa all’esecuzione di lavori edilizi in un appartamento) non concorre con l’azione di responsabilità extracontrattuale per i danni arrecati alla proprietà di un terzo (nella specie, l’appartamento sovrastante) ove i fatti allegati al prospettato inadempimento contrattuale non consentano di estendere la cognizione al profilo della responsabilità aquiliana (Sent. n. 24561, Sez. II, del 31-10-2013).
Contratto d’opera intellettuale – Recesso ad nutum del cliente – Non ha carattere inderogabile – Conseguenze
(cod. civ.: art. 2237 I co.)
— In tema di contratto d’opera, la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’art. 2237, comma 1, c.c. non ha carattere inderogabile e quindi è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto, dovendosi ritenere sufficiente — al fine di integrare la deroga pattizia alla regolamentazione legale della facoltà di recesso — la mera apposizione di un termine al rapporto di collaborazione professionale, senza necessità di un patto espresso e specifico. Ne consegue che, in tale evenienza, l’interruzione unilaterale del contratto da parte del committente comporta per il prestatore il diritto al compenso contrattualmente previsto per l’intera durata del rapporto (Sent. n. 22786, Sez. lavoro, del 7-10-2013).
Contratto preliminare di vendita di un appartamento – Presenza di vizi dell’immobile consegnato prima della stipula del contratto definitivo – Facoltà alternative spettanti al promittente acquirente
(cod. civ.: artt. 1351, 1453, 1460, 1470, 1495 I co., 2932)
— In ipotesi di preliminare di vendita di un appartamento, la presenza di vizi dell’immobile, consegnato prima della stipula dell’atto definitivo, abilita il promissario acquirente, senza che sia tenuto al rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 1495 cod. civ., ad opporre l’exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, ovvero a domandare, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento, o la condanna del medesimo promittente venditore ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa (Sent. n. 23162, Sez. II, dell’11-10-2013).
Contratto preliminare di vendita – Esistenza di un vincolo reale sul bene oggetto del futuro trasferimento che non sia stato dichiarato dal promittente venditore e che non fosse conosciuto dal promissario compratore – Rimedi a tutela del promissario compratore – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1351, 1470, 1482)
— In tema di contratto preliminare, l’esistenza di un vincolo reale sul bene oggetto del futuro trasferimento, che non sia stato dichiarato dal promittente venditore e non fosse conosciuto dal promissario compratore, legittima quest’ultimo all’attivazione dei rimedi a tutela della propria posizione, quali l’istanza di risoluzione del contratto ovvero — qualora egli voglia, comunque, darvi esecuzione — la sospensione del pagamento del prezzo ancora dovuto (Sent. n. 23956, Sez. II, del 22-10-2013).
Contratto – Risoluzione per inadempimento – Domanda del creditore di adempimento del contratto – Successiva domanda di risoluzione del contratto per effetto di clausola risolutiva espressa – Proponibilità – Sussistenza – Fondamento normativo
(cod. civ.: artt. 1453 II co., 1456)
— Il creditore, dopo aver promosso il giudizio per ottenere l’adempimento del contratto, può, in corso di causa, dichiarare che intende valersi della clausola risolutiva espressa, trattandosi di facoltà riconducibile allo ius variandi ammesso in generale dall’art. 1453, secondo comma, cod. civ. (Sent. n. 24564, Sez. II, del 31-10-2013).
Corte di cassazione – Potere di correggere la motivazione della sentenza impugnata – Criteri di necessità
(cod. proc. civ.: art. 384 IV co.)
— Affinché la Corte di cassazione possa procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., è necessario che la sostituzione della motivazione sia solo in diritto e non comporti indagini o valutazioni di fatto, e che essa non importi violazione del principio dispositivo, ossia non pronunci su eccezioni non sollevate dalle parti e non rilevabili d’ufficio (Sent. n. 24165, Sez. II, del 25-10-2013).
Diffamazione a mezzo stampa – Condotte lesive reiterate (nella specie, poste in essere per mezzo di una trasmissione televisiva articolata in una pluralità di puntate) – Continuazione ex art. 81 II co. cod. pen. – Applicabilità – Esclusione – Fondamento
(cod. pen.: artt. 81 II co., 595 III co.; cod. civ.: art. 2043)
— In tema di responsabilità da diffamazione a mezzo stampa, in caso di condotte lesive reiterate (nella specie, in quanto poste in essere attraverso una trasmissione televisiva articolata in una pluralità di puntate), non può trovare applicazione l’istituto della continuazione di cui all’art. 81 cod. pen., che, costituendo una fictio iuris ispirata al favor rei, non si estende all’ambito risarcitorio civilistico, ove assume rilievo centrale la figura del danneggiato, nei cui confronti la reiterazione delle offese diffamatorie determina un accrescimento ed un aggravio del vulnus alla reputazione e all’onore (Sent. n. 23144, Sez. III, dell’11-10-2013).
Diffamazione a mezzo stampa – Esimenti del diritto di critica, del diritto di cronaca e della «ritorsione» – Non possono essere invocate dall’autore di uno scritto anonimo – Fondamento
(cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co., 599 I co.)
— In tema di diffamazione a mezzo stampa, le esimenti del diritto di critica, del diritto di cronaca, nonché quella della «ritorsione» (sussistente allorché il soggetto che infligge l’offesa sia il medesimo che la sta ricevendo dall’offeso) non possono essere invocate dall’autore di uno scritto anonimo (o sotto pseudonimo, se resti non identificabile l’effettivo autore), in quanto l’anonimato non consente di verificare la necessaria correlazione tra l’esercizio d’un diritto ed il soggetto che di quel diritto è titolare (Ord. n. 23042, Sez. VI, del 10-10-2013).
Diffamazione a mezzo stampa (nella specie, a mezzo trasmissione televisiva articolata in una pluralità di puntate) – Valutazione unitaria delle singole trasmissioni che conduca all’individuazione di un sotteso e globale «disegno diffamatorio» – Ammissibilità – Riconducibilità delle specifiche condotte al diritto di critica – Esclusione
(cod. pen.: artt. 51 I co., 595 III co.)
— In tema di responsabilità da diffamazione a mezzo trasmissione televisiva, nel caso in cui la stessa sia articolata in una pluralità di puntate, è ammissibile una valutazione unitaria dell’insieme delle singole trasmissioni che conduca all’individuazione di un sotteso e globale «disegno diffamatorio», così da escludere la riconducibilità delle specifiche condotte al diritto di critica (Sent. n. 23144, Sez. III, dell’11-10-2013).
Eredità – Accettazione col beneficio d’inventario – Libera disponibilità, da parte dell’erede beneficiato, dei beni dell’asse – Esclusione – Valutazione della convenienza di qualsiasi atto di alienazione o di straordinaria amministrazione – Spetta al giudice – Fondamento
(cod. civ.: artt. 484, 493)
— In caso di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, l’art. 493 cod. civ. non consente all’erede beneficiato di disporre liberamente dei beni dell’asse, ma rimette al giudice la valutazione della convenienza di qualsiasi atto di alienazione o di straordinaria amministrazione, incidente sul patrimonio ereditario e non finalizzato alla sua conservazione e liquidazione, stante l’obbligo di amministrazione dei beni nell’interesse dei creditori e dei legatari. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto che non rientrassero nell’ambito degli atti necessitanti dell’apposita autorizzazione giudiziaria la demolizione di un’autovettura di nessun valore commerciale caduta in successione, come l’appropriazione del vestiario del de cuius di valore minimale) (Sent. n. 24171, Sez. II, del 25-10-2013).
Eredità – Accettazione col beneficio d’inventario – Occultamento doloso, in sede di inventario, di un bene appartenente all’eredità – Onere della prova – Su chi incombe
(cod. civ.: artt. 484, 494, 2697)
— In tema di eredità beneficiata, l’onere della prova dell’occultamento doloso, in sede di inventario, di un bene appartenente all’eredità incombe su colui che invoca la decadenza dal beneficio, dovendo la buona fede dell’erede essere presunta sino a prova contraria (Sent. n. 24171, Sez. II, del 25-10-2013).
Esercizio dell’azione – Intervento su istanza di parte – Chiamata di terzo in garanzia impropria – Inscindibilità in appello delle cause ai fini dell’integrazione del contraddittorio nelle fasi di impugnazione – Esclusione – Condizioni
(cod. proc. civ.: artt. 106, 269, 331)
— Nel caso in cui il convenuto chiami in giudizio un terzo, esperendo nei suoi confronti una domanda di garanzia impropria, deve escludersi in appello l’inscindibilità delle cause ai fini dell’integrazione del contraddittorio nelle fasi di impugnazione, allorché il chiamato (rimasto contumace) non abbia contestato la fondatezza della domanda proposta nei confronti del proprio chiamante e l’attore (appellante) non abbia proposto domande nei confronti del chiamato (Sent. n. 24132, Sez. II, del 24-10-2013).
Giudicato sostanziale – Efficacia verso i soggetti rimasti estranei al giudizio (nella specie, litisconsorte necessario pretermesso) – Esclusione
(cod. civ.: art. 2909; cod. proc. civ.: art. 102)
— Dal principio fissato dall’art. 2909 cod. civ., secondo il quale le statuizioni contenute in una sentenza passata in giudicato fanno stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, si evince, a contrario, che tali statuizioni non estendono i loro effetti, e non sono vincolanti, per i soggetti rimasti estranei al giudizio, anche nel caso in cui il terzo sia un litisconsorte necessario pretermesso (Sent. n. 24165, Sez. II, del 25-10-2013).
Lavoro autonomo o lavoro subordinato – Qualificazione del rapporto nel caso di attività giornalistica – Criterio di necessità – Fattispecie in tema di redattore
(cod. civ.: artt. 2094, 2222; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— In materia di attività giornalistica, la qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti come autonomo o subordinato deve considerare che, in tale ambito, il carattere della subordinazione risulta attenuato per la creatività e la particolare autonomia qualificanti la prestazione lavorativa, nonché per la natura prettamente intellettuale dell’attività stessa, con la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del vincolo, rileva specificamente l’inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa. Nel giudizio di cassazione è sindacabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto — incensurabile in tale sede ove congruamente motivata — la relativa valutazione. (Nella specie, relativa alla posizione di un redattore, la S.C. ha ritenuto decisivo il pieno inserimento del lavoratore nell’attività redazionale, con utilizzazione degli strumenti di lavoro — computer e cellulare — forniti dalla casa editrice, e con la preposizione in via stabile a settori di informazione o rubriche fisse, nonché l’assoggettamento del medesimo al potere decisionale e di controllo del capo cronista che impartiva direttive e poteva richiedere prestazioni ulteriori — quali l’impaginazione e la redazione dei titoli — rispetto alla mera redazione di articoli) (Sent. n. 22785, Sez. lavoro, del 7-10-2013).
Lavoro subordinato – Normali indici sintomatici di subordinazione – Quando non sono applicabili
(cod. civ.: art. 2094)
— I normali indici sintomatici di subordinazione, consistenti nell’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzato e disciplinare del datore di lavoro, non sono applicabili allorquando la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata, cosicché, nel caso di attività di esecuzione di lavori edilizi in appartamento svolta da un singolo prestatore d’opera a vantaggio di soggetto non imprenditore, consistente in semplici opere di demolizione interna, è corretto fare ricorso a criteri distintivi secondari, quali la remunerazione a giornata, le direttive impartite al prestatore sul lavoro da svolgere e l’assenza di organizzazione di mezzi (Sent. n. 24561, Sez. II, del 31-10-2013).
Lavoro subordinato – Rinunzie e transazioni, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi – Impugnabilità – Condizioni
(cod. civ.: artt. 1965, 2113; cod. proc. civ.: art. 411)
— In materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali — della quale non ha valore equipollente quella fornita da un legale — sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall’atto stesso si evinca la questione controversa oggetto della lite e le «reciproche concessioni» in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell’art. 1965 cod. civ. (Sent. n. 24024, Sez. lavoro, del 23-10-2013).
Licenziamento per giusta causa – Contestazione al dipendente di diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare – Criterio di sufficienza
(cod. civ.: art. 2119; L. 300/1970: art. 7)
— In tema di licenziamento per giusta causa, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, non occorre che l’esistenza della «causa» idonea a non consentire la prosecuzione del rapporto sia ravvisabile esclusivamente nel complesso dei fatti ascritti, ben potendo il giudice — nell’ambito degli addebiti posti a fondamento del licenziamento dal datore di lavoro — individuare anche solo in alcuni o in uno di essi il comportamento che giustifica la sanzione espulsiva, se lo stesso presenti il carattere di grave inadempimento richiesto dall’art. 2119 cod. civ. (Sent. n. 24574, Sez. lavoro, del 31-10-2013).
Licenziamento – Prosecuzione della prestazione lavorativa da parte del dipendente oltre la data di scadenza del preavviso – Manifestazione di volontà di revoca tacita del licenziamento già intimato – Configurabilità – Fondamento
(cod. civ.: art. 2118)
— La prosecuzione della prestazione lavorativa da parte del dipendente oltre la data di scadenza del preavviso, fissata con la comunicazione del licenziamento, può corrispondere, in relazione al comportamento delle parti del rapporto di lavoro, ad una manifestazione di volontà di revoca tacita del licenziamento già intimato, stante l’obiettiva incompatibilità dell’iniziale dichiarazione di recesso con la successiva protrazione dell’attività lavorativa, non potendo configurarsi, del resto, una facoltà della parte recedente di determinare il momento di produzione degli effetti del recesso in data diversa da quella già indicata con l’atto negoziale perfezionatosi con la comunicazione al lavoratore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nonostante un primo preavviso di licenziamento comunicato ai dipendenti da una società appaltatrice di un servizio di pulizia, per cessazione dell’appalto, aveva considerato necessario un nuovo preavviso — e, in sua mancanza, il pagamento dell’indennità sostitutiva — in conseguenza della prosecuzione della prestazione lavorativa, per effetto della proroga del contratto di appalto) (Sent. n. 24336, Sez. lavoro, del 29-10-2013).
Matrimonio – Obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni – Limiti
(cod. civ.: artt. 147, 148, 2697)
— L’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso (Ord. n. 24424, Sez. VI, del 29-10-2013).
Negozio giuridico – Comunicazione al destinatario a mezzo lettera raccomandata – Presunzione di arrivo al destinatario dell’atto comprendente la busta ed il suo contenuto e presunzione di conoscenza del medesimo ex art. 1335 cod. civ. – Sussistenza – Fondamento e conseguenza
(cod. civ.: artt. 1335, 2697, 2727)
— La lettera raccomandata costituisce prova certa della trasmissione del plico spedito, attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo al destinatario dell’atto comprendente la busta ed il suo contenuto, e dunque di conoscenza del medesimo ex art. 1335 cod. civ. Spetta di conseguenza al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non conteneva alcuna lettera al suo interno, e dunque la mancata conoscenza dell’atto (Sent. n. 23920, Sez. III, del 22-10-2013).
Obbligazioni – Diligenza nell’adempimento – Venditore di pezzi di ricambio che si sia obbligato a mettere a disposizione il suo personale specializzato e sia chiamato a sostituire una parte guasta di un impianto complesso
(cod. civ.: artt. 1176 II co., 1218)
— Il venditore di pezzi di ricambio che si sia obbligato a mettere a disposizione il suo personale specializzato e sia chiamato a sostituire una parte guasta di un impianto complesso, deve montare il pezzo nuovo con diligenza e perizia tali che l’impianto nel suo complesso funzioni, eventualmente cercando le cause dirette e indirette che hanno prodotto il guasto stesso. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la responsabilità per inadempimento di un venditore e installatore chiamato a sostituire un compressore guasto poiché, oltre a sostituire il compressore, avrebbe dovuto anche verificare l’idoneità dell’intero impianto di refrigerazione e, dunque, dimostrare di aver controllato l’impianto elettrico — poi risultato guasto — che mantiene caldo l’olio all’interno del compressore) (Sent. n. 22802, Sez. III, del 7-10-2013).
Obbligazioni di valuta – Adempimento ritardato – Maggior danno ex art. 1224 II co. cod. civ. – Quando può ritenersi presunto
(cod. civ.: artt. 1224 II co., 1277, 1282, 2727)
— Nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva laddove, durante la mora, il tasso di inflazione sia superiore al saggio degli interessi legali (Sent. n. 22429, Sez. II, dell’1-10-2013).
Obbligazioni – Pagamento con quietanza – Confessione giudiziale del debitore che ammetta, nell’interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata – Ammissibilità – Fondamento normativo
(cod. civ.: artt. 1199, 2721, 2726, 2727, 2733, 2735; cod. proc. civ.: artt. 228, 230)
— La quietanza, come dichiarazione di scienza del creditore assimilabile alla confessione stragiudiziale del ricevuto pagamento, può essere superata dall’opposta confessione giudiziale del debitore, che ammetta, nell’interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata; invero, l’art. 2726 cod. civ. limita, quanto al fatto del pagamento, la prova per testimoni e per presunzioni, non anche la prova per confessione (Sent. n. 23971, Sez. II, del 22-10-2013).
Permuta di cosa presente con cosa futura – Fattispecie
(cod. civ.: artt. 1472, 1552, 1555, 2645 bis VI co.)
— Integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente. A tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l’effetto traslativo si verifica, ex art. 1472 cod. civ., non appena la cosa viene ad esistenza, momento che si identifica, quando la cosa futura consista in una porzione dell’edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali, senza che abbiano rilevanza le rifiniture o gli accessori, così come conforta la lettera dell’art. 2645-bis, ultimo comma, cod. civ. (Sent. n. 24172, Sez. II, del 25-10-2013).
Permuta – Supplemento di prezzo ex art. 1538 cod. civ. – È applicabile anche alla permuta – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1538, 1552, 1555)
— Il supplemento di prezzo, previsto dall’art. 1538 cod. civ. in tema di vendita a corpo, è applicabile, ai sensi dell’art. 1555 cod. civ., anche alla permuta, trattandosi di norma compatibile atteso che, pur facendo riferimento al prezzo, ne considera la sua funzione contrattuale di scambio, quale corrispettivo della prestazione, e non il carattere pecuniario (Sent. n. 24172, Sez. II, del 25-10-2013).
* Processo del lavoro – Poteri istruttori d’ufficio del giudice – Emanazione di ordine di esibizione – Discrezionalità – Sussistenza – Esplicitazione nella motivazione della valutazione di indispensabilità – Necessità – Insussistenza – Conseguenze
(cod. proc. civ.: artt. 210, 360 I co. n. 5, 421)
— In tema di poteri istruttori d’ufficio del giudice del lavoro, l’emanazione di ordine di esibizione (nella specie, di documenti) è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata nella motivazione; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell’istanza di ordine di esibizione non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte instante non abbia finalità esplorativa (Sent. n. 24188, Sez. lavoro, del 25-10-2013).
Processo – Interruzione – Riassunzione – Fase del processo – Grado del processo che si conclude con l’interruzione – Inclusione – Necessità – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 300, 303)
— Per fase del processo non deve intendersi solo quella costituita da un grado di esso ma anche quella che si chiude con la sua interruzione, sicché il procuratore della parte colpita dall’evento interruttivo non dichiarato (nella specie, la morte) non è legittimato a riassumere, in base alla procura originariamente rilasciatagli, il processo che sia stato interrotto per analogo evento riguardante un’altra parte e formalmente dichiarato (Sent. n. 22750, Sez. III, del 4-10-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi – Allocazione di bombole di gas per uso domestico – Soggezione alla distanza ex art. 889 II co. cod. civ. – Esclusione – Fondamento – Soggezione alla distanza ex art. 890 cod. civ. – Sussistenza – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 889 II co., 890, 2728)
— In tema di distanze, l’alloggiamento di bombole di gas per uso domestico non è soggetto al disposto dell’art. 889, secondo comma, cod. civ., riguardante la diversa ipotesi di tubazioni destinate al flusso costante di sostanze liquide o gassose, per le quali soltanto è configurabile la presunzione assoluta di pericolosità per il fondo del vicino, essendo esso viceversa soggetto all’art. 890 cod. civ., sicché la pericolosità delle bombole deve essere accertata in concreto (Sent. n. 22635, Sez. II, del 3-10-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per tubi – Impianti di riscaldamento – Caldaia, bruciatore e deposito di carburante – Non sono soggetti alla distanza ex art. 889 II co. cod. civ. – Fondamento
(cod. civ.: artt. 889 II co., 2728)
— In tema di rapporti di vicinato, negli impianti di riscaldamento, la caldaia, il bruciatore e il deposito di carburante non sono soggetti al disposto dell’art. 889 cod. civ., relativo alla distanza dei tubi di adduzione di gas alla caldaia, essendo il bruciatore, in particolare, esente dalla presunzione assoluta di pericolosità che riguarda le tubazioni a flusso costante di sostanze liquide o gassose (Sent. n. 22888, Sez. II, dell’8-10-2013).
* Proprietà – Veduta – Agevole inspectio in alienum – Sufficienza – Prospectio – Necessità – Esclusione – Limite
(cod. civ.: art. 900)
— L’elemento che caratterizza la veduta rispetto alla luce è la possibilità di avere, attraverso di essa, una visuale agevole, cioè senza l’utilizzo di mezzi artificiali, sul fondo del vicino, mentre la possibilità di affacciarsi è prevista dall’art. 900 cod. civ. in aggiunta a quella di guardare, sicché, in date condizioni, la mancanza di quest’ultimo requisito non esclude la configurabilità della veduta, quando attraverso l’apertura sia comunque possibile la completa visuale sul fondo del vicino mediante la semplice inspectio (Sent. n. 22887, Sez. II, dell’8-10-2013).
Prova documentale – Mancato reperimento nel fascicolo di ufficio, al momento della discussione della causa, di documenti che risultano essere stati ritualmente prodotti nel fascicolo di parte – Obbligo per il giudice di disporne la ricerca in cancelleria e, in caso di esito negativo, di autorizzare la ricostruzione del loro contenuto – Fondamento normativo
(cod. proc. civ.: art. 183 IV co.)
— In tema di prova documentale, il mancato reperimento nel fascicolo di ufficio, al momento della discussione della causa, di documenti che risultano essere stati ritualmente prodotti nel fascicolo di parte — come da attestazione della competente cancelleria — senza che la parte che li ha prodotti abbia manifestato la volontà di non avvalersene, comporta l’obbligo per il giudice — in base al disposto dell’art. 183, comma quarto, cod. proc. civ. — di disporne la ricerca in cancelleria e in caso di esito negativo di autorizzare la ricostruzione del loro contenuto (Sent. n. 22972, Sez. lavoro, del 9-10-2013).
Prova – Presunzioni semplici – Rapporto di dipendenza tra il fatto noto e quello ignoto – Criterio di accertamento
(cod. civ.: art. 2729)
— In tema di presunzioni semplici, il rapporto di dipendenza tra il fatto noto e quello ignoto deve essere accertato con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo le regole di esperienza, caratteri che difettano nell’inferenza secondo la quale il prelievo di danaro effettuato in prossimità di una scadenza contrattuale è imputabile al saldo del relativo debito (Sent. n. 22898, Sez. II, dell’8-10-2013).
Regolamento preventivo di giurisdizione – Ricorso relativo – Quando è inammissibile
(cod. proc. civ.: artt. 41, 100)
— Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione è inammissibile, per carenza di interesse ad agire, quando non sussista alcun elemento, di fatto o di diritto, che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito e nessuna delle parti ne contesti la corretta individuazione. (Nella specie, il ricorrente, in difetto di qualsivoglia contestazione delle controparti sulla giurisdizione del giudice ordinario, da lui adito per il risarcimento del danno asseritamente subìto essendogli stato tardivamente riconosciuto lo status di rifugiato, aveva giustificato il proposto regolamento ex art. 41 cod. proc. civ. con la mancanza di precedenti specifici delle Sezioni Unite in tema di giurisdizione su una tale domanda, sospettandone l’attraibilità nella giurisdizione del giudice amministrativo, poiché era coinvolto l’esercizio di un potere discrezionale del questore) (Ord. n. 24155, Sez. Unite, del 25-10-2013).
Responsabilità extracontrattuale – Concorso di cause – Causa che appaia «più probabile che non» – Valutazione del giudice
(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: artt. 40, 41)
— In tema di responsabilità aquiliana, nella comparazione delle diverse concause, nessuna delle quali appaia del tutto inverosimile e senza che una sola assuma con evidenza un’efficacia esclusiva rispetto all’evento, è compito del giudice valutare quale di esse appaia «più probabile che non» rispetto alle altre nella determinazione dell’evento. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui si sostenga l’esistenza di un nesso causale tra la condotta posta in essere da organi della P.A. per il depistaggio di indagini giudiziarie, avviate a seguito di un disastro aereo, e il danno da fallimento della compagnia aerea proprietaria del velivolo coinvolto nel disastro, la cui immagine si lamenta essere stata lesa dal depistaggio finalizzato ad avvalorare la tesi del cedimento strutturale dell’aereo e dell’inaffidabilità tecnica e commerciale della compagnia, è incongruo limitarsi ad attribuire alla situazione di preesistente dissesto finanziario — desunto dalla revoca della concessione di volo intervenuta sei mesi dopo il disastro — la causa del fallimento della società, e del danno da questo derivante, essendo invece necessario comparare le concause, verificando in concreto se la situazione di irrecuperabile dissesto fosse effettivamente preesistente al disastro aereo, oppure se uno stato debitorio non patologico per una compagnia aerea si sia aggravato in modo decisivo proprio per la riconosciuta attività di depistaggio con discredito commerciale (Sent. n. 23933, Sez. III, del 22-10-2013).
Responsabilità extracontrattuale degli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti – Presupposto
(cod. civ.: artt. 2043, 2049; Cost.: art. 28)
— L’affermazione della responsabilità aquiliana degli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti presuppone che sia stata accertata e dichiarata la responsabilità, ai sensi dell’art. 2043 c.c., di (almeno) una delle persone fisiche poste in rapporto giuridicamente rilevante con l’ente stesso (amministratori, funzionari o dipendenti), le quali, per la posizione di «protezione» rispettivamente rivestita, siano in condizione di adottare le misure preventive necessarie ad evitare la consumazione dell’illecito (Sent. n. 22585, Sez. III, del 3-10-2013).
Responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore per i danni derivanti dall’impianto di riscaldamento non ancora completato – Esclusione – Criterio di sufficienza – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1655, 2043, 2051; cod. pen.: artt. 40, 41)
— In tema di illecito aquiliano, perché rilevi il nesso di causalità tra una condotta e l’evento lesivo deve ricorrere, secondo la combinazione dei principi della condicio sine qua non e della causalità efficiente, la duplice condizione che si tratti di una condotta antecedente necessaria dell’evento e che la stessa non sia poi neutralizzata dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l’evento stesso. Ne consegue che, per escludere la responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, per i danni derivanti dall’impianto di riscaldamento non ancora completato, è sufficiente che gli appaltanti-danneggiati mettano in funzione l’impianto non concluso e fuori dalla custodia dell’appaltatore, trovandosi all’interno dell’abitazione rimasta nella disponibilità esclusiva dei danneggiati (Sent. n. 23915, Sez. III, del 22-10-2013).
Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Fattispecie in tema di sinistri su strada aperta al pubblico transito
(cod. civ.: art. 2051; cod. pen.: artt. 40, 41)
— L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all’ente e l’evento dannoso. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che non operasse la presunzione di responsabilità a carico dell’ente ex art. 2051 cod. civ., in un caso di sinistro stradale causato da una buca presente sul manto stradale, atteso che il conducente danneggiato era a conoscenza dell’esistenza delle buche, per cui avrebbe dovuto tenere un comportamento idoneo ad evitarle) (Sent. n. 23919, Sez. III, del 22-10-2013).
Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia e situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, che sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato – Caso fortuito – Configurabilità
(cod. civ.: art. 2051; cod. pen.: art. 45)
— Ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (Sent. n. 23584, Sez. III, del 17-10-2013).
Ricorso per cassazione – Contenuto – Esposizione dei fatti processuali che precedono i motivi del ricorso e ricorso medesimo che si limitino a richiamare tutti indistintamente gli atti dei precedenti gradi del processo – Inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza – Sussistenza – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 366 I co. nn. 3 e 4)
— Il ricorso per cassazione in cui l’esposizione dei fatti processuali che precedono i motivi del ricorso ed il ricorso medesimo si limitino a richiamare — anche attraverso la loro allegazione o mediante la mera riproduzione — tutti indistintamente gli atti dei precedenti gradi del processo, ivi compresi quelli formatisi nel suo corso come i verbali d’udienza, è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non rispondendo al requisito della specificità che deve caratterizzare ogni impugnazione ed ogni suo motivo (Sent. n. 22792, Sez. lavoro, del 7-10-2013).
Ricorso per cassazione – Contenuto – Prospettazione di questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata – Onere della parte ricorrente – Oggetto
(cod. proc. civ.: art. 366)
— Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Sent. n. 23675, Sez. I, del 18-10-2013).
Ricorso per cassazione – Deposito – Improcedibilità del ricorso ex art. 369 I co. cod. proc. civ. – Rilevabilità d’ufficio – Necessità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 369 I co., 370)
— L’improcedibilità del ricorso per cassazione prevista dall’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., per l’ipotesi in cui il ricorso stesso non venga depositato nella cancelleria della Corte nel termine di venti giorni dalla data di notificazione alla parte contro la quale esso è stato proposto, deve essere rilevata d’ufficio, stante il carattere perentorio di detto termine, non potendo la suddetta violazione ritenersi sanata dalla circostanza che la parte resistente abbia notificato il proprio controricorso senza sollevare eccezione di improcedibilità (Ord. n. 22914, Sez. VI, dell’8-10-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio di motivazione omessa o insufficiente – Quando è configurabile
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sent. n. 24148, Sez. Unite, del 25-10-2013).
Ricorso per cassazione proposto in via autonoma e principale dall’interveniente adesivo dipendente – Va esaminato come ricorso incidentale adesivo rispetto a quello della parte adiuvata – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 105 II co., 371)
— Il ricorso per cassazione proposto in via autonoma e principale dall’interveniente adesivo dipendente va esaminato come ricorso incidentale adesivo rispetto a quello della parte adiuvata, da intendersi quale ricorso principale, posto che il predetto interveniente — cui è preclusa l’impugnazione in via autonoma della sentenza sfavorevole alla parte adiuvata, salvo che per la statuizione di condanna alle spese giudiziali pronunziata nei suoi confronti — conserva in tal modo la sua posizione processuale secondaria e subordinata, potendo aderire all’impugnazione della parte adiuvata (Sent. n. 23235, Sez. lavoro, del 14-10-2013).
* Risarcimento del danno da «fermo tecnico» patito dal proprietario di un autoveicolo a causa dell’impossibilità di utilizzarlo durante il tempo necessario alla sua riparazione – Può essere liquidato anche in assenza di una prova specifica – Fondamento
(cod. civ.: artt. 2043, 2056)
— Il c.d. danno da «fermo tecnico», patito dal proprietario di un autoveicolo a causa dell’impossibilità di utilizzarlo durante il tempo necessario alla sua riparazione, può essere liquidato anche in assenza d’una prova specifica, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato. L’autoveicolo, infatti, anche durante la sosta forzata è una fonte di spesa per il proprietario (tenuto a sostenere gli oneri per la tassa di circolazione e il premio di assicurazione), ed è altresì soggetto ad un naturale deprezzamento di valore (Ord. n. 22687, Sez. VI, del 4-10-2013).
Risarcimento del danno da protesto di assegno bancario – Semplice illegittimità del protesto – Non è di per sé sufficiente ai fini del risarcimento
(R.D. 1736/1933: art. 46; cod. civ.: artt. 2043, 2059, 2697, 2729)
— In tema di risarcimento del danno da protesto di assegno bancario, la semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio in ordine all’esistenza di un danno alla reputazione, non è di per sé sufficiente al risarcimento, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, oltre alla mancanza di un’efficace rettifica, fermo restando l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio, come la lesione di un diritto della persona, sotto il profilo dell’onore e della reputazione, o la lesione della vita di relazione o della salute. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto il danno non provato, attesa la pubblicazione sul bollettino con la causale «firma contestata» e l’annotazione che la firma fosse risultata «apocrifa») (Sent. n. 23194, Sez. I, dell’11-10-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione di un familiare – Liquidazione – Criteri di necessità
(cod. civ.: art. 2059)
— Nella liquidazione del danno non patrimoniale da uccisione d’un familiare deve tenersi conto dell’intensità del relativo vincolo e di ogni ulteriore circostanza, quale la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, la situazione di convivenza, sino ad escludere la configurabilità del danno non patrimoniale da morte se tra fratelli unilaterali non vi sia mai stato un rapporto affettivo e sociale, né rapporti di frequentazione e conoscenza (Sent. n. 23917, Sez. III, del 22-10-2013).
Separazione personale dei coniugi – Assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non indipendente economicamente – Mancata richiesta del figlio di corresponsione diretta dell’assegno – Legittimazione a riceverlo da parte del genitore separato con lui convivente – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 150, 155)
— La mancata richiesta, da parte del figlio maggiorenne non indipendente economicamente, di corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento giustifica la legittimazione a riceverlo da parte del genitore separato con lui convivente, il quale anticipa le spese per il suo mantenimento e le programma d’accordo con lui, e, di conseguenza, il genitore obbligato non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere (Ord. n. 24316, Sez. VI, del 28-10-2013).
Servitù apparente – Acquisto per usucapione decennale – Presupposti
(cod. civ.: artt. 1061, 1159)
— L’acquisto della servitù apparente per usucapione decennale presuppone la sussistenza di un atto a titolo particolare astrattamente idoneo ad attuare il «trasferimento» del diritto che si assume usucapito, e tale atto deve consistere in un titolo col quale il soggetto, che si qualifichi — senza esserlo — proprietario del «fondo servente», abbia costituito una servitù in favore del «fondo dominante», il cui titolare vanti, poi, l’acquisto della servitù per usucapione (Sent. n. 24170, Sez. II, del 25-10-2013).
Servitù di passaggio coattivo – Cessazione dell’interclusione del fondo dominante – Estinzione della servitù – Esclusione – Domanda del soggetto interessato – Necessità
(cod. civ.: artt. 1055, 1079)
— Il venir meno dell’interclusione del fondo dominante, cioè della situazione che aveva determinato la costituzione della servitù coattiva di passaggio, non comporta l’estinzione di questa in modo automatico, neanche nel caso in cui la servitù sia stata costituita convenzionalmente, ma richiede una domanda del soggetto interessato, non essendo sufficiente una semplice eccezione di estinzione della servitù (come avvenuto nella specie) per paralizzare l’actio confessoria diretta all’accertamento della sussistenza e difesa di una servitù coattiva (Sent. n. 22989, Sez. II, del 9-10-2013).
Servitù di passaggio coattivo – Esenzione ex art. 1051 IV co. cod. civ. – Operatività – Ambito
(cod. civ.: artt. 1051 IV co., 1062)
— L’esenzione da servitù, prevista dall’ultimo comma dell’art. 1051 cod. civ. per le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti, opera solo in ipotesi di pronuncia costitutiva di passaggio coattivo, e non invece in ipotesi di pronuncia dichiarativa di una servitù già sussistente in virtù di acquisto per destinazione del padre di famiglia, trattandosi di disposizione di carattere eccezionale, come tale non estensibile oltre i casi espressamente previsti (Sent. n. 23160, Sez. II, dell’11-10-2013).
Servitù di scarico coattivo – Finalità
(cod. civ.: art. 1043)
— La servitù coattiva di scarico può essere domandata per liberare il proprio immobile sia da acque sovrabbondanti potabili o non potabili, provenienti da acquedotto o da sorgente esistente nel fondo o dallo scarico di acque piovane, sia dalle acque impure, risultanti dal funzionamento degli impianti agricoli od industriali o degli impianti e servizi igienico-sanitari degli edifici. L’art. 1043 cod. civ., infatti, non autorizza alcuna distinzione tra acque impure ed acque luride o «nere», intese quest’ultime come acque di scarico delle latrine, dovendosi, piuttosto, intendere il riferimento alle acque impure, contenuto nel secondo comma, come volto unicamente a stabilire che, in questo caso, la servitù coattiva è subordinata all’adozione di opportune precauzioni per evitare inconvenienti al fondo servente (Sent. n. 22990, Sez. II, del 9-10-2013).
Successioni – Petizione di eredità – Presupposto indefettibile
(cod. civ.: artt. 533, 948)
— La petizione di eredità ha come presupposto indefettibile che la qualità di erede, al cui riconoscimento è preordinata, sia oggetto di contestazione da parte di chi detiene i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, poiché, ove tale contestazione manchi, vengono meno le ragioni di specificità dell’azione di petizione rispetto alla comune rivendicazione, che ha, invero, lo stesso petitum (Ord. n. 22915, Sez. VI, dell’8-10-2013).
Testamento – Assegnazione di beni determinati – Quando configura una disposizione a titolo universale e quando una disposizione a titolo particolare
(cod. civ.: art. 588; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— In tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 cod. civ., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (institutio ex re certa) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni. L’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato (Sent. n. 24163, Sez. II, del 25-10-2013).
Testamento – Clausola si sine liberis decesserit – Quando è valida e quando è nulla
(cod. civ.: artt. 587, 692, 1353)
— In materia di testamento, la clausola si sine liberis decesserit non realizza una duplice e successiva istituzione, come nel fedecommesso, bensì un’istituzione subordinata a condizione risolutiva, verificatasi la quale il primo istituito viene considerato come se non fosse stato mai chiamato, sicché la clausola è valida solo quando abbia tutti i caratteri di una vera e propria condizione, risolutiva rispetto al primo istituito e sospensiva nei confronti del secondo, mentre è nulla quando venga impiegata per mascherare una sostituzione fedecommissaria, vietata dalla legge, occorrendo, al riguardo, un accertamento caso per caso, sulla base della volontà del testatore e delle particolari circostanze e modalità della disposizione (Sent. n. 23278, Sez. II, del 14-10-2013).
Testamento – Interpretazione – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 587, 1362, 1367)
— Nell’interpretazione del testamento, il giudice di merito deve accertare secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall’art. 1362 cod. civ. — applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria — quale sia stata l’effettiva volontà del testatore, comunque espressa, valutando congiuntamente e in modo coordinato l’elemento letterale e quello logico dell’atto unilaterale mortis causa, nel rispetto del principio di conservazione, sicché viola l’art. 1367 cod. civ. il giudice che, dopo aver definito illeggibile una disposizione testamentaria in realtà suscettibile di interpretazioni alternative, opti immotivatamente per l’interpretazione invalidante (Sent. n. 23278, Sez. II, del 14-10-2013).
Testamento olografo – Sottoscrizione – Necessità – Firma apposta dal testatore sul plico contenente la scheda testamentaria – Sufficienza – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 602, 606)
— Le conseguenze della mancanza della sottoscrizione di un testamento olografo — requisito prescritto dall’art. 602 cod. civ., distintamente dall’autografia delle disposizioni in esso contenute, per l’imprescindibile esigenza di avere l’assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall’olografia, ma anche dell’inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo nel disporre del suo patrimonio — non sono ovviabili da una firma apposta dal testatore sul plico contenente la scheda testamentaria, non rivelandosi essa sufficiente a collegare, logicamente e sostanzialmente, lo scritto della scheda con quello del plico stesso (Sent. n. 22420, Sez. VI, dell’1-10-2013).
Testamento – Revocazione espressa – Modalità
(cod. civ.: art. 680)
— La revocazione espressa del testamento può farsi, ai sensi dell’art. 680 cod. civ., oltre che con un atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, con un nuovo testamento, mediante una dichiarazione di volontà unilaterale e non recettizia, diretta a togliere, in tutto o in parte, efficacia giuridica a precedenti disposizioni testamentarie dello stesso revocante; ne consegue che, a tal fine, non può essere considerata come una formula di stile l’espressione «revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria» contenuta nel testamento posteriore (Sent. n. 22983, Sez. II, del 9-10-2013).
Testimonianza – Dichiarazioni su fatti che espongano il dichiarante a responsabilità penale – Obbligo di testimoniare – Permanenza – Incapacità a testimoniare – Esclusione – Incidenza sull’attendibilità del teste – Configurabilità
(cod. proc. civ.: artt. 246, 249)
— In materia di prova testimoniale, ove la testimonianza abbia ad oggetto fatti che espongano il dichiarante a responsabilità penale non si pone una questione di incapacità a deporre — configurabile solo quando il teste risulti portatore di un interesse personale a proporre l’azione o ad intervenire nel giudizio — né di esonero dall’obbligo di deporre, ma solo, in ipotesi, di attendibilità del teste (Sent. n. 24580, Sez. lavoro, del 31-10-2013).
Vendita con riserva della proprietà – Artt. 1525 e 1526 cod. civ. – Funzione
(cod. civ.: artt. 1525, 1526)
— In tema di vendita con riserva della proprietà, le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 cod. civ., concernenti l’inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di impedire al venditore di chiedere la risoluzione del contratto oltre i limiti della rilevanza legale dell’inadempimento del compratore per il mancato pagamento del prezzo (come nell’ipotesi di omesso pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo), ma non gli impediscono di far valere l’azione contrattuale di adempimento in relazione al bene oggetto del patto di riservato dominio (Sent. n. 23967, Sez. II, del 22-10-2013).
Vendita di immobili destinati ad abitazione – Obblighi del venditore-costruttore – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1223, 1470, 1477 III co.)
— Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, il venditore-costruttore ha l’obbligo non solo di trasferire all’acquirente un fabbricato conforme all’atto amministrativo di assenso della costruzione e, dunque, idoneo ad ottenere l’agibilità prevista, ma anche di consegnargli il relativo certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio. L’inadempimento di questa obbligazione è ex se foriero di danno emergente, perché costringe l’acquirente a provvedere in proprio, ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all’alienazione a terzi (Sent. n. 23157, Sez. II, dell’11-10-2013).
Vendita – Garanzia per evizione – Facoltà del promissario acquirente di sospendere il pagamento del prezzo nel caso di pericolo di rivendica da parte del titolare della prelazione agraria violata – Sussistenza – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1481, 1483; L. 590/1965: art. 8; L. 817/1971: art. 7)
— La responsabilità per evizione del venditore è l’effetto dell’esercizio di «diritti» del terzo, senza altra qualificazione, che possano essere fatti valere sulla cosa venduta e va rapportata, quindi, a qualsiasi diritto anche di carattere personale, come il diritto di riscatto agrario. Ne consegue che il promissario acquirente ha la facoltà di sospendere il pagamento del prezzo, ai sensi dell’art. 1481 cod. civ., ove sussista, in suo danno, pericolo di rivendica da parte del titolare della prelazione agraria violata (Sent. n. 24131, Sez. II, del 24-10-2013).
Vendita – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Riconoscimento tacito dei difetti della cosa da parte del venditore – Configurabilità
(cod. civ.: art. 1495 II co.)
— In tema di garanzia per vizi nella compravendita, il riconoscimento dei difetti da parte del venditore, che, ai sensi dell’art. 1495, secondo comma, cod. civ., esonera il compratore dall’onere della tempestiva denuncia, può aver luogo anche tacitamente, per facta concludentia, come nel caso in cui lo stesso venditore provveda alla sostituzione della cosa (nella specie, dell’intera fornitura di materiale edile di elevato valore) (Sent. n. 23970, Sez. II, del 22-10-2013).