Agenzia – Cessazione del rapporto – Conseguenze economiche – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1218, 1751 I e IV co., 2043)
— L’art. 1751 cod. civ. fa derivare, dalla cessazione del rapporto di agenzia, due diverse conseguenze economiche: quella connessa alla semplice cessazione del rapporto (da considerare in sé fatto lecito), che dà diritto all’indennità prevista nel primo comma, e quella, prevista dal quarto comma, relativa al risarcimento dei danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale; tali distinte ipotesi possono cumularsi ove nella condotta del preponente sussistano i requisiti soggettivi ed oggettivi di detto illecito (Sent. n. 18264, Sez. lavoro, del 30-7-2013).
Appalto – Responsabilità dell’appaltatore per rovina e difetti di cose immobili – Ha natura extracontrattuale – Conseguenza
(cod. civ.: art. 1669)
— L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (Sent. n. 17874, Sez. II, del 23-7-2013).
Appello – Produzione di «nuovi documenti» – Divieto – Ambito
(cod. proc. civ.: art. 345 III co.; L. 69/2009: art. 46 XVIII co.)
— La previsione di cui all’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo modificato dall’art. 46, comma 18, della legge 18 giugno 2009, n. 69, che vieta, di regola, la produzione in appello di nuovi documenti, allude non solo a quelli tipici (scritture private, atti pubblici, etc.), che hanno un’efficacia probatoria determinata dalla legge, ma anche a documenti, come le scritture provenienti da un terzo, che possono avere efficacia di prova atipica (Ord. n. 17612, Sez. VI, del 18-7-2013).
Appello – Prove nuove ex art. 345 III co. cod. proc. civ. – Distinzione tra prove «costituende» e prove «precostituite» – Insussistenza – Conseguenza
(cod. proc. civ.: art. 345 III co.)
— L’art. 345, comma 3, c.p.c. non prevede alcuna distinzione tra prove c.d. costituende e prove c.d. precostituite e conseguentemente non ha ragion d’essere la distinzione tra «mezzi di prova», identificati con le prove costituende, e «documenti», identificati con le prove precostituite (Sent. n. 18333, Sez. III, del 31-7-2013).
Arbitrato – Arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità – Lodo – Mancata esposizione sommaria dei motivi – Impugnazione del lodo per nullità – Configurabilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 113, 114, 822, 823 II co. n. 5, 829 I co. n. 5)
— In tema di impugnazione del lodo arbitrale, l’art. 829, n. 5, cod. proc. civ. richiama l’art. 823, n. 5, dello stesso codice, il quale, nel disporre che il lodo deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto e quello pronunciato secondo equità; ne consegue che anche quest’ultimo può essere impugnato per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per totale carenza di motivazione o per una motivazione che non consenta di comprendere la ratio della decisione e di apprezzare se l’iter logico seguito dagli arbitri, per addivenire alla soluzione adottata, sia percepibile e coerente (Sent. n. 16755, Sez. I, del 4-7-2013).
Arbitrato – Arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità – Rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo – Necessità – Esclusione – Fondamento e conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 114, 822, 829 II co.)
— Gli arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità sono svincolati, nella formazione del loro convincimento, dalla rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo facoltà di utilizzare criteri, principi e valutazioni di prudenza e opportunità che appaiano i più adatti ed equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione del caso concreto, restando così preclusa, ai sensi dell’art. 829, comma secondo, ultima parte, cod. proc. civ., l’impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per errores in iudicando, che non si traducano nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né suscettibili di formare oggetto di compromesso (Sent. n. 16755, Sez. I, del 4-7-2013).
Arricchimento senza causa – Azione generale di arricchimento proposta nei confronti della P.A. – Utile versum – Criterio di rilevanza – Fattispecie in tema di prestazione di carattere professionale
(cod. civ.: art. 2041)
— Ai fini dell’utile versum dell’azione di arricchimento senza causa, proposta, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata secondo cui l’incontroverso utilizzo del valutato ed approvato progetto di un’opera pubblica viaria, a necessario corredo della richiesta di finanziamento pubblico, era sufficiente a far concludere per l’utilità della prestazione resa dal professionista, non essendo nemmeno emerso che la mancata realizzazione dell’opera fosse correlata ad inidoneità progettuali, restando irrilevanti le successive determinazioni amministrative di non dare più corso, per ragioni rimaste ignote, alla già prevista e progettata opera) (Sent. n. 16820, Sez. I, del 5-7-2013).
Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti – Effetti
(cod. civ.: artt. 2054 II co., 2697)
— In tema di responsabilità da sinistro stradale con scontro di veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all’art. 2054, secondo comma, cod. civ., nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto — e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell’incidente —, ma può anche indirettamente risultare tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente. (Confermata, nella specie, la decisione dei giudici del merito che avevano respinto la richiesta di risarcimento avanzata dal conducente di un veicolo che aveva impegnato l’incrocio, venendo poi urtato da altro veicolo; la velocità del veicolo che sopraggiungeva non era eccessiva, ma moderata, come emergeva dai danni subiti dall’auto del danneggiato e dagli stessi danni fisici (simbolici 1%); l’urto era avvenuto nella parte anteriore della portiera di destra e non posteriore; la situazione delle auto parcheggiate era tale da escludere che il conducente del veicolo che sopraggiungeva potesse fare alcuna manovra di emergenza, onde l’esclusione anche del concorso di colpa) (Sent. n. 18340, Sez. III, del 31-7-2013).
Competenza – Conflitto – Caso di inammissibilità
(cod. proc. civ.: artt. 45, 183 VI co.)
— È inammissibile il conflitto di competenza elevato dal giudice dopo la prima udienza di trattazione, quando egli ha già concesso alle parti i termini di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. (Ord. n. 16888, Sez. VI, del 5-7-2013).
Competenza per territorio in tema di nomina dell’amministratore di sostegno – Spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia stabile residenza o domicilio – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 18, 720 bis)
— In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, la competenza per territorio spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia stabile residenza o domicilio; pertanto le risultanze anagrafiche non assurgono a dato preminente se vengono superate da evenienze di fatto conclamanti un diverso effettivo domicilio della persona, nel cui interesse si chiede l’apertura del procedimento (Ord. n. 16554, Sez. VI, del 2-7-2013).
Competenza – Regolamento – Deducibilità di vizi di motivazione della sentenza – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 42, 43, 360 I co. n. 5, 819 ter)
— I vizi di motivazione della sentenza non sono denunciabili in sede di regolamento di competenza, in cui sono contestabili soltanto l’affermazione e l’applicazione di principi giuridici. (Nel caso di specie, su tali basi, la S.C. ha rigettato il ricorso per regolamento di competenza proposto ai sensi dell’art. 819-ter cod. proc. civ., avverso una sentenza con cui il giudice adito aveva negato la propria competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato) (Ord. n. 17084, Sez. VI, del 10-7-2013).
Competenza – Regolamento necessario – Provvedimento meramente confermativo di una precedente sospensione del processo non tempestivamente impugnata – Impugnabilità con il regolamento di competenza – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 42, 47 II co., 295)
— L’art. 42 cod. proc. civ., là dove estende l’impugnazione con il regolamento di competenza ai provvedimenti, aventi natura ordinatoria, che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., è norma di stretta interpretazione, la cui portata non può essere estesa fino a ritenere detto rimedio esperibile avverso il diverso provvedimento, che sia meramente confermativo di una precedente sospensione non tempestivamente impugnata, non potendo esso produrre l’effetto di riaprire il termine perentorio di trenta giorni per proporre il regolamento (Ord. n. 17747, Sez. VI, del 19-7-2013).
Comunione legale dei coniugi – Costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale di uno di essi – È proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo – Fondamento
(cod. civ.: artt. 177 I co., 934, 2697)
— Il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure la proprietà della costruzione su di esso edificata e la cui operatività può essere derogata soltanto da una specifica pattuizione tra le parti o da un’altrettanto specifica disposizione di legge, non trova deroga nella disciplina legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177, comma 1, c.c. hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di origine negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione, spetta, previo assolvimento dell’onere della prova di aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine (Ord. n. 16670, Sez. VI, del 3-7-2013).
Comunione legale dei coniugi – Rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all’amministrazione dei beni della comunione – Spetta ad entrambi i coniugi – Fondamento normativo e conseguenza
(cod. civ.: art. 180)
— La rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all’amministrazione dei beni facenti parte della comunione legale spetta, a norma dell’art. 180 c.c., ad entrambi i coniugi e, quindi, ciascuno di essi è legittimato ad esperire qualsiasi azione, non solo le azioni di carattere reale o con effetti reali, dirette alla tutela della proprietà o del godimento della cosa comune, ma anche, e a maggior ragione, le azioni relative ai diritti di obbligazione, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio dell’altro coniuge (Sent. n. 18123, Sez. II, del 26-7-2013).
Condominio – Assemblea – Deliberazioni – Impugnazione nel caso in cui il giudizio di primo grado sia stato introdotto con ricorso, anziché con citazione
(cod. civ.: art. 1137; cod. proc. civ.: artt. 325, 342)
— In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, qualora il giudizio di primo grado sia stato introdotto con ricorso, anziché con citazione, può essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, e, in questo caso, il rispetto del termine di gravame è assicurato già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione (Sent. n. 18117, Sez. II, del 26-7-2013).
Condominio – Parti comuni dell’edificio – Sostituzione della canna fumaria pertinente ad unità immobiliare di proprietà esclusiva – Non reca, di per sé, danno alla facciata dell’edificio – Limite
(cod. civ.: artt. 1102, 1117 n. 1, 1120 IV co., 1122)
— La sostituzione della canna fumaria pertinente ad unità immobiliare di proprietà esclusiva non reca, di per sé, danno alla cosa comune — la facciata dell’edificio — già utilizzata per l’appoggio, non dovendo alterare, tuttavia, alla luce del collegamento tra gli artt. 1102, 1120, quarto comma, e 1122 cod. civ., il decoro architettonico del fabbricato (Sent. n. 18350, Sez. II, del 31-7-2013).
Contratti del consumatore – Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore – Foro del consumatore – Derogabilità – Sussistenza – Fondamento normativo, condizione e conseguenza
(D.Lgs. 206/2005: art. 33 II co. lett. u)
— Il foro del consumatore, sebbene esclusivo, è di natura derogabile, in forza di quanto previsto dall’art. 33, comma 2, lettera u), del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, sempre che si dimostri l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, sicché la prova di tale circostanza costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola (Ord. n. 17073, Sez. VI, del 10-7-2013).
Contratto ad esecuzione istantanea – Risoluzione parziale per inadempimento – Condizione
(cod. civ.: art. 1458 I co.; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— La risoluzione parziale del contratto, esplicitamente prevista dall’art. 1458 cod. civ. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, è possibile anche per il contratto ad esecuzione istantanea quando il relativo oggetto sia rappresentato — secondo la valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione di legge o vizi logici — non da un’unica cosa infrazionabile, ma da più cose aventi propria individualità, quando, cioè, ciascuna di queste, separata dal tutto, mantenga un’autonomia economico-funzionale che la renda definibile come bene a sé, suscettibile di diritti o di negoziazione distinti (Sent. n. 16556, Sez. II, del 2-7-2013).
Contratto a favore di terzi – Rifiuto del terzo di profittarne – Persistenza dell’obbligazione in favore dello stipulante – Fondamento normativo e limiti
(cod. civ.: art. 1411 III co.)
— Nel contratto a favore di terzi, pur in presenza di rinunzia alla prestazione operata dal terzo beneficiario, l’art. 1411, comma 3, c.c. riconosce, sempre che non risulti diversamente dalla volontà delle parti, la persistenza dell’obbligazione in favore dello stipulante, il quale, quando abbia un interesse diretto all’adempimento in favore del terzo (nella specie, in quanto titolare di una quota di partecipazione nella società beneficiaria), e non sussista un formale divieto di quest’ultimo (nel qual caso opererebbe il principio nemo invitus locupletari potest), può legittimamente pretendere l’adempimento della prestazione in favore del terzo (Sent. n. 17200, Sez. I, dell’11-7-2013).
Contratto con cui si prevede il trasferimento di un certo numero di rami d’azienda, non espressamente individuati tra i tanti di cui sia titolare l’obbligato, con le relative concessioni per la gestione di stazioni di servizio per la distribuzione di carburanti – Nullità – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1178, 1346, 1378)
— Non è affetto da nullità, per indeterminabilità dell’oggetto, il contratto con il quale si prevede il trasferimento di un certo numero di rami d’azienda, non espressamente individuati tra i tanti di cui sia titolare l’obbligato, con le relative concessioni per la gestione di stazioni di servizio per la distribuzione di carburanti, venendo in rilievo un’obbligazione avente ad oggetto cose determinate solo nel genere, espressamente disciplinata dall’art. 1178 cod. civ., che impone al debitore di prestare cose di qualità non inferiore alla media (Sent. n. 17200, Sez. I, dell’11-7-2013).
Contratto – Condizione – Avveramento – Art. 1359 cod. civ. – Applicabilità – Ambito
(cod. civ.: art. 1359)
— La norma dell’art. 1359 cod. civ., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento di essa. La condizione può ritenersi apposta nell’interesse di una sola delle parti contraenti soltanto quando vi sia un’espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso ovvero allorché — tenuto conto della situazione riscontrabile al momento della conclusione del contratto — vi sia un insieme di elementi che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti di condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse; in mancanza, la condizione stessa deve ritenersi apposta nell’interesse di entrambi i contraenti (Sent. n. 16620, Sez. I, del 3-7-2013).
Contratto d’opera – Clausola che sottoponga il sorgere del diritto al compenso da parte del professionista incaricato del progetto di un’opera all’intervenuto finanziamento dell’opera progettata – Non è vessatoria – Fondamento e conseguenza
(cod. civ.: artt. 1341 II co., 2222)
— La clausola contrattuale che sottoponga il sorgere del diritto al compenso da parte del professionista incaricato del progetto di un’opera all’intervenuto finanziamento dell’opera progettata non limita la responsabilità del committente il progetto, giacché non influisce sulle conseguenze del suo eventuale inadempimento, ma piuttosto delimita il contenuto del mandato conferito, facendo derivare i diritti del mandatario dal progetto finanziato e non dal progetto solo redatto; ne consegue che una clausola siffatta, non incidendo sulle conseguenze dell’inadempimento del predisponente, non può ritenersi vessatoria e non è, pertanto, abbisognevole di specifica approvazione per iscritto (Sent. n. 16620, Sez. I, del 3-7-2013).
Contratto in cui è inserita una clausola compromissoria – Nullità – Non comporta la nullità della clausola – Ragione e conseguenza
(cod. civ.: art. 1418; cod. proc. civ.: art. 808)
— La nullità del contratto nel quale è inserita una clausola compromissoria non comporta nullità della stessa, poiché essa costituisce un contratto autonomo ad effetti processuali. È, pertanto, infondato desumere dall’affermata competenza arbitrale il rigetto implicito dell’eccezione di nullità del contratto, in cui la clausola compromissoria è inserita (Sent. n. 18134, Sez. I, del 26-7-2013).
Contratto – Mera predisposizione, da parte di uno dei contraenti, del contenuto contrattuale – Applicazione al regolamento contrattuale della tutela apprestata negli artt. 1341 e 1342 cod. civ. – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 1341, 1342)
— La mera predisposizione, da parte di uno dei contraenti, del contenuto contrattuale è del tutto insufficiente a giustificare l’automatica applicazione al regolamento contrattuale della tutela apprestata negli artt. 1341 e 1342 cod. civ., occorrendo, in aggiunta, che tale regolamento risulti predisposto per essere adottato per una serie indefinita di rapporti (Ord. n. 17073, Sez. VI, del 10-7-2013).
Contratto preliminare di compravendita – Sopravvenuta inefficacia a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo – Effetto per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa
(cod. civ.: artt. 1351, 1470, 2033, 2934)
— La sopravvenuta inefficacia di un contratto preliminare di compravendita, a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo, comporta, per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l’obbligo di restituzione, a norma dell’art. 2033 cod. civ., della cosa stessa e degli eventuali frutti (condictio indebiti ob causam finitam), non un’obbligazione risarcitoria per il mancato godimento del bene nel periodo successivo al compimento della prescrizione (Sent. n. 16629, Sez. II, del 3-7-2013).
Contratto – Risoluzione per inadempimento – Termine essenziale per una delle parti – Rinuncia della parte interessata, anche dopo la scadenza – Configurabilità – Fondamento
(cod. civ.: art. 1457)
— La previsione di un termine essenziale per l’adempimento del contratto, essendo posta nell’interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, così rinunciando altresì alla dichiarazione di risoluzione contrattuale (Sent. n. 16880, Sez. II, del 5-7-2013).
Diritto comunitario – Risarcimento dei danni per omesso esercizio da parte dello Stato della funzione legislativa di adeguamento della normativa vigente in Italia a quella di diritto comunitario – Immediata applicabilità delle direttive e delle altre fonti comunitarie – Criteri di necessità
(TFUE: art. 288)
— In tema di risarcimento dei danni per omesso esercizio da parte dello Stato della funzione legislativa di adeguamento della normativa vigente in Italia a quella di diritto comunitario, l’immediata applicabilità delle direttive e delle altre fonti comunitarie non discende dalla qualificazione formale dell’atto fonte, ma richiede ulteriormente che le prescrizioni in esse contenute siano incondizionate, sufficientemente precise e che lo Stato destinatario, nei cui confronti il singolo faccia valere tale prescrizione, risulti inadempiente per essere inutilmente decorso il termine per darne attuazione (Sent. n. 17261, Sez. I, del 12-7-2013).
Divorzio – Assegno – Diritto – Accertamento – Criterio di necessità
(L. 898/1970: art. 5)
— Ai sensi dell’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile deve essere effettuato non limitandosi a prendere in esame le condizioni economiche del coniuge richiedente, essendo necessario mettere a confronto le rispettive potenzialità economiche, intese non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore, raffrontandole con lo stile di vita mantenuto dai coniugi in costanza di matrimonio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva riconosciuto il diritto all’assegno all’esito di una valutazione incentrata unicamente sull’analisi della situazione economica della richiedente, ritenuta di per sé sufficiente a giustificare l’imposizione di un contributo a carico dell’obbligato) (Sent. n. 16598, Sez. I, del 3-7-2013).
Espropriazione forzata immobiliare – Assenza del creditore procedente e dei creditori intervenuti all’udienza di vendita con incanto – Effetto
(cod. proc. civ.: artt. 581, 591 bis, 631)
— In tema di espropriazione forzata immobiliare, l’assenza del creditore procedente e dei creditori intervenuti all’udienza di vendita con incanto non impedisce né invalida lo svolgimento delle attività del giudice dell’esecuzione o del professionista da questo delegato (Sent. n. 18185, Sez. Unite, del 29-7-2013).
Fallimento – Competenza per territorio – Individuazione – Accertamento dell’effettività della sede legale dell’impresa che abbia trasferito la propria sede nell’anno anteriore all’istanza di fallimento – Irrilevanza
(R.D. 267/1942: art. 9 II co.; D.Lgs. 5/2006: art. 7)
— Ai fini dell’individuazione del tribunale territorialmente competente alla dichiarazione di fallimento, a norma dell’art. 9, secondo comma, legge fall., come sostituito dall’art. 7 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, è irrilevante l’accertamento dell’effettività della sede legale dell’impresa che abbia trasferito la propria sede nell’anno anteriore all’istanza di fallimento, permanendo la competenza del giudice del luogo in cui l’impresa aveva sede e da cui si è trasferita (Ord. n. 18238, Sez. VI, del 29-7-2013).
Fideiussione – Responsabilità del creditore nei confronti del fideiussore per i danni che a questi sarebbero stati cagionati dall’inadempienza delle clausole del contratto costituente il titolo dell’obbligazione garantita – Ha natura extracontrattuale – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1936, 1945, 2043)
— La responsabilità del creditore nei confronti del fideiussore, per i danni che a questi sarebbero stati cagionati dall’inadempienza delle clausole del contratto costituente il titolo dell’obbligazione garantita, è configurabile esclusivamente sotto il profilo extracontrattuale, nascendo da un rapporto al quale il fideiussore è per definizione estraneo, mentre l’inadempienza medesima può essere fatta valere, oltre che dal debitore, in via di eccezione anche dal fideiussore, nell’esecuzione del contratto di fideiussione, solo al fine di resistere all’azione proposta dal creditore per l’escussione della garanzia (Sent. n. 18086, Sez. I, del 25-7-2013).
Giudicato implicito – Criterio di necessità
(cod. proc. civ.: art. 324; cod. civ.: art. 2909)
— Il giudicato non si estende ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere di semplice affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato implicito è necessario che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole tacitamente risolta sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque che l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza attenga a questioni che ne costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile (Sent. n. 16824, Sez. I, del 5-7-2013).
Giudizio di cassazione – Eccezione di litispendenza – Proponibilità – Condizioni
(cod. proc. civ.: artt. 39 I co., 360, 372 I co.)
— L’eccezione di litispendenza può essere proposta, nel giudizio di cassazione, a condizione che nei precedenti gradi del processo sia stato almeno allegato il fatto della pendenza della stessa causa davanti a diverso giudice e l’interessato dimostri la persistenza, fino all’udienza di discussione, delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c., con conseguente onere di deposito della relativa documentazione, non soggetto alla preclusione di cui all’art. 372 c.p.c. (Ord. n. 16634, Sez. II, del 3-7-2013).
Giurisdizione – Questione relativa all’attribuzione al giudice ordinario penale o civile della potestas iudicandi su di una determinata controversia
(cod. proc. civ.: artt. 37, 41, 362)
— La questione relativa all’attribuzione al giudice ordinario penale o civile della potestas iudicandi su di una determinata controversia non pone un problema di riparto di giurisdizione, cioè di delimitazione della giurisdizione ordinaria nei confronti di quella amministrativa o speciale, ma investe la suddivisione delle competenze tra diversi giudici ugualmente esercitanti la giurisdizione ordinaria. (Così statuendo, la S.C. ha dichiarato inammissibile, ove qualificato come regolamento di giurisdizione, il ricorso proposto avverso alcune ordinanze cautelari con cui l’adito giudice civile aveva ritenuto inammissibili le domande con le quali l’istante aveva invocato l’adozione di provvedimenti necessari a consentirgli di difendersi personalmente in un giudizio penale pendente a suo carico, dopo che analoga pretesa era stata disattesa dal giudice di quest’ultimo) (Ord. n. 18189, Sez. Unite, del 29-7-2013).
Giurisdizione – Regolamento preventivo – Dichiarazione d’improcedibilità non depositata nel termine stabilito dall’art. 369 I co. cod. proc. civ. – Non osta all’ammissibilità di una successiva richiesta di regolamento
(cod. proc. civ.: artt. 41, 369 I co., 370, 371, 387)
— La dichiarazione d’improcedibilità dell’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, non depositata nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., non osta all’ammissibilità di una successiva richiesta di regolamento, che può essere avanzata anche dalla controparte nella stessa fase processuale; a tal fine, non è rilevante che essa sia stata proposta con (controricorso e) ricorso incidentale, stante l’ininfluenza dell’adozione di una forma processuale non utilizzabile nell’ambito del procedimento per regolamento di giurisdizione, ove quell’atto possa convertirsi in un ricorso autonomo per regolamento di giurisdizione, presentandone i prescritti requisiti e contenendo la richiesta di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulla questione di giurisdizione (Ord. n. 17935, Sez. Unite, del 24-7-2013).
Giusto processo – Equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo – Natura indennitaria – Conseguenze
(L. 89/2001: art. 2)
— In tema di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, la natura indennitaria dell’obbligazione esclude la necessità dell’accertamento dell’elemento soggettivo della violazione, ma non l’onere del ricorrente di provare la lesione della sua sfera patrimoniale quale conseguenza diretta e immediata della violazione, esulando il pregiudizio dalla fattispecie del «danno evento». Pertanto, sono risarcibili non tutti i danni che si pretendono relazionati al ritardo nella definizione del processo, ma solo quelli per i quali si dimostra il nesso causale tra ritardo medesimo e pregiudizio sofferto. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la valutazione, operata nell’impugnato decreto, di insussistenza di detto nesso, diretto ed immediato, fra il ritardo nella definizione del processo presupposto e l’espropriazione forzata della casa di abitazione subita dal ricorrente in conseguenza dell’inadempimento di un mutuo ipotecario, attribuito alla mancata percezione del credito vantato nello stesso giudizio presupposto) (Sent. n. 18239, Sez. VI, del 29-7-2013).
Lavoro subordinato – Esatta determinazione del periodo feriale – Spetta unicamente al datore di lavoro – Fondamento
(cod. civ.: artt. 2086, 2109 III co.)
— L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente al datore di lavoro, nell’esercizio del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa, dovendosi riconoscere al lavoratore la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intenda fruire del riposo annuale (Sent. n. 18166, Sez. lavoro, del 26-7-2013).
Lavoro subordinato – «Mobbing» – Nozione
(cod. civ.: artt. 2049, 2059, 2087)
— Integra la nozione di «mobbing» la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali ed, eventualmente, anche leciti) diretti alla persecuzione o all’emarginazione del dipendente, di cui viene lesa — in violazione dell’obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall’art. 2087 c.c. — la sfera professionale o personale, intesa nella pluralità delle sue espressioni (sessuale, morale, psicologica o fisica); né la circostanza che la condotta di «mobbing» provenga da un altro dipendente, posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro — su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 c.c. — ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo. (Nella specie, la S.C. ha reputato corretta la valutazione del giudice di merito che, nel condannare la società datrice di lavoro al risarcimento del danno morale, aveva valorizzato le risultanze del processo penale a carico di altro dipendente, gerarchicamente sovraordinato, il quale, per lungo tempo — nella sostanziale inerzia del datore di lavoro — si era rivolto alla vittima con espressioni ingiuriose) (Sent. n. 18093, Sez. lavoro, del 25-7-2013).
Licenziamento del dirigente motivato da una condotta colposa o manchevole – Ha natura disciplinare anche se non è incluso tra le misure disciplinari previste dallo specifico regime del rapporto – Conseguenza
(L. 300/1970: art. 7)
— Il licenziamento del dirigente, motivato da una condotta colposa o comunque manchevole, deve essere considerato di natura disciplinare, indipendentemente dalla sua inclusione o meno tra le misure disciplinari previste dallo specifico regime del rapporto, sicché deve essere assoggettato alle garanzie dettate a tutela del lavoratore circa la contestazione degli addebiti ed il diritto di difesa (Sent. n. 18270, Sez. lavoro, del 30-7-2013).
Litispendenza – Contemporanea pendenza di più processi relativi alla stessa causa presso uffici giudiziari diversi, ma appartenenti al medesimo ordine giudiziario – Necessità – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 39 I co., 41, 362)
— La situazione processuale della litispendenza postula la contemporanea pendenza di più processi relativi alla stessa causa presso uffici giudiziari diversi, ma appartenenti al medesimo ordine giudiziario; ne consegue che, nell’ipotesi di rapporto di ripartizione esterno alla medesima giurisdizione, il concorso tra processi va risolto a mezzo di una pronuncia sulla giurisdizione e, in caso di decisioni contrastanti, con i rimedi che sono appositamente previsti per questa specifica ipotesi (art. 362 cod. proc. civ.) (Ord. n. 18100, Sez. VI, del 25-7-2013).
Obbligazioni solidali – Diritto potestativo di aderire alla transazione stipulata da altri – Quando deve considerarsi tacitamente rinunciato
(cod. civ.: artt. 1292, 1304)
— In tema di obbligazioni solidali, il diritto potestativo di aderire alla transazione stipulata da altri, alla stregua dell’art. 1304 cod. civ., deve considerarsi tacitamente rinunciato laddove l’interessato opti per l’instaurazione o la prosecuzione della lite, invece che per la sua chiusura transattiva, essendo le prime due descritte condotte logicamente antitetiche rispetto all’intenzione di transigere, né potendosi condizionare il destino del processo alla volontà unilaterale di una parte, investita del potere di farlo cessare o di vanificarne gli effetti secundum eventum litis, in violazione del principio di parità dei contendenti (Sent. n. 17198, Sez. I, dell’11-7-2013).
Possesso – Azione di manutenzione – Autore morale della turbativa – Criterio di necessità
(cod. civ.: art. 1170)
— In tema di azione di manutenzione del possesso, affinché un soggetto possa qualificarsi come autore morale della turbativa, occorre che egli, pur non avendo autorizzato la condotta illecita, ne abbia tratto vantaggio (criterio del cui prodest) e che sia consapevole dell’illiceità dell’atto di molestia compiuto da terzi (Sent. n. 18216, Sez. II, del 29-7-2013).
Possesso – Usucapione – Azione di reintegrazione – È idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem, anche se venga respinta per tardività – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1165, 1168, 2943 II co.)
— L’azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem, anche qualora venga respinta per tardività, atteso che, per l’effetto interruttivo, non rileva l’esito dell’azione, ma la volontà di riacquistare il possesso mediante un atto valido ad instaurare il giudizio (Sent. n. 18353, Sez. II, del 31-7-2013).
Possesso – Usucapione – Elementi costitutivi – Prova – Criterio di necessità
(cod. civ.: artt. 1158, 2697)
— Ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’usucapione — il cui onere grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva — la coltivazione del fondo non è sufficiente, in quanto, di per sé, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attività materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da indizi, i quali consentano di presumere che essa è svolta uti dominus (Sent. n. 18205, Sez. II, del 29-7-2013).
Possesso – Usucapione – Requisito della non clandestinità – Criterio di riferimento
(cod. civ.: artt. 1158, 1163)
— Ai fini dell’usucapione, il requisito della non clandestinità va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest’ultimo. (Nella specie, relativa alla pretesa usucapione di un lastrico solare a seguito della realizzazione di alcuni lucernari, la Corte territoriale aveva rigettato la domanda in quanto il lastrico di copertura non era visibile dalla pubblica via e ad esso si accedeva attraverso una scala stretta e chiusa da una porticina molto nascosta, restando i lucernari — che, in ogni caso, occupavano solo una porzione del lastrico — celati alla vista da un muretto; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha rigettato il ricorso) (Sent. n. 17881, Sez. II, del 23-7-2013).
Poteri del giudice – Disponibilità delle prove – Fatto notorio – Nozione
(cod. proc. civ.: art. 115 II co.)
— Il fatto notorio, che dispensa le parti dal fornire la prova, deve essere inteso in senso rigoroso, come fatto acquisito nella comune esperienza con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, non quale evento o situazione soltanto probabile, sicché non rientra in tale nozione la circostanza dell’uso del dollaro statunitense quale moneta dovuta nei rapporti commerciali internazionali, non potendosi con sufficiente sicurezza escludere il ricorso a pratiche diverse (Sent. n. 16881, Sez. II, del 5-7-2013).
Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito – Da quando decorre – Fattispecie in tema di domanda risarcitoria proposta nei confronti del Ministero dello sviluppo economico
(cod. civ.: artt. 2043, 2935, 2947)
— Posto che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito decorre da quando il danneggiato, con l’uso dell’ordinaria diligenza, sia stato in grado di avere conoscenza dell’illecito, del danno e della derivazione causale dell’uno dall’altro, nonché dello stesso elemento soggettivo del dolo o della colpa che connota l’illecito suddetto, nel caso di domanda risarcitoria proposta nei confronti del Ministero dello sviluppo economico e finalizzata al ristoro dei danni derivanti dalla perdita di risparmi, affidati a società autorizzata ad operare come fiduciaria del medesimo Ministero perché fossero investiti in programmi finanziari, deve ritenersi che il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento decorra non dalla revoca dell’autorizzazione, già rilasciata alla medesima società, ad operare come fiduciaria del Ministero, né dalla sua messa in stato di liquidazione coatta amministrativa, bensì dal deposito dello stato passivo della liquidazione, in quanto solo in tale momento il soggetto danneggiato ha potuto apprezzare la vastità e la gravità delle irregolarità della società fiduciaria e, conseguentemente, l’intempestività, l’incompletezza e le omissioni nelle attività di vigilanza demandate al Ministero (Sent. n. 17572, Sez. III, del 18-7-2013).
Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo – Decorrenza – Dies a quo
(cod. civ.: artt. 2043, 2935, 2947 I co.)
— Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio una malattia (nella specie, epatite HCV cronica) per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. (Nella specie, il termine iniziale è stato individuato nella data della certificazione medica, attestante che la paziente era affetta da «epatite cronica da virus C postrasfusionale») (Ord. n. 16550, Sez. VI, del 2-7-2013).
Privacy – Casi nei quali può essere effettuato il trattamento dei dati personali senza il consenso dell’interessato – Utilizzazione dei dati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria
(D.Lgs. 196/2003: art. 24 lett. f)
— In materia di trattamento dei dati personali, non è necessario il consenso dell’interessato nei casi indicati dall’art. 24 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, fra i quali rientra l’utilizzazione dei dati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto lecita l’acquisizione ed il successivo trattamento di una serie di dati riguardanti il vicedirettore di una filiale di un istituto di credito, le cui risultanze avevano portato all’apertura di un procedimento disciplinare a suo carico ed al licenziamento per giusta causa, situazione da cui erano conseguiti una controversia di lavoro instaurata a seguito dell’impugnazione del licenziamento ed un procedimento penale) (Sent. n. 17204, Sez. I, dell’11-7-2013).
Procedimenti cautelari – Regolamento di competenza – Proposizione – Inammissibilità – Ragioni
(cod. proc. civ.: artt. 42, 43, 47, 669 bis)
— In tema di procedimenti cautelari, è inammissibile la proposizione del regolamento di competenza, sia in ragione della natura giuridica dei provvedimenti declinatori della competenza — inidonei, in quella sede, ad instaurare la procedura di regolamento, in quanto caratterizzati dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata — sia perché l’eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall’art. 47 cod. proc. civ., sarebbe priva del requisito della definitività, atteso il peculiare regime giuridico del procedimento cautelare nel quale andrebbe ad inserirsi. (Così statuendo, la S.C. ha dichiarato inammissibile, ove qualificato come regolamento di competenza, il ricorso proposto avverso alcune ordinanze cautelari, con cui l’adito giudice civile aveva ritenuto inammissibili le domande, con le quali l’istante aveva invocato l’adozione di provvedimenti necessari a consentirgli di difendersi personalmente in un giudizio penale pendente a suo carico, dopo che analoga pretesa era stata disattesa dal giudice di quest’ultimo) (Ord. n. 18189, Sez. Unite, del 29-7-2013).
Processo del lavoro – Competenza per territorio – Nozione di «dipendenza alla quale è addetto il lavoratore» ex art. 413 II co. cod. proc. civ. – Interpretazione in senso estensivo – Necessità
(cod. proc. civ.: art. 413 II co.)
— Ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di «dipendenza alla quale è addetto il lavoratore», di cui all’art. 413 cod. proc. civ., deve essere interpretata in senso estensivo, come articolazione dell’organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, potendo coincidere anche con l’abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell’attività lavorativa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l’abitazione di un informatore scientifico farmaceutico, dotata di un computer e di una stampante con rete «ADSL» e adibita a deposito di campioni e di materiale pubblicitario, potesse essere qualificata come dipendenza aziendale, essendo peraltro limitrofa all’ambito territoriale assegnato al lavoratore) (Ord. n. 17347, Sez. VI, del 15-7-2013).
Processo del lavoro – Impugnazione di un licenziamento – Aliunde perceptum – Quando è rilevabile d’ufficio dal giudice
(L. 604/1966: art. 6)
— Nei giudizi di impugnativa di un licenziamento, il cosiddetto aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è, pertanto, rilevabile d’ufficio dal giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo, anche se per iniziativa del lavoratore (Sent. n. 18093, Sez. lavoro, del 25-7-2013).
Processo – Interruzione – Art. 299 cod. proc. civ. – È applicabile anche nel giudizio di appello
(cod. proc. civ.: artt. 299, 339)
— L’art. 299 cod. proc. civ. è applicabile anche nel giudizio di appello e, qualora la morte della parte si sia verificata dopo la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione, comporta l’automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell’evento abbiano avuto l’altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l’effettiva conoscenza dell’evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, ove sia mancata l’attivazione degli strumenti previsti per la prosecuzione o riattivazione, tutti gli atti del processo — non esclusa la sentenza con la quale lo stesso venga definito —, posti in essere dopo l’evento interruttivo, restano insuscettibili di produrre effetti nei riguardi della parte investita dal suddetto evento e vanno considerati nulli (Sent. n. 18351, Sez. II, del 31-7-2013).
Processo – Sospensione necessaria del processo civile disposta per il caso in cui il danneggiato abbia prima esercitato l’azione civile in sede penale con la costituzione di parte civile e, quindi, abbia esercitato l’azione civile in sede civile
(cod. proc. pen.: art. 75 III co.; cod. proc. civ.: art. 295; cod. civ.: art. 2055)
— L’art. 75, comma 3, cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che la sospensione necessaria del processo civile, disposta per il caso in cui il danneggiato abbia prima esercitato l’azione civile in sede penale con la costituzione di parte civile e, quindi, abbia esercitato l’azione civile in sede civile, non trova applicazione se il danneggiato agisca in sede civile non solo contro l’imputato, ma anche contro altri coobbligati al risarcimento, nella specie identificati — venendo in rilievo l’ipotesi di danni da sinistro stradale — nel proprietario del veicolo investitore e nella società assicuratrice dello stesso (Ord. n. 17608, Sez. VI, del 18-7-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Norme del codice civile e norme integrative dello stesso – Violazione – Tutele apprestate al proprietario confinante – Individuazione
(cod. civ.: artt. 873, 1027, 2043, 2058)
— In tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, sia quella risarcitoria relativa al danno subìto per effetto dell’abusiva imposizione di una servitù sul proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento, danno che, consistendo in una diminuzione temporanea del valore della proprietà, è destinato a cessare una volta ripristinato lo stato dei luoghi nelle condizioni antecedenti alle suddette violazioni (Sent. n. 17635, Sez. II, del 18-7-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Rispetto nel caso di costruzione provvista di porticato aperto con pilastri allineati al muro di facciata – Criterio di necessità
(cod. civ.: art. 873)
— Al fine di verificare il rispetto della distanza legale nelle costruzioni, qualora una di esse sia provvista di porticato aperto, con pilastri allineati al muro di facciata, deve tenersi conto anche del porticato, secondo la regola del «vuoto per pieno», in quanto, anche nel caso in cui tra i pilastri del porticato non siano realizzate pareti esterne di collegamento, la fabbrica possiede i requisiti di consistenza, solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo che ne fanno una costruzione, soggetta alla disciplina sulle distanze (Sent. n. 18119, Sez. II, del 26-7-2013).
Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Sopravvenienza di una disposizione derogatoria favorevole al costruttore – Effetti
(cod. civ.: artt. 873, 2043, 2909; cod. proc. civ.: art. 324)
— In materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida — salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimità della costruzione — il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia già ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive, fermo, peraltro, il diritto del vicino al risarcimento del danno subìto nel periodo tra l’edificazione e l’entrata in vigore del disposto normativo legittimante (Sent. n. 18119, Sez. II, del 26-7-2013).
Querela di falso in via incidentale – Proposizione nella comparsa conclusionale – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 190, 221)
— La querela di falso in via incidentale non può essere proposta nella comparsa conclusionale, scritto riservato alla sola illustrazione delle difese (Ord. n. 18069, Sez. VI, del 25-7-2013).
Repressione della condotta antisindacale – Fattispecie di comportamento antisindacale
(L. 300/1970: art. 28)
— Costituisce comportamento antisindacale la condotta del datore di lavoro che, in occasione di uno sciopero, abbia sanzionato con il licenziamento senza preavviso il comportamento di tre lavoratori — due dei quali rappresentanti sindacali — che si siano trattenuti, nella zona di passaggio dei carrelli, cinque-sei minuti in più degli altri aderenti all’astensione dal lavoro, ove la maggior permanenza sia imputabile alla discussione avviata con i rappresentanti dell’azienda (che avevano scelto detti lavoratori come loro interlocutori) e nessun altro manifestante sia stato attinto da misure disciplinari, neppure di tipo conservativo, sussistendo una sicura sproporzione, sia sul piano oggettivo che soggettivo, tra l’addebito e la misura irrogata (Sent. n. 18368, Sez. lavoro, del 31-7-2013).
Responsabilità del medico – Giudizio di risarcimento del danno – Oneri di allegazione e di prova dell’attore e del convenuto
(cod. civ.: artt. 1218, 2697)
— Nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l’attore ha l’onere di allegare e di provare l’esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l’onere di allegare, ma non di provare, la colpa del medico; quest’ultimo, invece, ha l’onere di provare che l’eventuale insuccesso dell’intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sé non imputabile. Pertanto, è il danneggiato che agisce per l’affermazione della responsabilità del medico che ha l’onere di provare la sussistenza di un valido nesso causale tra fatto del sanitario e danno; solo fornita tale prova in merito al nesso di causalità, è onere del medico, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dimostrare la scusabilità della propria condotta (Sent. n. 18341, Sez. III, del 31-7-2013).
Responsabilità del medico – Obbligo di informare il paziente – Contenuto
(Cost.: art. 32; cod. civ.: artt. 1218, 2043)
— Il medico-chirurgo viene meno all’obbligo a suo carico in ordine all’ottenimento del cosiddetto consenso informato ove non fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili sull’intervento chirurgico che intende eseguire e, soprattutto, sul bilancio rischi/vantaggi dell’intervento stesso, a fortiori ove ricorrano fattori di pericolo che sconsiglino l’intervento, neppure cogentemente necessario (Sent. n. 18334, Sez. III, del 31-7-2013).
Responsabilità patrimoniale – Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale – Azione revocatoria ordinaria – Criterio di sufficienza
(cod. civ.: art. 2901)
— Ai fini dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente la consapevolezza, del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l’azione, invece richiesta qualora quest’ultima abbia ad oggetto un atto, a titolo oneroso, anteriore al sorgere di detto credito (Sent. n. 16825, Sez. I, del 5-7-2013).
Revocazione proposta, ex art. 395, n. 5, cod. proc. civ., avverso una sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 391 bis, 391 ter, 395 n. 5)
— L’impugnazione per revocazione proposta, ex art. 395, n. 5, cod. proc. civ., avverso una sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è inammissibile, risultando l’ipotesi ivi contemplata esclusa dalla previsione dei precedenti artt. 391 bis e 391 ter cod. proc. civ. (Sent. n. 17557, Sez. Unite, del 18-7-2013).
Ricognizione di debito – Ha natura di negozio unilaterale ricettizio – Conseguenze
(cod. civ.: art. 1988)
— La ricognizione di debito ha natura di negozio unilaterale ricettizio, e pertanto la sua efficacia è subordinata al fatto che essa esca volontariamente dalla sfera del suo autore e si renda accessibile al terzo. Ne consegue che l’effetto normativamente previsto, che si traduce nell’astrazione processuale della causa debendi, si verifica soltanto se la dichiarazione negoziale sia indirizzata alla persona del creditore (Sent. n. 16621, Sez. I, del 3-7-2013).
Ricorso per cassazione – Contenuto – Esposizione sommaria dei fatti della causa – Pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali – Superfluità e inidoneità – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 3)
— In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso articolato con la tecnica dell’assemblaggio, mediante la riproduzione integrale dell’avviso di accertamento, ma omettendo la chiara enunciazione delle censure proposte rispetto ai punti della decisione oggetto di critica) (Ord. n. 17002, Sez. VI, del 9-7-2013).
Ricorso per cassazione – Contenuto – Verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 I co. n. 6 cod. proc. civ. – Criterio di necessità
(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 6)
— In tema di ricorso per cassazione, la verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili. Di conseguenza, deve escludersi che il ricorso possa essere dichiarato in toto inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (Sent. n. 16887, Sez. Unite, del 5-7-2013).
Ricorso per cassazione – Formulazione dei motivi – Proposizione cumulativa di più motivi – Formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati – Necessità
(cod. proc. civ.: art. 366 bis)
— In caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti elusa la ratio dell’art. 366-bis cod. proc. civ., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Ord. n. 16550, Sez. VI, del 2-7-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio di motivazione – Fatto decisivo per il giudizio – Nozione
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)
— In tema di ricorso per cassazione, costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa. (Nella specie, relativa allo stazionamento, in una zona di transito dei carrelli aziendali, operato da alcuni lavoratori in occasione di uno sciopero per un lasso temporale più lungo degli altri manifestanti, la S.C. ha escluso il requisito della decisività nel differente apprezzamento della durata dell’episodio, consistente in 5-6 minuti secondo la ricostruzione operata dal giudice territoriale e in 7-10 minuti secondo la società ricorrente, trattandosi di oscillazione comunque inidonea a modificare l’esito del giudizio) (Sent. n. 18368, Sez. lavoro, del 31-7-2013).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizio in procedendo in sede di merito – Fattispecie
(cod. proc. civ.: art. 360)
— Si ha vizio in procedendo quando in sede di merito si omette ogni considerazione e ogni pronuncia in ordine alle deduzioni probatorie del convenuto (Ord. n. 17397, Sez. VI, del 16-7-2013).
Ricorso per cassazione – Motivo formulato avverso la sentenza della Corte territoriale ex art. 360 I co. n. 5 cod. proc. civ. con cui il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale – Inammissibilità – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 360 I co. n. 5, 823)
— È inammissibile il motivo del ricorso per cassazione, formulato avverso la sentenza della Corte territoriale ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., con il quale il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale, atteso che il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica dell’adeguatezza e congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri (Sent. n. 18136, Sez. I, del 26-7-2013).
Ricorso per cassazione – Questioni non comprese nel tema del decidere dei precedenti gradi di merito, né rilevabili d’ufficio – Prospettabilità per la prima volta in sede di legittimità – Esclusione
(cod. proc. civ.: art. 360)
— Non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito, né rilevabili d’ufficio (Ord. n. 17041, Sez. VI, del 9-7-2013).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Lesione alla reputazione di un ente collettivo – Configurabilità – Condizione – Fattispecie in tema di concorrenza sleale
(cod. civ.: artt. 2059, 2598)
— È configurabile la lesione alla reputazione di un ente collettivo, con conseguente risarcibilità del danno non patrimoniale, derivante dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere, o di settori o categorie di essi con le quali l’ente interagisca, allorquando l’atto lesivo che determina la proiezione negativa sulla reputazione dell’ente sia immediatamente percepibile dalla collettività o da terzi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito per non aver compiuto alcun accertamento circa gli effetti sull’immagine di una società conseguenti all’atto di concorrenza sleale, consistito nello storno di dipendenti e nella distruzione della rete di distribuzione dei prodotti della società autrice dell’illecito, dal momento che non necessariamente la collettività è tenuta ad attribuire a tali circostanze valenza negativa, ben potendo esse rientrare nei sempre possibili mutamenti della struttura aziendale) (Sent. n. 18082, Sez. I, del 25-7-2013).
Scioglimento di comunioni – Estrazione a sorte dei lotti
(cod. proc. civ.: artt. 324, 789 IV co.; cod. civ.: art. 2909)
— Nel procedimento di scioglimento della comunione non è consentito procedere all’estrazione a sorte, ai sensi dell’art. 789, quarto comma, cod. proc. civ., sino a quando le contestazioni al progetto di divisione non siano state risolte con sentenza passata in giudicato (Sent. n. 18354, Sez. II, del 31-7-2013).
Separazione giudiziale dei coniugi – Assegno di mantenimento – Decorrenza – Dies a quo
(cod. civ.: artt. 151, 156; cod. proc. civ.: art. 710)
— L’assegno di mantenimento a favore del coniuge, fissato in sede di separazione giudiziale, decorre dalla data della relativa domanda, in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio. Tale principio attiene soltanto al profilo dell’an debeatur della domanda, e non interferisce, pertanto, sull’esigenza di determinare il quantum dell’assegno alla stregua dell’evoluzione intervenuta in corso di giudizio nelle condizioni economiche dei coniugi, né sulla legittimità della determinazione di misure e decorrenze differenziate, in relazione alle modificazioni intervenute fino alla data della decisione (Sent. n. 17199, Sez. I, dell’11-7-2013).
Separazione giudiziale dei coniugi – Assegno di mantenimento – Determinazione – Criteri di necessità
(cod. civ.: artt. 151, 156 II co.)
— L’art. 156, secondo comma, cod. civ., stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno non solo valutando i redditi dell’obbligato, ma anche altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’obbligato, suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti (Sent. n. 17199, Sez. I, dell’11-7-2013).
Separazione giudiziale dei coniugi – Condotta antidoverosa del coniuge cui è addebitata la separazione – Non contrasta con la collocazione del minore presso di lui – Fondamento
(cod. civ.: artt. 143, 151 II co., 155)
— La condotta antidoverosa del coniuge, cui va riferito l’addebito della separazione, non contrasta in alcun modo con la collocazione del minore presso lo stesso, tenuto conto che la violazione dei doveri del matrimonio (nella specie, per condotte aggressive, irrispettose ed infedeli della moglie verso il marito) può non tradursi anche in un pregiudizio per l’interesse del minore, non nuocendo al suo corretto sviluppo psico-fisico, né compromettendo il suo rapporto con il genitore (Sent. n. 17089, Sez. I, del 10-7-2013).
Separazione giudiziale dei coniugi – Provvedimenti riguardo ai figli – Assegno di mantenimento – Determinazione – Criteri di necessità
(cod. civ.: artt. 147, 148, 151, 155 IV co.; L. 54/2006: art. 1 I co.)
— Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, all’opportuna predisposizione — fino a quando la loro età lo richieda — di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Tale principio trova conferma nel nuovo testo dell’art. 155 cod. civ., come sostituito dall’art. 1 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti (Sent. n. 17089, Sez. I, del 10-7-2013).
Separazione personale dei coniugi – Affidamento condiviso dei figli – Non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori
(cod. civ.: artt. 155 II co., 155 bis)
— La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 cod. civ. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori (nella specie, la madre) e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore (Sent. n. 18131, Sez. I, del 26-7-2013).
Separazione personale dei coniugi (o divorzio) – Legittimazione del genitore a richiedere iure proprio all’ex coniuge separato o divorziato la revisione del contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, non ancora autosufficiente economicamente – Coabitazione del genitore con il figlio – Necessità
(cod. civ.: artt. 150, 155; L. 898/1970: art. 6)
— La legittimazione del genitore a richiedere iure proprio all’ex coniuge separato o divorziato la revisione del contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, non ancora autosufficiente economicamente, va esclusa in difetto del requisito della coabitazione con il figlio, la quale sussiste solo in presenza di un collegamento stabile di questi con l’abitazione del genitore, compatibile con l’assenza anche per periodi non brevi, purché, tuttavia, si ravvisi la prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione all’unità di tempo considerata. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso avverso la decisione della Corte di merito che aveva ritenuto cessato il requisito della coabitazione per effetto del trasferimento del figlio maggiorenne, per ragioni di studio, in altra località, ove aveva preso in locazione un appartamento) (Sent. n. 18075, Sez. I, del 25-7-2013).
Separazione personale dei coniugi (o divorzio) – Sopravvenuta morte di uno dei coniugi in pendenza di giudizio – Comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere
(cod. civ.: artt. 150, 155; L. 898/1970: art. 6; cod. proc. civ.: artt. 100, 360)
— La morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimità, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici; né il figlio maggiorenne non autosufficiente potrebbe coltivare una domanda di assegno nei confronti dell’obbligato ormai deceduto o, trattandosi di rapporto personale, procedere nei confronti di eventuali altri eredi (Sent. n. 18130, Sez. I, del 26-7-2013).
Servitù prediali – Estinzione per prescrizione – Termine ventennale ex art. 1073 I co. cod. civ. – Interruzione
(cod. civ.: artt. 1073 I co., 2943 II e IV co., 2944)
— In tema di estinzione per prescrizione delle servitù prediali, l’interruzione del termine ventennale stabilito dall’art. 1073 c.c., oltre che dal riconoscimento del proprietario del fondo servente, può essere determinata soltanto dalla proposizione della domanda giudiziale, essendo inidonea, a tal fine, la costituzione in mora o la diffida stragiudiziale, il cui effetto interruttivo è circoscritto ai diritti di obbligazione e non concerne i diritti reali (Sent. n. 16861, Sez. II, del 5-7-2013).
Servitù prediali – Estinzione per prescrizione – Termini ex artt. 1073 I co. e 1074 cod. civ.
(cod. civ.: artt. 1073 I co., 1074)
— In tema di estinzione delle servitù prediali, i termini stabiliti dagli artt. 1073 e 1074 c.c. concernono quantità omogenee, tra loro cumulabili, sicché il non uso per volontaria inerzia del proprietario del fondo dominante può sommarsi, ai fini del compimento della prescrizione ventennale, con la susseguente impossibilità di uso della servitù per fatto riconducibile al proprietario del fondo servente (Sent. n. 16861, Sez. II, del 5-7-2013).
Successione legittima – Riserva a favore del coniuge dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano
(cod. civ.: art. 540 II co.)
— In tema di successione legittima, il diritto di abitazione ed uso, ai sensi dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., è devoluto al coniuge del de cuius in base ad un meccanismo assimilabile al prelegato ex lege, sicché la concreta attribuzione di tale diritto non è subordinata alla domanda del coniuge, cui il diritto medesimo deve essere riconosciuto — nell’ambito della controversia avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria — senza necessità di espressa richiesta (Sent. n. 18354, Sez. II, del 31-7-2013).
Testamento – Clausola condizionale – Elemento rivelatore
(cod. civ.: artt. 587, 633, 647)
— La presenza in un testamento di una clausola condizionale è rivelata non tanto dalla sua formulazione letterale e dalla sua collocazione nel contesto del negozio, quanto dal carattere intrinseco del fatto cui è subordinata l’efficacia della disposizione, indipendentemente dalle parole adoperate dal testatore. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione del giudice di merito, che, con motivazione congrua e logica, aveva qualificato in termini condizionali, anziché modali, la clausola di assistenza mediante la quale il testatore riferiva dell’impegno dell’istituito «ad assistermi per tutta la vita per qualsiasi necessità io vada incontro») (Sent. n. 18219, Sez. II, del 29-7-2013).
Testimonianza de relato ex parte actoris – Quando assume valore di prova
(cod. proc. civ.: art. 244)
— La testimonianza de relato ex parte actoris può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie, che concorrano a confermarne la credibilità (Sent. n. 18352, Sez. II, del 31-7-2013).
Vendita – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Effetti in caso di trasformazione o di alienazione della cosa acquistata
(cod. civ.: art. 1492 III co.)
— La trasformazione o l’alienazione della cosa acquistata, di per sé, non preclude al compratore l’azione di risoluzione contrattuale per vizi, ai sensi dell’art. 1492, terzo comma, cod. civ., se quella condotta non evidenzia univocamente che il compratore, cosciente dei vizi, ha inteso accettare la cosa, rinunciando alla maggiore tutela risarcitoria rispetto alla riduzione del prezzo. In caso di risoluzione contrattuale, attesa l’impossibilità della restituzione in natura, gli effetti restitutori devono essere ordinati per equivalente, nei limiti in cui, malgrado i vizi, la cosa abbia fornito utilità al compratore (Sent. n. 18202, Sez. II, del 29-7-2013).
Vendita – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Onere della prova – Riparto
(cod. civ.: artt. 1490, 1494, 2697)
— In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, l’onere della prova dei difetti, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente al venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza (Sent. n. 18125, Sez. II, del 26-7-2013).