Massime civili della Cassazione di luglio 2014

Arricchimento senza causa – Azione generale di arricchimento nei confronti della P.A. conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto d’opera tra la P.A. ed un professionista – Indennità ex art. 2041 cod. civ. – Liquidazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1655, 2041, 2222; D.P.R. 5/1956)

— In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto d’opera tra la P.A. ed un professionista, l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. Pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto al professionista che partecipi, in assenza di valido contratto, ad una commissione comunale per l’affidamento di determinati lavori, non possono essere assunte come parametro le tariffe professionali (ancorché richiamate da parcelle vistate dall’ordine competente), alle quali può ricorrersi solo quando le prestazioni siano effettuate dal professionista in base ad un valido contratto d’opera con il cliente, mentre è congruo il riferimento alle somme previste per i gettoni di presenza spettanti ai componenti di commissione (nella specie, ai sensi del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5) (Sent. n. 17085, Sez. III, del 28-7-2014).

 

Azione revocatoria fallimentare – Conoscenza dello stato di insolvenza – Prova contraria – Criteri di necessità

(R.D. 267/1942: artt. 5, 67 I co. n. 1)

— In tema di prova contraria della conoscenza dello stato di insolvenza, presunta nella revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67, comma 1, numero 1, legge fall., va attribuito rilievo alla contiguità territoriale del luogo in cui opera l’impresa, all’occasionalità oppure alla continuità dei rapporti commerciali con essa ed alla loro importanza, all’epoca dell’atto rispetto alla dichiarazione di fallimento (Sent. n. 17286, Sez. I, del 30-7-2014).

 

Circolazione stradale – Scontro tra veicoli – Presunzione di colpa concorrente dei due conducenti – Fattispecie

(cod. civ.: art. 2054 II co.)

— Quando sia accertata in concreto la colpa di uno dei conducenti, mentre nulla sia possibile stabilire in merito alla correttezza della condotta tenuta dall’altro, il giudice di legittimità ammette che la colpa accertata in concreto di uno dei conducenti possa concorrere con la colpa presunta dell’altro ai sensi dell’art. 2054, secondo comma, c.c. (Sent. n. 16759, Sez. III, del 23-7-2014).

 

Contratto – Annullabilità – Vizi del consenso – Dolo – Dichiarazioni menzognere – Valutazione del giudice di merito – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1439, 2697)

— Il dolo che è causa di annullamento del contratto (nella specie, di cessione delle quote di una società di capitali) può consistere anche in dichiarazioni menzognere (c.d. mendacio), in quanto tali potenzialmente idonee ad integrare raggiri, tanto più rilevanti quanto maggiore è l’affidabilità intrinseca degli atti utilizzati (come quelli contabili destinati a rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria di una società), qualora rese da una parte con la deliberata finalità di offrire una rappresentazione alterata della veridicità dei presupposti di fatto rilevanti per la determinazione del prezzo di cessione delle quote sociali e di viziare nell’altra parte il processo formativo della volontà negoziale. La valutazione dell’idoneità di tale comportamento a coartare la volontà del deceptus è riservata al giudice del merito, il quale è tenuto a motivare specificamente in ordine alle concrete circostanze — la cui prova è a carico del deceptor — dalle quali desumere che l’altra parte già conosceva o poteva rendersi conto ictu oculi dell’inganno perpetrato nei suoi confronti (Sent. n. 16004, Sez. I, dell’11-7-2014).

 

Contratto – Condizione – Avveramento – Esistenza di un interesse contrario – Valutazione – Criterio di necessità

(cod. civ.: art. 1359)

— Ai fini dell’operatività della fictio di avveramento di cui all’art. 1359 c.c., l’esistenza di un interesse contrario all’avveramento della condizione non va valutata in termini astratti o facendo riferimento al solo momento della conclusione del contratto, ma valorizzando il dato dell’effettivo interesse delle parti all’epoca in cui si è verificato il fatto o comportamento che ha reso impossibile l’avveramento della condizione (Sent. n. 16501, Sez. III, del 18-7-2014).

 

Divisione ereditaria – Conguaglio – Determinazione – Prescinde dalla domanda di parte – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 728, 1277; cod. proc. civ.: artt. 99, 789)

— In tema di divisione ereditaria, la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell’art. 728 cod. civ., prescinde dalla domanda di parte, concernendo l’attuazione del progetto divisionale, che appartiene alla competenza del giudice. Ne consegue che il giudice deve procedere d’ufficio alla rivalutazione del conguaglio qualora vi sia stata un’apprezzabile lievitazione del prezzo di mercato del bene, tale da alterare la funzione di riequilibrio propria del conguaglio, spettando alla parte un mero onere di allegazione, finalizzato a sollecitare l’esercizio del potere officioso del giudice (Sent. n. 15288, Sez. VI, del 3-7-2014).

 

Lavoro subordinato – Clausola pattizia che regola l’esercizio della facoltà di recesso dal rapporto di lavoro da parte del lavoratore – Legittimità

(cod. civ.: artt. 1322 I co., 2118, 2119)

— Nessun limite è posto dalla legge all’autonomia privata per quanto attiene alla facoltà di recesso dal rapporto attribuita al lavoratore, di cui egli può liberamente disporre pattuendo una garanzia di durata minima del rapporto, che comporti, fuori dell’ipotesi di giusta causa di recesso di cui all’art. 2119 c.c., il risarcimento del danno a favore della parte non recedente, conseguente al mancato rispetto del periodo minimo di durata del rapporto (detta garanzia è analoga a quella destinata ad operare nel contratto di lavoro a tempo determinato, che consente il recesso anticipato del dipendente solo per giusta causa); né può certamente prospettarsi, in relazione alle clausole pattizie che regolano l’esercizio della facoltà di recesso dal rapporto di lavoro subordinato, una limitazione della libertà contrattuale del lavoratore, in violazione della tutela assicurata dai principi dell’ordinamento (Sent. n. 17010, Sez. lavoro, del 25-7-2014).

 

Lavoro subordinato – Diritto del lavoratore alle ferie annuali – Maturazione – Non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore – Fondamento

(Cost.: art. 36 III co.; cod. civ.: art. 2109)

— Il diritto del lavoratore alle ferie annuali, tutelato dall’art. 36 Cost., è ricollegabile non solo ad una funzione di corrispettivo dell’attività lavorativa, ma altresì al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, il quale, mediante le ferie, può partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e può vedersi tutelato il proprio diritto alla salute nell’interesse dello stesso datore di lavoro. Perciò la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie ex art. 2109 c.c., trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (Sent. n. 17177, Sez. lavoro, del 29-7-2014).

 

Lavoro subordinato – Mansioni – Demansionamento – Onere della prova – Riparto tra lavoratore e datore di lavoro

(cod. civ.: artt. 2103, 2697, 2727; cod. proc. civ.: art. 421)

— In materia di demansionamento (o dequalificazione), il lavoratore è tenuto a prospettare le circostanze di fatto volte a dare fondamento alla denuncia ed ha, quindi, l’onere di allegare gli elementi di fatto significativi dell’illegittimo esercizio del potere datoriale, e non anche quelli idonei a dimostrare in modo autosufficiente la fondatezza delle pretese azionate, mentre il datore di lavoro è tenuto a prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti posti dal lavoratore a fondamento della domanda e può allegarne altri, indicativi del legittimo esercizio del potere direttivo, fermo restando che spetta al giudice valutare se le mansioni assegnate siano dequalificanti, potendo egli presumere, nell’esercizio dei poteri, anche officiosi, a lui attribuiti, la fondatezza del diritto fatto valere anche da fatti non specificamente contestati dall’interessato, nonché da elementi altrimenti acquisiti o acquisibili al processo (Sent. n. 15527, Sez. lavoro, dell’8-7-2014).

 

Mandato gratuito – Volontà negoziale circa la gratuità del contratto che sia stata espressa sin dall’inizio del rapporto – Artt. 2722 e 2729 cod. civ. – Applicabilità – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1703, 1709, 2722, 2729)

— Gli artt. 2722 e 2729 cod. civ. non trovano applicazione nell’ipotesi di contratto di mandato gratuito, allorché la volontà negoziale circa la gratuità del contratto sia stata espressa sin dall’inizio del rapporto contrattuale, venendo in rilievo, in tale caso, una questione di interpretazione della sostanziale ed originaria volontà negoziale delle parti e non già di applicazione dei limiti alla prova testimoniale e presuntiva in materia di patti aggiunti (Sent. n. 15485, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

Mutuo – Procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo – Nesso funzionale tra il mutuo e la procura – Divieto di patto commissorio – Violazione – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1392, 1470, 1813, 2744)

— Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento. Ne consegue che anche la procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo, è idonea ad integrare la violazione della norma suddetta, qualora si accerti che tra il mutuo e la procura sussista un nesso funzionale, non assumendo rilievo, in senso contrario, la circostanza che il bene venduto venga intestato ad un prossimo congiunto del creditore (nella specie, la di lui figlia), perché in tal caso lo strettissimo vincolo di parentela consente di ritenere che l’operazione sia stata posta in essere proprio per eludere il divieto ex lege (Sent. n. 15486, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

Obbligazioni – Inadempimento – Prevedibilità del danno – Nozione

(cod. civ.: art. 1225)

— La prevedibilità di cui all’art. 1225 c.c. costituisce uno dei criteri di determinazione dell’ambito del danno risarcibile, consistente in un giudizio di probabilità del verificarsi di un futuro danno espresso in astratto, secondo l’apprezzamento della normale diligenza del soggetto responsabile (Sent. n. 17460, Sez. lavoro, del 31-7-2014).

 

Possesso – Usucapione – Riconoscimento del diritto del proprietario da parte del possessore, idoneo ad interrompere il termine utile per il verificarsi dell’usucapione – Configurabilità – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1165, 2944)

— Ai fini della configurabilità del riconoscimento del diritto del proprietario da parte del possessore, idoneo ad interrompere il termine utile per il verificarsi dell’usucapione, ai sensi degli artt. 1165 e 2944 c.c., non è sufficiente un mero atto o fatto che evidenzi la consapevolezza del possessore circa la spettanza ad altri del diritto da lui esercitato come proprio, ma si richiede che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare, ben potendo la sua iniziativa essere ispirata dalla volontà di evitare lungaggini di carattere giudiziale, ovvero essere improntata a spirito conciliativo (Ord. n. 17213, Sez. VI, del 29-7-2014).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Principio della prevenzione – Portata

(cod. civ.: artt. 873, 875, 877)

— Il principio della prevenzione comporta che il confinante, che costruisce per primo, può edificare sia alla distanza minima imposta dalla legge, sia sul confine, sia a distanza inferiore alla metà di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, salvo in tale ultimo caso la possibilità per il vicino, che elevi un fabbricato successivamente, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, chiedendo la comunione forzosa del muro ex art. 875 cod. civ., oppure costruendo in aderenza ex art. 877 cod. civ. (Sent. n. 15547, Sez. II, dell’8-7-2014).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze nelle costruzioni – Violazione delle relative norme del codice civile e di quelle integrative dello stesso – Rimedi per il proprietario confinante che lamenti tale violazione – Individuazione

(cod. civ.: artt. 872, 873, 1027)

— In tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, sia quella risarcitoria, ed il danno che egli subisce (danno conseguenza e non danno evento), essendo l’effetto, certo ed indiscutibile, dell’abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento, che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà medesima, deve ritenersi in re ipsa, senza necessità di una specifica attività probatoria (Sent. n. 16687, Sez. II, del 22-7-2014).

 

Regolamento necessario di competenza – È ammissibile anche nei confronti di un’ordinanza che ha dichiarato la litispendenza – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 39 I co., 42)

— Il regolamento necessario di competenza è ammissibile anche nei confronti di un’ordinanza che ha dichiarato la litispendenza. Ed infatti la litispendenza è istituto che concorre all’identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa, sicché la pronuncia con cui il giudice dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile al provvedimento con cui vengono decise le questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza (Ord. n. 17443, Sez. Unite, del 31-7-2014).

 

Responsabilità patrimoniale – Privilegi sopra gli immobili – Crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto – Privilegio relativo – Soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2645 bis, 2745, 2748 II co., 2775 bis)

— Il privilegio speciale sul bene immobile, che assiste, ai sensi dell’art. 2775 bis c.c., i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ex art. 2645 bis c.c., siccome subordinato ad una particolare forma di pubblicità costitutiva (come previsto dall’ultima parte dell’art. 2745 c.c.), resta sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca, sancita, se non diversamente disposto, dall’art. 2748, comma 2, c.c., e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti (Sent. n. 17270, Sez. I, del 30-7-2014).

 

* Responsabilità precontrattuale della P.A. – Casi in cui è configurabile

(cod. civ.: art. 1337)

— La responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l’inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l’insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza previsto dall’art. 1337 cod. civ., a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante (Sent. n. 15260, Sez. I, del 3-7-2014).

 

Responsabilità professionale dell’avvocato – Natura, presupposto e criteri di necessità

(cod. civ.: art. 1176 II co.)

— La responsabilità professionale dell’avvocato configura un’obbligazione di mezzi e non di risultato e quindi presuppone la violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Ne discende che la responsabilità del legale non potrebbe affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, ma è necessaria la verifica se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla sua condotta professionale, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Sent. n. 16690, Sez. II, del 22-7-2014).

 

Ricorso per cassazione – Contenuto – Esposizione sommaria dei fatti della causa – Criterio di sufficienza

(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 3)

— Per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dal n. 3 dell’art. 366 cod. proc. civ., non è necessario che tale esposizione costituisca parte a sé stante del ricorso, ma è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi (Sent. n. 15478, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

Risarcimento del danno extracontrattuale – Credito avente ad oggetto un’obbligazione di valore – Deve essere liquidato in moneta esprimente il potere d’acquisto dell’epoca della liquidazione, non dell’epoca dell’illecito – Ragione

(cod. civ.: art. 2043)

— Il credito avente ad oggetto un’obbligazione di valore (quale è l’obbligo di risarcire il danno aquiliano) deve essere liquidato in moneta esprimente il potere d’acquisto dell’epoca della liquidazione, non dell’epoca dell’illecito. Poiché, infatti, il risarcimento deve mettere il danneggiato nella medesima situazione patrimoniale in cui si sarebbe trovato se il danno non si fosse verificato, tale risultato non potrebbe mai essere raggiunto se nelle more tra l’illecito e l’aestimatio del danno il denaro si fosse deprezzato (Sent. n. 16502, Sez. III, del 18-7-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno alla salute subìto dai prossimi congiunti della vittima di un sinistro stradale – Quando costituisce danno non patrimoniale risarcibile iure proprio

(cod. civ.: artt. 2059, 2697; cod. pen.: art. 40)

— Il danno alla salute subìto dai prossimi congiunti della vittima di un sinistro stradale costituisce danno non patrimoniale, risarcibile iure proprio in favore di tali soggetti, ove sia adeguatamente provato il nesso causale tra la menomazione dello stato di salute dei medesimi ed il fatto illecito (Sent. n. 15491, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

* Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno «biologico terminale» – Pretesa risarcitoria trasmissibile iure hereditatis – Sussistenza e criteri di liquidazione

(cod. civ.: artt. 2056, 2059)

— In tema di danno da perdita della vita, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso. Tale danno, qualificabile come danno «biologico terminale», dà luogo ad una pretesa risarcitoria, trasmissibile iure hereditatis, da commisurare soltanto all’inabilità temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte (Sent. n. 15491, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno «edonistico» da perdita del rapporto parentale – Deve essere valutato unitamente al risarcimento del danno morale iure proprio – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2056, 2059)

— Il danno qualificabile come «edonistico» per la perdita del rapporto parentale deve essere valutato unitamente al risarcimento del danno morale iure proprio. Infatti il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. preclude un risarcimento separato e autonomo per ogni tipo di sofferenza patita dalla persona, fermo l’obbligo del giudice di tener conto nel caso concreto di tutte le peculiari modalità di manifestazione del danno non patrimoniale, così da assicurare la personalizzazione della liquidazione (Sent. n. 15491, Sez. III, dell’8-7-2014).

 

Separazione giudiziale dei coniugi – Inosservanza dell’obbligo di fedeltà – Onere della prova – Riparto tra attore e convenuto

(cod. civ.: artt. 143 II co., 151, 2697)

— Grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Sent. n. 16172, Sez. I, del 15-7-2014).

 

Separazione personale dei coniugi – Assegnazione della casa familiare – Art. 155 quater cod. civ. – Ratio

(cod. civ.: artt. 150, 155 quater)

— In tema di assegnazione della casa familiare, l’art. 155 quater c.c., applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, tutela l’interesse prioritario della prole a permanere nell’habitat domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare. Da ciò deriva l’impossibilità di un’automatica revoca dell’assegnazione della casa ove l’assegnatario conviva di fatto o per sopravvenuto matrimonio (Sent. n. 16171, Sez. I, del 15-7-2014).

 

Servitù – Esercizio – Aggravamento dipendente dalla trasformazione operata sul fondo dominante – Accertamento – Criteri di necessità

(cod. civ.: art. 1067)

— In tema di servitù, l’aggravamento dell’esercizio, in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante, va verificato accertando se l’innovazione abbia alterato l’originario rapporto con il fondo servente e se il sacrificio imposto sia maggiore rispetto a quello originariamente previsto, dovendosi valutare l’opera non in sé stessa, ma anche con riferimento alle implicazioni che ne derivino a carico del fondo servente, assumendo rilevanza non soltanto i pregiudizi attuali, ma anche quelli potenziali, connessi e prevedibili, in considerazione dell’intensificazione dell’onere gravante sul fondo anzidetto. Ne consegue che incorre nel divieto di cui all’art. 1067 cod. civ. il proprietario del fondo dominante che effettui innalzamenti del livello del proprio immobile e determini — mediante realizzazione sul muro di divisione di più finestre poste su differenti livelli — una più facile, intensa e continua inspectio e prospectio sul fondo servente, tale da modificare lo stato dei luoghi, facendone assumere una diversa configurazione e funzione (Sent. n. 15538, Sez. II, dell’8-7-2014).

 

Transazione novativa su un titolo nullo – Annullabilità – Sussistenza – Legittimazione a far valere il vizio soltanto ad opera della parte che abbia ignorato la causa di nullità – Sussistenza

(cod. civ.: art. 1972 II co.)

— La transazione novativa, ovvero quella che ha per oggetto il titolo e non la sua esecuzione, se interviene su un titolo nullo è annullabile, ma il vizio del negozio, agli effetti dell’art. 1972, secondo comma, cod. civ., può essere fatto valere soltanto dalla parte che abbia ignorato la causa di nullità (Sent. n. 15841, Sez. II, del 10-7-2014).

 

Vendita di cose mobili – Luogo della consegna – Cosa venduta che deve essere trasportata da un luogo all’altro – «Vendita con spedizione» – Ipotesi normale – «Vendita con consegna all’arrivo» – Apposito patto contrario – Necessità

(cod. civ.: art. 1510 II co.)

— L’art. 1510, comma 2, cod. civ. pone la presunzione secondo cui, nella vendita di una cosa da trasportare da un luogo all’altro, deve considerarsi quale ipotesi normale quella della «vendita con spedizione», mentre è necessario un apposito patto contrario perché possa ritenersi conclusa una «vendita con consegna all’arrivo»; la norma in questione è dunque disponibile ma, essendo la regola quella della «vendita con spedizione», perché possa ritenersi l’esistenza del patto contrario, occorre il concorso di elementi precisi ed univoci atti a dimostrare la volontà di deroga (Sent. n. 16961, Sez. II, del 24-7-2014).

 

Vendita – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Responsabilità del rivenditore ex art. 1494 cod. civ. – Controlli periodici o su campione della merce – Necessità

(cod. civ.: artt. 1490, 1494, 2697)

— In tema di vizi della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1494 cod. civ., il rivenditore è responsabile nei confronti del compratore del danno a lui cagionato dal prodotto difettoso se non fornisce la prova di aver attuato un idoneo comportamento positivo tendente a verificare lo stato e qualità della merce e l’assenza di vizi, anche alla stregua della destinazione della stessa, giacché i doveri professionali del rivenditore impongono, secondo l’uso della normale diligenza, controlli periodici o su campione, al fine di evitare che notevoli quantitativi di merce presentino gravi vizi di composizione (Sent. n. 15824, Sez. II, del 10-7-2014).