Abitazione – Limite ex art. 1022 cod. civ. riguardo ai bisogni del titolare e della sua famiglia – Individuazione
(cod. civ.: art. 1022)
— In tema di diritto di abitazione, il limite sancito dall’art. 1022 cod. civ. riguardo ai bisogni del titolare e della sua famiglia non deve essere inteso in senso quantitativo, che imporrebbe l’ardua determinazione della parte di casa necessaria a soddisfare tali bisogni, ma solo come divieto di utilizzo della casa in altro modo che per l’abitazione diretta dell’habitator e dei suoi familiari (Sent. n. 14687, Sez. II, del 27-6-2014).
Appalto – Difformità e vizi dell’opera – Fornitura della materia – Responsabilità dell’appaltatore nel caso in cui accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 1658, 1667)
— L’appaltatore risponde dei difetti dell’opera quando accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente, anche nel caso in cui questi ultimi, sebbene né difettosi né inadatti, richiedano tuttavia, per la loro corretta utilizzazione, l’osservanza di una particolare procedura, il cui eventuale apprendimento è a carico dell’appaltatore ed è esigibile al pari del possesso delle ordinarie nozioni dell’arte (Sent. n. 14220, Sez. II, del 23-6-2014).
Appalto – Rovina e difetti di cose immobili – Cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale – Riveste la qualità di costruttore-venditore – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1669, 2511)
— Ai fini dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 cod. civ., riveste la qualità di costruttore-venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa (Sent. n. 12675, Sez. II, del 5-6-2014).
Associazione riconosciuta – Assemblea – Deliberazioni – Possono valere anche come ratifica di un atto posto in essere da un soggetto privo di potere rappresentativo – Fondamento
(cod. civ.: artt. 21, 1399)
— Le deliberazioni dell’assemblea di un’associazione riconosciuta, ivi comprese quelle di approvazione del bilancio, non costituiscono mere dichiarazioni di scienza, né possono essere considerate come atti unilaterali ed interni, intesi a regolare rapporti intrasoggettivi, ma sono pur sempre atti in cui rileva la volontà posta alla base della formazione della singola deliberazione, sicché esse possono valere anche come ratifica di un atto posto in essere da un soggetto privo di potere rappresentativo (Sent. n. 13774, Sez. II, del 17-6-2014).
Azienda – Divieto di concorrenza – Art. 2557 cod. civ. – Natura ed ambito di applicazione
(cod. civ.: artt. 230 bis, 2557; Cost.: art. 41 I co.)
— In tema di divieto di concorrenza, l’art. 2557 cod. civ. non ha natura eccezionale poiché non è diretto a derogare al principio di libera concorrenza, ma solo a disciplinare, nel modo più congruo, la portata degli effetti connaturali al rapporto contrattuale intercorso tra le parti, sicché ne è consentita l’estensione analogica all’ipotesi del cedente l’azienda che abbia poi intrapreso un’attività commerciale concorrente avvalendosi della partecipazione in un’impresa familiare per dissimulare la propria posizione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto violato il divieto di cui alla predetta norma ad opera del cedente un esercizio commerciale per la vendita di frutta e verdura che, successivamente, era entrato a far parte, con una quota minoritaria, di un’impresa familiare, la cui quota di maggioranza era detenuta da sua sorella e di cui erano partecipi anche la moglie ed un nipote, che gestiva minimercati alimentari sulla medesima strada dell’azienda ceduta, gestendo personalmente il reparto ortofrutticolo — pari al venticinque per cento dell’ambito merceologico dell’impresa — e pubblicizzando il proprio nome alla radio e sulle buste della spesa) (Sent. n. 14471, Sez. I, del 25-6-2014).
Circolazione stradale – Violazioni del codice della strada – Specificità dell’atto di accertamento – Criteri di necessità
(cod. strad.: artt. 200, 201; L. 689/1981: art. 14)
— In tema di violazioni al codice della strada, il requisito della specificità dell’atto di accertamento esige l’indicazione del giorno, dell’ora e della natura dell’infrazione, del tipo e della targa del veicolo, nonché della località del fatto, senza necessità di ulteriori estremi non indispensabili alla difesa dell’incolpato, quali il numero civico o l’intersezione stradale di posizione della luce semaforica inosservata dal trasgressore (Ord. n. 13037, Sez. VI, del 10-6-2014).
Condominio – Assemblea – Delibera – Validità – Prefigurazione nell’avviso di convocazione dello sviluppo della discussione e del risultato dell’esame dei punti all’ordine del giorno – Necessità – Esclusione
(cod. civ.: art. 1136)
— In tema di condominio negli edifici, affinché la delibera assembleare sia valida, non occorre che l’avviso di convocazione prefiguri lo sviluppo della discussione e il risultato dell’esame dei singoli punti all’ordine del giorno (Sent. n. 13047, Sez. II, del 10-6-2014).
Consulente tecnico d’ufficio – Mancanza di imparzialità – Strumento processuale di reazione: tempestiva istanza di ricusazione – Esclusività
(cod. proc. civ.: art. 192 II co.)
— La mancanza di imparzialità del consulente tecnico d’ufficio può essere fatta valere esclusivamente mediante lo strumento della ricusazione, nel termine di cui all’art. 192 cod. proc. civ. (Sent. n. 12822, Sez. lavoro, del 6-6-2014).
Contratto atipico con cui le parti si obblighino al trasferimento del mero possesso, disgiunto dal diritto – È nullo per impossibilità dell’oggetto – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1140, 1322 II co., 1346)
— Il contratto atipico col quale le parti si obblighino al trasferimento del mero possesso, disgiunto dal diritto, è nullo per impossibilità dell’oggetto, in quanto l’animus possidendi, per la sua soggettività, può riferirsi solo al possessore attuale e non al possessore precedente (Sent. n. 13222, Sez. II, dell’11-6-2014).
Contratto di conferimento di incarico professionale o di mandato al terzo arbitratore – Risoluzione per inadempimento – Configurabilità – Esclusione – Fondamento normativo
(cod. civ.: artt. 1349 I e II co., 1453, 1455, 1703, 2229)
— In tema di determinazione della prestazione rimessa ad un terzo, il contratto di conferimento di incarico professionale o di mandato al terzo arbitratore non può essere risolto per inadempimento ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., ostandovi la previsione dell’art. 1349 cod. civ., che consente l’impugnazione della determinazione di quest’ultimo solo se manifestamente iniqua o erronea (arbitrium boni viri) o in presenza di comprovata malafede (arbitrium merum), che, altrimenti, resterebbe vanificata (Sent. n. 13379, Sez. I, del 12-6-2014).
Contratto – Interpretazione – Principio in claris non fit interpretatio – Portata
(cod. civ.: art. 1362)
— In tema di interpretazione del contratto, il principio in claris non fit interpretatio presuppone che la formulazione testuale sia talmente chiara ed univoca da precludere la ricerca di una volontà diversa. A tal fine il giudice ha il potere-dovere di stabilire se la comune intenzione delle parti risulti in modo certo ed immediato dalla dizione letterale del contratto, attraverso una valutazione di merito che consideri il grado di chiarezza della clausola contrattuale mediante l’impiego articolato dei vari canoni ermeneutici, ivi compreso il comportamento complessivo delle parti, in quanto la lettera (il senso letterale), la connessione (il senso coordinato) e l’integrazione (il senso complessivo) costituiscono strumenti interpretativi legati da un rapporto di implicazione necessario al relativo procedimento ermeneutico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale, nell’interpretare una norma dello statuto del Fondo pensioni per il personale del Credito Bergamasco, il mero riferimento all’assemblea degli iscritti non consentiva di ritenere inequivoca la volontà statutaria di attribuire anche agli ex dipendenti titolari del trattamento pensionistico integrativo, e non solo ai lavoratori attivi, il diritto di partecipazione all’assemblea) (Sent. n. 12360, Sez. lavoro, del 3-6-2014).
Contratto per il quale non sia richiesta la forma scritta ad substantiam – Clausole vessatorie – Obbligo della specifica approvazione per iscritto – Trascrizione integrale del contenuto della clausola – Necessità – Esclusione – Richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa – Sufficienza – Fondamento
(cod. civ.: art. 1341 II co.)
— Nel caso di contratto per il quale non sia prescritta la forma scritta ad substantiam, l’obbligo della specifica approvazione per iscritto, di cui all’art. 1341 cod. civ., rimane limitato alla sola clausola vessatoria, senza necessità di trascrizione integrale del contenuto della clausola, essendo sufficiente il richiamo, mediante numero o titolo, alla clausola stessa, in quanto in tal modo si permette al sottoscrittore di conoscerne il contenuto (Ord. n. 12708, Sez. VI, del 5-6-2014).
Contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam – Accordo – Perfezionamento – Criteri di necessità
(cod. civ.: artt. 1326, 1350)
— In tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam, per il perfezionamento dell’accordo è necessario non solo che la produzione in giudizio del contratto avvenga su iniziativa del contraente che non l’ha sottoscritto, ma anche che l’atto sia prodotto per invocare l’adempimento delle obbligazioni da esso scaturenti (Ord. n. 12711, Sez. VI, del 5-6-2014).
Divisione ereditaria – Azione di annullamento per violenza o dolo – È esperibile solo in caso di divisione negoziale
(cod. civ.: art. 761)
— In tema di divisione ereditaria, l’azione di annullamento prevista dall’art. 761 cod. civ. è esperibile solo in caso di divisione negoziale, non anche nel caso di divisione giudiziale conclusa da provvedimento non ricollegabile all’accordo delle parti (Sent. n. 14682, Sez. II, del 27-6-2014).
Domanda giudiziale – Interesse ad agire – Nozione – Accertamento – Criterio di necessità
(cod. proc. civ.: art. 100)
— L’accertamento dell’interesse ad agire, inteso quale esigenza di provocare l’intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica, deve compiersi con riguardo all’utilità del provvedimento giudiziale richiesto rispetto alla lesione denunziata, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito (Sent. n. 13485, Sez. lavoro, del 13-6-2014).
Donazione modale – Risoluzione per inadempimento dell’onere – Non può avvenire tramite clausola risolutiva espressa – Fondamento
(cod. civ.: artt. 793, 1455, 1456)
— In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell’onere non può avvenire ipso iure, senza valutazione di gravità dell’inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un modus (Sent. n. 14120, Sez. II, del 20-6-2014).
Donazione modale – Trascrizione della domanda di risoluzione per inadempimento dell’onere – Non pregiudica il diritto acquistato dal terzo con atto trascritto anteriormente – Buona fede del terzo – Necessità – Esclusione
(cod. civ.: artt. 793, 1458 II co., 2652 I co. n. 1)
— In tema di donazione modale, la trascrizione della domanda di risoluzione per inadempimento dell’onere non pregiudica il diritto acquistato dal terzo con atto trascritto anteriormente, a prescindere dalla sua buona fede, requisito non contemplato dall’art. 2652, n. 1, cod. civ. (Sent. n. 12959, Sez. II, del 9-6-2014).
Donazione modale – Trascrizione – Non fa acquisire all’onere carattere reale – Fondamento
(cod. civ.: artt. 793, 2643)
— La trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, attesi il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori (Sent. n. 12959, Sez. II, del 9-6-2014).
Lavoro subordinato – Diritto del lavoratore alla conservazione del posto in caso di malattia – Onere del datore di lavoro di avvertire preventivamente il lavoratore dell’imminente scadenza del periodo di comporto – Insussistenza – Fondamento e limite
(cod. civ.: artt. 1175, 1374, 1375, 2110)
— Nel rapporto di lavoro i principi di correttezza e buona fede rilevano, come norme di relazione con funzione di fonti integrative del contratto (art. 1374 cod. civ.), ove ineriscano a comportamenti dovuti in relazione ad obblighi di prestazione imposti al datore di lavoro dal contratto collettivo o da altro atto di autonomia privata; ne consegue che, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro non ha l’onere di avvertire preventivamente il lavoratore dell’imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettere al lavoratore di esercitare eventualmente la facoltà, prevista dal contratto collettivo, di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa (Sent. n. 12563, Sez. lavoro, del 4-6-2014).
Lavoro subordinato – Mansioni – Protrarsi nel tempo del demansionamento illegittimo del lavoratore accertato dal giudice di merito – Valore di acquiescenza del lavoratore alla situazione imposta dal datore o di prova della sua tollerabilità – Esclusione – Causa di giustificazione delle dimissioni – Configurabilità
(cod. civ.: artt. 2103, 2118)
— Il protrarsi nel tempo di una situazione illegittima, quale il demansionamento del lavoratore accertato dal giudice di merito, non può essere inteso né come acquiescenza del lavoratore alla situazione imposta dal datore (cui compete il potere organizzativo del lavoro), essendo indisponibili gli interessi sottesi ai limiti allo ius variandi datoriale, né come prova della sua tollerabilità, potendo essere proprio la protrazione della situazione di illegittimità rilevante per fondare le ragioni che giustificano le dimissioni (Sent. n. 13485, Sez. lavoro, del 13-6-2014).
Licenziamento disciplinare – Sanzione espulsiva – Quando è proporzionata alla gravità dell’addebito, anche in presenza di un unico episodio di insubordinazione
(cod. civ.: art. 2106; L. 300/1970: art. 7)
— In tema di licenziamento disciplinare, la valutazione della condotta del lavoratore in contrasto con obblighi che gli incombono, deve tenere conto anche del «disvalore ambientale» che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, essa può assurgere per gli altri dipendenti a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto di detti obblighi. Ne deriva che la sanzione espulsiva è proporzionata alla gravità dell’addebito, anche in presenza di un unico episodio di insubordinazione, qualora questo consista, nonostante il diniego formale di concessione delle ferie per le giornate richieste, in una prolungata assenza ingiustificata dal servizio e la condotta sia stata posta in essere da un’educatrice della prima infanzia, che, data la sua considerevole anzianità di servizio e lo svolgimento di attività sindacale, era consapevole del disservizio educativo cagionato (Sent. n. 12806, Sez. lavoro, del 6-6-2014).
Licenziamento per giusta causa – Conversione, anche in sede d’impugnazione, in licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Ammissibilità – Fondamento e conseguenza
(cod. civ.: art. 2119; L. 604/1966: artt. 1, 3; cod. proc. civ.: art. 112)
— È ammissibile, anche in sede d’impugnazione, la conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, in quanto le dette causali del recesso datoriale costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l’uno con effetto immediato e l’altro con preavviso. Ne consegue che il giudice — senza incorrere in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. — può valutare un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo qualora — fermo restando il principio dell’immutabilità della contestazione e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto — attribuisca al fatto addebitato al lavoratore la minore gravità propria di quest’ultimo tipo di licenziamento (Sent. n. 12884, Sez. lavoro, del 9-6-2014).
Mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione – Applicabilità dell’art. 778 cod. civ. – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 769, 778, 809, 1703)
— L’art. 809 cod. civ., nell’indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione, va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate. Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 778 cod. civ., che stabilisce i limiti al mandato a donare, al mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione (Sent. n. 13684, Sez. II, del 16-6-2014).
Mandato con rappresentanza – Procura – Efficacia – Criterio di sufficienza
(cod. civ.: artt. 1392, 1393, 1704)
— La recettizietà della procura non comporta che la sua efficacia sia subordinata alla consegna dell’originale del documento al rappresentante, essendo sufficiente che il mandante gli comunichi il conferimento dei poteri rappresentativi, anche tramite consegna di una copia dell’atto (Sent. n. 14808, Sez. II, del 30-6-2014).
Mandato – Presunzione iuris tantum di onerosità – Superamento
(cod. civ.: artt. 1709, 2697)
— La presunzione di onerosità del mandato, stabilita iuris tantum dall’art. 1709 cod. civ., può essere superata dalla prova della sua gratuità, desumibile anche dalle circostanze del rapporto, come la qualità del mandatario, le relazioni che intercedono fra questi e il mandante, il contegno delle parti, anteriore e successivo allo svolgimento delle prestazioni (Sent. n. 14682, Sez. II, del 27-6-2014).
Permuta mista a vendita – Accertamento del vizio di una delle cose date in permuta – Risarcimento del danno indipendentemente dalla prova dell’effettiva sua eliminazione – Configurabilità
(cod. civ.: artt. 1218, 1470, 1490, 1552, 1555)
— In materia di contratto misto di vendita e permuta, data l’applicabilità delle norme sulla vendita, con o senza la clausola di compatibilità di cui all’art. 1555 cod. civ. (a seconda che il giudice di merito ritenga prevalente l’una o l’altra causa negoziale), l’accertamento del vizio di una delle cose date in permuta giustifica il risarcimento del danno indipendentemente dalla prova dell’effettiva sua eliminazione, la cui necessità determina comunque una riduzione del valore della res. Tale risarcimento può essere escluso solo se cumulato con un’actio quanti minoris, giacché in tal caso esso assume la valenza di un’eliminazione indiretta del vizio, corrispondente ad un’azione di esatto adempimento, a sua volta esclusa in materia (Ord. n. 13717, Sez. VI, del 17-6-2014).
Possesso – Azione di reintegrazione – Spoglio – Chiusura del cancello di accesso al fondo mediante apposizione di un lucchetto da parte del detentore senza consegna di copia delle chiavi al possessore – Vi rientra – Fondamento
(cod. civ.: artt. 841, 1141, 1168)
— In tema di azioni possessorie, configura spoglio la chiusura del cancello di accesso al fondo mediante apposizione di un lucchetto da parte del detentore, in quanto tale condotta, se non accompagnata dalla consegna di copia delle chiavi al possessore, si qualifica come privazione dell’altrui possesso e, nel contempo, come inequivoco atto d’interversione (Sent. n. 14819, Sez. II, del 30-6-2014).
Processo – Difetto di rappresentanza o di autorizzazione – Art. 182 cod. proc. civ. – Non è una norma eccezionale – Conseguenza
(cod. proc. civ.: artt. 75, 182)
— L’art. 182 cod. proc. civ. non costituisce norma eccezionale ed è suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva ed applicazione analogica, evenienza, quest’ultima, ipotizzabile nel caso in cui la parte abbia mancato di fornire la prova della legitimatio ad causam, sebbene la stessa sia stata prospettata in modo coerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (Sent. n. 13711, Sez. VI, del 17-6-2014).
Prova – Onere – Parte convenuta in giudizio per il pagamento di una somma di denaro che eccepisca di aver adempiuto alla propria obbligazione – Onere della prova – Oggetto
(cod. civ.: art. 2697)
— In tema di onere della prova, la parte convenuta in giudizio per il pagamento di una somma di denaro che eccepisca di avere adempiuto alla propria obbligazione ammette, per ciò stesso, sia pur implicitamente, l’esistenza del rapporto su cui si fonda la pretesa della controparte, la quale, conseguentemente, è sollevata dall’onere della relativa prova, incombendo sul convenuto il compito di dimostrare il proprio assunto difensivo in base al principio per cui chi eccepisce l’estinzione del diritto fatto valere nei suoi confronti deve provare il fatto su cui l’eccezione si fonda (Sent. n. 14610, Sez. lavoro, del 27-6-2014).
Prova – Valutazione – Dichiarazioni «auto-indizianti» rese nel procedimento penale – Valore probatorio nel giudizio civile – Sussistenza – Fondamento
(cod. proc. civ.: art. 116; cod. proc. pen.: artt. 63, 191)
— In base al principio del libero convincimento, il giudice civile può trarre elementi di prova, con adeguato vaglio critico, dalle dichiarazioni «auto-indizianti» rese nel procedimento penale, atteso che la sanzione d’inutilizzabilità, posta dall’art. 63 cod. proc. pen. a tutela dei diritti di difesa in quella sede, non ha effetti fuori di essa (Sent. n. 12577, Sez. II, del 4-6-2014).
Prova – Valutazione – Poteri discrezionali del giudice di merito – Contenuto
(cod. proc. civ.: artt. 115, 116)
— In tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Sent. n. 13485, Sez. lavoro, del 13-6-2014).
Repressione della condotta antisindacale – Comportamento che leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali – Integra gli estremi della condotta antisindacale – Specifico intento lesivo del datore di lavoro – Necessità – Esclusione – Ragione
(L. 300/1970: art. 28)
— La definizione della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori non è analitica ma teleologica, poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i «beni» protetti. Ne consegue che il comportamento che leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali integra gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, senza che sia necessario — né, comunque, sufficiente — uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro poiché l’esigenza di una tutela della libertà sindacale può sorgere anche in relazione ad un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, così come l’intento lesivo del datore di lavoro non può di per sé far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obiettivamente tale da limitare la libertà sindacale (Sent. n. 13726, Sez. lavoro, del 16-6-2014).
Revocazione – Casi – Dolo processuale di una delle parti in danno dell’altra – Nozione
(cod. proc. civ.: art. 395 n. 1; Cost.: art. 24 II co.)
— Il dolo processuale di una delle parti in danno dell’altra in tanto può costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell’art. 395, n. 1, cod. proc. civ., in quanto consista in un’attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare, o sviare, la difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale. Ne consegue che non sono idonei a realizzare la suddetta fattispecie la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio su fatti decisivi della controversia o la mancata produzione di documenti, che possono configurare comportamenti censurabili sotto il diverso profilo della lealtà e correttezza processuale, ma non pregiudicano il diritto di difesa della controparte, la quale resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti dall’ordinamento al fine di pervenire all’accertamento della verità (Sent. n. 12875, Sez. lavoro, del 9-6-2014).
Revocazione – Casi – Ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore – Nozione di forza maggiore
(cod. proc. civ.: art. 395 n. 3)
— In tema di revocazione, l’ipotesi prevista dall’art. 395, n. 3, cod. proc. civ., laddove presuppone il ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi non prodotti in giudizio per causa di forza maggiore, si riferisce ad un avvenimento straordinario, in nessun modo riconducibile ad un comportamento negligente della parte, sicché non è configurabile nel caso di omessa produzione in giudizio del ricorso introduttivo personalmente sottoscritto dal contribuente, sul quale incombe l’onere di controllarne l’effettivo deposito (Sent. n. 12162, Sez. tributaria, del 3-6-2014).
Ricognizione di debito – Fonte autonoma di obbligazione – Esclusione – Fondamento – Inversione dell’onere della prova circa l’esistenza del rapporto fondamentale – Configurabilità – Conseguenza
(cod. civ.: artt. 1988, 2697)
— La ricognizione di debito, consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia, non integra una fonte autonoma di obbligazione ma ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, comportando soltanto l’inversione dell’onere della prova dell’esistenza di quest’ultimo, sicché è destinata a perdere efficacia qualora la parte da cui provenga dimostri che il rapporto medesimo non sia stato instaurato, o sia sorto invalidamente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva omesso di accertare la fondatezza dell’eccezione di nullità, per carenza della necessaria forma scritta ad substantiam, del contratto di appalto pubblico sottostante ad un atto ricognitivo di debito proveniente dall’amministrazione) (Sent. n. 13506, Sez. I, del 13-6-2014).
Ricorso per cassazione – Motivi – Vizi di motivazione dopo la riformulazione dell’art. 360 I co. n. 5) cod. proc. civ. ad opera del D.L. n. 83 del 2012 – Individuazione
(cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5; D.L. 83/2012: art. 54; L. 134/2012)
— In tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. ad opera dell’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Sent. n. 12928, Sez. VI, del 9-6-2014).
Risarcimento del danno da perdita di chance – Domanda di determinazione in via equitativa del danno formulata per la prima volta in Cassazione – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento
(cod. civ.: artt. 1218, 2043; cod. proc. civ.: art. 360)
— La domanda di determinazione, in via equitativa, del danno da perdita di chance non può essere proposta per la prima volta in Cassazione, trattandosi di danno potenziale, non assimilabile ad un danno futuro, e, dunque, non ricompreso, neppure per implicito, in una domanda generica di risarcimento del danno (Sent. n. 13491, Sez. lavoro, del 13-6-2014).
Risarcimento del danno non patrimoniale – Decesso a seguito di lesioni personali – Paura di dover morire – Danno non patrimoniale risarcibile – Condizione: consapevolezza, da parte della vittima, della morte imminente
(cod. civ.: art. 2059)
— La paura di dover morire, provata da chi abbia patito lesioni personali e si renda conto che esse saranno letali, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se la vittima sia stata in grado di comprendere che la propria fine era imminente, sicché, in difetto di tale consapevolezza, non è nemmeno concepibile l’esistenza del danno in questione, a nulla rilevando che la morte sia stata effettivamente causata dalle lesioni (Sent. n. 13537, Sez. III, del 13-6-2014).
Sentenza definitiva sul quantum debeatur – Passaggio in giudicato – Non fa venir meno l’interesse all’impugnazione già proposta contro la sentenza non definitiva sull’an debeatur
(cod. proc. civ.: artt. 100, 277, 279 II co., 324, 340, 361)
— Il passaggio in giudicato della sentenza definitiva sul quantum debeatur, essendo questa condizionata al permanere della precedente sentenza non definitiva sull’an, non fa venir meno l’interesse all’impugnazione già proposta contro quest’ultima sentenza (Sent. n. 13915, Sez. I, del 18-6-2014).
Sentenza non definitiva – Statuizioni relative – Non possono essere modificate o revocate con la sentenza definitiva – Fondamento
(cod. proc. civ.: artt. 277, 279 II co.)
— Le statuizioni contenute nella sentenza non definitiva non possono essere modificate o revocate con la sentenza definitiva, in quanto i singoli punti della prima possono essere sottoposti a riesame solo con le impugnazioni, mentre la non definitività concerne soltanto la non integralità della decisione della controversia, e non anche la modificabilità, da parte dello stesso giudice, di ciò che è già stato deciso (Sent. n. 13621, Sez. lavoro, del 16-6-2014).
Separazione giudiziale dei coniugi – Nozione di mobbing familiare – Rilievo meramente descrittivo – Sussistenza
(cod. civ.: artt. 143, 151, 2043; Cost.: artt. 2, 3, 29 II co.)
— La nozione di mobbing, mutuata dal campo lavoristico — in cui fotografa situazioni patologiche che possono sorgere in presenza di un dislivello tra gli antagonisti, dove la vittima si trova in costante posizione di inferiorità rispetto ad un’altra o ad altre persone —, riportata in un ambito, quale quello familiare, caratterizzato dall’uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi, assume un rilievo meramente descrittivo, inidoneo a scalfire la regola secondo cui l’addebito della separazione postula la prova rigorosa sia del compimento, da parte di uno di essi, di specifici atti consapevolmente contrari ai doveri del matrimonio, sia del nesso causale tra tali atti ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza o del grave pregiudizio dei figli, e, nell’escludere ogni facilitazione probatoria per il coniuge che richiede l’addebito, è coerente con l’elevazione del rispetto della dignità e della personalità dei coniugi a diritto inviolabile, la cui lesione può generare responsabilità aquiliana anche in assenza del predetto addebito. (Così statuendo, la S.C., confermando la sentenza impugnata, che aveva ritenuto improprio il riferimento al mobbing in ambito familiare, ha disatteso il motivo di ricorso teso a configurare il comportamento del coniuge mobber come integrante, di per sé, una violazione degli obblighi sanciti dall’art. 143 cod. civ.) (Sent. n. 13983, Sez. I, del 19-6-2014).
Separazione personale dei coniugi – Assegno di mantenimento – Diritto relativo – Quando sorge
(cod. civ.: artt. 150, 156)
— A norma dell’art. 156 cod. civ., il diritto al mantenimento a seguito di separazione personale sorge, in favore del coniuge al quale questa non sia addebitabile, ove egli non fruisca di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio. Nel valutare tale presupposto, tuttavia, il giudice dovrà tenere conto di ogni tipo di reddito disponibile da parte del richiedente, ivi compresi quelli derivanti da elargizioni da parte di familiari che erano in corso durante il matrimonio e che si protraggano in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità tali da influire in maniera stabile e certa sul tenore di vita dell’interessato (Ord. n. 13026, Sez. VI, del 10-6-2014).
Successione legittima – Riserva a favore del coniuge superstite – Diritti di abitazione e d’uso – Riguardano l’immobile concretamente utilizzato come residenza familiare prima della morte del de cuius – Conseguenza
(cod. civ.: art. 540 II co.)
— I diritti di abitazione e d’uso riservati al coniuge superstite dall’art. 540, secondo comma, cod. civ. riguardano l’immobile concretamente utilizzato come residenza familiare prima della morte del de cuius, sicché essi non spettano al coniuge separato senza addebito, qualora la cessazione della convivenza renda impossibile individuare una casa adibita a residenza familiare (Sent. n. 13407, Sez. II, del 12-6-2014).
Testamento – Rinunzia a farlo valere – Accordo tra tutti i coeredi – Necessità – Forma scritta ad substantiam – Necessità qualora nella successione siano compresi beni immobili – Ragione
(cod. civ.: artt. 457, 519, 587, 1350)
— Per la valida rinunzia a far valere il testamento, occorre l’accordo di tutti i coeredi, da redigere per atto scritto, a pena di nullità, se nella successione sono compresi beni immobili, poiché detto accordo, importando una modificazione quantitativa delle quote, tanto dal lato attivo, che da quello passivo, si risolve in un atto di disposizione delle stesse (Sent. n. 12685, Sez. II, del 5-6-2014).
Vendita di un’autovettura designata solo per marca, tipo e accessori – È una vendita di cosa appartenente a genere limitato – Obblighi del venditore – Individuazione
(cod. civ.: artt. 1218, 1378, 1472, 1476, 1477)
— La vendita di un’autovettura designata solo per marca, tipo e accessori non è una vendita di cosa altrui o cosa futura, ma una vendita di cosa appartenente a genere limitato, che fa sorgere a carico del venditore il duplice obbligo di individuare la res e di consegnarla nel luogo pattuito. L’individuazione necessaria all’effetto reale deve essere fatta col concorso di entrambe le parti, sicché la mancata importazione del veicolo dal luogo di produzione a quello di consegna rende il venditore inadempiente ad entrambe le dette obbligazioni (Ord. n. 14025, Sez. VI, del 19-6-2014).
Vendita – Evizione totale o parziale della cosa – Si verifica solo quando l’acquirente sia privato, in tutto o in parte, del bene alienato – Ipotesi in cui, inalterato il diritto nella sua estensione quantitativa, risulti inesistente la servitù attiva che il venditore abbia dichiarato nel contratto – Evizione parziale – Configurabilità – Esclusione – Conseguenza: applicabilità dell’art. 1489 cod. civ.
(cod. civ.: artt. 1483, 1484, 1489)
— In tema di compravendita, l’evizione totale o parziale si verifica solo quando l’acquirente sia privato, in tutto o in parte, del bene alienato, mentre, nell’ipotesi in cui, inalterato il diritto nella sua estensione quantitativa, risulti inesistente la servitù attiva che il venditore abbia dichiarato nel contratto, si determina, al pari dell’ipotesi di esistenza di una servitù passiva non dichiarata, la mancanza di una qualitas fundi, con conseguente applicazione dell’art. 1489 cod. civ., estensivamente interpretato, il quale, oltre ai rimedi sinallagmatici della risoluzione e della riduzione del prezzo, consente anche il solo risarcimento del danno (Sent. n. 14324, Sez. II, del 24-6-2014).