Massime civili della Cassazione di maggio 2013

Agenzia – Contratto – Forma ad probationem

(cod. civ.: artt. 1350, 1742 II co., 2721, 2727, 2730, 2736)

— La forma del contratto di agenzia, essendo prevista da una fonte negoziale, deve ritenersi prescritta ad probationem — atteso che la prescrizione della forma ad substantiam è riservata esclusivamente al legislatore — con la conseguenza che, in mancanza di essa, è valida l’esecuzione volontaria del contratto, la conferma di esso e la sua ricognizione volontaria, come pure la possibilità di ricorrere alla confessione ed al giuramento, dovendosi escludere unicamente la possibilità della prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento) e di quella per presunzioni (Sent. n. 11405, Sez. lavoro, del 13-5-2013).

 

Appalto – Difformità e vizi dell’opera – Azione di garanzia per vizi – Prescrizione – Dies a quo: giorno della consegna dell’opera – Conseguenza

(cod. civ.: art. 1667 III co.)

— Nel contratto di appalto concernente l’esecuzione di un’opera l’azione di garanzia per vizi può essere esercitata solo dopo la consegna dell’opera stessa, quale momento di adempimento della prestazione dell’appaltatore che ne presuppone, ovviamente, l’ultimazione. Tanto si desume dal disposto dell’art. 1667, comma 3, c.c. che fa decorrere la prescrizione della relativa azione «dal giorno della consegna dell’opera», afferente alla fase dell’esecuzione contrattuale; conseguentemente la prescrizione non opera fino a quando non avvenga, a seguito dell’ultimazione dei lavori, la consegna definitiva subordinata alla verifica ed all’accettazione dell’opera (Sent. n. 13631, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Appalto o contratto d’opera – Impegno ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera assunto dall’appaltatore o dal prestatore – È soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1218, 1230, 1667, 1668, 2222, 2226, 2946, 2964)

— In tema di appalto o di contratto d’opera, l’impegno ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera, assunto dall’appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un’autonoma obbligazione di facere, la quale si affianca all’originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, e rimane, pertanto, soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale (Sent. n. 13613, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Appello – Documenti nuovi – Quando è possibile produrli

(cod. proc. civ.: art. 345 III co.)

— La possibilità di produrre nuovi documenti in appello, in deroga al divieto previsto dall’art. 345 cod. proc. civ., sussiste sia quando tali documenti siano «indispensabili» (eventualità che ricorre tra l’altro quando il documento è di per sé sufficiente a provare il fatto controverso, a prescindere da tutte le altre fonti di prova), sia quando essi abbiano il mero scopo di rafforzare le prove già raccolte in primo grado, perché in tal caso la produzione non è destinata ad aprire un nuovo fronte di indagine. (Nella specie, l’attore aveva chiesto la restituzione delle somme pagate in esecuzione di un contratto dichiarato risolto, invocando a prova del pagamento la confessione del convenuto; rigettata la domanda da parte del tribunale, la corte d’appello ritenne inammissibile la produzione per la prima volta in appello, da parte del solvens, delle cambiali quietanzate, tese a dimostrare l’effettivo pagamento delle somme di cui si chiedeva la restituzione; la Corte, in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato tale decisione) (Sent. n. 13432, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Appello – Domanda nuova – Fattispecie in tema di colpa professionale del medico

(cod. proc. civ.: art. 345 I co.; cod. civ.: artt. 1176 II co., 2043;

Cost.: art. 32)

— Deve ritenersi preclusa, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la proposizione nel giudizio di appello, per la prima volta, della domanda risarcitoria diretta a far valere la colpa professionale del medico nell’esecuzione di un intervento, costituendo domanda nuova rispetto a quella — proposta in primo grado — basata sulla mancata prestazione del consenso informato, differente essendo il loro fondamento, atteso che solo quest’ultima si collega alla condotta colposa del medico nell’esecuzione della prestazione, inesattamente adempiuta, e non, invece, all’omessa informazione in sé (Sent. n. 11950, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Apprendistato – Nozione

(L. 25/1955: art. 11)

— L’apprendistato è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Affinché tale obiettivo possa essere raggiunto è necessario lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro. La legge non fissa al datore l’obbligo di impartire l’insegnamento pratico secondo particolari modalità, ma gli consente di modularlo secondo le esigenze aziendali, sulla base di valutazioni organizzative proprie del datore stesso, nell’unico rispetto dei limiti posti dall’art. 11 della L. n. 25 del 1955 (Sent. n. 11265, Sez. lavoro, del 10-5-2013).

 

Arbitrato – Difetto di potestas iudicandi del collegio arbitrale – Quando può essere rilevato d’ufficio nel giudizio di impugnazione

(cod. proc. civ.: artt. 807, 808)

— Il difetto di potestas iudicandi del collegio arbitrale, comportando un vizio insanabile del lodo, può essere rilevato di ufficio nel giudizio di impugnazione, indipendentemente dalla sua precedente deduzione nella fase arbitrale, soltanto qualora derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria (Sent. n. 10729, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Arbitrato – Instaurazione del procedimento dopo la scadenza del termine all’uopo fissato dalle parti – È un vizio di incompetenza degli arbitri – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 808, 817, 820)

— In tema di arbitrato rituale, l’instaurazione del procedimento arbitrale dopo la scadenza del termine all’uopo fissato dalle parti integra un vizio di incompetenza degli arbitri, in quanto detta scadenza implica il venir meno del loro potere decisionale ed il risorgere della competenza del giudice ordinario, al fine di assicurare il rispetto della volontà, manifestata dalle parti attraverso la fissazione di un termine, di circoscrivere temporalmente la facoltà di sollecitare l’intervento arbitrale; invece, la scadenza del termine per il deposito del lodo a causa della totale inerzia delle parti non determina automaticamente la competenza del giudice ordinario, poiché, diversamente opinando, alla parte intenzionata a sottrarsi all’operatività della clausola compromissoria sarebbe sufficiente promuovere il giudizio arbitrale per rimanere, poi, del tutto inerte, onde precludere al collegio arbitrale la possibilità di decidere (Sent. n. 10599, Sez. II, del 7-5-2013).

 

Assicurazione della responsabilità civile – Assicuratore che abbia pagato direttamente al danneggiato la somma che l’assicurato è stato condannato a corrispondere a titolo di risarcimento con sentenza di primo grado immediatamente esecutiva – Sentenza riformata in appello con il rigetto della domanda risarcitoria – Legittimazione attiva dell’assicuratore ad esperire l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 1917 II co., 2033; cod. proc. civ.: art. 99)

— All’assicuratore della responsabilità civile il quale, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, abbia, per gli effetti di cui al comma secondo dell’art. 1917 cod. civ., pagato direttamente al danneggiato la somma che l’assicurato è stato condannato a corrispondere a titolo di risarcimento con sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, spetta, qualora detta sentenza sia riformata in appello con il rigetto della domanda risarcitoria, l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ., attesa l’inesistenza di una legittima causa solvendi, senza che importi che il pagamento sia avvenuto spontaneamente (Sent. n. 11121, Sez. III, del 10-5-2013).

 

Assicurazione della responsabilità civile – Assicuratore che abbia pagato direttamente al danneggiato l’indennizzo che successivamente risulti non dovuto – Legittimazione attiva dell’assicurato ad esperire l’azione di ripetizione dell’indebito – Esclusione

(cod. civ.: artt. 1917 II co., 2033)

— Nel caso in cui l’assicuratore della responsabilità civile abbia pagato l’indennizzo direttamente al danneggiato e successivamente risulti che tale somma non era dovuta, l’assicurato non ha la legittimazione attiva ad esperire l’azione di ripetizione dell’indebito (Sent. n. 11121, Sez. III, del 10-5-2013).

 

Assicurazione per conto altrui – Facoltà delle parti di subordinare l’efficacia della polizza alla sottoscrizione, oltre che del contraente, anche del terzo beneficiario

(cod. civ.: art. 1891)

— Nell’assicurazione per conto altrui è facoltà delle parti subordinare l’efficacia della polizza alla sottoscrizione, oltre che del contraente, anche del terzo beneficiario. Tuttavia, tale onere di forma, avente natura convenzionale, può essere revocato per volontà, anche implicita, delle parti stesse, come avviene nel caso in cui il beneficiario non sottoscrittore della polizza chieda — ed ottenga — un aumento della somma assicurata (Sent. n. 11124, Sez. III, del 10-5-2013).

 

Associazione in partecipazione – Contratto a tempo determinato – Recesso unilaterale anticipato – Configurabilità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: art. 2549)

— Il contratto di associazione in partecipazione per un periodo di tempo determinato non è un contratto basato sull’elemento della fiducia e pertanto non è consentito il recesso unilaterale anticipato (Sent. n. 13649, Sez. I, del 30-5-2013).

 

Avvocati – Nomina in corso di causa di un nuovo difensore, accompagnata da una nuova elezione di domicilio – Validità ed efficacia al fine della notifica degli atti processuali solo del domicilio eletto per secondo – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 82 e segg., 137)

— Ai fini processuali, mentre è ammissibile che una parte possa avere due difensori, non è concepibile che possa eleggere domicilio in due luoghi diversi. Ne consegue che nell’ipotesi di nomina in corso di causa di un nuovo difensore, accompagnata da una nuova elezione di domicilio, solo il domicilio eletto per secondo deve ritenersi valido ed efficace al fine della notifica degli atti processuali, a nulla rilevando che né il primo difensore, né la prima elezione di domicilio, siano mai stati formalmente revocati (Sent. n. 13199, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Azienda – Affitto – Parti che abbiano espressamente disciplinato le sorti del contratto di locazione dell’immobile nel quale è esercitata l’azienda – Applicazione della disciplina delle locazioni in luogo dell’art. 2558 cod. civ. – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 1406, 1594, 2558, 2562)

— Qualora le parti, nello stipulare un contratto di affitto di azienda, abbiano espressamente disciplinato le sorti del contratto di locazione dell’immobile nel quale è esercitata l’azienda, trova applicazione la disciplina della locazione, che espressamente regola la fattispecie, non operando, invece, il principio di successione automatica del cessionario nei contratti stipulati dal cedente, di cui all’art. 2558 cod. civ. (Sent. n. 11967, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Azienda – Affitto – Qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell’originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all’immobile in cui è esercitata l’azienda

(cod. civ.: artt. 1406, 1594, 2558, 2562; L. 392/1978: art. 36)

— In caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell’originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all’immobile in cui è esercitata l’azienda non rileva con riguardo all’esclusione della necessità del consenso del locatore — prevista, per entrambi i casi, dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli artt. 1594 e 1406 cod. civ. — ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione ad causam appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione (Sent. n. 11967, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Azienda – Cessione – Legittimazione del lavoratore a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro cedente – Sussistenza – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2112, 2120; R.D. 267/1942: art. 6)

— In caso di cessione d’azienda assoggettata al regime di cui all’art. 2112 cod. civ., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cessionario è obbligato nei confronti del lavoratore il cui rapporto sia con lui proseguito quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione in ragione del vincolo di solidarietà e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione, mentre il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale. Ne consegue che il lavoratore è legittimato a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto l’azienda, essendo creditore del medesimo (Ord. n. 11479, Sez. VI, del 14-5-2013).

 

Azienda – Trasferimento – Disciplina ex art. 2112 cod. civ. – Presupposto

(cod. civ.: artt. 1655, 2112)

— Ai fini del trasferimento d’azienda, la disciplina di cui all’art. 2112 cod. civ. postula soltanto che il complesso organizzato dei beni dell’impresa — nella sua identità obiettiva — sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio, potendosi così prescindere da un rapporto contrattuale diretto tra l’imprenditore uscente e quello che subentra nella gestione. Tuttavia, non può ravvisarsi un trasferimento d’azienda in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, ove non sia dimostrato un passaggio di beni di non trascurabile entità, e tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa (Sent. n. 11918, Sez. lavoro, del 16-5-2013).

 

Azione di ripetizione di indebito oggettivo – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1353, 2033, 2951)

— L’azione di ripetizione di indebito, prevista dall’art. 2033 cod. civ., ha per suo fondamento l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, o perché venuto meno successivamente, a seguito di annullamento, rescissione o inefficacia connessa ad una condizione risolutiva avveratasi. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha escluso l’operatività dell’istituto de quo, atteso che la controversia, investendo la restituzione di corrispettivi versati per trasporti di merce per un chilometraggio effettivamente coperto diverso da quello oggetto di fatturazione, era stata correttamente inquadrata dal giudice di merito nell’alveo contrattuale, con conseguente applicazione, quanto alla prescrizione del diritto, dell’art. 2951 cod. civ.) (Sent. n. 13207, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Circolazione stradale – Aree destinate al parcheggio a pagamento – Obbligo del gestore dell’area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati – Esclusione – Limite e conseguenza

(cod. strad.: art. 7 I co. lett. f; cod. civ.: artt. 1326 I co., 1327; cod. pen.: art. 624)

— L’istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento, ai sensi dell’art. 7, primo comma, lett. f), del codice della strada, non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore dell’area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati, se l’avviso «parcheggio incustodito» sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 cod. civ.). Ne consegue che il gestore, concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia, non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta (Sent. n. 11931, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Circolazione stradale – Autocarro – Nozione

(cod. strad.: artt. 54 I co. lett. d, 82 VIII co.)

— A norma dell’art. 54 del codice della strada, gli autocarri sono veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all’uso o al trasporto delle cose stesse; ne consegue che sussiste la violazione di cui all’art. 82, comma ottavo, del codice della strada qualora sia trasportata su di un autocarro una persona estranea al servizio di trasporto di cose, ancorché facente parte dell’impresa familiare per conto della quale il conducente sta eseguendo il trasporto medesimo (Ord. n. 10853, Sez. VI, dell’8-5-2013).

 

Circolazione stradale – Risarcimento dei danni alle cose provocati da un incidente stradale – Preventivo di spesa prodotto dal danneggiato

(cod. civ.: artt. 2043, 2056; D.Lgs. 285/1992; cod. proc. civ.: art. 101)

— In tema di risarcimento dei danni alle cose provocati da un incidente stradale, il preventivo di spesa prodotto dal danneggiato, redatto in assenza di contraddittorio e non confermato dal suo autore, non ha valenza probatoria e non è idoneo ai fini della determinazione del quantum debeatur (Sent. n. 11765, Sez. III, del 15-5-2013).

 

Citazione – Nullità ex art. 164 IV co. cod. proc. civ. – Quando si produce

(cod. proc. civ.: artt. 163 III co. n. 4, 164 IV co.)

— La nullità della citazione comminata dall’art. 164, quarto comma, cod. proc. civ. si produce solo quando «l’esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda», prescritta dal numero 4 dell’art. 163 cod. proc. civ., sia stata omessa o risulti assolutamente incerta, con valutazione da compiersi caso per caso, occorrendo tenere conto sia che l’identificazione della causa petendi della domanda va operata con riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nel’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, sia che la nullità della citazione deriva dall’assoluta incertezza delle ragioni della domanda, risiedendo la sua ratio ispiratrice nell’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (Sent. n. 11751, Sez. III, del 15-5-2013).

 

Competenza per territorio – Cumulo soggettivo di cause connesse per l’oggetto o per il titolo – Spostamento di competenza in favore di fori diversi da quelli generali ex artt. 18 e 19 cod. proc. civ. – Ammissibilità – Condizione

(cod. proc. civ.: artt. 18, 19, 33)

— In tema di cumulo soggettivo di cause connesse per l’oggetto o per il titolo, deve ritenersi consentito lo spostamento di competenza in favore di fori anche differenti da quelli generali di cui agli artt. 18 e 19 cod. proc. civ. ove il criterio di collegamento diverso da quello del foro generale sia comune a tutte le parti convenute, e non soltanto ad alcune di esse, non potendo l’ulteriore facoltà di scelta attribuita all’attore dall’art. 33 cod. proc. civ. risolversi in un suo pregiudizio, così da limitare, anziché ampliare, l’ordinaria analoga facoltà che gli spetterebbe nei riguardi di ciascun convenuto separatamente considerato (Ord. n. 12444, Sez. VI, del 21-5-2013).

 

Competenza per territorio – Foro stabilito per accordo delle parti – Carattere di esclusività – Esclusione – Limite

(cod. proc. civ.: art. 28)

— La designazione convenzionale di un foro territoriale, anche se coincidente con uno di quelli previsti dalla legge, non attribuisce a tale foro carattere di esclusività in difetto di pattuizione espressa in tal senso, pattuizione che, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, non può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi, dovendo per converso scaturire da una non equivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge (Ord. n. 10922, Sez. VI, del 9-5-2013).

 

Competenza per territorio – Obbligazione dedotta in giudizio – Determinazione – Criterio di necessità – Fattispecie in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta

(cod. proc. civ.: artt. 20, 163 III co. n. 4; cod. civ.: art. 1490)

— Per determinare, ai fini della competenza per territorio, quale sia l’obbligazione dedotta in giudizio, si deve aver riguardo a quella delle obbligazioni originarie, scaturenti dal contratto, sulla quale si contenda, sia che di essa si chieda l’adempimento, sia che la medesima funzioni da causa petendi rispetto al contenuto specifico della pretesa giudiziale, sicché, nel caso di garanzia per vizi della cosa, deve aversi riguardo all’obbligazione del venditore di consegnare una cosa non difettosa (Ord. n. 11337, Sez. VI, del 13-5-2013).

 

Competenza per territorio per l’apertura della tutela dell’interdetto legale – Individuazione

(cod. proc. civ.: artt. 5, 18; cod. civ.: artt. 45 III co., 343 II co., 424)

— Il giudice competente per l’apertura della tutela dell’interdetto legale va individuato in quello del luogo in cui la persona interessata ha la sede principale degli affari od interessi, che coincide, ove l’interessato sia detenuto al momento in cui la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile, con quello di abituale dimora nel cui circondario si trova la struttura di detenzione nella quale l’interdetto è ristretto, dovendosi ritenere inapplicabile il criterio del domicilio che presuppone l’elemento soggettivo del volontario stabilimento. Né rileva, ai fini dello spostamento della competenza, che, successivamente all’apertura della tutela e prima della nomina del tutore, l’interessato sia stato trasferito ad altra casa circondariale, operando il principio di cui all’art. 5 cod. proc. civ., senza che possa trovare applicazione l’art. 343, secondo comma, cod. civ., che presuppone la già avvenuta nomina del tutore (Sent. n. 10373, Sez. VI, del 3-5-2013).

 

Competenza – Regolamento – Pronuncia sulla competenza contenuta in un provvedimento camerale privo di decisorietà e definitività – Impugnabilità con regolamento di competenza ad istanza di parte – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 42, 43, 47, 737, 739)

— La pronuncia sulla competenza contenuta in un provvedimento camerale privo di decisorietà e definitività non è impugnabile con il regolamento di competenza ad istanza di parte, atteso che l’affermazione o la negazione della competenza è preliminare e strumentale alla decisione di merito e non ha una sua natura specifica, diversa da quest’ultima, tale da giustificare un diverso regime di impugnazione e da rendere ipotizzabile un interesse all’individuazione definitiva ed incontestabile del giudice chiamato ad emettere un provvedimento privo di decisorietà e definitività (Ord. n. 11463, Sez. VI, del 14-5-2013).

 

Competenza – Regolamento – Riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente

(cod. proc. civ.: art. 50)

— A seguito della tempestiva riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente, ai sensi dell’art. 50 cod. proc. civ., devono ritenersi utilizzabili gli atti istruttori (nella specie, consulenza tecnica relativa all’indennità di occupazione legittima) disposti ed espletati dal giudice che ha dichiarato la propria incompetenza, considerato che tale declaratoria non spiega di per sé effetti invalidanti sugli atti medesimi e che la riassunzione determina la prosecuzione del processo originariamente instaurato (Sent. n. 11234, Sez. I, del 10-5-2013).

 

Comunione – Atto di ordinaria amministrazione compiuto da un comunista – Presunzione del consenso da parte degli altri comunisti – Come può essere superata

(cod. civ.: art. 1105 I e II co.; cod. proc. civ.: art. 657)

— Qualora il partecipante alla comunione compia un atto di ordinaria amministrazione, anche consistente in un negozio giuridico o in un’azione giudiziale aventi tale finalità, come l’agire per finita locazione contro i conduttori della cosa comune, la presunzione del consenso degli altri che sussiste ai sensi dell’art. 1105, comma 1, c.c. può essere superata dimostrando l’esistenza del dissenso degli altri comunisti per una quota maggioritaria o eguale della comunione senza che occorra che tale dissenso risulti espresso in una deliberazione a norma dell’art. 1105, comma 2, c.c. (Sent. n. 11553, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Concordato preventivo con cessione dei beni e fallimento – Successione tra le relative procedure concorsuali e dei relativi organi – Distinzione tra liquidatore e curatore

(R.D. 267/1942: artt. 27, 43, 182)

— In tema di successione tra procedure concorsuali e dei relativi organi, vi è una diversità sostanziale tra il liquidatore, tipico del concordato preventivo con cessione dei beni, e il curatore, proprio del fallimento, in quanto solo quest’ultimo rappresenta il ceto creditorio e sta in giudizio nelle controversie patrimoniali relative al fallimento; nel concordato preventivo, invece, esistono solo i singoli creditori e non la massa e il debitore non perde la capacità processuale (Sent. n. 10724, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Concordato preventivo – Controllo di legittimità, da parte del giudice, sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato – Ambito

(R.D. 267/1942: artt. 160, 161, 163, 182)

— In tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità — che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo — non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione di beni, il controllo di legittimità consiste nella verifica dell’idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta (Sent. n. 11014, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Concordato preventivo – Inammissibilità della proposta – Audizione del debitore – Quando non è necessaria

(R.D. 267/1942: art. 162 II co.; D.Lgs. 169/2007: art. 12 IV co.)

— L’audizione del debitore, prevista dall’art. 162, secondo comma, della legge fall. — nella formulazione introdotta con il D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 —, non è necessaria quando l’istanza di ammissione al concordato preventivo si inserisca nell’ambito di un procedimento prefallimentare in cui il debitore sia già stato sentito in relazione alla sua proposta con possibilità di svolgere le proprie difese, in quanto il suddetto obbligo è funzionale a consentire al medesimo, in specie ove la proposta di concordato costituisca un autonomo procedimento, senza previe pendenze, di illustrarla e di svolgere le proprie difese. Ne consegue che, al fine del rispetto del suddetto obbligo, non è necessaria neppure la preventiva contestazione delle eventuali ragioni di inammissibilità del concordato, restando nella discrezionalità del tribunale indicare le eventuali insufficienze del piano o della documentazione (Sent. n. 13083, Sez. I, del 27-5-2013).

 

Concorrenza sleale – Assicurato che proponga azione risarcitoria ex art. 33 II co. della L. 287/1990 nei confronti dell’impresa di assicurazione che sia stata sottoposta a sanzione dall’Autorità garante per aver partecipato ad un’intesa anticoncorrenziale

(L. 287/1990: art. 33 II co.; cod. civ.: artt. 2727, 2729 I co.)

— L’assicurato che proponga azione risarcitoria, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (cosiddetta legge antitrust), nei confronti dell’impresa di assicurazione che sia stata sottoposta a sanzione dall’Autorità garante per aver partecipato ad un’intesa anticoncorrenziale, ha l’onere di allegare la polizza assicurativa contratta e l’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale, potendosi su queste circostanze fondare la presunzione dell’indebito aumento del premio per effetto del comportamento collusivo e della misura di tale aumento. Né in questo modo può considerarsi violato il brocardo praesumptum de praesumpto non admittitur, perché nel danno subìto dalla generalità degli assicurati per effetto dell’illecito antitrust, accertato sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, è infatti ricompreso, come suo essenziale componente, il danno subìto dai singoli assicurati, dovendosi ritenere che lo stesso, pur concettualmente distinguibile sul piano logico, non lo sia sul piano fattuale e, dunque, non richieda, per essere dimostrato, un’ulteriore presunzione (Sent. n. 12551, Sez. I, del 21-5-2013).

 

Condominio – Assemblea – Deliberazioni – Edificio destinato all’esercizio di attività imprenditoriale – Coincidenza, in capo ad uno dei partecipanti al voto, delle posizioni di condomino di maggioranza, amministratore del condominio e gestore dell’impresa ivi esercitata – Conflitto di interessi – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1130, 1136, 2373)

— In tema di deliberazioni dell’assemblea di condominio, nella specie relativo ad edificio destinato all’esercizio di attività imprenditoriale, non dà luogo, di per sé, a conflitto di interessi la coincidenza, in capo ad uno dei partecipanti al voto, delle posizioni di condomino di maggioranza, amministratore del condominio e gestore dell’impresa ivi esercitata, non determinando tale situazione, caratterizzata dalla compresenza di distinti rapporti, una sicura incompatibilità con gli interessi degli altri condomini alla corretta amministrazione del condominio (Sent. n. 13011, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Condominio – Assemblea – Deliberazioni – Interesse all’impugnazione per vizi formali – Presupposto

(cod. civ.: art. 1137; cod. proc. civ.: art. 100)

— L’interesse all’impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell’assemblea condominiale, ai sensi dell’art. 1137 cod. civ., pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell’ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la carenza di interesse del condomino all’impugnativa di due delibere, l’una concernente la nomina di un tecnico per la verifica di necessità dei lavori di manutenzione sollecitati dallo stesso ricorrente, l’altra volta a precisare la portata della precedente espressione della volontà assembleare, proprio nel senso di eliminare il contenuto negativo ravvisato dal singolo partecipante nella prima deliberazione) (Sent. n. 11214, Sez. VI, del 10-5-2013).

 

Condominio – Parti comuni dell’edificio – Sottotetto – Parte comune – Indice di riferimento

(cod. civ.: art. 1117 n. 1)

— Le controversie in tema di appartenenza dei sottotetti, ai fini della riconduzione o meno al novero delle parti comuni ex art. 1117 c.c., vanno decise con riferimento ai concreti indici di prevalenza o meno della funzione di copertura delle unità immobiliari sottostanti (Ord. n. 12046, Sez. VI, del 17-5-2013).

 

Condominio – Regolamento – Disposizione in tema di nomina dell’amministratore e di durata dell’incarico – Derogabilità ad opera del regolamento di condominio – Esclusione – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1129, 1138 IV co.)

— In tema di condominio negli edifici, l’art. 1138, comma 4, c.c. dichiara espressamente non derogabile dal regolamento, tra le altre, la disposizione dell’art. 1129 c.c., la quale attribuisce all’assemblea la nomina dell’amministratore e stabilisce la durata dell’incarico; ne deriva la nullità della clausola del regolamento che riservi ad un determinato soggetto, per un tempo indeterminato, la carica di amministratore del condominio, sottraendo all’assemblea il relativo potere di nomina e di revoca, senza che abbiano a tal fine rilievo il rapporto in concreto esistente tra i condomini o l’attività esercitata nell’edificio (Sent. n. 13011, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Condominio – Spese relative agli interventi di straordinaria amministrazione

(cod. civ.: artt. 1120, 1130, 1135 I co. n. 4)

— In tema di condominio, l’obbligo delle spese relative agli interventi di straordinaria amministrazione gravante sui singoli condomini non può essere ricollegato all’esercizio della funzione gestionale demandata all’amministratore in relazione alla somme indicate nel bilancio preventivo ma deve considerarsi quale conseguenza diretta della correlata delibera assembleare (avente valore costitutivo e, quindi, direttamente impegnativa per i condomini che l’adottano) con la quale siano disposti gli interventi di straordinaria amministrazione ovvero implicanti l’apporto di innovazioni condominiali (Sent. n. 10235, Sez. II, del 2-5-2013).

 

Condominio – Tabelle millesimali – Approvazione – Criterio di sufficienza

(cod. civ.: art. 1136 II co.; disp. att. cod. civ.: artt. 68, 69)

— In tema di condominio, le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. (Sent. n. 11387, Sez. II, del 13-5-2013).

 

Condominio – Vendita di un’unità immobiliare in un condominio nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni

(cod. civ.: artt. 1117, 1136, 1470; disp. att. cod. civ.: art. 63 II co.)

— In caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione; di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c. (Sent. n. 10235, Sez. II, del 2-5-2013).

 

Consulenza tecnica d’ufficio – Utilizzazione al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume – Possibilità – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 61, 191, 194)

— La consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Il suddetto mezzo di indagine non può pertanto essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume e può essere quindi legittimamente negato qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni od offerte di prova, ovvero a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Sent. n. 12990, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Contratti a prestazioni corrispettive – Eccezione d’inadempimento – Criteri di valutazione

(cod. civ.: art. 1460)

— Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando una delle parti giustifica il proprio comportamento inadempiente con l’inadempimento dell’altra, occorre procedere ad una valutazione comparativa del comportamento dei contraenti anche con riguardo ai rapporti di causalità e di proporzionalità delle rispettive inadempienze in relazione alla funzione economico-sociale del contratto ed ai diversi obblighi su ciascuna delle parti gravanti, tanto al fine di stabilire se effettivamente il comportamento di una parte giustifichi il rifiuto dell’altra di eseguire la prestazione dovuta. Ove il comportamento «inadempiente», cronologicamente anteriore, seppure accertato, non risulti «grave», non è di buona fede e, quindi, non è giustificato, il rifiuto dell’altra parte di adempiere correttamente alla prestazione secondo le istruzioni fornite (Sent. n. 10553, Sez. lavoro, del 7-5-2013).

 

Contratti atipici – Patto di manleva

(cod. civ.: art. 1322 II co.)

— Il patto di manleva, con il quale si trasferiscono le conseguenze risarcitorie dell’inadempimento in capo ad un altro soggetto che garantisce il creditore, con obbligo del garante di tenerne indenne il manlevato, è contratto atipico, fonte di un autonomo rapporto giuridico sostanziale, non disciplinato dall’ordinamento (Sent. n. 13613, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Contratti bancari – Cointestazione di una cassetta di sicurezza o di un conto corrente bancario – Facoltà spettanti a ciascuno degli intestatari – Individuazione

(cod. civ.: artt. 1840, 1854)

— La cointestazione di una cassetta di sicurezza o di un conto corrente bancario autorizza ciascuno degli intestatari, rispettivamente, all’apertura della cassetta ed al relativo prelievo, ovvero al compimento di tutte le operazioni consentite sul conto, ma non attribuisce al medesimo cointestatario, che sia consapevole dell’appartenenza ad altri degli oggetti custoditi o delle somme risultanti a credito, il potere di disporne come proprietario (Sent. n. 13614, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Contratti del consumatore – «Professionista» – Nozione

(D.Lgs. 206/2005: art. 3 I co. lett. c)

— In tema di contratti del consumatore, ai fini dell’applicabilità del Codice del consumo, approvato con il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, deve essere considerato «professionista» tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la figura del «professionista» non è, pertanto, necessario che il contratto sia concluso nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, essendo sufficiente che esso venga posto in essere al fine dello svolgimento o per le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale. (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto la qualifica di «professionista» ad una banca che aveva preso in locazione un immobile per adibirlo a sede di una sua agenzia) (Sent. n. 11773, Sez. III, del 15-5-2013).

 

Contratti della P.A. – Validità – Presupposti

(cod. civ.: artt. 1325 n. 4, 1350)

— I contratti conclusi dalla P.A. — che richiedono la forma scritta ad substantiam, ma per i quali non sempre è richiesto un unico documento scritto — postulano, per la loro validità, la prova documentale della rappresentanza organica in capo allo stipulante o l’indicazione della norma statutaria che legittimi il funzionario, quale organo, a stipulare il singolo contratto senza previo contratto cosiddetto «aperto» di fornitura concluso a seguito di gara. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, non ha riconosciuto la validità dell’ordine per l’acquisto di medicinali sottoscritto dal responsabile amministrativo, non medico, della farmacia di un Policlinico universitario) (Sent. n. 13656, Sez. I, del 30-5-2013).

 

Contratto d’opera intellettuale – Prova dell’inadempimento del professionista per negligente svolgimento della prestazione – Condotta omissiva del professionista – Danno subìto dal cliente – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 1218, 2230)

— In materia di contratto d’opera intellettuale, nel caso in cui risulti provato l’inadempimento del professionista per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che senza quell’omissione il risultato sarebbe stato conseguito. (Nel caso di specie, in difetto di prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, è stata rigettata la domanda volta a conseguire il risarcimento del danno da perdita di chance avanzata in relazione al comportamento omissivo di un professionista) (Sent. n. 11548, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Contratto preliminare di compravendita – Divieto del patto commissorio – Configurabilità – Condizioni

(cod. civ.: artt. 1351, 1470, 2744)

— Un contratto preliminare di compravendita può incorrere nel divieto del patto commissorio, sanzionato dall’art. 2744 cod. civ., ove risulti l’intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio, in maniera da stabilire un collegamento strumentale fra i due negozi, mediante predisposizione di un meccanismo (quale la previsione di una condizione) diretto a far sì che l’effetto irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell’inadempimento del debitore, promittente alienante, rimanendo altrimenti il bene nella titolarità di quest’ultimo, atteso che in tal modo il preliminare viene impiegato non per finalità di scambio, ma in funzione di garanzia, per conseguire l’illecita coartazione del debitore rispetto alla volontà del creditore promissario acquirente, costituendo, allora, il mezzo per raggiungere il risultato vietato dalla legge (Sent. n. 12462, Sez. II, del 21-5-2013).

 

Diritti «autodeterminati» – Azioni relative – Causa petendi – Identificazione con i diritti azionati – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 832 e segg.; cod. proc. civ.: artt. 163 III co. n. 4, 360, 372)

— La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei diritti «autodeterminati», individuati cioè in base alla sola indicazione del loro contenuto, rappresentato dal bene che ne forma l’oggetto; conseguentemente, nelle azioni ad essi relative (a differenza delle azioni accordate a tutela dei diritti di credito) la causa petendi si identifica con i diritti stessi e non con il titolo che ne costituisce la fonte. L’affermazione di tale principio deve esser resa compatibile con la struttura e la funzione del giudizio di legittimità che non consente nuove o diverse indagini su elementi di fatto, anche se gli stessi fossero già presenti in atti. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso che, al fine di evidenziare la persistente rilevanza dell’accertamento dell’apparenza del corpus servitutis, aveva dedotto per la prima volta in sede di legittimità l’acquisto di una servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, dopo che nel giudizio di merito se ne era allegato l’acquisto per usucapione) (Sent. n. 11211, Sez. VI, del 10-5-2013).

 

Ditta – Denominazione sociale – Confondibilità – Facoltà dell’impresa di adottare una denominazione diversa – Sussistenza – Condizione

(cod. civ.: art. 2564)

— In tema di confondibilità della denominazione sociale, il giudice, nel dare attuazione al disposto dell’art. 2564 cod. civ., non incontra alcun limite nell’imporre la modifica necessaria a differenziare la ditta da quella usata da un altro imprenditore eliminandone una parte, restando salva la facoltà dell’impresa di adottare una denominazione diversa, purché non faccia uso del termine, o dei termini, il cui uso è stato inibito dal giudice (Sent. n. 12136, Sez. VI, del 17-5-2013).

 

Ditta – Modificazione – Caso in cui una ditta sia uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e possa creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa venga esercitata

(cod. civ.: artt. 2563 II co., 2564 I co., 2565, 2568)

— La ditta, comunque sia formata, deve contenere, a norma dell’art. 2563, secondo comma, cod. civ., almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore, salvo quanto è disposto dal successivo art. 2565. Tuttavia, in base all’art. 2564, primo comma, cod. civ. — applicabile anche all’insegna in virtù dell’art. 2568 cod. civ. —, allorché la ditta sia uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e possa creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa venga esercitata, essa «deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla» (Sent. n. 12136, Sez. VI, del 17-5-2013).

 

Ditta – Modificazione – Luogo di esercizio dell’impresa – Nozione

(cod. civ.: artt. 2564 I co., 2568)

— Il concetto di luogo di esercizio dell’impresa di cui agli artt. 2564 e 2568 cod. civ., ai fini della tutela in caso di confondibilità fra imprese, non va inteso con esagerato valore restrittivo, dovendosi badare anche agli sviluppi potenziali dell’impresa razionalmente prevedibili, nonché alle pratiche difficoltà, che sovente s’incontrano, ad isolare l’espansione di un’impresa in un determinato ambito territoriale. Pertanto, la localizzazione non deve essere intesa secondo un criterio restrittivo, riguardo soltanto all’attività esplicata in un determinato momento, nel luogo di produzione e di commercio, ma facendo anche riferimento alla possibilità di espansione all’intera zona territoriale, al cosiddetto mercato di sbocco, raggiunta dall’attività complessiva dell’impresa (Sent. n. 12136, Sez. VI, del 17-5-2013).

 

Divisione ereditaria – Collazione e divisione con cui il testatore abbia ritenuto effettuata la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante l’assegnazione di singole e concrete quote – Incompatibilità

(cod. civ.: artt. 724, 734, 737)

— L’istituto della collazione, limitato al conferimento nella massa ereditaria delle donazioni non contenenti espressa dispensa, è incompatibile con la divisione con la quale il testatore abbia ritenuto effettuata, ai sensi dell’art. 734 cod. civ., la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante l’assegnazione di singole e concrete quote (divisio inter liberos), evitando così la formazione della comunione ereditaria e, con essa, la necessità di dar luogo al relativo scioglimento, in funzione del quale soltanto si giustificherebbe il conferimento nella massa previsto dagli artt. 724 e 737 cod. civ. (Sent. n. 12830, Sez. II, del 23-5-2013).

 

Divisione ereditaria – Immobile non comodamente divisibile – Addebito dell’eccedenza, ex art. 720 cod. civ., a carico del condividente assegnatario dell’intero bene ed a favore di quello non assegnatario – Domanda delle parti – Necessità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: art. 720; cod. proc. civ.: art. 99)

— In tema di divisione ereditaria, in caso di immobile non comodamente divisibile, l’addebito dell’eccedenza, ai sensi dell’art. 720 cod. civ., a carico del condividente assegnatario dell’intero bene ed a favore di quello non assegnatario (o assegnatario di un bene di valore inferiore alla propria quota di partecipazione alla divisione), prescinde dalla domanda delle parti, in quanto attiene alle concrete modalità di attuazione del progetto divisionale devolute alla competenza del giudice, perseguendo la sentenza di scioglimento della comunione il mero effetto di perequare il valore delle rispettive quote (Ord. n. 12779, Sez. VI, del 23-5-2013).

 

Divorzio – Accertamento del diritto all’assegno divorzile – Criteri di necessità

(L. 898/1970: art. 5; L. 74/1987: art. 10)

— L’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto: a tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio ed alle condizioni economiche dei coniugi (Sent. n. 11686, Sez. I, del 15-5-2013).

 

Donazione di cosa altrui – Nullità – Fondamento – Idoneità ai fini dell’usucapione decennale – Sussistenza – Ragione

(cod. civ.: artt. 771, 1159)

— La donazione di cosa altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla stregua della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri riguarda tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale, poiché il titolo richiesto dall’art. 1159 cod. civ. deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare (Ord. n. 12782, Sez. VI, del 23-5-2013).

 

Donazione indiretta – Cointestazione dei buoni postali fruttiferi – Vi rientra – Fondamento

(cod. civ.: artt. 769, 809)

— La cointestazione dei buoni postali fruttiferi, che non sono titoli di credito ma documenti di legittimazione, configura una donazione indiretta, in quanto attraverso il negozio direttamente concluso con un terzo (nella specie, l’Ente postale) la parte, che deposita il danaro, raggiunge un effetto ulteriore ovvero attua un’attribuzione patrimoniale a favore di colui che ne diventa beneficiario per la quota corrispondente, in quanto — essendo contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta — è come tale legittimato a fare valere i relativi diritti (Sent. n. 10991, Sez. II, del 9-5-2013).

 

Elezioni – Espressione del voto – È oggetto di un diritto inviolabile e «permanente» – Conseguenza

(Cost.: artt. 1 II co., 2, 48; cod. proc. civ.: art. 100)

— L’espressione del voto — attraverso cui si manifestano la sovranità popolare e la stessa dignità dell’uomo — rappresenta l’oggetto di un diritto inviolabile e «permanente», il cui esercizio da parte dei cittadini può avvenire in qualunque momento e deve esplicarsi secondo modalità conformi alla Costituzione, sicché uno stato di incertezza al riguardo ne determina un pregiudizio concreto, come tale idoneo a giustificare la sussistenza, in capo ad essi, dell’interesse ad agire per ottenerne la rimozione in carenza di ulteriori rimedi, direttamente utilizzabili con analoga efficacia, per la tutela giurisdizionale di quel fondamentale diritto (Sent. n. 12060, Sez. I, del 17-5-2013).

 

Espropriazione immobiliare – Interventi tardivi dei creditori iscritti e privilegiati – Termine ex art. 566 cod. proc. civ.

(cod. proc. civ.: art. 566)

— Nella procedura esecutiva per espropriazione immobiliare, il termine stabilito dall’art. 566 cod. proc. civ. per gli interventi tardivi dei creditori iscritti e privilegiati è unico per tutti i creditori, essendo costituito dall’udienza in cui, avvisate le parti dell’avvenuto deposito del progetto di distribuzione, il giudice dell’esecuzione è messo in condizione di dichiarare, in assenza di contestazioni, l’esecutività del progetto; deve, pertanto, escludersi che il suddetto termine possa decorrere, per ciascun creditore, dal momento in cui ha ricevuto l’avviso suddetto (Sent. n. 11565, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Espropriazione per pubblica utilità – Indennità di espropriazione – Determinazione – Valutazione del carattere edificatorio del fondo – Criterio di necessità

(D.P.R. 327/2001: art. 37)

— Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, la valutazione del carattere edificatorio del fondo deve essere effettuata con riferimento non al momento dell’imposizione del vincolo preordinato all’espropriazione, ma al momento dell’esproprio, prescindendo dalla portata negativa o positiva del vincolo (Sent. n. 11022, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Fallimento – Prelazione del creditore ipotecario ritualmente ammesso al passivo fallimentare – È estesa ai frutti civili prodotti dall’immobile ipotecato dopo la dichiarazione di fallimento – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2808, 2812, 2865; R.D. 267/1942: art. 54)

— La prelazione del creditore ipotecario, ritualmente ammesso al passivo fallimentare, deve intendersi estesa ai frutti civili prodotti dall’immobile ipotecato dopo la dichiarazione di fallimento, tenuto conto della mancanza, nella disciplina dell’esecuzione concorsuale, di una previsione contraria od incompatibile con tale estensione, operante nell’ambito dell’esecuzione individuale. Infatti, per principio elementare di tecnica legislativa, non possono non avere il medesimo significato disposizioni, come l’art. 2808 c.c. e l’art. 54 della L. Fall., che adoperano le stesse espressioni letterali nel disciplinare sia pure in sedi diverse la stessa materia (Sent. n. 11025, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Fallimento – Stato d’insolvenza di una società in liquidazione – Valutazione del giudice – Criterio di necessità

(R.D. 267/1942: art. 5)

— Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 legge fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto — non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci — non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la decisione con cui il giudice di merito aveva concluso per l’insufficienza del patrimonio di una società esercente attività di coltivazione di una cava ad assicurare l’integrale ed eguale soddisfacimento dei creditori sociali, dando rilievo al fatto sia che l’asta per la vendita dei macchinari aziendali fosse andata deserta, sia che l’autorizzazione alla coltivazione della cava fosse scaduta e non più rinnovata, circostanza, questa, apprezzata non nell’ottica della prosecuzione dell’attività, bensì sotto il profilo dell’ulteriore svalutazione subita dal patrimonio sociale) (Sent. n. 13644, Sez. I, del 30-5-2013).

 

Fideiussione – Rapporti fra creditore e fideiussore – Beneficio della preventiva escussione ex art. 1944 II co. cod. civ. – Ambito di operatività in caso di fallimento del debitore principale

(cod. civ.: art. 1944 II co.; R.D. 267/1942)

— In tema di fideiussione, il beneficio della preventiva escussione di cui all’art. 1944, comma 2, c.c. non è esperibile nel caso di fallimento del debitore principale, in considerazione dell’universalità oggettiva che qualifica le procedure concorsuali liquidatorie e che è incompatibile con la struttura del beneficio, poiché la relativa eccezione presuppone l’indicazione, da parte del garante, dei beni del debitore da sottoporre ad esecuzione; nondimeno, il beneficio opera quando le parti abbiano espressamente pattuito l’efficacia della preventiva escussione anche in presenza del fallimento del debitore, ovvero abbiano scelto di collegare l’esigibilità del debito del fideiussore all’impossibilità definitiva, totale o parziale, di recupero del credito nei confronti del debitore principale, conseguente alla conclusione della procedura concorsuale senza soddisfacimento del credito stesso (Sent. n. 13661, Sez. III, del 30-5-2013).

 

Frode fiscale – Onere di provarne gli elementi di fatto e la connivenza del cessionario con il cedente – Grava sull’Amministrazione finanziaria

(D.Lgs. n. 74/2000; cod. civ.: artt. 2697, 2729)

— L’onere di provare gli elementi di fatto della frode fiscale e la connivenza del cessionario con il cedente grava sull’Amministrazione finanziaria, che può fornire tale prova anche mediante presunzioni semplici, le quali possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti al cedente (Ord. n. 10252, Sez. VI, del 2-5-2013).

 

Giudicato amministrativo – Si forma sull’atto e non sul rapporto – Effetto

(cod. civ.: art. 2909; cod. proc. civ.: art. 324)

— Il giudicato amministrativo si forma sull’atto e non sul rapporto, con l’effetto che esso ha un’estensione e quindi un’efficacia limitata alla conformità o dissonanza dell’atto rispetto ai criteri di legge che veicolano l’azione dell’Amministrazione. (In applicazione del principio la S.C. ha ritenuto che il giudicato amministrativo, riguardante la legittimità di un permesso di costruire, non si estende alla questione incidentale di natura civile circa l’esistenza sul fondo assentito di un onere reale di destinazione a verde) (Sent. n. 11294, Sez. II, del 10-5-2013).

 

Giudice – Ricusazione – Ricorso ex artt. 51 I co. n. 4) e 52 cod. proc. civ. – Mancanza – Conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 51 I co. n. 4, 52, 360, 617)

— In caso di mancanza di ricorso per la ricusazione del giudice, ai sensi degli artt. 51, primo comma, n. 4), e 52 cod. proc. civ., è inammissibile il successivo ricorso per cassazione con cui il debitore esecutato — nell’impugnare la sentenza emessa ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. — si dolga di un’asserita incompatibilità del giudice dell’esecuzione, in relazione al compimento di atti della procedura esecutiva anteriori rispetto alla decisione adottata sulla proposta opposizione agli atti esecutivi (Sent. n. 12115, Sez. III, del 17-5-2013).

 

Giudizio di convalida di sfratto per morosità – Proposizione di ricorso per l’ingiunzione di pagamento di canoni scaduti

(cod. proc. civ.: artt. 324, 657, 658, 664; cod. civ.: art. 2909)

— Solo quando nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per l’ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, il provvedimento destinato a concluderlo può assumere l’efficacia di cosa giudicata, non soltanto circa l’esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura del canone preteso, ma anche circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d’opposizione, come l’insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte a titolo di maggiorazioni contra legem del canone (Sent. n. 12994, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Giuoco e scommessa – Regolamento istitutivo del concorso pronostici «Enalotto» – Norme relative – Hanno natura contrattuale – Conseguenza e portata del regolamento

(cod. civ.: artt. 1341 II co., 1362, 1933; D.M. 29-10-1957)

— Le norme contenute nel decreto del Ministero delle finanze 29 ottobre 1957, e successive modificazioni, denominato «Regolamento istitutivo del concorso pronostici Enalotto», hanno natura contrattuale e, conseguentemente, vanno interpretate secondo i criteri di ermeneutica contrattuale. Inoltre: il relativo decreto ha natura non di atto normativo, ma di negoziazione pubblico-amministrativa; la regolamentazione contrattuale è unilateralmente predisposta; tale regolamentazione è accettata con l’effettuazione della giocata o con l’acquisto del biglietto; le clausole inserite nel predetto regolamento, anche quelle di tipo vessatorio, sono vincolanti per i giocatori pur senza la specifica approvazione per iscritto prevista dall’art. 1341, comma 2, c.c., atteso che essa trova idoneo equipollente nella grande pubblicità e diffusione del regolamento stesso, predisposto proprio al fine di richiamare l’attenzione dei partecipanti al gioco su tutte le condizioni ad esso inerenti; tale diverso regime di efficacia delle clausole vessatorie è imposto dalla natura del contratto e dalle sue modalità di esecuzione, che sarebbero enormemente ostacolate se si dovesse richiedere di volta in volta l’approvazione specifica delle clausole a contenuto vessatorio (Sent. n. 13434, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Giurisdizione – Controversie riguardanti la responsabilità per mala gestio imputabile ad amministratori di società a partecipazione pubblica in cui il danno di cui si invochi il ristoro sia riferito al patrimonio sociale – Giurisdizione del giudice ordinario – Sussistenza – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 1; cod. civ.: artt. 2393, 2393 bis; Cost.: art. 103 II co.; R.D. 1214/1934; L. 20/1994)

— Non sussiste la giurisdizione della Corte dei conti, bensì quella del giudice ordinario, nelle controversie afferenti la responsabilità per mala gestio imputabile ad amministratori di società a partecipazione pubblica, laddove il danno di cui si invochi il ristoro sia riferito al patrimonio sociale, restando quest’ultimo privato e separato da quello dei soci, né divenendo una siffatta società essa stessa un ente pubblico, per il solo fatto di essere partecipata da un ente pubblico (Sent. n. 10299, Sez. Unite, del 3-5-2013).

 

Giurisdizione – Domande equiordinate e soggettivamente connesse appartenenti l’una alla giurisdizione del giudice ordinario e l’altra alla giurisdizione del giudice amministrativo

(cod. proc. civ.: artt. 1, 104; cod. proc. amm.: art. 1)

— In caso di domande equiordinate e soggettivamente connesse, appartenenti l’una alla giurisdizione del giudice ordinario e l’altra alla giurisdizione del giudice amministrativo (in quanto concernenti, nella specie, il risarcimento dei danni conseguenti all’annullamento di una concessione edilizia e di quelli derivati dalla mancata approvazione di una variante del piano urbanistico comunale), ciascuna causa deve essere promossa innanzi al giudice munito della relativa giurisdizione, non sussistendo alcuna norma che ne concentri la cognizione in un’unica attribuzione (Ord. n. 10305, Sez. Unite, del 3-5-2013).

 

Impugnazioni – Caso in cui siano esperiti mezzi di impugnazione di specie diversa

(cod. proc. civ.: artt. 323, 358, 387)

— Nel caso in cui siano esperiti mezzi di impugnazione di specie diversa, non operando il principio di consumazione dell’impugnazione, ciò che importa ai fini dell’ammissibilità della seconda impugnazione è unicamente la sua tempestività, irrilevante essendo l’eventuale declaratoria di inammissibilità della prima impugnazione (Sent. n. 12113, Sez. III, del 17-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Mansioni del lavoratore – Accertato demansionamento professionale – Apprezzamento del giudice di merito – Criteri

(cod. civ.: artt. 2043, 2103, 2697, 2727; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore in violazione dell’art. 2103 c.c., il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, avente natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione ed alle altre circostanze del caso concreto (Sent. n. 11722, Sez. lavoro, del 15-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Obblighi di correttezza e diligenza del lavoratore – Impedimento legittimo all’espletamento della prestazione lavorativa – Obbligo di esatta comunicazione della sua durata – Sussistenza

(cod. civ.: artt. 1175, 1375, 2104, 2110, 2119)

— Rientra tra i normali obblighi di correttezza e diligenza nello svolgimento del rapporto di lavoro anche quello che fa carico al lavoratore di assicurarsi che impedimenti nell’espletamento della prestazione, seppure legittimi, non arrechino alla controparte datoriale un pregiudizio ulteriore, per effetto di inesatte comunicazioni che generino un legittimo affidamento in ordine all’effettiva ripresa della prestazione lavorativa. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata dal lavoro per il tempo previsto dal contratto collettivo, nei confronti di un lavoratore che, pur temporaneamente impossibilitato per ragioni di salute all’espletamento della prestazione, non aveva rispettato il termine di ripresa del lavoro indicato nel certificato di malattia inviato al datore, ma quello indicato in altro certificato non inviato) (Sent. n. 10552, Sez. lavoro, del 7-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Sanzioni disciplinari – Giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto a determinati inadempimenti del lavoratore – Criterio di necessità – Fattispecie in tema di licenziamento per giusta causa

(cod. civ.: artt. 2106, 2119)

— Il giudizio di proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto a determinati inadempimenti non si può basare sulla valutazione dei singoli episodi, ma deve riguardare la condotta tenuta dal lavoratore nel suo complesso, attraverso l’esame dei comportamenti estranei ed eccedenti rispetto ai compiti affidati al dipendente (notifica delle cartelle, esecuzione dei pignoramenti e, in generale, servizi di riscossione dei tributi per conto della banca concessionaria). (Fattispecie relativa all’illegittimità del licenziamento per giusta causa comunicato ad un dipendente di un istituto di credito a seguito della contestazione di numerosi inadempimenti disciplinari relativi, principalmente, a suggerimenti offerti a debitori esecutati circa le possibilità concrete di opporsi all’esecuzione, prospettando i limitati rischi economici connessi all’eventuale esito negativo del procedimento) (Sent. n. 10959, Sez. lavoro, del 9-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Responsabilità del datore per infortunio sul lavoro

(cod. civ.: artt. 2043, 2087; cod. proc. civ.: art. 163 III co. nn. 3 e 4)

— In tema di responsabilità datoriale per infortunio sul lavoro, l’art. 2087 cod. civ. impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, le quali rappresentano lo «standard» minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre cautele richieste in concreto dalla specificità del rischio, sicché, ove il lavoratore proponga domanda risarcitoria sulla base delle norme indicate, non è comunque ravvisabile l’introduzione nel processo di un petitum diverso e più ampio, oppure di una causa petendi basata su situazioni giuridiche non prospettate in precedenza o su un differente fatto costitutivo, allorché si individui l’inosservanza dell’indicato «standard» minimale in circostanze comunque emerse dagli atti di causa (Sent. n. 10819, Sez. lavoro, dell’8-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Rifiuto di adempimento della prestazione da parte del lavoratore conforme a buona fede

(cod. civ.: artt. 1460 II co., 2087, 2119)

— Il rifiuto di adempimento della prestazione da parte del lavoratore, può ritenersi conforme a buona fede — in applicazione del principio inademplenti non est adimplendum ex art. 1460, comma 2, c.c. — e trovare giustificazione nella mancata predisposizione di misure idonee a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro, escludendo la legittimità del licenziamento comminato a suo carico, solo quando questi abbia preliminarmente provveduto ad informare la controparte circa le misure necessarie da adottare ovvero ad evidenziare l’inidoneità di quelle in concreto adottate (Sent. n. 10553, Sez. lavoro, del 7-5-2013).

 

Lavoro subordinato – Tutela delle condizioni di lavoro – Tutela dalle aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi – Responsabilità del datore di lavoro – Ambito

(cod. civ.: art. 2087)

— In riferimento alla tutela dell’integrità fisiopsichica dei lavoratori dalle aggressioni conseguenti all’attività criminosa di terzi, l’ambito di responsabilità datoriale di cui all’art. 2087 c.c. non può essere dilatato fino a comprendervi ogni ipotesi di danno, sull’assunto che comunque il rischio non si sarebbe verificato in presenza di ulteriori accorgimenti di valido contrasto, perché, in tal modo, si perverrebbe all’abnorme applicazione di un principio di responsabilità oggettiva, ancorata al presupposto teorico secondo cui il verificarsi dell’evento costituisce circostanza che assurge in ogni caso ad inequivoca riprova del mancato uso dei mezzi tecnici più evoluti del momento, atteso il superamento criminoso di quelli in concreto apprestati dal datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, nell’evidenziare che il danno era derivato da fatto penalmente illecito ed imprevedibile di terzi e che il lavoratore non aveva dedotto specifici profili di colpa del datore di lavoro, aveva respinto la domanda di una guardia giurata volta ad ottenere la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico patito per l’aggressione subita durante un servizio di vigilanza notturna, in un parco dove si stava svolgendo una manifestazione politica) (Sent. n. 12089, Sez. lavoro, del 17-5-2013).

 

Legato di beni immobili – Volontà di rinunziarvi – Può essere dichiarata anche con l’atto di citazione

(cod. civ.: artt. 649, 1350, 2643; cod. proc. civ.: art. 163)

— La volontà di rinunziare al legato di beni immobili, per cui è necessaria la forma scritta ad substantiam, ai sensi dell’art. 1350 c.c., avendo natura meramente abdicativa, può essere dichiarata pure con l’atto di citazione — per sua natura recettizio con effetti anche sostanziali — il quale, provenendo dalla parte che, con il rilascio della procura a margine o in calce, ne ha fatto proprio il contenuto, soddisfa altresì il requisito della sottoscrizione, sicché l’atto risponde al requisito formale, senza che assuma rilievo la trascrizione di esso, in quanto volta soltanto a rendere lo stesso opponibile ai terzi (Sent. n. 10605, Sez. II, del 7-5-2013).

 

Licenziamento illegittimo – Art. 18 Stat. lav. (come modificato dall’art. 1 XLII co. L. 92/2012) – Applicabilità alle fattispecie di licenziamento oggetto dei giudizi pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data della sua entrata in vigore – Esclusione – Fondamento

(Stat. lav.: art. 18; L. 92/2012: art. 1 XLII co.; Cost.: art. 111 II co.; Cedu: art. 6; Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.: art. 47)

— L’art. 1, comma 42, della legge 28 giugno 2012, n. 92, nel novellare il testo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, non trova applicazione alle fattispecie di licenziamento oggetto dei giudizi pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data della sua entrata in vigore, giacché introduce una disciplina che àncora le sanzioni irrogabili per effetto dell’accertata illegittimità del recesso a valutazioni di fatto per un verso incompatibili con la natura del giudizio di legittimità, per altro verso non in linea — ove richieste nell’ambito di un nuovo giudizio di merito a seguito di rinvio — con il principio della durata ragionevole del processo, sancito, oltre che dall’art. 111 della Costituzione, dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Sent. n. 10550, Sez. lavoro, del 7-5-2013).

 

Licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo – Gravità dell’inadempimento tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario – Confronto con analoga inadempienza di un altro dipendente diversamente valutata dal datore di lavoro – Rilevanza – Esclusione – Limite

(cod. civ.: art. 2119; L. 604/1966: art. 3)

— Ai fini della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, qualora risulti accertato che l’inadempimento del lavoratore licenziato sia stato tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, è di regola irrilevante che un’analoga inadempienza, commessa da altro dipendente, sia stata diversamente valutata dal datore di lavoro; nondimeno, l’identità delle situazioni riscontrate può essere valorizzata dal giudice per verificare la proporzionalità della sanzione adottata, privando, così, il provvedimento espulsivo della sua base giustificativa. (Nel caso di specie, è stata esclusa la legittimità del licenziamento disciplinare comminato al dipendente di una società di telefonia, in relazione all’abusivo utilizzo del telefono cellulare assegnatogli per ragioni di servizio, valorizzando — unitamente ad altri elementi, come l’assenza di frode o raggiri, la facile verificabilità del comportamento, la contenuta entità del danno e la disponibilità del lavoratore a risarcirlo — la circostanza che per altri dipendenti in situazioni analoghe, fatta eccezione per cinque di loro del pari licenziati, era stata invece irrogata una sanzione conservativa) (Sent. n. 10550, Sez. lavoro, del 7-5-2013).

 

Litisconsorzio facoltativo improprio – Autonomia dei titoli delle cause – Permanenza – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 103, 331)

— Nel litisconsorzio facoltativo improprio permane l’autonomia dei titoli, cosicché la sentenza, formalmente unica, consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite, per loro natura scindibili anche in sede di impugnazione, senza che la tempestiva impugnazione, proposta da alcune parti, coinvolga la posizione delle parti non impugnanti. È, pertanto, inapplicabile l’art. 331 cod. proc. civ., che viene in considerazione nelle diverse ipotesi di cause inscindibili (quando la necessità del litisconsorzio è prevista dalla legge o la sentenza si riferisce ad una situazione giuridica unica) o tra loro dipendenti (quando la decisione di una controversia si estende necessariamente all’altra, costituendone il presupposto logico-giuridico imprescindibile) (Sent. n. 11386, Sez. II, del 13-5-2013).

 

Locazione di immobili – Conduttore che abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità – Rifiuto, da parte del locatore, di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore – Legittimità

(cod. civ.: artt. 1220, 1590, 1591)

— In tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 c.c., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto (Sent. n. 12977, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Locazione di immobili – Patti contrari alla legge – Onere del conduttore di domandare la restituzione delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone previsto dalla legge – Termine di decadenza di sei mesi – Decorre dalla materiale riconsegna dell’immobile

(L. 392/1978: art. 79)

— Il termine decadenziale di sei mesi, entro il quale il conduttore ha l’onere di domandare la restituzione delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone previsto dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, decorre dalla materiale riconsegna dell’immobile oggetto del contratto — la quale coincide con la data in cui il bene viene posto nell’effettiva disponibilità del locatore — e non dalla cessazione del rapporto giuridico tra le parti, irrilevante essendo, pertanto, anche l’eventuale successione nel rapporto dal lato del locatore (Sent. n. 12994, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Mediazione – Diritto al compenso per l’attività prestata – Onere della prova dell’iscrizione nell’albo dei mediatori – Assolvimento mediante prova per testimoni o per presunzioni – Ammissibilità

(cod. civ.: artt. 1754, 1755, 2721, 2727; L. 39/1989)

— In tema di mediazione, ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l’attività prestata, l’onere della prova dell’iscrizione nell’albo dei mediatori, così come previsto nella legge 3 febbraio 1989, n. 39, può essere assolto mediante la prova per testimoni o anche per presunzioni; a tal fine, può valere il modulo di proposta di acquisto predisposto dal mediatore, dal quale risulti la suddetta iscrizione (Sent. n. 11539, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale – Azione revocatoria ordinaria – Condizioni

(cod. civ.: art. 2901)

— Per l’accoglimento della domanda di revocatoria ex art. 2901 cod. civ., oltre alla conoscenza del pregiudizio, non occorre uno specifico animus nocendi (Sent. n. 10232, Sez. II, del 2-5-2013).

 

Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale – Azione revocatoria ordinaria fondata sull’assunto che il debitore abbia compiuto l’atto dispositivo prima del sorgere del debito – Deduzione, in corso di causa, della posteriorità dell’atto dispositivo rispetto al sorgere del debito – Mutatio libelli – Configurabilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2697, 2901; cod. proc. civ.: art. 183 V co.)

— Proposta un’azione revocatoria ordinaria, fondata sull’assunto che il debitore abbia compiuto l’atto dispositivo prima del sorgere del debito, costituisce inammissibile mutamento della domanda la deduzione, in corso di causa, che l’atto dispositivo sia stato compiuto dopo il sorgere del debito, perché ne discenderebbe l’allargamento del thema probandum, dal momento che, nel primo caso, l’attore avrebbe l’onere di provare il dolo specifico del debitore e cioè la dolosa preordinazione di un intento fraudolento, mentre, nel secondo caso, egli potrebbe limitarsi a provarne il solo dolo generico, e cioè la generica consapevolezza di nuocere alle ragioni del creditore (Sent. n. 13446, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale – Azione revocatoria ordinaria – Vincolo di parentela tra il disponente ed il terzo – Rilevanza – Condizioni

(cod. civ.: art. 2901)

— La convinzione del giudice di merito che, in tema di azione revocatoria ordinaria, desuma l’intento di sottrarre il bene ai creditori dal rapporto di parentela esistente tra il disponente ed il terzo è logica e congrua, laddove tale rapporto — che di per sé solo può essere più o meno significativo in relazione al contesto in cui si colloca — si caratterizzi per la coabitazione tra le medesime parti, riguardi parenti stretti (nella specie, madre e figlia) e non risulti alcun altro motivo oggettivo idoneo a rendere ragione del trasferimento (Sent. n. 13447, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Muri – Innesto nel muro sul confine – Azione relativa – Non è compresa nell’azione risarcitoria per violazione delle distanze nelle costruzioni – Fondamento

(cod. civ.: artt. 873, 876; cod. proc. civ.: art. 163 III co. n. 4)

— L’actio de tigno iuncto, di cui all’art. 876 cod. civ., ha ad oggetto l’obbligazione indennitaria per l’innesto di un capo di muro sul muro a confine. Ne consegue che essa, considerata la diversità della causa petendi, non può ritenersi compresa nell’azione risarcitoria per violazione delle distanze, ai sensi dell’art. 873 cod. civ. (Sent. n. 11735, Sez. II, del 15-5-2013).

 

Notificazione del precetto – Vizio – Quando rileva

(cod. proc. civ.: artt. 156, 160, 479, 480 I co., 617)

— Il vizio di notificazione, ovvero l’impossibilità di raggiungere il suo scopo tipico, del precetto rileva se di gravità tale da determinare l’inesistenza della notificazione lasciando a disposizione del debitore un termine per adempiere inferiore a quello minimo di dieci giorni sancito dall’art. 480 cod. proc. civ., sicché, ove tale notificazione sia eseguita da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, la conseguente nullità, non impedendo il perseguimento delle finalità del precetto, è sanata dall’avvenuta proposizione, da parte dell’intimato, dell’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (Ord. n. 13038, Sez. VI, del 24-5-2013).

 

Notificazione del ricorso per cassazione eseguita, anziché presso il procuratore domiciliatario della parte nel giudizio di secondo grado, presso il suo diverso procuratore domiciliatario in primo grado – Rituale presentazione del controricorso contenente la difesa nel merito – Conseguenza: ammissibilità del ricorso – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 330 I co., 360)

— Qualora la notificazione del ricorso per cassazione venga eseguita, anziché presso il procuratore domiciliatario della parte nel giudizio di secondo grado — in conformità a quanto prescritto dall’art. 330, primo comma, seconda ipotesi, cod. proc. civ. —, presso il suo diverso procuratore domiciliatario in primo grado, l’eventuale rituale presentazione del controricorso contenente la difesa nel merito, dimostrando ex post che la notificazione ha raggiunto lo scopo cui era preordinata, impedisce di ritenerla inesistente perché non riferibile al luogo ed alla parte sua destinataria, con conseguente ammissibilità del ricorso (Sent. n. 13451, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Obbligazioni – Adempimento – Pagamento – Quietanza rilasciata dal creditore – Natura

(cod. civ.: artt. 1199, 1965; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— La quietanza rilasciata dal creditore ha natura di atto unilaterale recettizio contenente il riconoscimento dell’avvenuto pagamento, con la conseguenza che, di regola, non è legittimo desumere, dal suo rilascio, l’esistenza di una volontà transattiva o di rinuncia ad altre pretese da parte del creditore, salvo che ciò non emerga da specifici elementi di fatto e dal complessivo contenuto del documento, secondo l’accertamento compiuto dal giudice di merito che, ove sorretto da adeguata e corretta motivazione, si sottrae al sindacato di legittimità (Sent. n. 13189, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Obbligazioni – Indebito oggettivo – Presunzione di buona fede dell’accipiens al momento del pagamento – Sussistenza – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1284, 2033, 2697, 2727)

— In tema di indebito oggettivo, la buona fede dell’accipiens al momento del pagamento è presunta per principio generale, sicché grava sul solvens che faccia richiesta di ripetizione dell’indebito, al fine del riconoscimento degli interessi con decorrenza dal giorno del pagamento stesso e non dalla data della domanda, l’onere di dimostrare la malafede dell’accipiens all’atto della ricezione della somma non dovuta. (Nel caso di specie, la buona fede dell’accipiens è stata esclusa in base al rilievo che la somma erogatagli a titolo di indennità di fine servizio, in forza di provvedimento di destituzione dall’impiego, era stata dallo stesso percepita dopo la sospensione cautelare di tale provvedimento da parte del giudice amministrativo e, dunque, nella consapevolezza del venir meno del presupposto — la cessazione dal servizio — necessario per la liquidazione di quanto percepito) (Sent. n. 10815, Sez. lavoro, dell’8-5-2013).

 

Opposizione di terzo – Successivo intervento del terzo nel giudizio di appello avverso la sentenza opposta – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 91, 344, 404)

— In tema di opposizione ex art. 404 cod. proc. civ., il successivo intervento del terzo nel giudizio di appello avverso la sentenza opposta, comportando la perdita di tale sua qualità rispetto a quest’ultima, determina l’inammissibilità dell’opposizione. Ne consegue che l’opponente, in quanto virtualmente soccombente, non può beneficiare del favore delle spese processuali (Sent. n. 12070, Sez. I, del 17-5-2013).

 

Possesso ad usucapionem – Fattispecie in cui non è configurabile

(cod. civ.: artt. 1140, 1144, 1158)

— Non è configurabile quale possesso ad usucapionem il comportamento consistente nell’uso di una striscia di terreno ricoperta di ghiaia come parcheggio e spazio di manovra, non essendo detta condotta di per sé espressione di un’attività materiale incompatibile con l’altrui diritto di proprietà e non avendo la relativa esteriorizzazione la valenza inequivoca di una signoria di fatto sul bene, in quanto la copertura dell’area con ghiaia non integra un’opera permanente di trasformazione, idonea a precludere la potestà dominicale del proprietario, mentre l’utilizzo a scopo di parcheggio può risultare transitoriamente consentito per mera tolleranza (Sent. n. 10894, Sez. II, dell’8-5-2013).

 

Possesso – Azione di manutenzione recuperatoria – Spoglio semplice – Fattispecie

(cod. civ.: artt. 1164, 1170 II e III co.)

— La lesione possessoria consistente nel rifiuto della restituzione di un fondo opposto dal detentore qualificato al possessore mediato, accompagnato dall’opposizione fatta contro quest’ultimo e perciò dalla manifestazione dell’avvenuta interversione, configura uno spoglio semplice, riconducibile alla previsione di cui all’art. 1170, terzo comma, cod. civ., il quale disciplina la cosiddetta azione di manutenzione recuperatoria, idoneamente esperibile in presenza delle condizioni soggettive e temporali contemplate dal comma precedente (Sent. n. 13417, Sez. II, del 29-5-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla nullità del contratto – Decorrenza – Dies a quo – Individuazione

(cod. civ.: artt. 1418, 2935, 2947)

— La prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla nullità del contratto inizia a decorrere dalla data del contratto, se a domandarlo è la stessa parte che ha invocato la nullità; decorre, invece, dalla data di accertamento giudiziale della nullità, se è preteso da una parte negoziale diversa da quella che ha fatto valere quest’ultima (Sent. n. 11933, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito considerato dalla legge come reato

(cod. civ.: art. 2947)

— L’art. 2947, terzo comma, seconda parte, cod. civ., il quale, in ipotesi di fatto illecito considerato dalla legge come reato, stabilisce che, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione, od è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi (cinque anni e due anni) con decorso dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, si riferisce, alla stregua della sua formulazione letterale e collocazione nel complessivo contesto di detto terzo comma, nonché della finalità di tutelare l’affidamento del danneggiato circa la conservazione dell’azione civile negli stessi termini utili per l’esercizio della pretesa punitiva dello Stato, alla sola ipotesi in cui per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella del diritto al risarcimento. Pertanto, qualora la prescrizione del reato sia uguale o più breve di quella fissata per il diritto al risarcimento, resta inoperante la norma indicata, ed il diritto medesimo è soggetto alla prescrizione fissata dai primi due commi dell’art. 2947 cod. civ., con decorrenza dal giorno del fatto (Sent. n. 11775, Sez. III, del 15-5-2013).

 

Prescrizione – Interruzione – Atto giudiziale ed atto stragiudiziale – Presupposto comune

(cod. civ.: artt. 1334, 1335, 2943; cod. proc. civ.: artt. 137 e segg.)

— In tema d’interruzione della prescrizione, tanto l’atto giudiziale, di cui ai primi tre commi dell’art. 2943 cod. civ., quanto l’atto stragiudiziale, di cui all’ultimo comma dello stesso articolo, postulano, ai fini della produzione dell’effetto interruttivo, la conoscenza dell’atto — non necessariamente effettiva, essendo sufficiente la conoscenza legale (artt. 1334, 1335 cod. civ., artt. 137 e segg. cod. proc. civ.) — da parte del destinatario (Ord. n. 12480, Sez. VI, del 21-5-2013).

 

Prescrizione – Interruzione da parte del titolare – Notificazione dell’atto introduttivo del giudizio – Nullità – Effetti

(cod. civ.: artt. 2943 I co., 2945 II co.; cod. proc. civ.: art. 160)

— In tema di applicazione degli artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c., la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio impedisce l’interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando, in senso contrario, la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dal momento della sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva (Sent. n. 11553, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Prescrizione – Interruzione – Mera proposizione, da parte del debitore, di una citazione in revocazione ex art. 395, n. 3, cod. proc. civ. – Effetto

(cod. civ.: artt. 2909, 2943 I e II co., 2944, 2945 II co.; cod. proc. civ.: artt. 324, 395 n. 3)

— Sebbene il comma 1 dell’art. 2943 c.c. ricolleghi l’interruzione della prescrizione alla sola notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, senza indicare il soggetto che deve iniziare lo stesso, non può dubitarsi che tale atto debba provenire dal creditore atteso che in tutta la struttura dell’interruzione della prescrizione gli atti di iniziativa appartengono necessariamente al creditore, mentre al debitore compete solo l’interruzione per effetto di riconoscimento ex art. 2944 c.c.: ne deriva che la mera proposizione, da parte del debitore, di una citazione in revocazione ex art. 395, n. 3, c.p.c., non impedendo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, fa terminare l’effetto interruttivo permanente della prescrizione prodotto dalla notificazione dell’atto introduttivo del corrispondente giudizio, fermo restando che se, tuttavia, il creditore convenuto in revocazione si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto (ed in tale categoria va ricompresa certamente anche la mera richiesta di rigetto della revocazione), compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal comma 2 dell’art. 2943 c.c. e, quindi, ai sensi dell’art. 2945, comma 2, c.c., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il relativo procedimento (Sent. n. 13438, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Previdenza – Trattamenti pensionistici integrativi aziendali – Natura

(cod. civ.: art. 2099; Cost.: art. 36 I co.)

— I trattamenti pensionistici integrativi aziendali hanno natura giuridica di retribuzione differita, ma, in relazione alla loro funzione previdenziale, sono ascrivibili alla categoria delle erogazioni solo in senso lato in relazione di corrispettività con la prestazione lavorativa, con la conseguenza che l’autonomia privata non subisce, in linea generale, limiti alla determinazione del quantum dovuto e dei presupposti e requisiti di erogazione di dette pensioni, potendo determinare altresì le condizioni della reversibilità delle prestazioni in favore del coniuge e dei figli del pensionato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la reversione della pensione in favore del coniuge del pensionato — nel caso, separato giudizialmente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro — in quanto la contrattazione collettiva limitava la reversibilità al coniuge convivente) (Sent. n. 13399, Sez. lavoro, del 29-5-2013).

 

Procedimento per convalida di (licenza o) sfratto – Opposizione dell’intimato – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 426, 447 bis, 665, 667)

— Nel procedimento per convalida di (licenza o) sfratto, l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all’art. 447-bis cod. proc. civ., con la conseguenza che, non essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il thema decidendum risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all’art. 426 cod. proc. civ., potendo, pertanto, l’originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte dalla controparte. (Nel caso di specie, è stata ritenuta ammissibile l’iniziativa dell’intimante il quale, richiesta, in origine, la convalida di sfratto e l’ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti, di fronte all’eccezione di pagamento formulata dall’intimato, ha addotto l’imputazione di quanto ricevuto ad una diversa causa solvendi, costituita da un ulteriore contratto di locazione, avente ad oggetto un locale contiguo a quello per il quale era stato intimato lo sfratto per morosità, operando così un ampliamento del thema decidendum, che ha incluso una domanda di pagamento fondata su di una causa petendi concorrente e legata a quella originaria da ragioni di connessione soggettiva e, parzialmente, oggettiva) (Sent. n. 12247, Sez. III, del 20-5-2013).

 

Processo – Cessazione della materia del contendere – Presupposto

(cod. proc. civ.: artt. 100, 306)

— La materia del contendere può ritenersi cessata soltanto quando nel corso del processo sopraggiungano determinate circostanze riferibili a fatti obiettivi, ammessi da entrambi le parti, che, avendo incidenza sulla situazione sostanziale prospettata, facciano venire meno la necessità della pronuncia del giudice in precedenza richiesta, senza che sia, pertanto, a tal fine sufficiente il mero riconoscimento, ad opera del convenuto, del diritto vantato dall’attore, ove non risulti integralmente soddisfatta la domanda di quest’ultimo. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che comportasse la cessazione della materia del contendere la semplice dichiarazione di disponibilità del convenuto ad eliminare le infiltrazioni di umidità lamentate dall’attore con riguardo al proprio immobile) (Sent. n. 13217, Sez. II, del 28-5-2013).

 

Processo del lavoro – Appello – Costituzione del convenuto – Sana i vizi della citazione

(cod. proc. civ.: artt. 164 III co., 433)

— L’art. 164, comma 3, c.p.c. nella parte in cui dispone che «la costituzione del convenuto sana i vizi della citazione» è applicabile anche all’appello nel rito del lavoro (Sent. n. 10264, Sez. lavoro, del 2-5-2013).

 

Processo del lavoro – Fase della proposizione della domanda (editio actionis) e fase dell’instaurazione del contraddittorio (vocatio in jus) – Distinzione – Riassunzione del giudizio in primo grado – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 345 I co., 353, 354, 409 e segg.)

— Nelle controversie in materia di lavoro e previdenza, nelle quali deve essere distinta la fase della proposizione della domanda (editio actionis), che si perfeziona con il deposito del ricorso innanzi all’adito organo giudiziario, dalla successiva fase dell’instaurazione del contraddittorio (vocatio in jus), che si attua mediante la notificazione alla controparte del ricorso stesso unitamente al relativo decreto di fissazione d’udienza, la riassunzione del giudizio in primo grado, dopo che il giudice di appello, in applicazione degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., ne abbia disposto la rimessione al primo giudice dichiarando nulla per difetto di integrità del contraddittorio la sentenza emessa in prime cure, comporta la continuazione del giudizio precedentemente instaurato e non l’instaurazione di un nuovo giudizio, con conseguente inammissibilità della proposizione di domande nuove (Sent. n. 12719, Sez. lavoro, del 23-5-2013).

 

Processo del lavoro – Mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda – È causa di nullità del ricorso introduttivo

(cod. proc. civ.: artt. 161 I co., 414 n. 4)

— Nel processo del lavoro, la mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda è causa di nullità del ricorso introduttivo, che, ove non rilevata dal giudice di primo grado, è soggetta alla regola generale della conversione in motivi di impugnazione ex art. 161, primo comma, cod. proc. civ., con onere del convenuto di impugnare la decisione anche con riguardo alla pronuncia, implicita, sulla validità dell’atto (Sent. n. 12923, Sez. lavoro, del 24-5-2013).

 

Processo di esecuzione – Espropriazione mobiliare presso terzi – Dichiarazione negativa del terzo – Istanza di istruzione della causa ex art. 548 cod. proc. civ. da parte del creditore – Necessità – Inerzia del creditore procedente – Conseguenza: estinzione del processo esecutivo

(cod. proc. civ.: artt. 548, 549, 630)

— Nell’espropriazione mobiliare presso terzi, qualora la dichiarazione del terzo sia negativa, è necessario che il creditore faccia istanza di giudizio ex art. 548 cod. proc. civ. e che tale giudizio segua ai sensi del successivo art. 549, non essendo, invece, sufficiente la semplice contestazione di tale dichiarazione. Ne consegue che, in caso di inerzia del creditore procedente, il giudice dell’esecuzione, constatata la stessa, deve dichiarare estinto il processo esecutivo. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito, secondo cui la sopravvenienza — rispetto al momento della dichiarazione negativa — del credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato doveva considerarsi del tutto irrilevante, trattandosi di evenienza verificatasi dopo l’avvenuta estinzione del processo esecutivo) (Sent. n. 12113, Sez. III, del 17-5-2013).

 

Processo di esecuzione – Opposizione agli atti esecutivi – Potere del giudice di accertare d’ufficio l’esistenza di vizi dell’atto – Esclusione – Potere di conoscere dei vizi dedotti dalle parti con l’opposizione – Sussistenza – Fondamento e conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 360, 617, 623)

— Poiché il giudizio di opposizione agli atti esecutivi non costituisce una fase del processo esecutivo, al giudice della cognizione non spetta il potere di accertare d’ufficio l’esistenza di vizi dell’atto, ma solo quello di conoscere dei vizi dedotti dalle parti con l’opposizione. Pertanto, qualora l’opponente non abbia dedotto, con l’opposizione agli atti esecutivi, quale vizio dell’ordinanza relativa alla sospensione dell’esecuzione, che essa non era stata adottata dal giudice dell’esecuzione, non è deducibile in cassazione un vizio di attività processuale da parte del giudice dell’opposizione nel non aver verificato d’ufficio se l’ordinanza fosse o no immune da vizi di questo tipo (Sent. n. 12115, Sez. III, del 17-5-2013).

 

Processo – Passaggio della causa in decisione – Rimessione sul ruolo per consentire una nuova produzione – Obbligo del giudice – Insussistenza – Esame di eventuali sollecitazioni al riguardo dell’interessato – Obbligo del giudice – Insussistenza – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 168, 275)

— Nessun obbligo sussiste per il giudice, dopo il passaggio della causa in decisione, di rimetterla sul ruolo onde permettere una nuova produzione, né lo stesso è tenuto ad esaminare eventuali sollecitazioni al riguardo dell’interessato, non essendo consentito alle parti di rivolgere istanze dopo l’indicato momento (Ord. n. 13163, Sez. VI, del 27-5-2013).

 

Processo – Sospensione facoltativa – Fattispecie

(cod. proc. civ.: artt. 295, 324, 337, 360; cod. civ.: art. 1158)

— In tema di sospensione del processo, qualora penda, in sede di legittimità, il giudizio sull’usucapione di alcuni immobili e, contemporaneamente, sia in corso, in primo grado e tra le stesse parti, un altro procedimento sulla detenzione senza titolo ed occupazione abusiva dei medesimi cespiti, quest’ultimo processo non è soggetto alla sospensione necessaria ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa che si formi il giudicato sull’usucapione, bensì alla sospensione facoltativa ex art. 337 cod. proc. civ., che il giudice può disporre ove ritenga di non poggiarsi sull’autorità della sentenza impugnata (Ord. n. 13035, Sez. VI, del 24-5-2013).

 

Processo – Sospensione necessaria in pendenza di un giudizio amministrativo tra le stesse parti, la cui decisione sia ritenuta pregiudiziale rispetto al primo – Ammissibilità – Condizione

(cod. proc. civ.: artt. 295, 324; cod. civ.: art. 2909; cod. proc. amm.: art. 7)

— La sospensione necessaria del processo civile, in pendenza di un giudizio amministrativo tra le stesse parti, la cui decisione sia ritenuta pregiudiziale rispetto al primo, è ammissibile, pur mancandone la corrispondente previsione nel vigente testo dell’art. 295 cod. proc. civ., se imposta dall’esigenza di evitare un conflitto tra giudicati e non anche se il possibile contrasto riguardi i soli effetti pratici delle rispettive pronunce, potendosi astrattamente configurare solo laddove il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva e non anche qualora, innanzi allo stesso, sia impugnato un provvedimento incidente su interessi legittimi, potendo, in quest’ultima ipotesi, il giudice ordinario disapplicare il provvedimento amministrativo nell’ambito del giudizio a tutela di diritti soggettivi (Ord. n. 12901, Sez. Unite, del 24-5-2013).

 

Proprietà – Domanda di regolamento di confini e domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dal convenuto – Rigetto della prima domanda – Pronuncia sulla pretesa di restituzione dell’area in contestazione – Necessità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 948, 950)

— In tema di azioni a difesa della proprietà, allorché siano state proposte contestualmente una domanda di regolamento di confini e una domanda di rilascio della porzione di terreno indebitamente occupata dal convenuto, ove sia rigettata la prima domanda, nessuna pronuncia è dovuta in ordine alla pretesa di restituzione dell’area in contestazione, in quanto, se il confine sia risultato quello in atto, il giudice non può stabilire l’esatta estensione del terreno appartenente all’uno ed all’altro dei proprietari, connettendosi un tale specifico accertamento ad un’azione di rivendicazione (Sent. n. 12163, Sez. II, del 17-5-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per l’apertura di vedute dirette e balconi – Cessazione del divieto ex art. 905 III co. cod. civ. – Operatività

(cod. civ.: art. 905 III co.)

— La cessazione del divieto di aprire vedute dirette e balconi verso il fondo del vicino a distanza inferiore ad un metro e mezzo, agli effetti dell’art. 905, terzo comma, cod. civ., opera sia quando una via pubblica separi i due fondi vicini rendendoli fronteggianti, sia quando essa si ponga, rispetto alle vedute, ad angolo retto, ma non anche quando i fondi siano allineati lungo la medesima via pubblica, dovendosi ravvisare la ratio del venir meno del divieto in oggetto nella circostanza che la presenza della strada pubblica impedisce la contiguità dei fondi, la quale costituisce il presupposto della tutela della riservatezza delle proprietà limitrofe (Sent. n. 13000, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Distanze per l’apertura di vedute tra fondi separati da una via pubblica – Esonero dal relativo obbligo – Quando non opera

(cod. civ.: artt. 905 III co., 906)

— L’esonero dall’obbligo delle distanze per l’apertura di vedute tra fondi separati da una via pubblica, di cui all’art. 905, terzo comma, cod. civ., non opera nel caso di vedute laterali od oblique aperte sul fondo del vicino, restando tale ipotesi soggetta al rispetto delle distanze stabilite dall’art. 906 cod. civ., ancorché si tratti di edifici costruiti in adesione sullo stesso lato della strada pubblica e l’apertura dia luogo altresì ad una veduta diretta su tale via, avendo, del resto, una strada pubblica una larghezza di regola non inferiore a settantacinque centimetri e rivelandosi inopportuno che l’eventuale persiana, di cui sia munita la finestra, si apra troppo a ridosso della proprietà limitrofa (Sent. n. 13000, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Proprietà – Limitazioni legali – Veduta – Configurabilità – Criterio di sufficienza

(cod. civ.: art. 900)

— In tema di limitazioni legali della proprietà, per la configurabilità di una veduta non è necessario che l’opera, da cui questa è esercitata, sia destinata esclusivamente o prioritariamente all’affaccio sul fondo del vicino, se, per ubicazione, consistenza e caratteristiche, il giudice del merito accerti l’oggettiva idoneità della stessa all’inspicere ed al prospicere in alienum. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza che aveva qualificato come vedute le finestre realizzate sulla parete di un pianerottolo del vano scala in posizione sfalsata rispetto ai piani abitativi, trattandosi pur sempre di apertura con maniglia interna, idonea all’affaccio) (Sent. n. 13217, Sez. II, del 28-5-2013).

 

Proprietà – Luci – Tutela possessoria – Casi in cui è consentita

(cod. civ.: artt. 832, 900, 901, 904, 1140, 1168, 1170)

— La tutela possessoria delle luci è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche allorché le aperture siano state eseguite e mantenute iure proprietatis, costituendo l’apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in appoggio o in aderenza a norma dell’art. 904 cod. civ., ipotesi nella quale viene meno la tutela della luce sia in sede petitoria, sia in quella possessoria (Sent. n. 13618, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Proprietà – Veduta – Requisiti

(cod. civ.: art. 900)

— Perché possa configurarsi una vera e propria veduta, oltre al requisito della inspectio in alienum, è richiesto anche quello della c.d. prospectio, affaccio che deve consistere nell’agevole possibilità, in condizioni di sicurezza, di sporgere il capo oltre l’apertura e di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, nel fondo del vicino (Sent. n. 11735, Sez. II, del 15-5-2013).

 

Prova documentale – Atto pubblico – Efficacia probatoria privilegiata – Ambito

(cod. civ.: artt. 2699, 2700)

— L’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico è limitata ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare l’intrinseca veridicità di esse o la loro rispondenza all’effettiva intenzione delle parti. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha ritenuto estranea all’efficacia probatoria dell’atto la dichiarazione, in esso contenuta, del versamento del prezzo in cambio del bene) (Sent. n. 11012, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Prova documentale – Principio di non contestazione delle risultanze di un documento prodotto da una delle parti del giudizio – Operatività – Presupposto

(cod. proc. civ.: art. 115)

— L’operatività del principio di non contestazione delle risultanze di un documento prodotto da una delle parti del giudizio presuppone un requisito minimo, costituito dalla necessità che del documento stesso sia pacifica l’esistenza dal punto di vista giuridico. (Nel caso di specie, essendo state prodotte in giudizio fotocopie incomplete, prive di sottoscrizione, di polizze assicurative, delle quali risultava pertanto impossibile verificare la validità, si è escluso che tale produzione documentale fosse idonea a consentire l’operatività del principio di non contestazione) (Sent. n. 13206, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Prova documentale – Scritture contabili – Efficacia probatoria tra imprenditori

(cod. civ.: art. 2710; R.D. 267/1942: artt. 27, 67)

— L’art. 2710 c.c., utilizzando l’espressione «prova tra imprenditori», richiede che il rapporto sostanziale debba essere intercorso tra i soggetti indicati, a prescindere dal fatto che esso sia eventualmente dedotto in giudizio da soggetto diverso; conseguentemente, la norma suddetta non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest’ultimo ed il creditore, la qualità di terzo (Sent. n. 11017, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Prova – Ricorso alla presunzione da parte del giudice – Condizione

(cod. civ.: art. 2727; cod. proc. civ.: art. 115 I co.)

— Il ricorso alla presunzione deve ritenersi consentito al giudice alla sola condizione che i fatti su cui essa si fonda siano stati allegati e possano ritenersi provati, potendo il giudice avvalersene, in presenza di tale evenienza, senza apposita sollecitazione delle parti e in difetto di contraddittorio tra le stesse (Sent. n. 12248, Sez. III, del 20-5-2013).

 

Prova testimoniale – Decadenza dall’assunzione – Udienza fissata per l’escussione dei testi ammessi – Sopravvenuto decesso di uno dei testi e omessa sua intimazione per l’udienza di assunzione ad opera della parte deducente – Conseguenze

(cod. proc. civ.: artt. 208, 244, 250; disp. att. cod. proc. civ.: art. 104)

— Qualora, una volta ammessa la prova testimoniale con l’indicazione delle persone da assumere e fissata l’udienza per la loro escussione, sopravvenga il decesso di uno dei testi ammessi e la parte deducente non abbia provveduto alla sua intimazione per l’udienza di assunzione, tale parte non incorre nella decadenza prevista dal primo comma dell’art. 104 disp. att. cod. proc. civ., dovendo piuttosto trovare applicazione analogica — rispetto a questa ipotesi non disciplinata dal codice di rito — la norma contemplata nel secondo comma di detta disposizione che consente di ritenere giustificata l’omissione e legittima il giudice a fissare, con successiva ordinanza, una nuova udienza per l’assunzione degli ulteriori testi ammessi, siccome, anche in tal caso, si impone l’esigenza di evitare la decadenza determinata da un impedimento incolpevole (Sent. n. 13187, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Prova testimoniale – Valutazione del giudice di merito circa l’attendibilità dei testimoni escussi – Controllo di legittimità – Esclusione – Condizione

(cod. proc. civ.: artt. 116, 253, 360)

— In tema di prova testimoniale, la valutazione del giudice di merito in ordine all’attendibilità dei testimoni escussi si sottrae al controllo di legittimità allorché sia corredata da motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa vigente in materia (Sent. n. 12988, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Prove raccolte in un altro processo – Utilizzabilità, da parte del giudice, per la formazione del proprio convincimento – Sussistenza – Condizione e conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 101, 115, 116, 360; Cost.: art. 111 II co.)

— Il giudice di merito può utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti, sempre che siano acquisite al giudizio della cui cognizione è investito; ne consegue che non è deducibile in sede di legittimità la violazione del contraddittorio rispetto al processo di provenienza, per farne ridondare la nullità nel processo di approdo, senza dedurre vizi del contraddittorio in quest’ultimo processo, poiché a rilevare è l’effettiva esplicazione del contraddittorio nel processo nel quale la prova viene utilizzata (Sent. n. 11555, Sez. III, del 14-5-2013).

 

Responsabilità civile – Nesso di causalità – Condotta omissiva – Giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale – Ambito

(cod. civ.: art. 2043; cod. pen.: art. 40 II co.)

— In tema di responsabilità civile, poiché l’omissione di un certo comportamento rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di condotta imposta da una norma giuridica specifica (omissione specifica), ovvero, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l’omissione, siccome implicante l’esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell’evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell’impedimento di quell’evento, il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non può limitarsi alla mera valutazione della materialità fattuale, bensì postula la preventiva individuazione dell’obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto; l’individuazione di tale obbligo si connota, pertanto, come preliminare all’apprezzamento di una condotta omissiva sul piano della causalità giuridica, nel senso che, se prima non si individua, in relazione al comportamento che non risulti tenuto, il dovere generico o specifico che lo imponeva, non è possibile apprezzare l’omissione del comportamento sul piano causale (Sent. n. 12401, Sez. VI, del 21-5-2013).

 

Responsabilità dei precettori e degli insegnanti – Accoglimento della domanda d’iscrizione e conseguente ammissione dell’allievo a scuola – Obbligo di vigilanza, a carico dell’istituto, sulla sicurezza e incolumità dell’allievo – Sussistenza – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1176 II co., 2048 II co.)

— L’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo a scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni e, quindi, di predisporre gli accorgimenti necessari affinché nei locali scolastici non si introducano persone o animali che possano arrecare danno agli alunni; ne consegue che, al fine di adempiere tale obbligazione di vigilanza, la predisposizione degli accorgimenti necessari, da parte della direzione scolastica, deve essere strettamente legata alle circostanze del caso concreto: da quelle ordinarie, tra le quali l’età degli alunni, che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell’età anagrafica; a quelle eccezionali tra le quali deve comprendersi l’esistenza di lavori di manutenzione dell’immobile, che implicano la prevedibilità di pericoli derivanti dalle cose (cantiere aperto) e da persone estranee alla scuola e non conosciute dalla direzione didattica, ma autorizzate a circolare liberamente per il compimento della loro attività (Sent. n. 13457, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Responsabilità della P.A. per danno da insidia stradale – Concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto – Conseguenza: esclusione della responsabilità della P.A. – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1227 II co., 2043)

— In tema di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica, dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (Sent. n. 11946, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – Caso fortuito – Casi in cui è configurabile

(cod. civ.: art. 2051)

— In tema di responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia, potrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire la tempestività dell’intervento, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi, fermo restando che resta affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito il riscontro dell’adeguatezza delle modalità e dei tempi di intervento del custode in ordine alla rimozione del pericolo (Ord. n. 11517, Sez. VI, del 14-5-2013).

 

Responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia – È un’ipotesi di responsabilità oggettiva – Fondamento e conseguenze

(cod. civ.: artt. 2051, 2697; cod. proc. civ.: art. 360 I co. n. 5)

— In tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Ord. n. 13514, Sez. VI, del 29-5-2013).

 

Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Ha natura presunta, e non oggettiva – Ragione e conseguenza

(D.Lgs. 206/2005: art. 120 I co.; D.P.R. 224/1988: art. 8 I co.; cod. civ.: artt. 2697, 2729)

— La responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato ai sensi dell’art. 8 D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224 (trasfuso nell’art. 120 del c.d. «codice del consumo») la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno (Sent. n. 13458, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Legittimazione ad agire – «Utilizzatore», anche occasionale, del prodotto – Sussistenza – Fondamento

(D.Lgs. 206/2005: artt. 114-127; D.P.R. 224/1988; cod. proc. civ.: art. 99)

— La disciplina del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224 (ora confluita negli artt. da 114 a 127 del c.d. «codice del consumo») ha per oggetto il «danno da prodotti difettosi» e prevede un tipo di responsabilità che prescinde dalla colpa del produttore, conseguendo alla mera «utilizzazione» del prodotto difettoso da parte della vittima. Ne deriva che legittimati a far valere la pretesa risarcitoria in forza di tale disciplina risultano tutti i soggetti che si sono trovati esposti, anche in maniera occasionale, al rischio derivante dal prodotto difettoso, riferendosi la tutela accordata all’«utilizzatore» in senso lato, e non esclusivamente al consumatore o all’utilizzatore non professionale (Sent. n. 13458, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Prova della difettosità di un prodotto

(D.Lgs. 206/2005: art. 120 I co.; cod. civ.: art. 2729)

— Sebbene la prova della difettosità di un prodotto possa basarsi su presunzioni semplici, non costituisce corretta inferenza logica ritenere che il danno subìto dall’utilizzatore di un prodotto sia l’inequivoco elemento di prova indiretta del carattere difettoso di quest’ultimo, secondo una sequenza deduttiva che, sul presupposto della difettosità di ogni prodotto che presenti un’attitudine a produrre danno, tragga la certezza dell’esistenza del difetto dalla mera circostanza che il danno è temporalmente conseguito all’utilizzazione del prodotto stesso (Sent. n. 13458, Sez. III, del 29-5-2013).

 

Responsabilità per occupazione immobiliare – Natura extracontrattuale – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1224 I co., 1282, 2043)

— L’indennità di occupazione nasce da un’obbligazione extracontrattuale connessa all’occupazione di fatto dell’intero immobile. Pertanto gli interessi sulle somme liquidate a titolo di risarcimento decorrono dalla data del verificarsi del danno, in cui sorge l’obbligazione stessa, e quindi dalle singole scadenze (nella specie, da ogni mese di occupazione dell’appartamento) (Sent. n. 11736, Sez. II, del 15-5-2013).

 

Revocazione – Casi – Errore di fatto – Ipotizzato travisamento, da parte della Corte di cassazione, di dati giuridico-fattuali, estranei ai punti controversi sui quali essa si sia pronunciata, acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi dei rispettivi atti del giudizio – Non vi rientra

(cod. proc. civ.: artt. 391 bis, 395 n. 4)

— Non è idoneo ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391-bis e 395, numero 4), cod. proc. civ., l’ipotizzato travisamento, da parte della Corte di cassazione, di dati giuridico-fattuali, per giunta estranei ai punti controversi sui quali essa si sia pronunciata, acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi dei rispettivi atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale — quand’anche risulti errata — di revocazione (Ord. n. 13181, Sez. Unite, del 28-5-2013).

 

Ricorso per cassazione avverso pronuncia di affidamento del figlio minore a seguito di sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio – Raggiungimento della maggior età da parte del figlio – Conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 100, 360)

— Quando, nelle more del giudizio di legittimità avente ad oggetto l’affidamento di figlio minore ad uno degli ex coniugi a seguito di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sopravvenga la maggiore età del figlio, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente all’impugnazione (Sent. n. 10719, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Ricorso per cassazione con cui si deduca il vizio di omessa pronuncia relativamente ad una domanda proposta dalla controparte – Inammissibilità – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 100, 112, 360 I co. n. 4)

— È inammissibile, per difetto d’interesse, il ricorso con il quale si deduca il vizio di omessa pronuncia relativamente ad una domanda proposta dalla controparte, in quanto non è configurabile al riguardo una soccombenza del ricorrente, che non può subire alcun concreto pregiudizio da una siffatta carenza di decisione (Sent. n. 11012, Sez. I, del 9-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Contenuto – Pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti

(cod. proc. civ.: art. 366 I co. n. 3)

— In tema di ricorso per cassazione, la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore (Ord. n. 10244, Sez. VI, del 2-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado – È impugnabile per omessa pronuncia su un motivo di gravame – Conseguenza

(cod. proc. civ.: artt. 112, 360 I co. nn. 3, 4, 5)

— La decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione per relationem resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame. Ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 3 o n. 5, cod. proc. civ., anziché dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 dello stesso codice, il ricorso è inammissibile (Sent. n. 11801, Sez. VI, del 15-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Decisione impugnata che sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata – Omessa impugnazione di una di esse – Conseguenza

(cod. proc. civ.: art. 360)

— In tema di ricorso per cassazione, ove la decisione impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Sent. n. 12995, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Evidente ragione d’inammissibilità – Definizione con immediatezza del procedimento – Necessità – Fondamento – Preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato – Necessità – Esclusione – Fondamento

(cod. proc. civ.: artt. 101, 102, 360, 366 bis; Cost.: art. 111 II co.)

— Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio. (In applicazione del suddetto principio, ed in presenza d’un ricorso da dichiarare inammissibile per inidoneità del quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., la Corte ha ritenuto superfluo ordinare preventivamente l’integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore dell’eredità giacente dell’originario convenuto, deceduto nel corso del giudizio ed ai cui eredi era stato notificato il ricorso per cassazione, pur avendo costoro dichiarato di rinunciare all’eredità) (Sent. n. 12995, Sez. III, del 24-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Censura concernente la mancata valutazione, nella sentenza impugnata, di una prova documentale offerta

(cod. proc. civ.: art. 360 I co. nn. 4 e 5)

— In tema di ricorso per cassazione, la censura concernente la mancata valutazione, nella sentenza impugnata, di una prova documentale offerta investe un errore processuale, da denunciarsi, pertanto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e non, invece, inammissibilmente, sotto il profilo del vizio di motivazione di cui al n. 5 della medesima disposizione (Sent. n. 12514, Sez. trib., del 22-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Motivi – Errore materiale consistente nella mancata previsione in dispositivo di un diritto riconosciuto in motivazione – Non vi rientra – Ragione

(cod. proc. civ.: art. 360)

— Non può dedursi con ricorso per cassazione l’errore materiale consistente nella mancata previsione in dispositivo di un diritto riconosciuto in motivazione in quanto, in caso di non coincidenza tra quanto riportato in dispositivo e quanto scritto in motivazione, deve prevalere quest’ultima. (Nella specie, relativa ad un’azione di risarcimento per occupazione illecita di un terreno da parte dell’amministrazione, la decisione impugnata aveva affermato il diritto di rivalsa dell’ente comunale nei confronti della cooperativa edilizia esecutrice dell’opera nella sola parte motiva; la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha rigettato il ricorso inteso a far valere l’omissione come errore materiale) (Sent. n. 10727, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Ricorso per cassazione – Omesso deposito nel termine stabilito dall’art. 369 I co. cod. proc. civ. – Conseguenza: improcedibilità del ricorso – Fondamento normativo

(cod. proc. civ.: artt. 156 III co., 369 I co.)

— L’omesso deposito del ricorso per cassazione nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ. ne comporta l’improcedibilità, rilevabile anche d’ufficio e non esclusa dalla costituzione del resistente, atteso che il principio — sancito dall’art. 156 cod. proc. civ. — di non rilevabilità della nullità di un atto per avvenuto raggiungimento dello scopo attiene esclusivamente alle ipotesi di inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e separate disposizioni (Ord. n. 12894, Sez. VI, del 24-5-2013).

 

* Risarcimento del danno biologico – Liquidazione in una somma omnicomprensiva – Configurabilità – Fondamento

(cod. civ.: artt. 2056, 2059)

— Poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale, ed il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l’operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili (Sent. n. 11950, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Risarcimento del danno da condotta illecita – Mera protrazione degli effetti negativi derivanti da essa – Integra un illecito istantaneo ad effetti permanenti – Conseguenze

(cod. civ.: artt. 2043, 2947)

— La mera protrazione degli effetti negativi derivanti da una condotta illecita integra un illecito istantaneo ad effetti permanenti e non già un illecito permanente, per il quale soltanto è configurabile un diritto al risarcimento che sorge in modo continuo e che in modo continuo si prescrive, se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si produce. (Fattispecie in tema di diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento della disponibilità di un fondo, in ragione della conclusione di un contratto in frode alla legge da parte degli autori dell’illecito) (Sent. n. 13201, Sez. III, del 28-5-2013).

 

Risarcimento del danno non patrimoniale – Danno biologico e danno morale – Rientrano nel danno non patrimoniale – Conseguenza

(cod. civ.: art. 2059)

— Nell’ampia ed omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale — che non è possibile ritagliare in ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva — è da ascrivere il danno biologico, il quale ricomprende i danni alla vita di relazione ed estetico, nonché il danno morale, il quale non può, quindi, dar luogo ad un autonomo risarcimento alla stregua dell’orientamento ormai consolidato. (Nella specie, è stata confermata la decisione che, relativamente ad un infortunio occorso ad un lavoratore, aveva ricompreso il danno estetico nel danno morale) (Sent. n. 11415, Sez. lavoro, del 13-5-2013).

 

* Risarcimento del danno non patrimoniale – Lesione del diritto alla salute – Adeguamento del risarcimento del danno al peggioramento della qualità della vita effettivamente dimostrato dalla vittima – Necessità

(cod. civ.: artt. 2059, 2697; Cost.: art. 32)

— Il danno non patrimoniale è una categoria unitaria, non suscettibile di divisioni in ulteriori sottocategorie. Pertanto, in presenza di una lesione di diritti inviolabili, come quello alla salute, il risarcimento dovrà essere commisurato al peggioramento della qualità della vita effettivamente dimostrato dalla vittima, mentre non trova più spazio la risarcibilità del c.d. danno morale «puro» o sofferenza d’animo, il quale perciò non rientra tra le conseguenze dannose che possano formare oggetto di prova (Ord. n. 11514, Sez. VI, del 14-5-2013).

 

Risarcimento del danno – Principio della compensatio lucri cum damno – Ambito di applicazione

(cod. civ.: artt. 1223, 2043)

— Il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo quando il lucro sia conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno, non potendo il lucro compensarsi con il danno se trae la sua fonte da titolo diverso. (Nel caso di specie, è stata esclusa la possibilità di compensare il danno da ritardato rilascio di immobile condotto in locazione con il vantaggio derivante dalla stipulazione di una sublocazione, intervenuta a contratto principale già incontestabilmente scaduto, trattandosi di eventi distinti, sebbene ricollegabili alla coordinazione di due differenti condotte tenute dalla parte conduttrice) (Sent. n. 12248, Sez. III, del 20-5-2013).

 

Risarcimento del danno – Violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente – Danni causati – Individuazione

(cod. civ.: artt. 2043, 2059, 2697; Cost.: art. 32)

— La violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in se stesso, il quale sussiste quando, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subìto un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (e, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute (Sent. n. 11950, Sez. III, del 16-5-2013).

 

Sconto bancario – Diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata

(cod. civ.: art. 1858)

— In caso di sconto, il diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata è subordinato all’inadempimento del debitore ceduto (Sent. n. 12079, Sez. I, del 17-5-2013).

 

Sentenza – Obbligo di motivazione da parte del giudice – Criterio di necessità

(cod. proc. civ.: artt. 132 II co. n. 4, 375; disp. att. cod. proc. civ.: art. 118 I co.)

— L’obbligo di motivazione del giudice è ottemperato mediante l’indicazione delle ragioni della sua decisione, ossia del ragionamento da lui svolto con riferimento a ciascuna delle domande o eccezioni (nel giudizio di primo grado) o a ciascuno dei motivi d’impugnazione (nei giudizi d’impugnazione), mentre non è necessario che egli confuti espressamente — pur dovendoli prendere in considerazione — tutti gli argomenti portati dalla parte interessata a sostegno delle proprie domande, eccezioni o motivi disattesi e cioè anche gli argomenti assorbiti o incompatibili con le ragioni espressamente indicate dal giudice stesso, dovendosi ritenere, diversamente, che la motivazione non possa qualificarsi come «succinta» nel senso voluto dall’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., tanto più ove venga in rilievo un’ordinanza pronunziata dalla Suprema Corte ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. (Sent. n. 12123, Sez. VI, del 17-5-2013).

 

Separazione giudiziale dei coniugi – Abbandono volontario del domicilio coniugale – È causa di per sé sufficiente di addebito della separazione – Fondamento e limiti

(cod. civ.: artt. 151, 2697)

— Il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi — e l’onere incombe su chi ha posto in essere l’abbandono — che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto. Peraltro, nell’ipotesi in cui l’allontanamento riguarda anche i figli minori la prova deve essere molto più rigorosa e la situazione d’intollerabilità, anche ad essi riferita, deve essere specificamente ed adeguatamente rappresentata e dimostrata (Sent. n. 10719, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Separazione giudiziale dei coniugi – Domanda rivolta ad ottenere un assegno di natura alimentare – È un minus ricompreso nella più ampia domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il coniuge – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 151, 156; cod. proc. civ.: art. 345 I co.)

— In tema di separazione giudiziale dei coniugi, la domanda rivolta ad ottenere un assegno di natura alimentare costituisce un minus ricompreso nella più ampia domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il coniuge. Si tratta pertanto di una domanda ammissibile, ancorché formulata per la prima volta in appello in conseguenza della dichiarazione di addebito, che non può essere qualificata come nuova ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., considerata anche la natura degli interessi ad essa sottostanti (Sent. n. 10718, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Separazione personale dei coniugi – Assegnazione della casa familiare – Revoca

(cod. civ.: artt. 150, 155 quater I co., 2697)

— L’art. 155 quater, comma 1, c.c., anche nella parte in cui dispone che il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, deve essere interpretato nel senso che, sebbene tali casi di revoca dell’assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il venir meno dell’esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi — che onera chi agisce per la revoca — deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l’assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono connotati dal carattere della «stabilità», cioè dell’irreversibilità, ed inoltre nel senso che il giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l’assegnatario (Sent. n. 11218, Sez. I, del 10-5-2013).

 

Separazione personale dei coniugi – Assegni familiari corrisposti al coniuge non affidatario per il figlio minore – Percezione – Diritto del coniuge affidatario

(L. 151/1975: art. 211; cod. civ.: artt. 143, 156)

— Il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell’art. 211 L. 19 maggio 1975 n. 151, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all’altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest’ultimo sia parte, indipendentemente dall’ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge consensualmente o giudizialmente separato, invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 c.c., con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti in sede di separazione consensuale (ovvero è stato stabilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersi che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata (Ord. n. 12770, Sez. VI, del 23-5-2013).

 

Separazione personale dei coniugi – Modifica delle statuizioni economiche in favore del coniuge o dei figli

(cod. civ.: artt. 150, 155 ter; L. 898/1970: art. 9)

— In tema di separazione personale tra coniugi, le circostanze nuove costituiscono condizione necessaria per procedere alla modifica delle statuizioni economiche in favore del coniuge o dei figli esclusivamente per il giudizio di revisione ex art. 9 legge 1 dicembre 1970, n. 898, non anche per il giudizio di appello, promosso dal coniuge che richieda un incremento del contributo al mantenimento dei figli minori posto a carico dell’altro coniuge, essendo tale estensione del sindacato del giudice sottesa alla natura degli interessi in gioco e all’immanenza del principio rebus sic stantibus che permea i procedimenti in materia di famiglia (Sent. n. 10720, Sez. I, dell’8-5-2013).

 

Separazione personale dei coniugi – Procedimento per la modifica delle condizioni di separazione – Domanda di affidamento condiviso formulata per la prima volta all’udienza di fronte al tribunale – Non è inammissibile – Fondamento

(cod. proc. civ.: art. 710; cod. civ.: artt. 150, 155 bis, 155 ter)

— In tema di procedimento per la modifica delle condizioni di separazione, non è affetta da inammissibilità per tardività la domanda di affidamento condiviso formulata per la prima volta all’udienza di fronte al tribunale, trattandosi di procedimenti in cui vengono in rilievo finalità di natura pubblicistica relative alla tutela e cura dei minori, non governati, quindi, dal principio della domanda (Sent. n. 11218, Sez. I, del 10-5-2013).

 

Servitù – Acquisto per usucapione – Azione di accertamento – Prova presuntiva della proprietà del fondo dominante – Sufficienza

(cod. civ.: artt. 1061, 1158, 2727)

— Nell’azione di accertamento dell’acquisto per usucapione di una servitù prediale, la proprietà del fondo dominante, la quale costituisce un requisito di legittimazione e non l’oggetto della controversia, può essere provata anche mediante presunzioni, quali, nella specie, l’intestazione catastale del bene conseguente alla trascrizione di un atto di divisione, o la circostanza che l’azione negatoria proposta dal titolare del fondo che si assume servente fosse stata rivolta proprio nei confronti dell’attore per usucapione (Sent. n. 13212, Sez. II, del 28-5-2013).

 

Servitù di passaggio che attraversi più fondi – Actio confessoria ed actio negatoria – Proponibilità nei confronti del solo proprietario del fondo gravato che contesti o impedisca l’esercizio della servitù – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1027, 1079; cod. proc. civ.: artt. 101, 102)

— L’actio confessoria e l’actio negatoria a tutela di una servitù di passaggio che attraversi più fondi, avendo lo scopo di far riconoscere in giudizio l’esistenza della servitù, vanno proposte nei confronti del solo proprietario del fondo gravato che ne contesti o impedisca l’esercizio, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi, neppur avendo rilievo, al fine dell’assunzione della qualità di litisconsorte necessario, la circostanza che alcuno di tali ulteriori titolari dei fondi intermedi abbia edificato un muro il quale, di fatto, impedisca il passaggio, in quanto questione di merito attinente, piuttosto, alla fondatezza della domanda (Sent. n. 12479, Sez. II, del 21-5-2013).

 

Servitù di passaggio coattivo – Interclusione assoluta o relativa – Quando ricorre

(cod. civ.: art. 1051)

— L’interclusione assoluta o relativa, che legittima la costituzione della servitù coattiva di passaggio, ricorre quando il fondo, privo di accesso alla via pubblica, è «circondato da fondi altrui», ai sensi dell’art. 1051 cod. civ., ciò che giustifica l’imposizione del peso in re aliena. Ne consegue che non può trovare applicazione l’art. 1051 cod. civ., neppure con riguardo all’ampliamento della servitù di passaggio preesistente, qualora tra il fondo del cui vantaggio si tratta e la via pubblica s’interpongano altri fondi appartenenti al medesimo titolare del fondo assunto come intercluso, dotati o dotabili di accesso proprio alla via pubblica senza eccessivo dispendio o disagio (Sent. n. 12819, Sez. II, del 23-5-2013).

 

Servitù di passaggio coattivo – Ipotesi di cui all’art. 1051 III co. cod. civ. ed all’art. 1052 cod. civ. – Differenza

(cod. civ.: artt. 1051 III co., 1052)

— In materia di servitù, la diversità delle ipotesi di cui all’art. 1051, terzo comma, cod. civ. ed all’art. 1052 cod. civ., le quali, pur avendo in comune il presupposto dell’accesso già esistente alla pubblica via, si differenziano poiché nel primo caso il passaggio coattivo è realizzabile sul fondo già servente, mentre nel secondo esso viene attuato su altro fondo, non osta a che il giudice accolga le distinte domande cumulativamente proposte, disponendo, da un lato, l’ampliamento del preesistente passaggio nel tratto in cui ciò sia possibile e costituendo, dall’altro, una nuova servitù per il tratto in cui, stante l’impossibilità dell’allargamento, il transito risulti inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo dominante (Sent. n. 10595, Sez. II, del 7-5-2013).

 

Società – Contratto – Assunzione della qualità di socio ed obbligo di buona fede nell’adempimento delle obbligazioni – Fattispecie in tema di divieto di concorrenza e di divieto statutario di sostituzione del socio d’opera di una società in nome collettivo

(cod. civ.: artt. 1375, 2247, 2286, 2301)

— L’assunzione della qualità di socio e l’obbligo di buona fede nell’adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la rinuncia del medesimo ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale e se pure essi possano, in ipotesi, rivelarsi lesivi dell’interesse della società; pertanto, l’esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l’abuso del diritto, non può giustificare l’esclusione del socio stesso dalla società. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, negando la sussistenza di un divieto di concorrenza ex art. 2301 cod. civ. e di un divieto statutario di sostituzione del socio d’opera, aveva giudicato nulla la deliberazione di esclusione del resistente, cui era stato ascritto di aver reiteratamente lavorato al di fuori della società e di essersi fatto sostituire dal padre, remunerandolo, per l’attività manuale rientrante tra i suoi compiti, rendendosi, altresì, irreperibile per dodici giorni consecutivi) (Sent. n. 13642, Sez. I, del 30-5-2013).

 

Successione legittima – Legittimari – Individuazione della quota di riserva spettante ad essi – Criterio di necessità

(cod. civ.: artt. 536, 553)

— Ai fini dell’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari nell’ambito della medesima categoria, occorre far riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o prescrizione, dell’azione di riduzione da parte di taluno dei legittimari (Sent. n. 11737, Sez. II, del 15-5-2013).

 

Successione testamentaria – Dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni – Incidenza sulla quota di riserva – Esclusione – Fondamento – Natura di confessione stragiudiziale – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: artt. 536, 554, 2735)

— In tema di successione ereditaria, la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni non è idonea a sottrarre allo stesso la quota di riserva, essendo garantita dalla legge anche contro la volontà del de cuius; né tale dichiarazione può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale opponibile al legittimario, essendo egli, nell’azione di riduzione, terzo rispetto al testatore (Sent. n. 11737, Sez. II, del 15-5-2013).

 

Successione testamentaria – Legato modale – Adempimento dell’onere

(cod. civ.: artt. 647, 648, 649, 1353)

— In tema di legato modale, l’adempimento dell’onere non si configura come condizione sospensiva dell’efficacia della disposizione testamentaria del de cuius in favore dell’onerato (Sent. n. 11906, Sez. II, del 16-5-2013).

 

Successione testamentaria – Legato modale – Impossibilità dell’onere che ne abbia costituito l’unico motivo determinante – È solo l’impossibilità originaria

(cod. civ.: artt. 647 III co., 649)

— L’impossibilità dell’onere, che, ai sensi dell’art. 647 cod. civ., rende nullo il legato al quale sia apposto tale onere, qualora quest’ultimo ne abbia costituito l’unico motivo determinante, è soltanto l’impossibilità originaria, ossia già esistente al momento dell’apertura della successione, e non quella sopravvenuta (Sent. n. 11906, Sez. II, del 16-5-2013).

 

Trascrizione – Funzione

(cod. civ.: art. 2643)

— Nell’ipotesi di conflitto tra un acquisto a domino ed un acquisto a non domino dello stesso bene non opera l’istituto della trascrizione, la cui funzione legale — esclusa ogni efficacia sanante i vizi da cui fosse eventualmente affetto l’atto negoziale trascritto — è solo quella di risolvere il conflitto tra soggetti che abbiano acquistato lo stesso diritto, con distinti atti, dal medesimo titolare (Sent. n. 10989, Sez. II, del 9-5-2013).

 

Usucapione decennale in favore di colui che abbia acquistato un’area di parcheggio vincolata al diritto d’uso riservato ex lege ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei fabbricati di nuova costruzione – Configurabilità – Esclusione – Fondamento

(cod. civ.: art. 1159)

— Non è configurabile l’usucapione decennale, ai sensi dell’art. 1159 cod. civ., in favore di colui che abbia acquistato un’area di parcheggio vincolata al diritto d’uso riservato ex lege ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei fabbricati di nuova costruzione, trattandosi di atto nullo per contrarietà a norme imperative e, perciò, di titolo inidoneo a trasferire la proprietà, a prescindere dalla sua trascrizione (Sent. n. 12996, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Usucapione – Possesso continuato per venti anni, utile ai fini dell’usucapione delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio – È configurabile solo dalla data dell’acquisto dell’unità immobiliare – Fondamento

(cod. civ.: art. 1158)

— Il possesso continuato per venti anni, utile ai fini dell’usucapione delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, è configurabile solo dalla data dell’acquisto dell’unità immobiliare, non potendosi prima di tale momento considerare distintamente il diritto dominicale trasferito ed il diritto d’uso del parcheggio non trasferito (Sent. n. 12996, Sez. II, del 24-5-2013).

 

Vendita con patto di riscatto stipulata tra il debitore ed il creditore che determini la definitiva acquisizione della proprietà del bene in mancanza del pagamento del debito garantito – È nulla per frode alla legge – Fondamento

(cod. civ.: artt. 1344, 1500, 1851, 2744)

— La vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata tra il debitore ed il creditore, ove determini la definitiva acquisizione della proprietà del bene in mancanza di pagamento del debito garantito, è nulla per frode alla legge, in quanto diretta ad eludere il divieto del patto commissorio. Principale elemento sintomatico della frode è costituito dalla sproporzione tra l’entità del debito ed il valore dato in garanzia, in quanto il legislatore, nel formulare un giudizio di disvalore nei riguardi del patto commissorio, ha presunto, alla stregua dell’id quod plerumque accidit, che in siffatta convenzione il creditore pretenda una garanzia eccedente il credito, sicché, ove questa sproporzione manchi — come nel pegno irregolare, nel riporto finanziario e nel cosiddetto patto marciano (ove al termine del rapporto si procede alla stima del bene ed il creditore, per acquisirlo, è tenuto al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito) —, l’illiceità della causa è esclusa (Sent. n. 10986, Sez. II, del 9-5-2013).

 

Vendita di un’area fabbricabile in funzione di un determinato progetto edilizio rivelatosi inattuabile – Responsabilità del venditore – Non rientra in un’ipotesi di vendita di cosa diversa da quella pattuita – Fondamento

(cod. civ.: art. 1497)

— In caso di compravendita di un’area fabbricabile in funzione di un determinato progetto edilizio, rivelatosi inattuabile per la minore potenzialità edificatoria del fondo rispetto a quella sulla quale il compratore aveva fatto affidamento, la responsabilità del venditore, derivante dalla situazione di fatto prospettata, non corrisponde ad un’ipotesi di vendita di cosa diversa da quella pattuita, essendo il bene immutato sia nella sua materialità che nella sua idoneità ad essere edificato, mentre la circostanza che sul suolo acquistato possa essere costruito un edificio di superficie minore rispetto a quella stimata incide unicamente sulle qualità promesse (Sent. n. 13612, Sez. II, del 30-5-2013).

 

Vendita – Obbligazione del venditore di consegnare la cosa con la qualità pattuita – È di risultato – Conseguenza

(cod. civ.: artt. 1218, 1476 n. 1, 1477)

— In tema di compravendita, l’obbligazione del venditore di consegnare la cosa con la qualità pattuita (nella specie, piantina di pomodoro di un certo tipo) è di risultato, con la conseguenza che è egli, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., a dover fornire la prova diretta ad escludere il suo colpevole inadempimento (essendosi ritenuta insufficiente, nella specie, la deduzione circa l’acquisto di semi rivelatisi inidonei) (Sent. n. 12458, Sez. II, del 21-5-2013).