Il raddoppio del contributo unificato
L’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115; tale comma stabilisce che: «Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso.». Tale disposizione, a norma del successivo comma 18, si applica ai procedimenti civili di impugnazione iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge medesima (1).
Pertanto con la sentenza, oppure con l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. (2), che rigetta integralmente l’impugnazione (principale od incidentale) o la dichiara inammissibile od improcedibile, il giudice dell’impugnazione ora deve anche dare atto della sussistenza dell’obbligo, per la parte soccombente, del versamento del contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione medesima.
Per stabilire a quali procedimenti applicare la norma in oggetto deve farsi necessariamente riferimento alla data di proposizione della impugnazione (principale od incidentale) e non già a quella di introduzione del giudizio di primo grado, come confermato più volte dalla Corte di legittimità la quale ha applicato la disposizione in esame tenuto conto dell’epoca di proposizione del ricorso ex art. 360 c.p.c. (3).
Inoltre potrebbe porsi il problema — stante il generico richiamo alle impugnazioni contenuto nella norma in oggetto — se il raddoppio in questione sia applicabile soltanto alle impugnazioni indicate dal codice di procedura civile (4) od anche a quelle previste da leggi speciali come, ad esempio, il reclamo ai sensi dell’art. 1, comma 58, della L. 92/2012 in materia di licenziamento (5).
Al riguardo deve ritenersi che la disposizione in parola — stante la sua evidente ratio di scoraggiare la proposizione di impugnazioni infondate, inammissibili od improcedibili mediante la previsione di un ulteriore versamento del contributo unificato — trovi applicazione anche per i mezzi di gravame non previsti espressamente dall’art. 323 c.p.c. per i quali sia comunque previsto il pagamento del contributo unificato al momento della iscrizione.
Un ulteriore problema interpretativo sorto a seguito della entrata in vigore della norma in questione è se l’obbligo del pagamento del contributo — nella ipotesi di impugnazione rigettata o dichiarata inammissibile od improcedibile — sussista anche nei confronti della parte che abbia dichiarato di trovarsi nelle condizioni reddituali per l’esenzione dal versamento del contributo unificato al momento della proposizione della impugnazione principale od incidentale (6).
La Corte di Cassazione ha escluso la possibilità di valutare la sussistenza delle condizioni soggettive di esenzione avendo ritenuto che in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto — senza ulteriori valutazioni decisionali trattandosi di fatti insuscettibili di diversa estimazione — della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale ovvero inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13 (7). Pertanto, secondo tale indirizzo giurisprudenziale, il giudice, nella ipotesi di rigetto integrale o di inammissibilità od improcedibilità della impugnazione (principale od incidentale), deve limitarsi a dare atto della sussistenza delle condizioni oggettive richieste dall’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del contributo unificato.
Inoltre, il S.C. ha escluso che in ipotesi di dichiarazione di estinzione del giudizio di impugnazione la parte proponente la medesima impugnazione sia tenuta al pagamento del contributo in oggetto poiché il tenore di una simile pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità del gravame, esclude — stante la sua natura di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione — l’applicabilità del sopra indicato art. 13 comma 1 quater nel caso di dichiarazione di estinzione (8).
Infine, nel caso in cui venga rigettata o dichiarata inammissibile od improcedibile la impugnazione proposta da una Pubblica Amministrazione (la quale — come noto — non deve versare il contributo unificato al momento della iscrizione del giudizio effettuando, invece, la c.d. prenotazione a debito), deve escludersi che la stessa sia tenuta al pagamento previsto dalla norma in oggetto. Tale meccanismo, infatti, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come appunto le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il sopra indicato meccanismo della prenotazione a debito (9).
Giorgio Poscia
Consigliere della Corte di Appello di Roma
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(1) Vale a dire dal giorno 31 gennaio 2013.
(2) Ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. la Corte di Appello può dichiarare con ordinanza la inammissibilità dell’appello allorquando esso non ha una ragionevole probabilità di accoglimento.
(3) Vedi, tra le altre, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 2014.
(4) A norma dell’art. 323 c.p.c. esse sono il regolamento di competenza, l’appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l’opposizione di terzo; in particolare, sul regolamento di competenza si veda Cass. Sez. 6 L, Ordinanza n. 11331 del 22/05/2014.
(5) Meglio nota come Legge Fornero.
(6) Ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 «Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa», la parte che dichiara che il proprio reddito, compreso quello dei familiari conviventi ex art. 76 D.P.R. 15/2002, non è superiore ad € 34.107,72 relativamente all’anno precedente alla proposizione dell’impugnazione non deve versare il contributo unificato all’atto della iscrizione a ruolo della causa.
(7) Vedi sub 3.
(8) Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19560 del 30/09/2015.
(9) Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014.